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La storia del castello delle Asturie era avvolta dal mistero. Si diceva, infatti, che non fosse mai stato un borgo abitato da uomini, donne e bambini, come solitamente avveniva per altri siti in zone vicine. Forse per questo era rimasto un edificio isolato, con prevalente destinazione militare. Una struttura antica, ed estremamente importante per la sicurezza della popolazione dell’epoca che, in caso di attacco, trovava rifugio fra quelle mura possenti e impenetrabili. Il castello visse momenti di grande sfarzo, ma anche di grandi polemiche e timori; girava voce, fra le genti comuni, che all’interno del borgo succedessero cose strane: scomparivano persone senza apparente motivo. Seppur richiesta a gran voce dal popolo, nessuna spiegazione venne mai fornita dal Conte Ugolino Zanchi, ultimo signore delle Asturie, che morì agli inizi del XVI secolo. Da quel momento il castello rimase trascurato, i Conti Zanchi caddero in disgrazia finanziaria e nemmeno gli eredi riuscirono a vendere il prestigioso maniero a causa delle insistenti dicerie che circondarono la struttura di un alone di ambiguità. L’immobile era considerato maledetto e abitato dal Diavolo; le leggende furono alimentate nel tempo, fino al punto da far pensare che il Diavolo stesse tenendo prigioniere proprio lì le anime delle innumerevoli persone che risultavano scomparse dopo essere state viste all’interno del perimetro. La superstizione e la paura della gente fecero sì che il borgo fosse eluso e, nei secoli successivi, la struttura andò in rovina. Durante la seconda guerra mondiale e la successiva invasione dei nazisti nell’Italia del ‘43, la fortezza fu messa a disposizione della Gestapo, la polizia militare tedesca, per farne la propria sede in centro Italia. Il Conte Arquino Zanchi delle Asturie, proprietario dell’immobile e fervente seguace fascista, nonché amico intimo del Duce, non ebbe nulla da obiettare a tale riguardo, considerando soprattutto le ingenti somme di denaro investite dai nazisti per la completa ristrutturazione dell’intero edificio. Il Conte nella sua lungimiranza comprese di poter sfruttare la situazione: senza spendere una sola lira, il borgo avrebbe ripreso in pieno l’antico splendore. Era convinto, altresì, che la Gestapo avrebbe “esorcizzato” la maledizione che gravava sull’immobile. Se vi è il Diavolo per davvero, pensava il Conte, solo i nazisti possono conviverci. Passò anche il periodo funesto della guerra e, per i decenni a seguire, la famiglia dei Conti delle Asturie rimase l’unica proprietaria del castello. Il possesso dell’antica dimora fu ereditato dalla contessa Sofia Andrea Zanchi Montini Delle Asturie. I titoli nobiliari erano però ormai decaduti, utilizzati da tutti coloro che avevano origini signorili e che, da sempre, chiedevano ufficialità e riconoscimento allo Stato, seppur non fosse più vigente la monarchia. Sofia era molto giovane, una venticinquenne dai lunghi capelli di un bel castano ramato. Aveva sempre vissuto in una sorta di mondo a sé stante fatto di agiatezza e di privilegi. Un mondo che amava, ma del quale era in qualche modo prigioniera. Viveva circondandosi di cose belle, di oggetti preziosi e ricercati. Quadri, argenti e cristalli e poi mobili antichi e gioielli creati appositamente per lei da abili maestri orafi. Sofia era una donna bella e colta che non aveva mai dovuto lavorare per vivere. Aveva un carattere capriccioso e instabile e il suo umore poteva cambiare repentinamente da un momento all’altro, senza alcun preavviso. Educata e impeccabile nei modi, trattava la maggior parte delle persone con distacco e fredda cortesia.