CAPITOLO TRE
Tano stava inginocchiato accanto al corpo di suo fratello e per un momento o due gli sembrò che il tempo si fosse fermato. Non sapeva cosa pensare o provare in quel momento. Non sapeva cosa fare adesso.
Si era aspettato un certo senso di trionfo una volta ucciso finalmente Lucio, o almeno un certo senso di sollievo perché era finalmente finita. Si era aspettato di avere finalmente la sensazione che la gente cui voleva bene fosse al sicuro.
Invece Tano sentiva il dolore crescere dentro di sé, le lacrime cadere per un fratello che non le aveva probabilmente mai meritate. Ma questo non importava adesso. Quello che contava era che Lucio era il suo fratellastro, ed era morto.
Era morto con il pugnale di Tano nel cuore. Tano poteva sentire il sangue di Lucio sulle sue mani, e sembrava essere troppo per essere contenuto in un solo corpo. Una piccola parte di lui si aspettava che sarebbe stato del tutto diverso, per il segno di quella pazzia che si era impossessata di Lucio, per la malvagità che sembrava riempirlo. Invece Lucio era solo un guscio vuoto e silenzioso.
Tano allora avrebbe voluto fare qualcosa per suo fratello, vederlo sepolto, o almeno cederlo a un sacerdote. Ma anche mentre ci pensava, sapeva che non poteva farlo. Le stesse parole di suo fratello significavano che questo era impossibile.
Cadipolvere stava invadendo l’Impero, e se Tano voleva essere in grado di fare qualcosa per aiutare il popolo che amava, dove andare subito.
Su alzò e recuperò la sua spada, pronto a correre verso la porta. Prese anche quella di Lucio. Di tutte le cose che suo fratello aveva tenuto con sé, gli strumenti di violenza erano sembrati quelli più vicini a lui. Tano rimase in piedi con entrambe le armi in mano, sorpreso di scoprire quanto bene stessero insieme. E fu allo stesso modo sorpreso di trovare un gruppo di clienti della locanda a bloccare la porta.
“Hai detto di essere il principe Tano,” disse un uomo dalla barba cespugliosa, intento a toccare con un dito la punta di un coltello. “È vero?”
“Le Pietre pagheranno del bel denaro per un prigioniero come te,” disse un altro.
Un terzo annuì. “E se non pagheranno loro, lo faranno gli schiavisti.”
Si lanciarono in avanti e Tano non aspettò. Attaccò a sua volta. Con la spalla andò a sbattere contro il più vicino facendolo cadere contro un tavolo. Tano stava già sfrecciando fuori, tirando un fendente contro il braccio dell’uomo con il coltello.
Lo udì gridare mentre la lama gli feriva l’avanbraccio, ma si stava già spostando, dando un calcio al terzo uomo e spingendolo verso un punto dove quattro uomini non avevano smesso di giocare ai dadi, neanche durante lo scontro che aveva appena avuto con Lucio. Uno di loro emise una sorta di ringhio e si girò, afferrando il malvivente.
Nel giro di pochi istanti la locanda riuscì a fare ciò che non aveva fatto quando era stato Lucio a combattere: eruppe in un caos su larga scala. Uomini che si erano accontentati di stare da parte mentre Tano e suo fratello si battevano a colpi di spada, ora tiravano pugni e sguainavano coltelli. Uno afferrò una sedia e la fece roteare verso la testa di Tano. Tano si spostò di lato e afferrò un pezzo di legno restituendo il colpo a un altro degli avventori.
Sarebbe potuto restare a combattere, ma pensò al pericolo in cui Ceres poteva trovarsi e questo lo spinse a correre. Era stato così certo di poter fermare l’invasione se solo avesse messo le mani su Lucio, e allora ci sarebbe stato più tempo per trovare la verità sulla sua origine, scoprire le prove di cui aveva bisogno e tornare a Delo. Ora non c’era tempo per niente di tutto questo.
Tano scattò verso la porta. Si abbassò e scivolò sotto le mani di un uomo che cercava di afferrarlo per fermarlo, ferendogli nel contempo la gamba con la spada. Corse fuori in strada… dritto in mezzo alla peggior polvere che avesse mai visto da quando era arrivato in quella città. Non rallentò. Infilò solo le due spade gemelle nella cintura, tirò su la sciarpa per ripararsi dalla polvere e corse in avanti più veloce che poté.
