Capitolo Uno
New York City, tempo presente
Bell Casper era seduto al centro del divano a mezzaluna imbottito in pelle rossa al Blue Parrot Cabaret, sulla 52° Strada a Manhattan. Fingeva di lavorare al computer mentre in verità continuava a osservare la porta d’ingresso.
Bell Casper
Erano le 8:30, e il posto si stava riempiendo rapidamente. Il nightclub chic dedicato alla più alta élite finanziaria di New York. I cocktail da venticinque dollari e le cene a base di carne che venivano sui cinquanta dollari a pasto tenevano lontani mendicanti.
Due uomini della sicurezza sostavano sui gradini fuori dalla porta. Ai clienti abituali veniva fatto cenno di entrare, mentre ai nuovi avventori veniva controllato il documento di identità dall’ iPad delle guardie. Ogni notte, cacciavano molti aspiranti clienti. Ai ragazzi minorenni, e alle ragazze soprattutto, era assolutamente proibito entrare. Quelli di ventun anni e oltre che mostravano tracce di affari loschi venivano perquisiti in cerca di armi e droga. Bastava un accenno di qualcosa fuori posto perché alla persona fosse educatamente chiesto di lasciare il locale.La gestione era particolarmente attenta a rimanere nella legalità, tranne che per una cosa: le belle ragazze non accompagnate sembravano ottenere l’ingresso più facilmente.
Il bar dentro al locale malva e cremisi fiocamente illuminato era lungo circa venticinque metri e gestito da una dozzina di uomini e donne esperti nel preparare drink e nell’arte di ascoltare storie tristi con cenni d’incoraggiamento e parole sceltissime di commiserazione.
Blinker Whitaker
Blinker era il capo dei baristi e dei ventidue assistenti. Era dolce come un cioccolatino, timido e riservato, a meno che un subordinato non fosse beccato a mettere le mani nella cassa o ad annacquare le bevande. Allora lui o lei avrebbe visto il suo lato testardo. A differenza del gioco del baseball, al Blue Parrot due strike e sei fuori. Il primo passo falso poteva essere considerato come uno sbaglio o un errore di giudizio, ma due infrazioni costituivano un’abitudine, e ciò avrebbe significato la fine della carriera nel servire alcol in quel particolare locale.
“Inizia lo spettacolo,” sussurrò Bell tra séquando entrò un nuovo avventore.
Lanciò un’occhiata a Blinker, che annuì; anche lui l’aveva vista. Il capo barman sistemò sul ripiano superiore del bar un vaso di vetro con dentro cinque biglietti da cento dollari.
Bell iniziò a toccare i tasti del computer mentre guardava la donna con la coda dell’occhio.
La sua giacca Gucci sopra a una maglietta leggera Pierre Cardin, insieme a un anello d’oro di Cartier, suggerivano un’immagine che puzzava di ricchezza. Anelava la sua vecchia maglietta blu e i jeans logori. Avrebbero dovuto finire nella spazzatura molto tempo prima, ma come amici fedeli, erano molto comodi e non si lamentavano mai. Si sentiva finto in quei vestiti eleganti, e non appena fosse arrivato a casa, sarebbero stati appesi nell’armadio da dove li aveva presi, mentre lui si rilassava nei suoi vecchi maglietta e jeans.
Teneva sempre il suo tavolo libero, anche quando amici o conoscenti si fermavano a salutarlo; la sua impresa non si poteva condividere, se non con le due persone che aveva scelto.
Bell vide il viso della donna illuminarsi quando vide che era seduto da solo. Quando lei si avvicinò al tavolo, si tolse il suo Patek Philippe d’oro e lo mise vicino al computer, come se stesse cronometrando il tempo.
“Salve, ragazzone.” Si sedette e si girò verso di lui.
Guardò la bionda, fingendo sorpresa. “Oh, uhm, salve.” Tornando a guardare lo schermo del computer, continuò a digitare sulla tastiera. “Ci conosciamo?”
La donna emanava un leggero profumo di gardenia, come il sottile accenno di primavera.
“No,” rispose, “ma possiamo fare conoscenza se vuole far festa con me.”
Anche senza il mascara, il lucidalabbra e le ciglia extra lunghe, era una bella donna di circa ventiquattro anni. Era ben vestita con un body leopardato con il corpetto dall’ampia scollatura.
“Sarebbe bello, ma aspetto una persona.”
“Chi?” Appoggiò la clutch nera sul tavolo e fece un cenno a una cameriera. Ordinò una Tequila Sunrise.
Nadia, la cameriera, guardò Bell, che annuì per farle capire di portare un drink anche per lui. I camerieri avevano ordini di portargli sempre e solo ginger ale, on the rocks, non importava ciò che avesse ordinato.
La donna accanto a lui tirò su il suo orologio, guardò la marca, poi osservò attentamente il retro.
Sa esattamente quanto vale. E ha già valutato la giacca, la maglietta e l’anello.
“Sto aspettando Leticia,” rispose.
“Cos’ha lei che io non ho?”
