CAPITOLO DUE

1223 Words
CAPITOLO DUE Ceres sollevò lo sguardo dalla fosse guardando il cerchio di stregoni per metà morti che la circondavano e cercò di nascondere la paura. Riuscì ad acquisire un atteggiamento di sfida mentre li vedeva avvicinarsi, stringendo le else delle sue due spade e aspettandoli. Non avrebbe permesso loro di vederla spaventata là sotto. “Avresti potuto liberarci,” disse il loro capo con voce che pareva carta vecchia. “Liberarvi per distruggere,” rispose Ceres. “Mai.” “Allora prenderemo il tuo sangue e saremo almeno per un po’ quello che siamo stati in passato.” Ceres rimase lì ferma ad aspettarli. Quale di loro avrebbe attaccato per primo? Avrebbero semplicemente scagliato la loro magia nel fondo della fossa distruggendola? No, non potevano, giusto? Non se avevano bisogno del suo sangue. Allora le venne un’idea. Un modo per poter effettivamente uscire da quella fossa. Sarebbe stato pericoloso però. Molto pericoloso. “Pensate che abbia paura di voi?” chiese. “Ho già combattuto nelle fosse. Venite, tutti.” Avrebbe funzionato solo se le fossero venuti tutti addosso. Lo stesso era terrificante vederli scendere in silenzio, atterrano sulla pietra dura della fossa e correndo in avanti per attaccarla. Ceres colpiva e si spostava. C’era così poco spazio nella fossa per combattere e c’era il pericolo che la travolgessero. Tagliò una mano che l’aveva afferrata, si abbassò sotto a un colpo d’artigli diretto alla sua gola. Sentì il graffio di una mano sul fianco e sferrò un calcio facendo cadere sulla schiena uno degli stregoni. Non erano forti come erano stati un tempo. Ceres immaginò che avessero usato più potere di quanto avrebbero voluto scagliandole addosso della magia. Continuò a colpire, a schivare all’interno della fossa mentre aspettava il momento in cui qualcuno di loro si sarebbe messo nel modo che voleva. Lo vide e non esitò. Poteva anche non avere la forza e velocità superiori che le derivavano dal suo sangue, ma era pur sempre rapida e forte per una cosa del genere. Ne colpì uno davanti a sé facendolo cadere in ginocchio, gettò le spade fuori dalla fossa e poi usò la schiena dello stregone come pedana di salto mentre ancora si stava riprendendo. Saltò sulle spalle del nemico più vicino e poi balzò con tutte e sue forze verso il ciglio della fossa. Se avesse sbagliato, avrebbe voluto dire che aveva appena gettato via le uniche armi in suo possesso per proteggersi. Andò a sbattere contro la parete della fossa, le mani che si aggrappavano al ciglio mentre lei lottava per tirarsi su. Sentì qualcosa che le si avvinghiava attorno alla gamba e d’istinto diede un calcio, sentendo uno scricchiolio d’ossa quando colpì il cranio di uno degli stregoni. Quella spinta era tutto ciò di cui aveva bisogno per lanciarsi nell’arrampicata, e rapidamente Ceres si tirò fuori dalla fossa in cui era caduta. Afferrò le sue spade e si tirò in piedi mentre gli stregoni le gridavano addosso in piena rabbia. “Ti seguiremo!” le promisero. Uno allora ringhiò pieno d’ira e le lanciò addosso della magia. Ceres si piegò di lato, ma fu come un segnale per gli altri per colpire a loro volta. Fiamme e lampi la seguivano mentre lei scappava dalla stanza in cui si trovava la fossa, sentendo attorno a sé le pareti che tremavano. Iniziarono a cadere delle piccole pietre, poi sempre più grandi. Ceres correva disperatamente mentre le rocce le crollavano attorno, rimbalzando quando colpivano il pavimento e rotolando nel caso dei pezzi più grossi. Ceres si lanciò in avanti e quando si rialzò in piedi scoprì che la galleria alle sue spalle era rimasta bloccata. Avrebbe fermato gli ex stregoni? Probabilmente non per sempre. Se non potevano morire, allora alla fine avrebbero trovato un modo per passare oltre, ma non era la stessa cosa che essere capaci di inseguirla adesso. Almeno per ora Ceres era al sicuro. Continuò