L’ASSENZA DEL SIGNOR GLASS-3

1667 Words
Vi fu un silenzio opprimente. Nella stanza faceva buio; gli alberi del giardino, avvolti dalla nebbia del mare, sembravano più curvi e neri che mai, e parevano quasi più vicini alla finestra. Si poteva fantasticare che fossero mostri marini somiglianti a granchi o seppie, o polipi dai lunghi tentacoli attorcigliati che si fossero trascinati fuori dal mare per vedere la fine di quella tragedia, come una volta ne era sbucato fuori lui, il miserabile, la vittima di essa, il terribile uomo dal cappello alto. Tutta l’aria era ammorbata di violenza per ricatto ed estorsione, il più morboso dei delitti umani, perché è una colpa che cela una colpa. È come un nero impiastro su una ferita ancor più nera. La faccia del piccolo prete cattolico, abitualmente bonaria e anche un po’ comica, fu d’improvviso alterata da uno strano cipiglio. Non era più la sconcertata curiosità della sua prima inconsapevolezza; era piuttosto quella curiosità creativa che viene quando un uomo ha il principio di un’idea. – Ripeta ancora, per piacere – egli disse in modo semplice e sbrigativo. – Intende proprio dire che Todhunter ha potuto legarsi tutto da solo e che pure da solo può rimettersi in libertà? – È proprio questo che voglio dire – rispose il dottore. – Madonna Santa! – invocò Brown subitamente – È possibile che questo sia vero? Traversò la stanza d’un salto come un coniglio, e si protese con un’impulsività nuova a guardare il viso del giovane immobilizzato che era in parte nascosto. Poi volse la sua stolida faccia alla compagnia, dicendo con un po’ di eccitazione: – Sì, è proprio così! Non potete vederlo dal suo viso? Guardatelo un po’ negli occhi! Tanto il professore che la ragazza seguirono la direzione di quello sguardo. E benché la larga sciarpa nera coprisse interamente la parte inferiore del viso del giovane, capirono che qualche cosa di represso e intenso si rivelava nella parte superiore di esso. – I suoi occhi invero sono strani – esclamò la ragazza vivamente commossa. – Mostri che siete! Perché continuate a farlo soffrire? – Non è questo, io credo, – disse il Dottor Hood – gli occhi hanno certo un’espressione di una certa anormalità psicologica!... – Ma cosa dice!... – gridò Padre Brown – non vede che egli ride? – Ride? – replicò il dottore di scatto. – Ma che ragione può egli mai avere per ridere? – Ebbene – riprese il Reverendo Brown, quasi scusandosi – non è mia intenzione di offenderla, ma io credo che egli rida di lei. E, invero vien voglia di ridere anche a me, adesso che ho capito di che si tratta. – Avete capito che cosa? – domandò irritato il dottor Hood. – Adesso conosco – continuò il prete – la professione del signor Todhunter. Fece un giro per la camera guardando un oggetto dopo l’altro, con uno sguardo che pareva stupido, seguito sempre da un riso ugualmente stupido, ciò che non poteva a meno di essere irritante per chi non era che spettatore. Rise molto guardando il cappello; anche più rumorosamente dinanzi al bicchiere rotto, ma quel po’ di sangue sulla punta della spada lo fece scoppiare in risa convulse. Poi si volse allo specialista che era pieno di collera. – Dottor Hood – esclamò con entusiasmo. Lei è un gran poeta! Ha dato vita a un essere increato! È impresa molto più onnipotente d’aver scrutato e scandagliato puri fatti materiali! In confronto i puri fatti sono comuni e comici. – Non ho la più lontana idea di dove vada a parare il vostro discorso; – disse alteramente il Dottor Hood – i miei fatti sono certi, benché naturalmente incompleti. Si può concedere qualche cosa all’intuizione forse (o alla poesia se vi piace più la parola), ma soltanto finché i dettagli corrispondenti non possano essere accertati. Nell’assenza del signor Glass... – È questo il punto, proprio questo – disse il piccolo prete con un cenno vivace della testa. – Bisogna convincersi di questo prima di tutto; dell’assenza del signor Glass. Egli è così interamente assente! Suppongo – egli aggiunse con riflessione – che non vi fu mai nessuno così assente come il signor Glass. – Volete dire che egli è assente dalla città? – domandò il dottore. – Voglio dire che è assente da ogni luogo – rispose Padre Brown. – Egli è assente dalla natura delle cose, per così dire. – Pensate proprio seriamente che non esista tale persona? – disse lo specialista sorridendo. Il prete accennò di sì col capo. – È quasi un peccato, non è vero? – disse. Orion Hood irruppe in un riso sprezzante. – Ebbene, – disse – prima d’andar avanti in cerca d’altre evidenze, prendiamo la prima prova che ci vien sotto, il primo fatto che colpisce quando si entra nella camera. Se non esiste un signor Glass, di chi è questo cappello? – È del signor Todhunter – rispose Brown. – Ma non gli va bene, egli non potrebbe mai portarlo! – esclamò Hood con impazienza. Padre, Brown scosse la testa con ineffabile dolcezza. – Non ho