Dietro di sé Tano poteva sentire i rumori di uomini che cercavano di seguirlo, sebbene non fosse facile riuscire a vederlo con quel tempo. Tano si fece strada brancolando come un cieco, passando vicino a un mercante che stava preparando il carico sul suo carro, poi incontrando un paio di soldati che stavano imprecando mentre se ne stavano rannicchiati contro l’uscio di una casa per ripararsi dalla polvere.
“Guarda quel pazzo!” sentì che uno di essi gridava nella lingua di Cadipolvere.
“Probabilmente corre a unirsi all’invasione. Ho sentito che la Quarta Pietra Vexa ha iniziato a mandare altre navi, mentre gli altri tre stanno già complottando. La Prima Pietra ha un bel vantaggio su di loro.”
“Come sempre,” rispose il primo.
Tano era ormai abbastanza addentrato nella polvere, alla ricerca della via seguendo le vaghe forme degli edifici, cercando segnali appesi sopra alle strade, illuminati dalle lampade a olio. C’erano anche intagli nella pietra, ovviamente designati per fare in modo che la gente del posto potesse trovare la strada riconoscendo la via dalla statua di un orso piuttosto che da quella di un serpente, anche semplicemente al tatto.
Tano non conosceva a sufficienza il sistema per poterlo usare, ma lo stesso continuò a correre in mezzo alla polvere.
C’erano altri che stavano facendo lo stesso, e diverse volte Tano si fermò cercando di capire se i passi che sentiva erano quelli degli inseguitori o no. Una volta si nascose dietro al un grosso frangivento in ferro, le spade pronte alla mano, certo che gli avventori della locanda lo avessero raggiunto.
Invece gli passò accanto di corsa un gruppo di schiavi, i volti avvolti per ripararsi dalla polvere, sorreggendo una portantina dall’interno della quale proveniva la voce di un mercante che li incitava.
“Più veloci, bastardi! Più veloci, o vi farò impalare. Dobbiamo arrivare al porto prima che il bottino ci sfugga.”
Tano li guardò e seguì la portantina sulla base che coloro che la portavano probabilmente conoscevano la strada meglio di lui. Non poteva seguire troppo da vicino, perché in una città come Porto Sottovento tutti si guardavano da probabili ladri o assassini, ma lo stesso riuscì a seguirla lungo diverse strade prima che scomparisse nella polvere.
Tano rimase fermo per un secondo o due, recuperando il fiato, e velocemente come era arrivata, la tempesta di polvere si sollevò permettendogli di vedere il porto.
Ciò che vide lì rapì il suo sguardo.
Aveva pensato che prima ci fossero un sacco di navi nel porto. Ora sembrava che l’acqua fosse così colma da traboccare della loro presenza. Dava l’impressione di poter camminare di ponte in ponte fino all’orizzonte.
Molte di esse erano navi da guerra, ma molte altre erano anche barche mercantili o vascelli più piccoli. Con la flotta principale già sparita da Cadipolvere, il porto avrebbe dovuto essere vuoto, eppure a Tano sembrava che non ci fosse spazio per nessun altra barca. Sembrava che tutti a Cadipolvere fossero venuti lì, pronti a prendere un qualsiasi pezzo potessero guadagnare dall’Impero.
Tano iniziò a vedere la portata di quei numeri, e cosa questo significasse. Quello non era solo un esercito che andava a invadere, ma un intero paese. Aveva visto l’opportunità di prendere terre che gli erano state a lungo negate, e ora le avrebbero prese con la forza.
Noncuranti di ciò che questo poteva significare per chi era già lì.
“Chi sei?” chiese un soldato avvicinandoglisi. “Che flotta, quale capitano?”
Tano pensò rapidamente. La verità avrebbe significato un altro parapiglia, e ora non c’era il favorevole velo di polvere dove nascondersi. Non aveva dubbio di essere vestito e ricoperto come uno del posto, ma se qualcuno avesse potuto intuire chi veramente era, o anche solo che veniva dall’Impero, la cosa non sarebbe andata a finire bene.
