1. IL MALANNO DEL SIGNOR LEEIl Signor Lee o, come conosciuto da quelle parti, il Vecchio Lee, da qualche settimana si sentiva strano e, siccome la comunità era piccola e isolata, tutti se ne erano accorti. Aveva sentito il parere del dottore locale, uno di quelli di vecchio stampo non di quelli moderni laureati in medicina, il quale gli aveva confermato che la temperatura corporea non era nella norma, perché c’era qualcosa nel sangue che non andava.
La donna, la Sciamana locale, nonché zia del Signor Lee, non era ancora certa della causa, ma gli promise che, se le avesse lasciato qualche campione da poter studiare, l’avrebbe scoperta nel giro di ventiquattr’ore e che poi lo avrebbe mandato a chiamare. La Sciamana gli porse un ciuffetto di muschio e una pietra.
Lee sapeva cosa fare, perché lo aveva fatto altre volte; così urinò sul muschio e sputò tutta la saliva che aveva in bocca sulla pietra. Li restituì con fare solenne alla donna che, facendo attenzione a non toccarli con le mani nude per non contaminarli, li avvolse separatamente in foglie di banano per preservarne l’umidità il più a lungo possibile.
“Diamogli un giorno per marcire ed essiccare, poi li studierò attentamente e cercherò di capire cosa c’è che non va in te”.
“Grazie, Zia Da, anzi, Sciamana Da. Aspetterò con ansia la tua chiamata e verrò qui immediatamente”.
“Aspetta qui, figliolo, non ho ancora finito con te”.
Da si girò e prese un barattolo in terracotta dallo scaffale dietro di sé. Lo stappò, prese due bocconi e sputò l’ultimo addosso al Vecchio Lee. Mentre Da innalzava un canto di preghiera ai suoi dei, il Signor Lee pensò che la zia si era dimenticata di dargli una pulita: odiava che qualcuno gli sputasse addosso, specialmente se quel qualcuno erano vecchie donne con denti marci.
“L’alcol spray e la preghiera ti aiuteranno ad andare avanti finché non riusciremo a sistemarti come si deve”, gli garantì.
La Sciamana Da si alzò dalla posizione del loto che aveva assunto sul terreno del suo santuario medico, mise un braccio attorno alle spalle del nipote e lo accompagnò fuori mentre si rollava una sigaretta.
Una volta usciti, la accese e aspirò profondamente lasciando che il fumo le riempisse i polmoni. “Come stanno tua moglie e i tuoi adorabili figli?”
“Oh, loro stanno bene, Zia Da, ma sono un po’ preoccupati per la mia salute. Ultimamente mi sento un po’ malandato e, come ben sai, in vita mia non sono mai stato male”.
“No, noi Lee siamo molto forti. Tuo padre, il mio caro fratello, sarebbe ancora in formissima se non fosse morto di influenza. Era forte come un bisonte. Tu hai preso da lui, ma a lui non hanno mai sparato. Penso che ciò che ti ha indebolito sia stata la pallottola di quello Yankee”.
Avevano avuto questa discussione un sacco di volte, ma Lee non era mai riuscito a vincerla, così annuì semplicemente, allungò a sua zia un Baht da cinquanta e prese la via di casa, la sua fattoria, che si trovava a circa un centinaio di metri fuori del villaggio.
Si sentiva già meglio, così aumentò il passo per dimostrarlo a tutti.
Il Vecchio Lee riponeva piena fiducia nella sua vecchia Zia Da, come tutti i membri della comunità, un piccolo villaggio di circa cinquecento case e qualche dozzina di fattorie intorno ad esso. Sua Zia Da aveva preso il posto di Sciamano del villaggio quando lui era ancora un bambino e c’erano solo poche persone che ricordavano quello precedente. Anche loro non avevano mai avuto un medico qualificato.
Ciò non significava che gli abitanti del villaggio non potessero andare da un vero dottore, ma questi erano pochi e lontani: il medico ufficiale più vicino si trovava ‘in città’, quindi a settantacinque chilometri da lì, e non c’erano autobus, taxi o treni tra le montagne in cui vivevano, nel punto più remoto a nord-est della Thailandia. Inoltre, i dottori erano cari e prescrivevano medicine costose, e si riteneva che ci guadagnassero commissioni molto alte. C’era una clinica anche qualche villaggio più in là, ma l’unico personale di cui era fornita era un’infermiera full-time e un medico part-time che lavorava un giorno ogni due settimane.