mai detto che egli potrebbe portarlo – rispose – ho detto che è un suo cappello. O se vuole una sfumatura più chiara, un cappello che è suo. – E dov’è la differenza? – chiese il criminologo con un leggero sorriso di scherno. – Mio caro signore – esclamò il buon prete, con un primo movimento molto simile all’impazienza; – se lei va nella vicina strada dal primo negozio di cappelli, lei capirà che c’è una differenza fra il cappello di un uomo e i cappelli che gli appartengono. – Ma un cappellaio ricava un guadagno dalla sua merce di cappelli nuovi. Che cosa può ricavare Todhunter da questo unico cappello usato? – Conigli, – rispose prontamente Padre Brown. – Che cosa? – esclamò il dottor Hood. – Conigli, nastri, dolciumi, pesci dorati, rotoli di carta colorata – disse il Reverendo rapidamente. Non ha veduto tutto questo quando ha scoperto il trucco delle corde legate? Riguardo alla spada è la stessa cosa. Il signor Todhunter non ha su di sé la minima scalfittura, ma l’ha dentro di sé. – Volete dire sotto gli abiti? – domandò la signora MacNab. – Non voglio dire sotto gli abiti, ma dentro di lui stesso – disse Padre Brown. – Spiegatevi meglio, ché io non vi capisco. – Il signor Todhunter – spiegò Padre Brown placidamente – sta esercitandosi per divenire saltimbanco, prestigiatore, ventriloquo, e abile in giochi di trucchi di corde. Come prestigiatore egli fa degli scongiuri servendosi di un cappello; e se questo non ha traccia di capelli ciò non dipende dall’essere stato portato da un signor Glass prematuramente calvo, ma dal non essere mai stato portato da alcuno. Come giocoliere, fa giochi di mano con tre bicchieri, esercitandosi a lanciarli in alto e a riprenderli a volo. Ma essendo ancora un po’ inesperto, un bicchiere gli si è frantumato battendo il soffitto. E così si spiega la presenza della spada che per dovere e orgoglio professionale egli deve imparare a inghiottire. Ma, di nuovo, essendo agli inizi della sua professione... si è fatta una leggera scalfittura alla gola. Perciò egli ha una ferita dentro di sé, che però (lo vedo dall’espressione della sua faccia), non è seria. E si stava esercitando anche al trucco di liberarsi dalle corde, a imitazione dei fratelli Davenport; ed era forse sul punto di sciogliersi da esse, quando noi abbiamo fatto irruzione nella sua camera. Le carte, naturalmente, servivano a giochi di mano, ed esse sono sparse sul pavimento perché egli aveva eseguito uno di quegli artifizi coi quali si mandano le carte a volar per aria. Che egli facesse un mistero della sua professione non fa meraviglia. Ogni giocoliere fa lo stesso, acciocché non siano svelati i trucchi del mestiere. Ma il solo fatto di un ozioso con cappello alto, che fu visto una volta curiosare alla sua finestra, e che egli respinse con grande indignazione, è stato sufficiente per metterci tutti sulla falsa strada di un romanzo che non esiste, e per farci immaginare la vita intera di quest’uomo, tormentata dall’incubo di un signor Glass, da uno spettro col cappello di seta. – Ma come spiegare le due voci? – domandò Maggie, guardandolo fissamente. – Non avete mai udito parlare un ventriloquo? – domandò padre Brown. – I ventriloqui parlano prima con la loro voce naturale, e poi rispondono a sé stessi con altra voce acuta, stridente, innaturale simile a quella che voi avete sentita. Vi fu un lungo silenzio, e il dottor Hood guardò il piccolo uomo che aveva parlato con un sorriso cupo e attento. – Siete invero una persona di molto ingegno, – disse – un romanziere non avrebbe potuto inventare qualche cosa di meglio. Ma vi è una cosa che non avete ancora potuto spiegare, cioè il nome del signor Glass. La signorina MacNab l’ha sentito molte volte nominare da Todhunter. Il Reverendo ebbe come un infantile scoppio di risa. – Ebbene – disse – questa è la parte più semplice di questa ridicola storia. Quando il nostro amico giocoliere ha lanciato in aria i tre bicchieri uno dopo l’altro, egli li contava a voce alta nel riacchiapparli e anche faceva i commenti quando gli sfuggivano. Ciò che egli diceva doveva esser questo: «Uno, due e tre bicchieri [1] non colti a segno; uno, due bicchieri ben presi, e così di seguito». Vi fu qualche minuto di silenzio nella camera, dopo il quale tutti d’accordo scoppiarono a ridere. Mentre così facevano, la figura nell’angolo si decise a sciogliersi dalle corde e le lasciò cadere con aria di trionfo. Dopo di che, avanzandosi nel mezzo della camera con un saluto, tirò fuori dalla tasca un grande biglietto stampato in blu e rosso coll’annuncio che Zaladin, il più grande prestigiatore contorsionista, ventriloquo e canguro umano del mondo, avrebbe dato trattenimento con una serie assolutamente nuova di giochi e di trucchi al Padiglione Impero in Scarborough, il lunedì seguente, alle 8 precise. [1] Glass: in inglese bicchiere.
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