CAPITOLO UNO
Kate si trovava davanti a Siobhan, sentendosi nervosa come prima di ogni scontro. Avrebbe dovuto sentirsi al sicuro: si trovava nei terreni della forgia di Thomas, e quella donna avrebbe dovuto essere la sua insegnante.
Eppure aveva la sensazione che il mondo le stesse per svanire da sotto i piedi.
“Mi hai sentito?” le chiese Siobhan. “È giunto il momento per ripagare il debito che mi devi, apprendista.”
Il favore che Kate aveva contrattato alla fontana in cambio della formazione ricevuta da Siobhan. Il favore che temeva da allora, perché sapeva che qualsiasi cosa Siobhan le avesse chiesto, sarebbe stato terribile. La donna della foresta era strana e incostante, potente e pericolosa in egual misura. Ogni compito da lei stabilito sarebbe stato difficile, e probabilmente spiacevole.
Kate aveva accettato, ma non aveva scelta.
“Di che favore si tratta?” chiese alla fine. Si guardò attorno cercando Thomas o Will, ma non perché pensasse che il fabbro o suo figlio potessero salvarla da quella situazione. Al contrario voleva accertarsi che nessuno dei due si trovasse coinvolto in qualsiasi cosa Siobhan avesse in mente.
Il fabbro non c’era, e neanche Will. Ora invece lei e Siobhan si trovavano vicino alla fontana nella dimora di Siobhan, e le acque scorrevano pure e limpide. La fontana non era prosciugata e piena di foglie come un tempo. Kate sapeva che doveva trattarsi di un’illusione, ma quando Siobhan vi entrò, le parve piuttosto concreta. Le bagnò addirittura l’orlo del vestito.
“Perché così tanta paura, Kate?” le chiese. “Ti sto solo chiedendo un favore. Hai paura che ti manderò a Morgassa a dare la caccia a un uovo di Roc nelle pianure di sale? O a combattere contro la creatura di un qualche aspirante convocatore nelle Colonie Remote? Avrei detto che cose del genere ti sarebbero piaciute.”
“Che è il motivo per cui non lo farai,” ipotizzò Kate.
Siobhan fece un piccolo sorriso di fronte a quell’affermazione. “Pensi che sia crudele, vero? Che agisca senza motivo. Il vento può essere crudele se ti trovi nel mezzo senza un cappotto addosso, e non potresti comprendere i suoi motivi più di… beh, di qualsiasi cosa io dica e tu prenda come una sfida.”
“Tu non sei il vento,” sottolineò Kate. “Il vento non può pensare, non può sentire, non può distinguere il giusto dallo sbagliato.”
“Oh, è di questo che si tratta?” chiese Siobhan. Si sedette sul bordo della fontana. Eppure Kate aveva l’impressione che se avesse tentato di fare lo stesso, sarebbe caduta in mezzo all’erba vicino alla forgia di Thomas. “Pensi che sia malvagia?”
Kate non voleva essere d’accordo su questo, ma non le veniva in mente un modo per negare e allo stesso tempo non mentire. Siobhan poteva non essere capace di cogliere gli angoli più remoti del pensiero di Kate, non più di quanto i poteri di Kate potessero arrivare a toccare Siobhan, ma sospettava che l’altra donna avrebbe capito se lei avesse mentito. Rimase allora in silenzio.
“Le suore della tua Dea Mascherata avrebbero parlato di male quando le hai massacrate,” evidenziò Siobhan. “Gli uomini del Nuovo Esercito che hai massacrato avrebbero chiamato te una cosa malvagia, e peggio ancora. Sono certa che ci sono migliaia di uomini tra le strade di Ashton che in questo preciso istante ti chiamerebbero malvagia sapendo che sei capace di leggere nelle menti delle altre persone.”
“Stai cercando di dirmi che allora tu sei buona?” ribatté Kate.
Siobhan scrollò le spalle. “Sto cercando di dirti qual è il favore che mi devi. La cosa necessaria. Perché è così che va la vita, Kate. Una successione di cose necessarie. Conosci la maledizione del potere?”
Sembrava veramente una delle lezioni di Siobhan. Il meglio che Kate fu capace di dire fu che almeno in questo caso non la stavano pugnalando.