Rimise a posto l’orologio e gli rivolse un sorriso elettrizzante mentre si chinava su di lui, permettendo alla sua scollatura di aprirsi di più, esponendo il seno alto e perfettamente sagomato.
“Le buste.”
“Quella donna ha delle buste?” La donna si sedette.
Lui annuì mentre toccava una riga di testo sullo schermo.
“Buste piene di soldi?”
“No.”
“Quante buste?”
“Uhm, nove, stasera.”
“Per chi sono?”
“Lei fa troppe domande.”
“Sono solo curiosa del perché Leticia con nove buste è più interessante di me.”
“Leticia è bella quasi quanto lei, ma è il contenuto delle buste a essere importante.”
Vide un sorrisetto incurvare le sue labbra lucide di gloss color caramello.
“Per chi sono?”
“È un poliziotto?” chiese.
“No.”
“Allora perché mi sta facendo il terzo grado?”
“Cocaina,” disse la donna.
“Cosa?” chiese lui. “Sta vendendo droga qui dentro?”
“No, deve essere il contenuto delle buste.”
“Oh, santo cielo.” Bell batté un pugno sulla cover del computer. “No, non è cocaina, né qualcos’altro di illegale. È solo un foglio di carta nelle buste senza nulla scritto sopra. Ora, potrebbe andarsene prima che arrivi Leticia?”
“Mi faccia capire bene. Leticiacon nove buste, ciascuna delle quali contenente un singolo foglio di carta senza la minima traccia di soldi o droga, e senza nomi scritti sopra, per lei è più interessante che lasciare che io la intrattenga per un’ora o due?”
“Santo cielo, credo che finalmente abbia capito.”
Gli mise una mano calda sulla coscia. “È gay?”
Bell deglutì mentre la sua mano risaliva la sua gamba. Si schiarì la gola.
“Hmm… direi proprio di no,” disse lei. “Cosa diavolo c’è scritto su quel pezzo di carta? Ed è la stessa cosa su tutti?”
Lui le tolse la mano dalla coscia e la strinse. “Guardi, è fuori dalla sua portata, sia finanziariamente sia, e me ne dispiace, intellettualmente.”
“Sta dicendo che sono povera e stupida.” Lei strappò via la mano dalle sue. “Perché non aggiunge anche brutta?”
“Certamente lei è l’opposto di brutta, ma questi nove giocatori sono tutti certificati Mensa, e hanno soldi da buttar via.”
“Ha,” disse lei. “Mensa è un’organizzazione il cui unico requisito per l’ammissione è avere il QI della fascia superiore. E quanti soldi pensa che abbia?”
Si concesse di osservare i suoi occhi blu, di superare il sorriso e il seno coppa C e di scendere verso la vita stretta e l’orlo della gonna che aveva una lunghezza quasi indecente.
“Quattro o cinquecento all’ora.”
“Le piacerebbe. Per cinquecento neppure mi sbottono la camicetta.”
Ci siamo. Se non abbocca, dovrò aspettare che un altro pesce nuoti nel mio laghetto torbido.
Prese un profondorespiro ed espirò. “Bene. Abbiamo nove giocatori stasera. Ciascuno ha comprato il posto con mille dollari. Se dà un’occhiata al nostro amichevole barman laggiù…”
Indicò Blinker al bar. Quando lei guardò da quella parte, Blinker le sorrise e annuì.
“Vede quel vaso di fiori laggiù?” chiese Bell. “Sul ripiano in alto, sopra Blinker?”
“Sì. È la sua ciotola per le mance?”
Bell rise. “Contiene i novemila dollari che hanno pagato i giocatori.”
“Davvero?” Si voltò verso Bell.
“Sì. Dentro ciascuna delle buste di Leticia c’è un unico foglio di carta con un puzzle, un enigma, o qualche altro rompicapo.”
“Un puzzle diverso o sempre lo stesso?”
“No, sempre lo stesso.”
“Quindi, questi ricconi pagano mille dollari per un indovinello, e chi lo risolve si becca un sacco di soldi?”
“Wow, forse fa parte della fascia superiore.”
“Assolutamente no. Ma sembra troppo facile. È certo che siano intelligenti?”
“Sì. Ma le manca un piccolo dettaglio del gioco. I soldi vanno a chi lo risolve per primo, e ognuno ha un solo tentativo. Se la risposta è sbagliata, non c’è un secondo tentativo, e il giocatore è eliminato fino al prossimo gioco. O se indovina, ma un altro lo risolve prima, perde i propri mille dollari.”
“Bè, diavolo, potrebbero semplicemente cercare la soluzione su Google.”
“Possono provarci. Non c’è una regola contro l’uso di Google o dei libri, e del resto, possono anche chiedere aiuto a qualcuno, ma non servirebbe a niente.”
“Perché?” chiese la donna.
“I puzzle sono elaborati dal Ringmaster, la persona che guida il gioco. E non sono mai stati pubblicati da nessuna parte.”
“Che cosa ci guadagna?”
“Se nessuno risolve il rompicapo prima dell’inizio del gioco successivo, il Ringmaster si becca tutto il vaso.”
La donna fischiò. “Quanto spesso il Ringmaster si becca i soldi?”
