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Il compagno prescelto

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Quando una potenziale minaccia costringe Eva Daily a cercare riparo su un altro mondo, per lei c’è solo un’opzione. Offrire sé stessa al Programma Spose Interstellari. Dopo una valutazione intima e sensuale della sua idoneità, Eva sarà assegnata a un compagno e trasportata sul suo mondo per diventarne la sposa.All’arrivo sul pianeta deserto Trion, Eva ben presto scopre che le cose sono piuttosto diverse da quelle a cui era abituata sulla Terra. Un’ispezione personale da parte del suo nuovo compagno lascia Eva rossa dall’imbarazzo, ma con sua grande sorpresa, scopre di essere eccitata come non aveva mai immaginato dal dominio che Tark è in grado di esercitare sul suo corpo. Presto si ritrova nuda, legata e impossibilitata a resistere al bisogno di implorare per averne di più, mentre l’abilità amatoria di lui la porta da un apice di eccitazione all’altro.Non passa molto prima che Eva capisca che in Tark c’è più che un semplice bruto dominante che non esiterà a mettersi in grembo la sua sposa disobbediente e farle diventare rosso il fondo schiena. Ma proprio quando la sua passione per lui inizia a trasformarsi in amore, gli eventi sulla Terra minacciano di allontanarla per sempre da lui. Riuscirà Eva a trovare un modo per restare al fianco di Tark e nel suo letto o verrà lasciata con nient’altro che i ricordi dell’uomo che aveva posseduto sia il suo cuore che il suo corpo?

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Capitolo 1-1
1 Avevo la mente annebbiata, come se mi fossi appena svegliata o avessi avuto troppo alcol in circolo. Ma la nebbia fu presto diradata dalla percezione. Ero nuda e piegata in avanti sopra una specie di panca dura. I miei seni ondeggiavano sotto di me a ogni poderosa spinta che un uomo mi assestava dentro con il suo cazzo. Il calore che si espandeva lungo il mio corpo mi fece gemere e chiusi gli occhi per gustare la sensazione della mia fica che si serrava e pulsava attorno al suo affare lungo e grosso. Stava in piedi dietro di me, ed io desideravo vedere il suo volto per sapere chi potesse essere a darmi così tanto piacere. “Sembra che le piaccia essere scopata in questo modo. Alla maggior parte non piace stare china e bloccata su un supporto.” Una profonda voce maschile parlò da qualche parte dietro di me, ma ero troppo distratta dal cazzo che scivolava bruscamente dentro e fuori dal mio corpo per guardare. Non era l’uomo che mi stava scopando, per cui non contava nulla per me. Nulla. Solo il mio padrone aveva importanza. Padrone? Da dove era venuto quel pensiero? “Sì, la sua fica è incredibilmente stretta e bagnata. Ti piace essere presa così, gara?” La seconda voce era ancora più profonda e veniva da dietro di me, direttamente dietro. Mi fece una domanda, ma tutto quello che potei fare fu gemere per quanto incredibilmente mi stesse spalancando. Non ero mai stata trafitta da un cazzo di queste dimensioni. Ad ogni colpo dei suoi fianchi contro il mio culo sentivo quel duro calore penetrarmi fino in fondo. Il suono di pelle contro pelle e della mia umidità che gli facilitava il passaggio riempiva la stanza. Cambiò angolazione, con la cappella dura che strofinava da qualche parte in fondo a me, ed io mi misi a piagnucolare. Il suo cazzo era come un’arma, uno strumento che io non potevo combattere. Com’ero finita qui? L’ultima cosa che ricordavo era che mi trovavo sulla terra, al centro di smistamento. Ora ero legata a una specie di panca a quattro gambe, con le caviglie legate a un lato e le mani strette in delle piccole maniglie attaccate all’altro. Era abbastanza stretta da far penzolare i miei seni fuori, con qualcosa che non riuscivo a vedere che mi tirava i capezzoli. La combinazione di piacere e dolore era come corrente elettrica inviata direttamente al mio clitoride, e la sensazione acuta mi faceva sussultare. Ad ogni spinta profonda il mio clitoride strofinava contro qualcosa di duro sotto di me, qualcosa che si muoveva con me mentre il suo cazzo mi martellava dentro. Le vibrazioni sotto il mio clitoride fecero crescere un orgasmo, fino a che non lo sentii come una bomba ad orologeria che ticchettava. La mia pelle si stava imperlando di sudore. Mi avvinghiai alla panca come se fosse l’unica cosa che mi impediva di volare via. Non ero completamente sicura che sarei sopravvissuta all’esplosione. “Mi sta strizzando il cazzo” grugnì l’uomo, e i suoi movimenti divennero meno metodici, come se stesse perdendo la battaglia