Presentazione dell’opera
La collana Aurora si propone di recuperare classici ormai dimenticati e introvabili della letteratura italiana e internazionale, con un breve apparato critico di approfondimento.
La saga dei Forsyte, l’opera che più di tutte ha contribuito alla fama di John Galsworthy (e al suo Premio Nobel per la Letteratura), è un curioso ed emblematico esempio di come la letteratura cosiddetta “alta” possa contaminarsi con i generi più “popolari” senza per questo perdere appeal se non agli occhi di qualche critico snob.
La saga si compone di tre romanzi e due interludi, a cui poi seguiranno altre due trilogie meno celebri. Già in questo primo capitolo troviamo tutti gli elementi salienti dell’opera: le passioni nascoste sotto l’aplomb dell’epoca tardo-vittoriana, la lotta della upper-middle class senza sangue blu per emergere non solo economicamente, la scrittura lenta ma trascinante di Galsworthy.
Il possidente (in originale è più pregnante, “Man of property”) del titolo non è, come si potrebbe pensare a prima vista, il vecchio Joylon Forsyte, il patriarca, perno morale della famiglia, ma suo nipote Soames, uomo molto più complesso e “moderno” nei suoi tormenti.
Non è un caso che la vicenda prenda le mosse – dopo che Galsworthy ci ha abilmente presentato nel complesso la famiglia Forsyte – dalla decisione di Soames di costruirsi una casa in campagna. La decisione ha un doppio scopo: elevarsi in qualche modo nel confronto con gli altri membri della famiglia, e portare via da Londra sua moglie Irene, poiché sente che sta per perderla. Non baderà a spese, ma questo non potrà salvarlo dall’inevitabile destino, destino a cui Galsworthy guarda solo apparentemente con distacco.
Nel modo in cui si dipana la vicenda umana di Soames e di Irene, c’è tutto l’impegno di Galsworthy per i diritti delle donne e in generale per il progresso dei costumi. In questo senso, La saga dei Forsyte è un perfetto ritratto del mondo vittoriano al crepuscolo e, nascosto sotto le vesti di un romanzo di famiglia, un canto d’attesa per l’arrivo di una nuova epoca.
Nel nostro paese, nonostante la Saga sia stata una lettura obbligata per la “buona società” tra gli anni ’30 e ’50, è oggi sparita dai cataloghi.
La traduzione che ripubblichiamo oggi (opportunamente aggiornata al gusto corrente) è quella di Gian Dàuli, la prima apparsa in Italia. Questo ci permette così, tra l’altro, di celebrare un pioniere dell’editoria italiana moderna, al settantesimo anniversario della scomparsa, e l’uomo che con la sua casa editrice Aurora ha idealmente ispirato il nome della presente collana.
Parte prima