Pensò brevemente a quello che facevano alle spie a Cadipolvere. Qualsiasi cosa fosse, di certo non era piacevole.
“Con che flotta sei?” chiese ancora l’uomo, questa volta con tono brusco.
“Quella della Quarta Pietra Vexa,” rispose di scatto Tano con voce ugualmente dura. Cercò di far passare la sensazione che non aveva tempo per interruzioni del genere. Non era difficile da fare in quel momento, dato che aveva tanta fretta di tornare per aiutare Ceres. “Ti prego, dimmi che non è vero che la sua flotta è già partita.”
L’altro uomo gli rise in faccia. “Pare che tu abbia esaurito la tua fortuna. Senti, pensavi di potertene stare a bighellonare andando a salutare la tua puttana preferita? Sprechi tempo, sprechi l’occasione.”
“Dannazione” disse Tano cercando di stare alla sua parte. “Non possono essere partite tutte. E altre navi?”
Questo trasse dall’uomo un’altra risata. “Puoi chiedere se vuoi, ma se pensi che ci siano ciurme non ancora al completo, allora non sei stato particolarmente attento. In occasioni come questa tutti vogliono un posto. Metà di loro sono a malapena in grado di combattere. Ma ti dirò una cosa, forse posso trovarti un posto in uno degli equipaggi del Vecchio Barba Biforcuta. La Terza Pietra sta facendo con calma. Ti chiederò solo la metà di quello che ci guadagni.”
“Potrebbe essere, se non trovo i tipi con cui dovrei andare,” disse Tano. Ogni secondo che passava lì era un secondo in cui non stava navigando verso Delo con l’unica ciurma lì che non avrebbe cercato di ucciderlo nel momento in cui avessero scoperto chi era.
Vide l’altro uomo scrollare le spalle. “Non otterrai offerte migliori così tardi.”
“Vedremo,” disse Tano, e partì in mezzo alle barche.
Da fuori doveva dare l’impressione di essere alla ricerca di una delle rare barche della flotta di cui aveva parlato l’uomo, anche se Tano sperava di non trovarne una. L’ultima cosa che voleva era trovarsi messo al servizio dell’esercito navale di Cadipolvere.
Ad ogni modo se fosse stato necessario l’avrebbe fatto. Se significava tornare da Ceres, se significava essere capace di aiutarla, avrebbe rischiato. Avrebbe fatto la parte di uno dei guerrieri di Cadipolvere, desideroso di raggiungerli. Se ci fosse stata lì la flotta principale, magari l’avrebbe anche designata come sua prima scelta, cercando di avvicinarsi alla Prima Pietra il più possibile per poterlo uccidere.
Ora però si era portato su questa seconda flotta, e non sarebbe arrivato che troppo tardi. Di certo non sarebbe stato in grado di dare il suo aiuto. Quindi camminò sulle passerelle tra le tante navi, osservando i guerrieri che portavano barili d’acqua fresca e casse di cibo. Tano spaccò con la spada almeno tre botti, ma nessun sabotaggio avrebbe fermato un flotta come quella.
Continuò invece a guardare. Vide uomini e donne che affilavano armi e incatenavano schiavi ai remi. Vide sacerdoti ricoperti di polvere che intonavano preghiere di buon auspicio, sacrificando animali e trasformando così la polvere ai loro piedi in fango intriso di sangue. Vide due gruppi di soldati con diverse bandiere che discutevano su quale di loro sarebbe arrivato prima al pontile.
Tano vide un sacco di cose che lo fecero arrabbiare, e molte altre che gli fecero provare paura per Delo. C’era solo una cosa che non riuscì a trovare nella confusione del pontile, ed era quella per cui era andato lì. C’erano centinaia di barche, di ogni forma, misura e modello. C’erano barche piene fino all’orlo di guerrieri dall’aspetto duro, e barche che sembravano più piccole di battelli da tempo libero, pronte per portare la gente a vedere l’invasione come anche a parteciparvi.
Ciò che non riusciva a vedere era la barca che l’aveva portato lì. Doveva tornare da Ceres, e in quel momento non aveva proprio idea di come l’avrebbe fatto.