Capitolo uno
Le cinghie intorno ai polsi le impedivano di grattarsi il naso.
Con debole consapevolezza, Bayla provò di nuovo a muovere la mano per alleviare il prurito, ma si bloccò, strattonando una cinghia inflessibile.
Si svegliò di scatto con un forte respiro mentre il ricordo dell'enorme alieno con antenne e pistola iniettore riaffiorò velocemente. Si era presentato alla fattoria della fertilità dove lei e altre sessanta umane erano state ridotte in schiavitù, e l'aveva acquistata dopo una breve ispezione. Poi, senza dirle una parola, le aveva premuto il dispositivo sulla nuca e tutto era diventato nero.
Sbatté le palpebre alla luce e valutò la sua situazione. Era nuda, legata a un lettino da polsini di cuoio. L'alieno, che non era ocreziano, la specie che aveva conquistato la Terra e ridotto in schiavitù tutti gli umani, indossava un camice bianco da laboratorio e si trovava vicino a una finestra dandole le spalle. Era più alto degli umani e degli ocreziani e aveva pelle e occhi color porpora. Lanciò uno sguardo indietro al suo movimento improvviso, poi si voltò di nuovo.
Quel trattamento silenzioso la irritava da morire. Non parlava ocreziano? No, doveva parlarlo. L'aveva sentito parlare con i padroni della fattoria della fertilità quando l'aveva comprata.
Si leccò le labbra secche. «Che vuoi farne di me?» La voce le suonò rotta, essendo stata zitta a lungo.
L'alieno si voltò e andò al suo fianco, con un ago in mano.
Lei sussultò quando si avvicinò, ma, essendo legata non riuscì a muoversi. «Mi hai sentito? Puoi dirmi cosa sta succedendo?»
La ignorò e le pizzicò la pelle alla piega del gomito, inserendo l'ago e poi aspirando una fiala di sangue.
Distolse lo sguardo, con lo stomaco sottosopra. Sebbene fosse stata allevata e cresciuta per nient'altro che quello scopo – perché il suo corpo venisse colpito e pungolato, inseminato e svuotato più e più volte – non si era ancora abituata.
Tentò di distrarsi mentre lui inseriva una seconda fiala nella provetta. La stanza del laboratorio era piccola ma luminosa. La finestra era insolita: non era sicura di averne mai vista una simile. Non lasciava entrare molta luce, ma un lucernario sul soffitto amplificava la luce del sole attraverso una struttura cristallina, proiettando raggi in tutta la stanza. In effetti non sembrava esserci affatto luce artificiale.
Avendo trascorso la maggior parte della sua vita in una scatola di metallo senza luce naturale, lo trovò un profondo miglioramento. Quasi da esserne allegri, se non fosse stata nuda e legata a un tavolo. Senza la minima idea di cosa le sarebbe successo.
«Dove siamo? Quanto sono stata priva di coscienza?» ritentò, ma l'alieno la ignorò.
Si allontanò e lei si permise di guardarsi il braccio, ora ben fasciato.
«Allora? Riesci a sentirmi?»
Si girò. Nonostante le caratteristiche aliene lo trovava eccezionalmente bello, ma probabilmente erano i farmaci per la fertilità a parlare. Era alto e con le spalle larghe. La pelle era color pesca-violaceo e liscia, la mascella, priva di peli, squadrata. Le antenne in cima alla testa gli davano un aspetto vigoroso.
«È consuetudine del luogo da cui provieni che una schiava parli senza essere stata interpellata?» Sembrava più curioso che arrabbiato.
Una vampata sconosciuta la attraversò, al rimprovero. Non poteva essere imbarazzo, giusto? Le importava davvero di cosa pensasse quell’alieno con le antenne?
Sollevò il mento. «Normalmente vengo informata immediatamente di ciò che ci si aspetta da me» disse con grazia, come se fosse vissuta per servire i suoi padroni.
«Ah. Ecco. Ottimo. Ti informerò. Sono Daneth, medico del principe di Zandia. Mi chiamerai Padrone. Rimarrai in silenzio a meno che non ti parli direttamente, soprattutto in presenza di altri esseri.»
Finse rimorso e abbassò gli occhi. «Sì, padrone. Per quale scopo mi userà il padrone?»
«Nella nostra specie mancano femmine in età riproduttiva. Ti ho acquistata come incubatrice per impiantare e far crescere un piccolo zandiano.»
La familiare ondata di nausea e terrore la travolse. Non un'altra gravidanza. Non poteva sopportare che un altro bambino le venisse strappato dalle braccia. Certo, questo sarebbe stato alieno, quindi forse non avrebbe fatto così male. Sperava che il concepimento fosse un processo lungo e difficile. Aveva bisogno di tempo per prepararsi a un'altra perdita.
