Ero stata un medico rispettato fino a quando non ho assistito ad un omicidio dietro una tenda del pronto soccorso dell’ospedale. È venuto fuori che ero l’unica che potesse identificare l’assassino. La famiglia dell’omicida era molto ricca e aveva importanti collegamenti sia con il governo mondiale che con la criminalità organizzata. La protezione testimoni era l’unica possibilità che avessi per rimanere in vita fino a che non avessi potuto identificare l’uomo in tribunale. Lasciare il pianeta era l’unico modo per essere certa che la famiglia non potesse raggiungermi per farmi del male.
Nonostante il fatto che la mia colpevolezza fosse solo una copertura, per il sistema giuridico della Terra ero un’assassina. Avrei dovuto essere trattata come tale. Questo camice ospedaliero era grigio e spartano proprio come nello stile carcerario, i miei polsi e le caviglie erano legati ad una sedia dura e irremovibile. Non avevo scelta. Nella mia testa l’avevo già vissuto un migliaio di volte. Sopravvivere. Era quello che dovevo fare, e non c’era modo di farlo se non scappando dalla Terra il più in fretta possibile.
“Signorina Day?” ripeté la guardia. La sua voce era senza emozioni, come se avesse avuto a che fare con così tanti malviventi da essere ormai stanca e insensibile anche ai peggiori criminali.
“Glielo chiederò un’altra volta, Signorina Day. Tre è il numero di tentativi che devo effettuare per ottenere una risposta. Dopodiché, sarà automaticamente abbinata in base ai risultati del suo test e inviata presso la sua collocazione.”
Cercai di calmare la tachicardia, perché non solo mi trovavo bloccata sul posto, ma non potevo nemmeno scappare dalla stanza, dall’edificio e, soprattutto, dalla vita che avrei dovuto affrontare. Questa squallida stanza era niente in confronto a ciò che avevo dovuto passare… e niente in confronto a ciò che mi aspettava.
Ma non potevo lasciare che questa donna dal cuore gelido scegliesse per me. Di sicuro mi avrebbe mandato su qualche pianeta ostile come Prillon, dove gli uomini sono famosi per essere duri e spietati, sia dentro che fuori dal letto.
“Desidera reclamare il suo diritto di nominare un mondo, Signorina Day? O si sottopone ai protocolli di collocamento del centro di smistamento?” La sua richiesta interruppe i miei pensieri. Prima che entrasse nella stanza, ero stata sottoposta alla loro cosiddetta preparazione. Ero completamente sveglia e in allerta quando iniziò, e dovetti guardare una sequenza di vari paesaggi, uomini di tutti gli aspetti e con ogni tipo di abbigliamento, persino coppie occupate in atti sessuali, come una donna in ginocchio che succhiava il cazzo a un uomo.
Sfortunatamente, quella era una delle immagini più leggere. Alcune includevano due uomini che possedevano una donna, un’intera stanza piena di persone che guardavano una donna mentre veniva scopata. Bondage, fustigazioni, accessori sessuali. Le immagini andavano da scene desertiche a distese urbane di enormi città aliene delle dimensioni di New York o Londra, da vibratori e cinture di castità a piercing e sonde anali.
Le immagini si muovevano sempre più velocemente e pensavo che sarei rimasta sveglia, ma dovevo essermi addormentata per poi avere quello strano ma vivido sogno. Quando mi svegliai gli schermi video erano spariti, ma ero ancora legata alla sedia di esaminazione.
Lanciai uno sguardo alla sua espressione neutrale, mi inumidii le labbra e risposi, “Accetterò la scelta del protocollo di smistamento.”
La donna fece un secco cenno di assenso e poi spinse un pulsante del tablet che aveva davanti. “Molto bene. Iniziamo con il protocollo di selezione della collocazione. Dica il suo nome, per i registri.”
Chiusi gli occhi per un istante e poi li riaprii, sentendo ancora gli effetti persistenti dell’orgasmo. Era stato intenso ed era stato un sogno. Questa era la fredda e dura realtà. Dubitavo che ci sarebbe stata una fuga reale o qualsiasi piacere nel mio futuro. “E-Evelyn Day.”
Stavo per dire il mio vero nome, ma poi mi ricordai. Come potevo dimenticare?
“Il crimine per cui è stata giudicata colpevole?”
Era difficile dire quella parola. Ancora non riuscivo a credere di aver accettato misure così estreme, menzogne come questa. “Omicidio.”