contro il suo bisogno primordiale di lacerarmi fino in fondo. “Bene. Falla venire intensamente, così si rilasserà ed accetterà il tuo seme. Dovresti essere in grado di fecondarla senza ritardi.” Fecondarla? Aprii la bocca per chiedere di cosa stessero parlando, ma quel cazzo enorme mi sbatté dentro e una mano calda mi si appoggiò dietro al collo tenendomi giù, sebbene non potessi andare da nessuna parte. Lo percepii come un gesto simbolico, che significava che ero sotto il suo controllo e che non avrei potuto fare niente. Avrei dovuto urlare o lottare, ma la mano agiva come se spegnesse un interruttore, ed io restai completamente ferma, bramosa del suo prossimo affondo. Questo momento, quest’uomo… era sicuramente un sogno. Non avrei mai fatto sesso mentre qualcun altro guardava. Non avrei mai permesso di farmi legare e bloccare in questo modo. Mai. Non poteva essere reale. Non avrei tollerato questo infimo trattamento. Ero un medico, una guaritrice. Altamente rispettata e non senza motivo. Ero una donna con un certo potere. Non mi sarei mai sottomessa a questo… Come per deridermi, mi sbatté con ancora più forza ed una mano forzuta atterrò violentemente sulle mie natiche nude. Il bruciore si diffuse come burro caldo che si scioglieva sulla mia carne, con il calore che viaggiava direttamente verso il mio clitoride. Mi sculacciò ancora ed io strinsi i denti per trattenere un urlo di piacere. Cosa mi stava succedendo? Mi piaceva essere sculacciata? Un altro schiaffo sonante, un’altra fitta di dolore, con le lacrime che mi scendevano dagli occhi, mentre lottavo per mantenere la mia compostezza. Ero una professionista. Non mi sarei mai arresa al panico o alla pressione. O al piacere. Non avevo mai perso il controllo. Appellandomi ad anni di allenamento e disciplina, costrinsi la mia mente a prendere nota dell’ambiente circostante. Non riconoscevo nulla, né le soffuse luci ambrate, gli spessi tappeti sul pavimento, i curiosi muri color sabbia, né il profumo di mandorle e di qualcosa di stranamente esotico che sprigionava la mia pelle stessa. Il riflesso luminoso della mia carne normalmente pallida faceva pensare che fosse stata strofinata con dell’olio profumato. Quel profumo – e l’odore muschiato del sesso – mi fluttuavano attorno nell’aria calda. La confusione mi riempiva la testa e non riuscivo a concentrarmi sulla stanza o a capire come fossi finita lì, perché ad ogni respiro affannoso un cazzo durissimo mi riempiva, al limite del dolore, abbastanza al limite che la percezione di esso non faceva altro che aggiungersi alle sensazioni che mi affollavano il corpo e la mente. Ero consumata dal piacere. Tutta la mia consapevolezza si ritirò fino a che non ci fu altro che la pressione della mia pelle contro la panca, la mano sul collo che mi teneva ferma come se fossi un gatto appagato, l’oscillazione di quelli che sembravano piccoli pesi attaccati ai miei capezzoli e la mia fica aggrappata al cazzo che mi riempiva, mi reclamava. Mi possedeva. Il sesso non era mai stato così bello con nessuno degli uomini con cui ero stata. Non riuscivo a vedere chi mi stesse scopando, ma non c’era dubbio che fosse un uomo. La presa sul mio collo svanì ed io sentii due grandi mani sui miei fianchi nudi, i polpastrelli che pressavano sulla mia carne rotonda. Dal momento che non potevo vedere nessun uomo, doveva per forza trattarsi di un sogno. E non volevo che finisse. Avevo così bisogno di venire che ero pronta a pregare per del sollievo. Non avevo mai fatto un sogno sessuale prima. Non avevo mai sognato niente del genere, niente che sembrasse così reale, così piacevole. Non m’importava, non volevo pensarci più poiché le vibrazioni contro il mio clitoride stavano accelerando. “Sì!” urlai, cercando di spingere i miei fianchi all’indietro per prendere quel cazzo incredibile ancora più a fondo. “Non ti fermare, per favore, oh, Dio!” Non lo fece. Il sogno era incantevole ed io venni con lo stesso incanto. Le vibrazioni sul mio clitoride mi spingevano oltre il limite, ma era il cazzo che mi stava riempiendo quello che fece continuare il piacere fino a che non ne potei più. L’uomo che mi stava scopando s’irrigidì, affondando le dita nei miei fianchi mentre ruggiva fuori il suo orgasmo. Sentii il suo seme caldo dentro di me. Mentre continuava a scoparmi, venendo, il liquido caldo e appiccicoso colava fuori dalla mia fica e giù sulle mie cosce. Mi abbandonai sulla panca, sazia e soddisfatta. L’ultima cosa che sentii prima di scivolare di nuovo nell’oscurità dei sogni fu “Andrà bene. Portala all’harem.” Lottai