“Non molto. L’ho visto due volte negli ultimi trenta giochi.”
“E c’è un nuovo gioco ogni notte?”
Bell annuì.
“Che lavoro fa il Ringmaster?” chiese.
“Il professore di matematica e probabilità all’università di new York.”
“E quante sono le probabilità che mi dica il suo nome?”
“Quasi nulle.”
“Allora mi dica quali puzzle sono apparsi in questi giochi.”
“Un attimo.” Bell tirò fuori il cellulare e cliccò su un messaggio. “Questo è stato veloce. Il Ringmaster ha detto di no, ma posso farle un esempio.”
“Bene.”
Bell prese un tovagliolo dal portatovaglioli in mezzo al tavolo. Con la penna disegnò un grande triangolo con due verticali dentro e due linee che lo attraversavano orizzontalmente.
“Quanti triangoli vede?”
Quanti triangoli?
La donna voltò il tovagliolo verso di lei per studiare la figura. “Dodici.”
“Ne è sicura?” chiese. “Si ricordi, ha un solo tentativo. Sbagli, e perde mille dollari.”
Mentre la donna si concentrava sui triangoli, Bell salutò con un cenno della mano una signora che era appena entrata. Indossava un vestito borgogna con scollo a V, che era passato di moda da almeno dieci anni. Era un po’ consumato ma pulito e ben tenuto. Aveva circa quarantacinque anni, vecchia per la professione, tuttavia con le rughe e le ciocche di capelli grigi ben dissimulate, faceva ancora una buona impressione. Si faceva chiamare “Coco Phoenix.”
Coco ricambiò il saluto di Bell, evidentemente felice di vederlo. Con qualche cenno della mano gli comunicò che sarebbe tornata a trovarlo dopo aver parlato con un ragazzo al bar.
“Quattordici,” disse la donna accanto a lui.
“È sicura?”
“Sì. Quanto ci ho messo?”
“Circa cinque minuti, ma la sua risposta è sbagliata.”
Contò di nuovo i triangoli. “C’è questo grande esterno, poi i tre grandi, altri tre in cima…più questi…quattordici. Non possono essere più di quattordici.”
“Diciotto.”
“Impossibile.”
Lui le indicò tutti i triangoli.
“Porca miseria! Non avevo visto quei quattro sovrapposti.”
“E questo è un enigma semplice. Ecco perché le sto dicendo che non dovrebbe rischiare i propri soldi.”
“Lei gioca?” chiese la ragazza.
“No. Il Ringmaster pensa che non sarebbe etico poiché conduco io il gioco. E in ogni caso, se vincessi io, gli altri giocatori sarebbero davvero molto arrabbiati.”
“Immagini di sì. Cosa ci guadagna?”
“Blinker, Leticia e io prendiamo cento dollari ogni sera.”
“Qual è il piatto più grosso che abbia mai visto?”
“Sedicimila.”
“Accidenti! Okay…” Aprì la clutch e tirò fuori un mazzetto di banconote. “Ci sto.”
“Le sto dicendo di starne fuori. Finirà per perdere i soldi.”
“E allora? Se perdo, dovrò solo fare un’ora di straordinario.”
“Bene, solo non si dimentichi che l’ha chiesto lei.”
Mise dieci banconote da cento dollari sul tavolo.
Lui tolse i soldi dal tavolo e glieli restituì. “Li tenga fuori vista, e non li dia a me. Li passi a Blinker, al bar. Ma aspetti un attimo.” Aprì un messaggio e lesse velocemente la risposta. “No, troppo tardi. Le nove buste sono già per strada. Il gioco per stasera è fatto.”
“Bè, peccato,” disse lei. “Non posso neppure spendere i miei soldi.”
“Mi spiace. Ma può restare a vedere se qualcuno vince.”
“Posso vedere l’enigma di stasera dopo che è finito il gioco?”
Lui scosse la testa. “Soltanto chi paga può vederlo.”
“Okay. Vado a dare i mille a Blinker per domani sera.” Lo guardò con gli occhi a fessura. “Se le va bene.”
Bell si strinse nelle spalle. “Certo. Solo, si assicuri di dirgli che sono per il prossimo gioco.”
“Il mio nome è ‘Gigi,’ tra l’altro.” Gli porse una mano.
“Bell1 Casper.”
“Okay, Bill. Ora, devo andare a lavoro. Vedo circa seimila dollari seduti al bar.”
“Sì.” Guardò gli uomini al bar, molti dei quali la stavano fissando. “Ma è ‘Bell,’ non ‘Bill.’”
“Oh, mi scusi. Come ha fatto sua madre a inventarsi questo nome?”
“Era incinta seduta su una panca della St. Joseph’s Catholic Church. Proprio nel momento in cui mio padre urlò ‘Gesù Cristo!’, le campane iniziarono a suonare il primo rintocco della mezzanotte.”
Gigi rise. “Okay, Bell. Complimenti a sua madre. Ci vediamo domani sera per i miei soldi.”
Bell sorrise mentre Gigi si allontanava. Fece a Blinker un pollice in su.
1Bell significa campana in inglese.