“È o è stata sposata?”
“No.” Quello era uno dei motivi per cui mi trovavo in questo pasticcio. Lavoravo troppo. Non c’era un uomo nella mia vita, nessuno da cui correre a casa. Per questo sono rimasta tanto a lavoro, ho fatto gli straordinari ed ho assistito ad un omicidio.
“Ha prodotto della prole biologica?”
“No.” Avrei voluto, prima o poi, ma con un alieno? Non era nei miei sogni d’infanzia. Perché non potevo incontrare un uomo sexy e single a cui piacevano le donne sia con cervello che con curve generose?
“Eccellente.” La Direttrice Egara spuntò una lista di caselle sullo schermo del suo tablet. “Per i registri, Signorina Day, in quanto femmina idonea, fertile e nell’età adatta, ha due opzioni disponibili per scontare la sua pena per il reato di omicidio, carcere a vita senza condizionale presso il Penitenziario di Carswell, situato a Fort Worth, Texas.”
Mi vennero i brividi sentendo nominare la famosa prigione che ospitava i più crudeli e pericolosi criminali. Tutto il mio piano per restare al sicuro fino al processo consisteva nel lasciare il pianeta. Carswell, per fortuna, non era qualcosa che avrei dovuto considerare.
La Direttrice Egara continuò, “Oppure, come ha scelto in precedenza, l’alternativa del Programma Spose Interstellari. È stata condotta qui per completare la sua valutazione ed essere collocata. Sono lieta di informarla che il sistema ha completato con successo l’abbinamento e che sarà inviata presso un pianeta membro. In qualità di sposa, potrebbe non tornare più sulla Terra, in quanto tutti i viaggi saranno stabiliti e controllati dalle leggi e dai costumi del suo nuovo pianeta. Rinuncerà alla sua cittadinanza terrestre e diventerà una cittadina ufficiale del suo nuovo mondo.”
Dove mi avrebbero mandata? Che sorta di follia perversa aveva mostrato la mia scansione cerebrale a questa donna? In base al sogno vivido, avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Sarei finita con un capotribù di Vytros o con un ricco mercante di Ania? Uno dei primitivi e patriarcali mondi esterni?
Mi schiarii la gola, poiché le parole sembravano come incastrate. “Può… può spiegarmi il processo di selezione? Come faccio a sapere che i test hanno effettuato un buon abbinamento?”
Mi guardò come se fossi vissuta per tutta la vita sotto una pietra. “Sul serio, Signorina Day. Lei sa come funziona.”
Vedendo che rimanevo in silenzio sospirò. “Molto bene. Tutte le prigioniere vengono sottoposte a una serie di test. La vostra mente viene stimolata e monitorata nelle sue reazioni sia consce che inconsce, in modo da assicurarci di abbinarvi adeguatamente ai costumi e alle pratiche sessuali di un altro pianeta. Dal momento che vivrete lì per un tempo indeterminato, per noi è importante inviare spose degne dei capi che le richiedono.
“Ogni pianeta ha una lista di maschi qualificati in attesa di una sposa,” continuò. “Il test rileva il mondo migliore per voi, dopo di che vi abbina al candidato più compatibile. Una volta iniziata l’elaborazione, lui riceve una notifica immediata. Al termine del processo sarete trasportate e vi sveglierete sul vostro nuovo pianeta. Il vostro compagno starà aspettando di reclamarvi.”
Avevo i polsi ancora legati; ero in grado di stringere i pugni. “E se… e se l’abbinamento non è buono?”
Contrasse le labbra. “Non si torna indietro. In base al Protocollo 6.2.7a non possiamo forzarla a rimanere con qualcuno di incompatibile. Avrà trenta giorni per decidere se il primo candidato è accettabile. Se, dopo i trenta giorni, non è soddisfatta del suo compagno, gliene verrà assegnato un altro sullo stesso pianeta e lei sarà trasferita. Avrà trenta giorni per accettare o rifiutare ciascun candidato fino a che non si sistema con un compagno.”
“Loro… cioè, lui, ha la possibilità di rifiutarmi?” Ero già stata rifiutata dagli uomini. Diverse volte. In che modo poteva essere diverso con un uomo di un pianeta lontano?