“No,” rispose Kate. “Non conosco la maledizione del potere.”
“È semplice,” disse Siobhan. “Se hai potere, allora tutto quello che fai influenzerà il mondo. Se hai potere e riesci a vedere ciò che accadrà, allora anche decidere di non agire resta una scelta. Sei responsabile del mondo solo a starci dentro, e io ci sto da tanto tempo.”
“Da quanto?” chiese Kate.
Siobhan scosse la testa. “Questo è il genere di domanda per la cui risposta si richiede un prezzo, e tu non hai ancora pagato il prezzo della tua formazione, apprendista.”
“Questo tuo favore,” disse Kate. Era ancora timorosa, e niente di ciò che Siobhan aveva detto rendeva le cose più facili.
“È una cosa piuttosto semplice,” disse Siobhan. “C’è qualcuno che deve morire.”
La fece suonare una cosa insignificante, come se stesse ordinando a Kate di spazzare il pavimento o di andare a prendere dell’acqua per un bagno. Agitò una mano attorno a sé e l’acqua della fontana luccicò, mostrando una giovane donna che camminava in mezzo a un giardino. Indossava stoffe preziose, ma nessuna insegna di una casata nobiliare. La moglie o figlia di un mercante, quindi? Qualcuno che si era guadagnato i soldi in un modo diverso? Era piuttosto piacevole d’aspetto, con sorriso un che faceva capire quanto fosse capace di rallegrare il mondo.
“Chi è?” chiese Kate.
“Si chiama Gertrude Illiard,” disse Siobhan. “Vive ad Ashton, nel complesso familiare di suo padre, il mercante Savis Illiard.”
Kate aspettò di sentire dell’altro, ma Siobhan non aggiunse nulla. Non le spiegò niente, nessun accenno al motivo per cui la giovane donna dovesse morire.
“Ha commesso qualche crimine?” chiese Kate. “Ha fatto qualcosa di terribile?”
Siobhan sollevò un sopracciglio. “Devi sapere una cosa del genere per poter essere in grado di uccidere? Io non credo.”
Kate sentì la propria rabbia crescere di fronte a una tale risposta. Come poteva Siobhan osare chiederle di fare una cosa del genere? Come osava chiedere che Kate si coprisse le mani di sangue senza il minimo motivo o la minima spiegazione?”
“Io non sono un’assassina qualsiasi da mandare dove vuoi,” disse Kate.
“Davvero?” Siobhan si alzò allontanandosi dal bordo della fontana con un movimento quasi infantile, come a saltare giù da un’altalena, o balzare dal bordo di un carro come un monello che ha fatto un viaggio a scrocco attraverso la città. “Hai già ucciso un sacco di volte prima d’ora.”
“Questo è diverso,” insistette Kate.
“Ogni momento di vita è una cosa di bellezza unica,” confermò Siobhan. “Ma poi ogni momento è qualcosa di vuoto, ogni istante uguale all’altro. Hai ucciso un sacco di gente, Kate. Come fa questa a essere diversa?”
“Quelli se lo meritavano,” disse Kate.
“Oh, loro se lo meritavano,” disse Siobhan, e Kate poté udire il tono derisorio nella sua voce, anche se con gli scudi sempre al loro posto non era possibile scorgere il minimo pensiero dietro alle sue azioni. “Le suore lo meritavano per tutto quello che ti avevano fatto, e lo schiavista per quello che aveva fatto a tua sorella?”
“Sì,” rispose Kate. Di questo almeno era certa.
“E il ragazzo che hai ammazzato in mezzo alla strada perché ha osato rincorrerti?” continuò Siobhan. Kate si trovò a chiedersi quanto l’altra donna effettivamente sapesse di lei. “E i soldati sulla spiaggia per… quelli come li giustifichi, Kate? È stato perché stavano invadendo la tua patria, o solo perché i tuoi superiori ti avevano portata lì, e una volta iniziata la battaglia non c’è tempo per chiedersi perché?”
Kate fece un passo indietro allontanandosi da Siobhan, più che altro perché se l’avesse colpita, sospettava che ci sarebbero state delle conseguenze difficili da gestire.