Gli abitanti del villaggio come il Signor Lee pensavano che questi specialisti probabilmente andavano bene per i ricchi abitanti di città, ma non erano molto utili a quelli come loro. Come poteva un contadino assentarsi per un giorno intero e assumere qualcuno con una macchina per andare in città da un dottore? Un mezzo si poteva anche trovare, ma nel raggio di dieci chilometri c’erano solo pochi vecchi trattori.
No, pensò, la sua vecchia zietta andava benissimo per tutti e andava bene anche per lui; inoltre, non aveva mai fatto morire né ucciso nessuno, a meno che non fosse giunta la sua ora. Tutti potevano giurarlo.
Tutti.
Il Signor Lee era molto orgoglioso di lei e, in ogni caso, non c’erano molte alternative nel raggio di chilometri, certamente nessuno con tutta quella esperienza, tutti quegli anni di …? Beh, nessuno sapeva quanti anni avesse in realtà, nemmeno lei lo sapeva, ma, probabilmente, i novanta li aveva passati da un bel po’.
Con questi pensieri che gli giravano in testa raggiunse il cortile di casa. Voleva discutere la questione con la moglie, perché, sebbene per il mondo esterno lui fosse il capo famiglia, così come doveva essere, lo era solo in apparenza, poiché, in realtà, ogni decisione veniva presa dalla famiglia intera, per lo meno da tutti gli adulti.
Questo stava per diventare un giorno importantissimo, perché la famiglia Lee non aveva mai avuto una ‘crisi’ prima d’ora. Addirittura, anche i loro due figli, che ormai non erano più bambini, avrebbero avuto il permesso di dire la loro.
La storia stava per essere scritta e il Signor Lee ne era alquanto consapevole.
“Mad!”, chiamò, con il nomignolo dato alla moglie quando ancora il primogenito non riusciva a dire ‘Madre’. “Mad, ci sei?”.
“Sì, sono qui fuori”, rispose dal retro.
Il Signor Lee aspettò che la moglie tornasse dal bagno, ma dentro casa era caldo e molto umido, così tornò nel cortile e si sedette sul largo tavolo con il tetto fatto di erba dove tutta la famiglia mangiava e dove ci si poteva riposare durante il tempo libero, se solo lo avessero avuto.
Il vero nome della Signora Lee era Wan, ma suo marito l’aveva soprannominata affettuosamente Mad quando il figlio maschio, da piccolino, l’aveva chiamata così; questo nome rimase impresso al Signor Lee, ma non ai figli. Ad ogni modo, Wan veniva dal villaggio di Baan Noi, così come il marito, ma la sua famiglia non si era mai allontanata da lì, mentre quella del suo sposo era migrata dalla Cina due generazioni prima, sebbene la loro città natale non fosse poi così lontana.
Wan aveva i tratti tipici delle donne del posto. Ai suoi tempi era un bella ragazza, ma all’epoca alle signorine non venivano concesse chissà quali opportunità e non venivano nemmeno incoraggiate a essere ambiziose. Non che le cose siano cambiate molto per la figlia venti anni dopo. Wan era contenta di cercare un marito dopo aver lasciato la scuola, così, quando Heng Lee le chiese la mano e mostrò ai suoi genitori il compenso economico che aveva in banca, lei pensò che fosse un buon partito, alla pari di tutti gli altri ragazzi della zona che potevano chiederle la mano. Inoltre, non aveva nessun desiderio di allontanarsi dalle sue amiche e dai suoi legami più stretti per andare a vivere in una grande città e ampliare i propri orizzonti.
Alla fine, era riuscita anche ad amare Heng Lee in un modo tutto suo, sebbene la fiamma si fosse spenta da un po’ e ora fosse più un socio in affari che una moglie nell’azienda di famiglia destinata alla reciproca sopravvivenza e a quella dei due figli.
Wan non era mai andata in cerca di un amante, anche se aveva ricevuto diverse richieste sia prima che dopo il matrimonio. All’epoca si sentì indignata, ma ora ripensava a quei momenti con tenerezza. Heng era stato il primo e l’unico, e ora sarebbe sicuramente stato l’ultimo, ma lei non se n’era mai pentita.