“La percentuale di successo del programma di abbinamento è ben oltre il novantotto per cento. Ha completato i test e abbiamo confermato la sua collocazione personale. Sono fiduciosa che lei sarà sistemata adeguatamente. Questi compagni, a seconda del pianeta, hanno bisogno di donne per sostenere la loro razza, la loro cultura e il loro stile di vita. Le femmine sono preziose, Signorina Day. È per questo che è stato istituito l’accordo interplanetario. Se, comunque, il suo compagno dovesse trovarla… non soddisfacente, sarà abbinata ad un altro maschio dello stesso pianeta. Ricordi, è stata prima abbinata a un mondo, e solo in seguito ad un compagno.
“Il mio compagno saprà che sono stata condannata per un reato?”
“Certamente. L’accordo richiede piena trasparenza.”
“E sono così disperati da accettare i condannati?” Non ero mai stata considerata abbastanza degna di essere una fidanzata, figurarsi una moglie. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto volermi ora che ero un’assassina condannata? “Non hanno paura che possa ucciderli mentre dormono?” Non lo avrei fatto, ma ovviamente loro non lo sapevano. E sarei stata punita sul loro mondo per un crimine che avevo presumibilmente commesso qui sulla Terra?
La donna strinse le labbra. “Le garantisco, Signorina Day, che quando avrà incontrato i compagni di uno qualsiasi dei pianeti, capirà. Stia certa che essere uccisi da una donna come lei non è una delle loro preoccupazioni.”
Guardai giù verso il mio corpo nel camice, quel camice a tinta unita da prigione. Non ero proprio mingherlina. Ero… formosa. Persino lo stress delle ultime due settimane, il processo imminente e tutto ciò che comportava, non avevano modificato il mio peso. Non vedevo un vero specchio o un minimo di trucco da molto tempo, per cui potevo solo immaginare che aspetto avessi. Se avessi finito per incontrare il mio compagno in questo stato, mi avrebbe sicuramente rifiutata anche prima di dire ciao.
La donna diede un’occhiata al suo tablet. “Ha finito con le domande? Ho un’altra donna da visitare oggi.”
Non c’era molta scelta. Annuii. “Sono… sono pronta” dissi con la gola serrata. Dire le parole che mi avrebbero cambiato la vita era più difficile di quanto avessi pensato. “Sono pronta ad andare via dal pianeta e accetterò la collocazione decisa dai test.”
La donna annuì con decisione. “Molto bene.” Spinse un pulsante e la mia sedia si reclinò all’indietro come se fossi dal dentista. “Per i registri, Signorina Day, lei ha scelto di scontare la sua pensa sotto la direzione del Programma Spose Interstellari. Le è stato assegnato un compagno secondo i protocolli d’esame e sarà trasportata fuori dal pianeta per mai più tornare sulla Terra. È corretto?”
Santissima madre di Dio, cosa avevo fatto? Sarei tornata per testimoniare, ma stavo partendo davvero. “Sì.”
“Eccellente.” Guardò il suo tablet. “Il computer l’ha assegnata a Trion.”
Trion? Rovistai tra i miei ricordi in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa a proposito di quel mondo. Niente. Non trovai niente. Oh, Dio.
Ma forse quel mondo era quello del mio sogno. I tappeti. L’olio di mandorle. L’enorme pene…
“Quel mondo esige un’attenta preparazione fisica per le proprie femmine. Pertanto, il suo corpo deve essere preparato adeguatamente prima di iniziare il trasporto.”
Il mio corpo deve essere… cosa?
La Direttrice spinse il lato della mia sedia e, con mio stupore, la sedia scivolò verso il muro, dove apparve una grande apertura. La sedia scivolò come sopra un binario proprio nello spazio appena rivelatosi dall’altro lato del muro. La stanza era piccola e risplendente di una serie di luci di colore azzurro. La sedia ondeggiò fino a fermarsi e un braccio robotico con un enorme ago mi scivolò silenziosamente fin sul collo. Ebbi un sussulto quando mi bucò la pelle, poi sentii solo un lieve pizzicore nel punto dell’iniezione. Un senso di letargia e di appagamento distese il mio corpo mentre venivo calata in un bagno di caldo liquido blu. Ero così al caldo, così intorpidita…
“Cerchi solo di rilassarsi, Signorina Day.” Le sue dita toccarono il display che avevo in mano e la sua voce fluttuò fino a me come se provenisse da lontanissimo. “La sua preparazione inizierà in tre… due… uno…”