“Addirittura adesso,” disse Siobhan, “sospetto di poter mettere una decina di uomini o donne davanti a te, e tu pianteresti loro in corpo una lama. Potrei trovarti un avversario dopo l’altro, e tu li uccideresti. Questa però è diversa?”
“È innocente,” disse Kate.
“Per quanto ne sai tu,” rispose Siobhan. “O forse semplicemente non ti ho raccontato tutte le innumerevoli morti di cui è responsabile. Tutta la miseria.” Kate sbatté le palpebre, e si trovò dall’altra parte della fontana. “O forse semplicemente non ti ho detto tutto il bene che ha fatto, tutte le vite che ha salvato.”
“Non hai intenzione di dirmi di cosa si tratta, vero?” chiese Kate.
“Ti ho dato un compito,” disse Siobhan. “Mi aspetto che tu lo esegua. Le tue domande e i tuoi scrupoli non hanno importanza. Qui si tratta della lealtà di un’apprendista nei confronti della sua insegnante.”
Quindi voleva capire se Kate avrebbe ucciso quella donna solo perché lei gliel’aveva ordinato.
“Potresti uccidere questa donna tu stessa, giusto?” chiese Kate. “Ho visto quello che sei capace di fare, apparendo dal nulla a questo modo. Per uccidere una singola persona i poteri ce li hai.”
“E chi dice che non lo farò?” chiese Siobhan. “Forse la cosa più facile per me in questo caso è quella di mandare la mia apprendista a farlo.”
“O forse vuoi solo vedere cosa farò,” ipotizzò Kate. “Si tratta di una specie di prova.”
“Tutto è una prova, cara,” disse Siobhan. “Questa cosa non l’hai ancora capita? Tu lo farai.”
E cosa sarebbe successo poi? Siobhan le avrebbe davvero permesso di uccidere una sconosciuta? Forse era proprio questo il gioco che stava facendo. Forse intendeva permettere a Kate di andare fino in fondo raggiungendo il momento dell’omicidio per poi interromperla subito prima. Kate sperava che fosse così, ma lo stesso non le piaceva ricevere ordini su cosa fare a quel modo.
Non era un termine sufficientemente forte per quello che Kate provava in quel momento. Odiava questa situazione. Odiava i continui giochetti di Siobhan, il suo costante desiderio di trasformarla in uno strumento da usare. Correre in mezzo alla foresta inseguita dai fantasmi era stato già di per sé piuttosto terribile. Questo era molto peggio.
“E se dicessi di no?” chiese Kate.
L’espressione di Siobhan si fece più cupa.
“Pensi di poterlo fare?” le chiese. “Sei la mia apprendista, mi hai fatto un giuramento. Posso fare con te quello che voglio.”
Allora delle piante spuntarono attorno a Kate, con spine affiliate che le rendevano in tutto e per tutto delle armi. Non la toccarono, ma la minaccia era ovvia. Pareva che Siobhan non avesse ancora finito. Fece un gesto verso l’acqua della fontana, e la scena che mostrava mutò.
“Potrei prenderti e cederti a uno dei giardini del piacere dell’Issettia del Sud,” disse Siobhan. “Lì c’è un re che potrebbe essere incline a collaborare in cambio del dono.”
Kate vide brevemente delle ragazze vestite con abiti di seta che correvano in cerchio davanti a un uomo che aveva il doppio della loro età.
“Potrei prenderti e inserirti nelle file di schiavi nelle Colonie Vicine,” continuò Siobhan, facendo un gesto in modo che la scena mostrasse lunghe file di lavoratori che faticavano con piccozze e vanghe in una miniera aperta. “Magari potrei dirti dove trovare le pietre migliori per mercanti che ne farebbero ciò che vogliono.”
La scena mutò un’altra volta, mostrando quella che era ovviamente una stanza delle torture. Uomini e donne gridavano mentre figure mascherate lavoravano con ferri roventi.
“O magari ti darò ai sacerdoti della Dea Mascherata, in modo che tu possa pentirti dei tuoi crimini.”
“Non lo faresti,” disse Kate.