Il suo unico desiderio era potersi prendere cura dei nipoti che col tempo i suoi figli le avrebbero dato. Certamente, non voleva che si buttassero a capofitto in un matrimonio come aveva fatto lei, specialmente la femmina. Era sicurissima che prima o poi avrebbero avuto dei figli, anche perché era l’unico modo per assicurarsi un po’ di stabilità finanziaria per quando sarebbero stati vecchi e, inoltre, per avere la possibilità di incrementare la propria condizione familiare.
La Signora Lee aveva a cuore lo stato e l’onore della sua famiglia, ma di beni materiali ne aveva già a sufficienza. Aveva vissuto per così tanto tempo senza avere nulla che ormai non le importava più.
Aveva già un cellulare e una televisione, anche se il segnale era molto debole. Non poteva fare altro che aspettare che il governo venisse ad aumentare la potenza delle trasmittenti locali; cosa che avrebbe sicuramente fatto nel giro di poco tempo. Wan non voleva una macchina, perché non voleva andare da nessuna parte e, comunque, le strade erano dissestate.
Ma non era solo questo: le persone della sua età e della sua posizione sociale avevano sempre considerato la macchina come un bene totalmente al di fuori della loro portata, perciò avevano smesso di desiderarla decenni prima. In altre parole, lei era contenta della bicicletta e del vecchio motorino che formavano la rimessa della loro famiglia.
La Signora Lee non desiderava più nemmeno oro e bei vestiti: crescere due bambini con uno stipendio da contadino aveva annullato quei sogni molti anni prima. Malgrado ciò, Wan era una donna felice che amava la propria famiglia e si era rassegnata a quella vita, finché un giorno Buddha non l’avrebbe chiamata di nuovo a casa.
Il Signor Lee guardò sua moglie procedere verso di lui, mentre era intenta ad aggiustarsi qualcosa sotto il suo sarong; suppose che dovesse sistemarsi, perciò non chiese niente. Lei si sedette sul bordo del tavolo e mosse le gambe verso l’alto per poi sedersi come la una sirena sulle rocce delle coste danesi.
“Bene, che cosa ti ha detto quella vecchia befana?”
“Oh, su, Mad, non è poi così male! È vero che voi due non siete mai andate d’accordo, ma è così che va a volte, no? Lei non ha mai detto una brutta parola su di te, infatti, proprio mezz’ora fa mi stava chiedendo della salute tua … e di quella dei ragazzi”.
“A volte sai essere proprio sciocco, Heng. Lei dice cose carine a me e su di me quando ci sono altre persone ad ascoltare, ma appena rimaniamo da sole mi tratta come spazzatura e lo ha sempre fatto. Mi odia, ma è troppo subdola per fartelo vedere, perché sa che prenderesti le mie difese e non le sue. Voi uomini pensate di sapere come va il mondo, ma non vedete quello che accade sotto i vostri occhi.
“Negli anni mi ha accusato di ogni sorta di cose: che non tenevo la casa pulita, che non lavavo i bambini, e una volta mi ha anche detto che il mio cibo puzzava come se avessi usato gocce di capra per insaporirlo!
“Bah, non sai neanche la metà delle cose che mi dice e non mi credi uguale, come potresti credere a tua moglie? Sì, puoi anche sorridere, ma, fattelo dire, non è stato molto divertente in questi ultimi trent’anni. Ad ogni modo, che cosa ti ha detto?”
“Niente, davvero, era solo un controllo, quindi la solita vecchia routine. Sai, fare pipì su un po’ di muschio, sputare su una pietra, poi farti spruzzare l’alcol da quella vecchia bocca sdentata. Mi fa rabbrividire il solo pensiero. Ha detto che mi farà sapere qualcosa domani, quando potrà darmi i risultati.
“Dove sono i ragazzi? Non dovrebbero essere qui e prendere parte alla discussione?”
“Non penso proprio. Dopotutto, non sappiamo ancora niente, giusto? O ti sei fatto qualche idea?”
“No, penso che dovrei farmi fare un massaggio da quella ragazza cinese … quello potrebbe aiutarmi se le chiedessi di andarci piano. Ha acquisito le sue competenze nel nord della Thailandia, perciò può essere abbastanza brusca … o almeno così dicono. Sai, con i miei malanni, potrebbe giovarmi un bel massaggio delicato … che cosa ne pensi, mia cara?”