Capitolo Uno-3

1783 Words
Sloane «È tuo fratello?» «È Bo.» Non era proprio una risposta alla domanda, ma lo presi come un sì. Questo tizio del Wolf Ridge Body Shop era spaventoso da morire. Mi era stato dato il suo nome come possibile ricettatore per auto rubate, ed era risultato vincente. Ma non mi fidavo affatto di lui. Vedere il fratello minore, invece, mi aveva tranquillizzata un po'. Sembrava un ragazzo tipicamente americano tanto quanto il maggiore un delinquente. Sì, aveva jeans strappati e unti, ma una maglietta da football della Wolf Ridge High gli si allargava sui muscoli sporgenti, e il resto era a posto. Era anche di bell'aspetto. Non ero abituata a essere trattata con il disgusto che Winslow Fenton mi riservava; mi faceva stare meglio la presenza del fratello. Come se potesse evitare che mi accadesse qualcosa di brutto. E, naturalmente, quella era probabilmente una di quelle tesi davvero stupide a dimostrazione di quegli studi psicologici sui preconcetti basati sull'aspetto. O l’abbigliamento. O l’essere fighi. Solo perché aveva la mia età ed era bellissimo non significava che si sarebbe trasformato nel cavaliere in armatura scintillante, se il fratello mi avesse ostacolata. «Lui non c’entra niente» disse Winslow, con una evidente minaccia nel basso tono di voce. «Capito?» «Sì, certo. Ho capito» Eravamo entrambi appoggiati sotto il cofano della Porsche, come se stessimo parlando della sua potenza. Dovevo resistere all’impulso di sbirciare nell'altro compartimento l'ampia schiena e il culo muscoloso di Bo. Concentrati, Sloane, cavolo. «Allora, quando pensi di poter ottenere il nuovo libretto?» «Lasciamela. La venderò. E ti darò la tua parte.» Cazzo, no. «Non era questo l'accordo. Recupera il libretto. La vendo io.» Sbuffò. «La vendi tu?» «Sì; è quello di cui abbiamo discusso.» Sogghignò. «Scusa, tesoro. Nessuno comprerà una Porsche a sei cifre da una sedicenne.» «Diciassettenne» lo corressi, anche se non era questo il punto. «Se riesco a rubare un'auto in pieno giorno dallo Scottsdale Mall, posso portare a termine la vendita di un’auto.» A quanto pareva, ero una brava imbrogliona. Avevo dovuto acquisire molte nuove competenze negli ultimi sei mesi. Scosse la testa fingendo di scusarsi. «Scusa, sorella. Se recupero il libretto, è mia.» Attese un attimo. «Giusto?» Il cuore iniziò a battermi più forte. Questo ragazzo era viscido, ma lo sapevo dall'inizio. Era il rischio associato al furto di auto. Si strofinò il naso con un dito unto, lasciando una macchia di nero sul viso. Eravamo naso a naso sotto il cofano. Puzzava di metallo e sudore stantio e vagamente dell'odore acido dell'alcol che avevano le persone quando avevano esagerato la sera prima. Ora che avevo visto il fratello, potevo immaginare quanto avrebbe potuto essere attraente in un’altra circostanza. Se si fosse preso cura di sé stesso e avesse avuto un taglio di capelli decente. E non sembrava neanche così dannatamente cattivo. Strinsi la mascella. «Dividiamo cinquanta e cinquanta.» «Sessanta e quaranta.» Non c’era bisogno che indovinassi chi dei due avrebbe avuto i sessanta. Avrebbe continuato a prendermi in giro. Lo avessi rivisto, sarei passata a settanta trenta. Avevo bisogno di recuperare potere, e in fretta. Feci un respiro profondo e cercai di incarnare mio padre. Poteva convincere un ragazzo a fare qualsiasi cosa. E non aveva mai usato la paura per arrivare a loro, come altri venditori. Perché alla base di qualsiasi truffa c’era essenzialmente questo: la vendita. No, li faceva sentire bene nel fare quello che lui voleva. Gli faceva credere che lo volessero anche loro. «Ascolta, Winslow.» Appoggiai