attraverso le gallerie, non sapendo da che parte andare ma fidandosi del suo istinto al tenue bagliore che illuminava la grotta. Più avanti la poteva vedere aprirsi in una caverna più ampia con le stalattiti che pendevano dal soffitto. C’era anche un rumore d’acqua che proveniva da lì, e Ceres fu sorpresa di vedere un ampio torrente che scorreva nel mezzo. Inoltre c’era un piccolo punto d’approdo con una barca dal pianale piatto lì attraccata. Ceres ipotizzò che la barca fosse lì da diversi anni, ma in qualche modo sembrava ancora integra e forte. Verso valle poté vedere una luce che non era presente nel resto delle grotte, e in qualche modo ebbe la certezza che fosse da quella parte che doveva andare. Salì sulla barca, slegò gli ormeggi e lasciò che la corrente la trasportasse. L’acqua sciabordava contro il fianco della piccola imbarcazione e Ceres poté provare il senso di attesa che le cresceva dentro mentre avanzava. In altre occasioni avrebbe potuta provare preoccupazione davanti a una corrente come quella, pensando che potesse portare a una diga, o ancor peggio a una cascata. Ora invece sembrava che la corrente fosse qualcosa di prestabilito, fatto apposta per portarla alla sua meta. La barca passò attraverso una galleria tanto stretta che Ceres avrebbe potuto toccare le pareti da entrambe le parti. C’era luce avanti, più luminosa della penombra delle grotte. La galleria lasciò spazio a un’apertura che non era roccia, non pietra. Invece, in uno spazio dove avrebbe dovuto trovarsi un’altra caverna, Ceres si trovò a galleggiare nel mezzo di una campagna idilliaca. Riconobbe all’istante l’opera degli Antichi. Solo loro potevano aver fatto una cosa del genere. Forse gli stregoni avevano trovato il potere per creare un’illusione, ma questo sembrava reale. Si sentiva addirittura l’odore di erba fresca e gocce di rugiada. La barca andò a sbattere contro la riva e Ceres vide un ampio prato davanti a sé, pieno di fiori selvatici dal profumo dolce e delicato. Alcuni sembravano muoversi con lei al suo passaggio e Ceres si sentì sfiorare la gamba da delle spine che le procurarono un acuto dolore e la ferirono facendo spillare alcune gocce di sangue dalla carne ferita. Ma subito le piante si tirarono indietro. Apparentemente, qualsiasi sorta di difesa fossero, non avevano intenzione di tenere alla larga lei. Le ci volle un po’ per rendersi conto che c’erano due cose strane nel posto in cui stava camminando. Beh, sicuramente più strane di un pezzo di campagna nel mezzo di un complesso di grotte. La prima cosa strana era il modo in cui sembrava che le visioni del passato fossero finite. Nelle caverne prima non avevano mai smesso di apparire e scomparire, mostrando l’attacco finale da parte degli Antichi contro la casa degli stregoni. Qui il mondo non sembrava essere incastrato tra due punti. Qui era pacifico e normale, senza i costanti mutamenti provati nel resto di quel posto. La seconda cosa strana era la cupola di luce che sembrava sorgere nel cuore di quel luogo, brillando dorata e stagliandosi contro il verdeggiante colore dell’ambiente circostante. Era grande quanto una grossa casa, o come la tenda di un qualche signore nomade, ma pareva essere fatta quasi interamente di energia. Guardandola pensò che all’inizio quella cupola fosse una sorta di scudo o parete. Ma in qualche modo Ceres sapeva che si trattava di qualcosa di diverso. Era un posto vivente, era una casa. E immaginò che fosse anche il posto dove avrebbe potuto trovare quello che stava cercando, qualsiasi cosa fosse. Per la prima volta da quando aveva messo piede nella casa degli stregoni, Ceres osò provare un barlume di speranza. Forse quello era il posto dove avrebbe recuperato i suoi poteri. Forse dopotutto sarebbe stata capace di dare il suo contributo per salvare Haylon.
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