Bo
La spaventai di proposito perché ero un coglione.
Ero un coglione, e mi piaceva fottutamente farla urlare e farla aggrappare alla mia vita a ogni partenza troppo veloce.
Inoltre non mi dispiaceva la sensazione di averla stretta contro la schiena, di avere le sue braccia snelle a stringermi le costole ogni volta che mi piegavo in curva.
Ero abbastanza sicuro di averla udita borbottare fai schifo l'ultima volta che avevo attraversato le corsie del traffico per andare avanti.
Le stava bene. La situazione era problematica, e insieme a lei ci stava trascinando dentro anche mio fratello.
«Dove?» chiesi quando arrivammo a Cave Hills.
«Tra la quinta e Davidson.» Tentò di togliere le mani, ma io sparai la moto e lei mi afferrò di nuovo.
«Lo stai facendo apposta» mi accusò, stringendo i pugni davanti alla mia maglietta.
Sapeva cosa stava succedendo. Immaginavo che per rubare automobili si dovesse essere piuttosto intelligenti. Oppure stupidi. Ma lei non mi sembrava stupida. Avevo visto abbastanza diffidenza sul suo viso quando parlava con Winslow per sapere che comprendeva i rischi.
La portai tra la quinta e la Davidson. «Ora dove?»
Mi aspettavo quasi che scendesse senza mostrarmi dove viveva, ma mi diede indicazioni per casa sua. Si scoprì che non viveva in una delle tante case da milioni di dollari che componevano la ricca comunità a nord di Scottsdale. Era in una casa di città, bella ma non tanto grande.
«Proprio qui» disse, indicando. Fece oscillare la lunga gamba giù dalla moto e cercò di slacciare il casco con dita tremanti.
«Che storia c’è dietro la Porsche?» le chiesi a bruciapelo, guardandola armeggiare senza offrirle aiuto stavolta.
So che Winslow non me lo avrebbe detto e stavo cercando conferme.
«È di mio padre» disse. «È fuori città e l’ho ammaccata. Tuo fratello ha detto che mi avrebbe aiutato a sistemarla senza che lui lo scoprisse».
«Non ho visto ammaccature.»
«L'ha già sistemata. Ora ha solo bisogno di un po' di vernice.» Strappò le cinghie del casco, come se con quelle la tenessi in ostaggio. «Tuo fratello ha detto che l’avrebbe sistemata entro domani.»
Sì, come no. Cazzate totali, ovviamente.
Riuscì a slacciare il casco e se lo tolse, sistemandosi i lunghi e folti capelli.
Non avrei voluto lasciarmi sbalordire da quanto fosse bella da vicino. Cercai qualche difetto Qualche irregolarità che poteva permettermi di ignorarla. Ma anche il grosso neo sulla guancia sembrava messo lì solo per renderla più attraente per i ragazzi. O per le ragazze a cui piacevano le ragazze. O sì, praticamente per chiunque avesse un battito cardiaco.
Non sembrava una del liceo. Probabilmente frequentava le feste del college dal giorno in cui aveva raggiunto la pubertà. Era certamente così.
E per questo non la sopportavo, cazzo.
«Grazie per il passaggio, Bo.» Mi tese il casco.
«Non ho capito come ti chiami.» Ignorai il casco. Sembrava avere una gran fretta di andarsene, e non le avrei reso le cose facili.
«Non te l’ho detto» Mi toccò la pancia con il casco, e quando ancora lo ignorai lo lasciò andare e girò sui tacchi.
Mi chinai per prenderlo prima che toccasse terra. «Non sei costretta a fare la stronza» le urlai dietro. Non perché pensavo che lei lo facesse, anche se non lo escludevo – lo dissi più per vedere se l’avrebbe colpita.
La colpii.
Si girò di scatto, il viso arrossato. «Gentile» annuì, camminando all'indietro. «Davvero gentile.»
Sorrisi, perché vederla arrabbiata mi fece venire il cazzo duro. «Non sono una persona gentile. Ci vediamo domani, immagino… vostra altezza avrà bisogno di un passaggio?»
Stavo cercando tracce o prove della bugia, ma era troppo brava per cascarci. Mi fece semplicemente il dito medio mentre si girava e apriva la porta d'ingresso.
Questa lì avrebbe portato sicuramente guai.
E avrei avuto modo di parlarne con Winslow. O di fermarlo.
Memorizzai il numero civico. Se fosse successo qualcosa a Winslow a causa di quelle stronzate, sarei venuto lì e avrei fatto a pezzi quella puttana di Cave Hills.
Subito dopo averla messa in ginocchio davanti alla mia patta aperta.