un fianco al paraurti della Porsche. «Come ti ho detto prima, sto cercando un socio in affari. Ho già individuato una Mercedes-Benz Classe S dallo sfasciacarrozze per il prossimo furto. Ma se sei il tipo che fa un accordo e non onora la sua parola, la cosa non andrà avanti. Dobbiamo avere abbastanza fiducia tra di noi per far funzionare il tutto.» Inserii parole come onore e fiducia sperando di far emergere in lui un palpito delle qualità, ma dubitavo che le avesse mai avute. Se non avessi visto suo fratello, un ragazzo tipicamente americano, non ci avrei nemmeno pensato. Ma incredibilmente, sembrò funzionare. Winslow sollevò il petto e annuì. «Cinquanta e cinquanta» accettò. «Ma la vendo io.» «Andremo entrambi» ribattei. Sorrise di nuovo. «Non ti ci porto. Rovineresti tutto. Ma ti darò la tua parte, onestamente.» «Potresti avere più da perdere di me. Non ho ancora diciotto anni. Se mi beccassero, avrei solo una tiratina d’orecchie. Se venissi beccato tu, sarebbe un crimine.» Si pizzicò il labbro inferiore tra pollice e indice, considerandomi. Rivolse lo sguardo a suo fratello, come se stesse pensando di far vendere l'auto a Bo. Ma poi scosse la testa. «Correrò il rischio.» «Vengo anch’io» insistetti di nuovo. «No. Tornatene alla tua scuola privata di Cave Hills e aspetta che ti mandi un messaggio.» Mi si agitò lo stomaco. Cercai di non manifestare i miei dubbi, però. Eravamo partner, che si onoravano e si fidavano l'uno dell'altra. Ecco la stronzata che stavo cercando di tirare fuori. Dovevo essere coerente. «Ho bisogno di un passaggio.» Winslow alzò gli occhi al cielo e tirò fuori la testa da sotto il cofano della Porsche. «Fanculo.» Mi considerò, poi guardò il fratello. «Bo!» La versione più giovane e molto più sexy di lui si avvicinò, asciugandosi le mani con uno straccio bianco pulito. «Sì?» «Devi portare questa qui a Cave Hills.» Strinse gli occhi. «Come?» Allargò le braccia e si guardò intorno. «In moto. Sbrigati, cazzo. Ho bisogno che stasera torni per finire il lavoro.» Un muscolo della mascella gli si irrigidì e sembrò che stesse facendo un respiro misurato. «Giusto. Va bene.» Inarcò le sopracciglia verso di me e allungò il braccio come un maggiordomo. «Da questa parte, signora.» Ok, forse era coglione quanto suo fratello. Tutto quell’aspetto da figo sprecato su uno stronzo arrogante. Peccato. Non che sperassi in qualcosa. Solo... mi piaceva guardare. Lo seguii fino alla parte anteriore dell’officina, dove prese un casco su una moto e me lo porse. «La tua limousine ti aspetta.» Non ero una fifona, ma non ero mai stata sul sellino posteriore di una moto. E quando l'avevo immaginato, ero sempre dietro a un tipo di fidanzato molto affidabile. Figo, ma non stronzo e scontroso come Bo. Fondamentalmente, stavo mettendo la mia vita nelle mani di un perfetto sconosciuto. Presi il casco e deglutii. «Hai paura, principessa?» sogghignò. Indossava una serie di piastrine al collo. Da vicino, era ancora più bello di quanto non mi fossi resa conto inizialmente. Aveva gli occhi azzurro ghiaccio che spiccavano sulla pelle abbronzata e i capelli castani arruffati. Le labbra avevano una sensualità tutta loro, ma solo lì. Tutto il resto di lui era duro muscolo al cento per cento. Probabilmente giocava in difesa e probabilmente faceva piangere i giocatori di Cave Hills, quando li colpiva. Afferrai il casco e mi scostai i capelli prima di indossarlo. Era troppo grande, e rovinai l'effetto altezzoso armeggiando con le cinghie per cercare di tenerlo addosso. A completare l'umiliazione, Bo si avvicinò per aiutarmi; regolò le cinghie finché non si adattarono perfettamente al