Siobhan allungò una mano e la afferrò così rapidamente che Kate quasi non ebbe il tempo di pensare prima che l’altra donna le spingesse la testa sotto all’acqua della fontana. Kate gridò, ma questo significò semplicemente che non ebbe il tempo di inspirare primo di trovarsi sotto alla superficie. Il freddo dell’acqua la circondò, e per quanto Kate lottasse, era come se la sua forza l’avesse abbandonata in quel momento.
“Tu non puoi sapere cosa farei e cosa non farei,” disse Siobhan, la sua voce che sembrava provenire da un luogo lontano. “Credi che io pensi al mondo come fai tu. Pensi che mi fermerò, o che sarò gentile, o che ignorerò i tuoi insulti. Potrei mandarti a fare ciascuna delle cose che ho detto, e saresti comunque mia. E potrei fare con te quello che voglio.”
Kate vide allora delle cose nell’acqua. Vide figure che gridavano, tormentate dal dolore. Vide un luogo pieno di dolore e violenza, terrore e impotenza. Ne riconobbe alcuni, perché li aveva uccisi lei, o i loro fantasmi almeno. Aveva visto le loro immagini mentre la inseguivano nella foresta. Erano guerrieri che avevano giurato obbedienza a Siobhan.
“Mi hanno tradita,” disse Siobhan, “e hanno pagato per il loro tradimento. Manterrai la tua parola con me, o ti trasformerò in qualche cosa di più utile. Fai quello che voglio, o ti unirai a loro, e mi servirai come fanno loro.”
A quel punto liberò Kate e lei riemerse, sputacchiando e cercando di riprendere fiato. La fontana era sparita adesso, e loro si trovavano ancora nel cortile del fabbro. Siobhan era poco distante da lei adesso, ferma come se non fosse successo nulla.
“Voglio essere tua amica, Kate,” le disse. “Non mi vorresti avere come nemica. Ma farò quello che devo.”
“Quello che devi?” ribatté Kate. “Pensi di dovermi minacciare, o far uccidere altra gente?”
Siobhan allargò le braccia. “Come ho detto, è la maledizione dei potenti. Hai la potenzialità di essere molto utile in quello che accadrà, e io ne farò il meglio.”
“Non lo farò,” disse Kate. “Non ucciderò una qualche ragazza senza motivo.”
Kate allora attaccò, non fisicamente, ma con i suoi poteri. Raccolse insieme la sua forza e la lanciò come una pietra contro le pareti che si trovavano attorno alla mente di Siobhan. Rimbalzò via e il potere si estinse.
“Non hai il potere per combattere contro di me,” disse Siobhan, “e non ti è permesso avere scelta. Lascia che renda le cose più semplici per te.”
Fece un gesto e la fontana apparve di nuovo, con le acque che mutavano. Questa volta, quando l’immagine si stabilizzò, Kate non dovette chiedere chi stesse guardando.
“Sofia?” chiese. “Lasciala stare, Siobhan, ti avverto…”
Siobhan la afferrò ancora, costringendola a guardare l’immagine con l’orribile forza che sembrava possedere.
“Qualcuno morirà,” disse Siobhan. “Puoi scegliere chi, semplicemente scegliendo se uccidere o meno Gertrude Illiard. Puoi ucciderla, o tua sorella può morire. A te la scelta.”
Kate la fissò. Sapeva che non era una scelta, non veramente. Non trattandosi di sua sorella. “Va bene,” disse. “Lo farò. Faro quello che vuoi.”
Si girò diretta verso Ashton. Non entrò a salutare Will, Thomas o Winifred, in parte perché non voleva rischiare di portare Siobhan troppo vicina a loro, e in parte perché era certa che avrebbero visto in qualche modo quello che doveva andare a fare, e si sarebbero vergognati di lei per questo.
Kate si vergognava. Odiava il pensiero di quello che stava per fare, e il fatto di avere così poca scelta a riguardo. Doveva solo sperare che fosse solo una prova, e che Siobhan l’avrebbe fermata in tempo.
“Devo farlo,” disse a se stessa mentre camminava. “Devo.”
Sì, sussurrò la voce di Siobhan nella sua mente. Devi.