«Oltre al silenzio, mi aspetto totale obbedienza e rispetto. Qualsiasi atteggiamento di sfida sarà immediatamente punito.»
Niente di nuovo. Ogni padrone di schiavi pretendeva lo stesso, eppure da lui era quasi eccitante. Forse perché era nuda e immobilizzata nel momento in cui si era pronunciato. A quali ordini avrebbe dovuto obbedire?
«Ti servirò sessualmente?»
Le sopracciglia del dottore si sollevarono e lasciò cadere la provetta che stava agitando. Rotolò sotto il lettino.
Lo aveva innervosito?
Si chinò per raccoglierla e, quando si alzò, si ricompose. «Non sarà nec ...» Gli occhi gli caddero sulla sua bocca e lì rimasero. Giurò che le sue antenne si fossero irrigidite e inclinate nella sua direzione. Si schiarì la gola. «No.» La voce suonò roca.
Lo sguardo di Bayla cadde sul suo inguine, dove il rigonfiamento del cazzo sembrava crescere per lei.
Quando notò il suo sguardo, un’espressione infastidita gli adombrò il viso e le spalle si irrigidirono. Si voltò di nuovo verso il bancone, dove sembrava che stesse facendo degli esami sui campioni di sangue.
Ecco. Il suo bollente padrone alieno la trovava attraente. Con sua sorpresa, le fece piacere. Forse perché non assecondava l'attrazione? Per la prima volta, sembrava avere un po' di influenza su un padrone. Malgrado eventuali suoi desideri, in quanto fattrice era stata addestrata a soddisfare, e non aveva dubbi che lo avrebbe convinto a cedere.
Da come i capezzoli le si alzarono mentre contemplava la possibilità di sedurlo, dubitò che compiacerlo sarebbe stato molto difficile.
Mormorò fra sé in quella che sembrò essere una nota vocale dei risultati dei test. «Estradiolo, da venticinque a settantacinque picogrammi per millilitro, progesterone…»
«Dormirò nel tuo letto?» Aveva iniziato a provocare il cazzo.
Si voltò, la pelle divenne di un viola più scuro. Quando lo sguardo gli cadde sui capezzoli eretti, sbatté rapidamente le palpebre. Diede un’occhiata al dispositivo al braccio, che aveva una sorta di display. «L’idea ti eccita?»
Cos’aveva letto sul dispositivo? Odiò che il piano le si fosse ritorto contro. Scrollò le spalle, manifestando fredda indifferenza. «Non particolarmente.»
Inclinò la testa, studiandola. Questa volta, però, non amò l’attenzione, perché apparteneva decisamente più a quella di uno scienziato curioso che di un maschio interessato. «Capisco che gli umani abbiano un diverso senso della verità rispetto alla mia specie, ma questo è il tuo primo e unico avvertimento. Punirò ogni bugia.»
Qualcosa le si strinse nella pancia e le si allentò tra le gambe. Il calore si diramava da lì, vorticoso e pulsante.
~.~
Nonostante fosse bella, Daneth non si aspettava di farsi eccitare dalla nuova schiava. Era la cavia del test, niente di più. Aveva esaminato sia la compagna umana del principe sia sua madre senza avere reazioni fisiche alla nudità né alla femminilità intrinseca, ma questa... questa era diversa.
Solo la vista di lei distesa sul tavolo, i capelli castano scuro a ventaglio intorno alla testa in onde lucenti, gli affascinanti occhi blu zaffiro gli fecero accelerare le pulsazioni. Aveva una bocca piena e ampia, progettata per succhiare il cazzo di un maschio. Il corpo lussureggiante era morbido in tutti i punti giusti. Seni ampi per nutrire un bambino. Fianchi larghi in grado di portare facilmente i piccoli zandiani più robusti.
A differenza di Lamira e sua madre, che in parte avevano sofferto la fame nella fattoria dove avevano lavorato, Bayla era stata tenuta inattiva e nutrita in modo decente, tutto il necessario per renderla un'eccellente fattrice. L'aveva scelta proprio per quello. Aveva eseguito una ricerca sui geni di ogni essere della galassia e lei era risultata la più adatta per il progetto.
Ma adesso quei seni pieni e maturi lo schernivano. Desiderava soppesarli tra le mani, stringerne i capezzoli e verificare se poteva portarla all'orgasmo solo attraverso la stimolazione del seno. Sebbene non facesse pratica da oltre venti cicli solari, e ne avesse fatta pochissima anche prima, aveva studiato l'eccitazione e la soddisfazione sessuale delle umane. Aveva mostrato a Zander come dare piacere alla sua femmina.