per tornare alla lucidità, ma rimpiansi di averlo fatto. Una giovane donna dall’aria austera sedeva di fronte a me nella piccola stanza delle esaminazioni. Sembrava avere quasi la mia età, e sarebbe stata carina, se non avesse avuto le labbra troppo sottili e quello sguardo freddo sul volto. Indossava un leggero abito marrone e tacchi alti, e teneva un tablet in grembo. Con i lunghi capelli tirati indietro in una crocchia stretta, assomigliava a una donna d’affari, non a un dottore specialista. La stanza in cui mi trovavo sembrava una camera d’ospedale, con dell’attrezzatura medica attaccata al mio corpo per monitorare il battito cardiaco, l’attività cerebrale e il livello degli enzimi. Il mio corpo pulsava ancora per l’intensità dell’orgasmo, e mi vergognai di notare che la sedia su cui ero legata con delle cinghie era zuppa sotto il mio sedere e le mie cosce nude, zuppa degli umori della mia eccitazione. Il semplice e corto camice grigio che indossavo portava il logo del Programma Spose Interstellari e, come in tutti gli ospedali, era aperto sul retro. Come mi aspettavo, sotto di esso ero nuda per l’esaminazione. La donna aveva l’espressione acida di qualcuno abituato ad avere a che fare con prigionieri realmente colpevoli dei propri crimini. La sua uniforme marrone scuro aveva sul petto una targhetta color rosso chiaro e con tre parole in lettere scintillanti che mi fecero sudare freddo. Programma Spose Interstellari. Dio mi aiuti. Stavo mi lasciandomi il pianeta Terra alle spalle come se fossi stata una sposa ordinata per posta. Sebbene il concetto fosse stato utile nei secoli passati, era stato riesumato per soddisfare le attuali necessità interplanetarie. In quanto sposa ordinata per posta, sarei stata obbligata a scopare e fare figli con qualche capo alieno di un pianeta giudicato idoneo dalla coalizione interstellare che ora proteggeva la Terra. Un maschio alieno che si era guadagnato il rango e il diritto di reclamare una donna da uno dei pianeti membri sotto protezione. Poiché la Terra era stato l’ultimo pianeta aggiunto alla coalizione, ora doveva offrire migliaia di spose ogni anno. C’erano davvero poche volontarie, nonostante la generosa ricompensa concessa a una donna abbastanza coraggiosa – o disperata – da offrirsi volontaria come sposa. No, la maggior parte delle migliaia di spose imbarcate fuori dal pianeta erano donne colpevoli di un crimine o, come me, costrette a scappare. Per nascondersi. “…dovresti essere in grado di fecondarla senza ritardi.” Quella voce rozza e spigolosa mi vagava per la testa. Era stato solo un sogno, vero? Ma perché avrei dovuto sognare una cosa così? “Signorina Day, sono la Direttrice Egara. È a conoscenza delle opzioni per il suo collocamento? In quanto colpevole di omicidio, ha perso tutti i suoi diritti eccetto quello di nominazione. Può nominare un mondo, se lo desidera, e sceglieremo il suo compagno da tale mondo, in base ai risultati della sua valutazione. Oppure, può scegliere di rinunciare a tale diritto e accettare i risultati della valutazione psicologica. Se sceglie quest’ultima opzione, sarà inviata sul mondo ed avrà il compagno che meglio corrispondono al suo profilo psicologico. Se desidera incontrare il suo compagno ideale, le consiglio vivamente di scegliere la seconda opzione e seguire i consigli dei processori di compatibilità. Abbiniamo spose ai loro compagni da centinaia di anni. Cosa sceglie?” Assimilai a malapena la voce della donna e spinsi contro le cinghie che mi bloccavano i polsi ai lati del corpo. Sebbene avessi sentito menzionare altri pianeti, non conoscevo nessuno di un altro pianeta, soprattutto non un compagno. Sulla Terra una donna poteva scegliere da sola i propri fidanzati, amanti o mariti. Ma un compagno alieno? Non avevo idea da dove cominciare. E se anche avessi scelto un mondo, il mio abbinamento effettivo sarebbe stato deciso unicamente tramite le analisi psicologiche del Programma Spose Interstellari. Avrei dovuto scegliere un mondo? Sarei stata via solo per pochi mesi, non per il resto della mia vita. Che differenza avrebbe fatto? Non ero neppure davvero Evelyn Day. Era la mia nuova identità. Il mio vero nome era Eva Daily e non ero neanche realmente un’assassina. Ero innocente, ma non importava. Non più. Non importava che quella fosse tutta una farsa, un modo per rimanere in vita fino a che non fosse stato deciso il giorno del processo e avrei potuto testimoniare contro uno dei membri dell’associazione mafiosa più potente sulla Terra.

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