mio mento. I suoi movimenti erano sicuri e abili, e concluse l'azione picchiettando sulla parte superiore del casco come se fossi una bambina. «Tu non lo metti?» «Nah, altrimenti ne avrei due per il viaggio di ritorno a casa» disse, come se quel piccolo inconveniente fosse molto peggio che farsi sfondare il cranio. Tirò fuori un paio di occhiali da sole dalla borsa laterale e se li mise. Sembrava appena uscito dal set di un film. Come un cattivo ragazzo versione più giovane di Chris Hemsworth. Solo più testa di cazzo. Lo so. Non è neanche un aggettivo. «Pronta?» Fece oscillare una gamba lunga e robusta sul sedile e guardò indietro. Quando salii cautamente dietro di lui, diede ai miei sandali con zeppa uno sguardo scettico. «Normalmente non consentirei quel tipo di calzature sulla moto, ma immagino che tu non abbia molta scelta, vero?» «No.» Uber sarebbe stata una buona scelta. Perché diavolo non avevo usato Uber? Stavo cercando di stabilire questa stupida collaborazione con Winslow. Mostrargli un po' di fiducia per renderlo degno di fiducia. Ora ecco dove ero finita. Stavo per rischiare la vita sul retro di una moto. Mise in moto l’Harley e l'unico avvertimento che lo stronzo mi diede di essere pronto a partire fu uno sguardo alle sue spalle prima di barcollare. Trattenni un urlo e gli afferrai la vita in preda al panico. Ci vollero un paio di chilometri prima che mi rendessi conto di affondare le dita nella sua pelle attraverso la maglietta sottile, ma per quanto fermamente mi dicessi di calmarmi, non ce la facevo. Era troppo per fare la figa. Bo si fermò al semaforo e girò la testa di lato. «Stai dando di matto?» «Noo-o.» La parola di una sillaba divenne di due mentre mentivo tra i denti. Coprì una delle mie mani artigliate. Il suo palmo era grande e ruvido. Calloso per il duro lavoro o forse per il football, non lo so. Mi tirò la mano intorno alla parte anteriore del suo corpo, finché non raggiunse i suoi addominali. «Oh scusa! Ti stavo facendo male?» Di solito non mi facevo innervosire dai ragazzi. Di solito ero io quella che li agitava, specialmente se si trattava degli studenti delle superiori. Essere alta un metro e settanta in seconda media aveva reso impossibile ignorare l'effetto che avevo sul sesso opposto. Ma ero un disastro totale al momento. Diedi tutta la colpa alla moto. Non agli occhi azzurri né agli addominali scolpiti. La sua risata fu bassa e sommessa. Non avrebbe dovuto eccitarmi inaspettatamente come fece. «Non c’è rischio, Gambe.» «Gambe? È così che mi chiami?» La luce del semaforo cambiò e ripartì senza preavviso. Avvolsi anche l'altro braccio intorno alla sua vita, quindi ora gli stavo abbracciando la schiena come un fottuto koala. O si aggrappano sul davanti? Uno scimpanzé, quindi, che doveva resistere per tutta la vita mentre la madre si dondolava da un albero all'altro. E poi ci lanciammo sull'autostrada per Cave Hills. Non so quanti chilometri ci vollero perché la paura si trasformasse in qualcosa di diverso. Di più caldo e più vivo. Quando raggiugemmo la collina, ero tutta formicolii e consapevolezza; il respiro entrava nel casco in piccoli sospiri, le mani erano modellate sugli addominali di Bo. Il calore dal suo corpo si irradiava nel mio. La moto era come un vibratore gigante tra le gambe. Che odio trovare eccitante persino quel scenario. Le motociclette non andavano bene. I ragazzi che le guidavano erano zotici e di basso livello. Solo che il mio corpo non sembrava d'accordo. O forse non si trattava della moto. Forse si trattava del gigantesco giocatore alla cui schiena ero incollata.
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