Non aiutava il fatto che lei sembrasse desiderare davvero il suo interesse sessuale. Poteva attribuirlo solo ai farmaci per la fertilità assunti negli ultimi sei cicli solari, da quando era stata collocata in una fattoria per l’allevamento umano.
Tuttavia aveva bisogno di mantenere una certa distanza. Era il soggetto dell’esperimento più importante della sua vita. Non avrebbe complicato le cose cercando piacere da lei. Sebbene fosse sicuro che a lui non sarebbe successo, aveva visto come il suo stoico sovrano, il principe Zander, fosse completamente cambiato una volta entrato in contatto con la compagna umana, Lamira. Normalmente calmo e razionale, Zander era diventato emotivo come l’umana, facilmente irritabile e geloso. Così era andata anche con Seke, maestro d'armi zandiano, quando si era accoppiato con la madre di Lamira, Leora. Persino Lundric, capo della sicurezza, aveva ucciso un umano per la nuova compagna, Cambry. Sarebbe stato importante per lui rimanere razionale con Bayla.
Ma ora, mentre il dispositivo da polso segnalava che i livelli di eccitazione aumentavano di secondo in secondo, si ritrovava a dover respingere la strana sensazione di lussuria. Perché aveva mentito sull’eccitazione? Non aveva senso per lui. «Bayla, non devi temermi se dici la verità. Sono un bravo padrone e tu qui sei al sicuro.»
Lottò con le cinghie.
Le toccò la spalla, facendosi coraggio per resistere alla morbidezza della pelle, al profumo della sua eccitazione. «Mettiti a tuo agio. Non voglio che tu ti faccia del male. L’esame non è ancora finito.» Indossò un paio di guanti protettivi, il miglior paio che il denaro potesse acquistare. La vestibilità era così stretta e la protezione così sottile, che avrebbe dovuto essere in grado di sentire tutto come a mani nude. Le strofinò due dita sulla fessura, cercando l'ingresso.
Si infilarono facilmente dentro di lei.
«Lubrificazione naturale presente e abbondante» riferì al registratore di dati sul dispositivo da polso.
Il respiro di Bayla accelerò e si dimenò sotto di lui.
Si accigliò e scosse rapidamente la testa.
Rimase immobile.
Bene. Non voleva doverla punire, anche se l'aveva già minacciata. Ma già ora sembrava più docile e più obbediente della compagna del principe. Naturale: Bayla era stata addestrata in casa per servire i maschi.
Per qualche ragione, l'idea gli fece digrignare i denti.
Strano. Non era da lui provare emozioni, di qualsiasi tipo. Sarebbe diventato possessivo e geloso come il principe Zander? Forse qualcosa nel genoma umano attivava un centro emotivo negli zandiani. Avrebbe potuto essere un argomento di studio interessante in futuro.
Palpò lungo la parete anteriore della cavità, usando la mano rimasta fuori per premerle sul ventre. «Nessuna irregolarità. Spessore della parete normale.»
Il dispositivo da polso lampeggiò alla crescita del livello di eccitazione. Era passata dal trenta al settanta percento. Il respiro era accelerato, muoveva su e giù quei seni deliziosi.
Il cazzo gli si gonfiò nei pantaloni.
Forse avrebbe dovuto testare il tasso di risposta sessuale. Avrebbe avuto bisogno di sapere se non poteva raggiungere l'orgasmo, poiché avrebbe potuto influenzare l'impianto.
Ritirò le dita e le reinserì.
Gli occhi di Bayla si spalancarono e le belle labbra rosse si aprirono per la sorpresa.
Il pollice trovò il clitoride, e lo massaggiò spingendo le dita dentro e fuori.
Il gridolino gli fece diventare il cazzo duro come una roccia. Il ritmo del suo respiro accelerò ancora di più, il ventre morbido svolazzò su e giù mentre le cosce si irrigidirono nei legacci.
Pompò con colpi brevi e veloci, in rapide spinte dentro di lei, facendo scorrere ogni volta il pollice sul clitoride.
Novanta per cento di eccitazione.
Quando lei gemeva, lui cambiava il ritmo, andando in profondità per trovare sulla parete interna il fascio di nervi collegato al clitoride. Lei gridò, con un lamento quasi agonizzante, ma il dispositivo da polso lampeggiò al cento per cento di eccitazione.
Le pareti interne si contrassero intorno alle sue dita, stringendo e pulsando così forte che quasi gli fece male non averle messo dentro il cazzo.