Capitolo due
Bo
«La luna è quasi piena, signori» avvertì coach Jamison nello spogliatoio dopo l'allenamento. Ci faceva quella lezione ogni mese, e dopo quattro anni avrei potuto recitarla a memoria.
Sapevo comunque che era merda importante, specialmente per le matricole ancora alle prese con la pubertà.
«Chiudetevi nelle vostre stanze prima della partita e dopo la corsa del branco. Non avvicinarti a una femmina né» – alzò le mani – «a un maschio, se questo è quello che vi interessa. Non sono qui per giudicare.»
Camminava per lo spogliatoio mentre uscivamo dalle docce avvolti negli asciugamani per andare agli armadietti e vestirci. «Voi ragazzi avete gli ormoni impazziti. Non siete una sicurezza per la comunità in generale. La luna amplifica il bisogno. Vi rende troppo aggressivi. Fatevi una sega prima della partita: non voglio che siate pieni di testosterone quando giocheremo a Lakeside. Non posso rischiare che uno di voi rompa il collo di un umano.
«E a parte le seghe, ve lo terrete nelle mutande. Non vi intimerò di usare il preservativo perché questo finesettimana non inzupperete il cazzo.
«Anche se avete una ragazza, specialmente se avete una ragazza, domani sera statele alla larga. E non concordo con la filosofia di spassarsela con le umane. Ragazzi, siete una sicurezza ancor minore per le umane, in questo momento. Non possono difendersi. Se mai sentissi che uno di voi ha forzato una ragazza, umana o lupa, sarete definitivamente fuori dalla squadra e vi prenderò a calci in culo personalmente. Intesi?»
«Sì, coach Jamison» rispondemmo tutti.
«Più forte.»
«Sì, coach Jamison» gridammo; le nostre voci echeggiarono dagli armadietti di metallo.
«Wilde, tieni d'occhio ogni ragazzo della squadra durante la corsa» disse l'allenatore al mio amico, il capitano.
«Sì, signore.» Si infilò una maglietta dalla testa.
L'allenatore attribuiva molte responsabilità da alfa del branco a Wilde, motivo per cui ero contento di non essere stato nominato capitano. Sì, ero un alfa. C'era una ragione per cui io e i miei amici venivamo chiamati i coglioni-alfa di Wolf Ridge High. Ma comandare sulla scuola e guidare un branco erano due cose diverse. La prima era un’espressione di ribellione. Mostravamo il medio a tutti tranne che all’allenatore e facevamo quello che diavolo volevamo. Stabilivamo noi le regole sociali alla Wolf Ridge High; era risaputo. Chi veniva invitato alla mesa. Chi era degno di frequentare qualcuno.
Ma Wilde doveva rispettare le regole, ora. Sebbene l'elenco delle regole di Jamison fosse breve: non litigare con gli umani. Non ingravidare nessuna femmina, umana o lupa. Non prendere una donna contro la sua volontà. Nessun morso di accoppiamento, anche se ci credevamo innamorati.
Uscimmo, ma il nostro più esperto coglione-alfa, Cole, si bloccò. «Austin, puoi portare Casey a casa stasera?»
Anche Abe, il fratello minore di Austin, si avvicinò per farsi dare un passaggio a casa. Era una matricola ma giocava già in squadra con noi, il che la diceva lunga sul perché ogni ragazzo della squadra era un atleta di livello.
Austin serrò gli occhi verso Cole. «Sì, perché?»
Sapevamo tutti il perché.
Cole si era presentato agli allenamenti con il profumo di quell'umana che lo avvolgeva. La sua vicina di casa, quella che odiava perché la madre aveva preso il lavoro di suo padre.
Solo che tutti sapevano che l'odio era abbastanza vicino a qualcos'altro. Qualcosa che rasentava l'ossessione, secondo me. Lo avevo visto spingerla contro al suo armadietto. Cercarla sempre.
Cole alzò le spalle. «Devo vedere un insegnante per i compiti.»
Oh-oh.
Come no. Anch’io avevo il cazzo duro per un’umana.
Ero andato subito a casa dopo aver lasciato la cagna di Cave Hills, e me l’ero tirato tutta la notte. Avevo il suo profumo tutto nel naso. Si era impresso nella parte posteriore della maglietta, dove in moto mi aveva premuto contro quei seni succulenti, quindi me l’ero tolta e l'avevo avvolta intorno al cazzo. Avevo finto che mi facesse una sega per ringraziarmi del passaggio.
Mi ero addormentato con l'immagine di lei che gettava quella criniera di capelli sopra la spalla con il suo impertinente non te l’ho detto mentre si allontanava. Ogni volta che l'avevo immaginato di nuovo, avevo avuto una reazione diversa. Tutte fisiche. Tutte finivano con lei in ginocchio davanti al cazzo, che diceva ti prego, posso succhiarlo?
Già, come se sarebbe mai accaduto nella vita reale.
Il guaio con il porno era che rendeva il sesso normale del liceo eccitante quanto una lezione di storia americana lunga mezza giornata.