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Un Mare Di Scudi (Libro #10 In L’Anello Dello Stregone)

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In Un Mare Di Scudi (Libro #10 In L’anello Dello Stregone), Gwendolyn dà alla luce il figlio nato dalla sua unione con Thorgrin, nel mezzo di potenti presagi. Con un loro figlio ora le vite di Gwendolyn e Thorgrin cambiano per sempre, così come anche il destino dell’Anello.

Thor ha il compito di ricomporre la Legione. Intensifica i suoi allenamenti con Argon e gli viene concesso un onore più grande di quanto avrebbe mai potuto sognare: entra a far parte dell’Argento e diventa Cavaliere. Prima di lasciare l’Anello alla ricerca di sua madre, Thor si prepara prima per il suo matrimonio con Gwendolyn. Ma si potrebbero verificare degli eventi tali da intralciare i suoi piani.

Gwendolyn viene stravolta dalla nascita di suo figlio, dall’imminente partenza di suo marito e dalla morte di sua madre. L’Anello si riunisce per il funerale reale che riporta insieme le sorelle separate, Luanda e Gwendolyn, in un ultimo confronto che avrà implicazioni catastrofiche. Le profezie di Argon le risuonano nella testa e Gwendolyn sente la presenza di un pericolo incombente sull’Anello. Per questo porta avanti i suoi piani per salvare tutta la sua gente dalla catastrofe.

Erec riceve la notizia che suo padre è malato ed è convocato a casa, nelle Isole del Sud. Alistair lo accompagna nel viaggio mentre i preparativi per il loro matrimonio sono già avviati. Kendrick cerca la madre perduta da tempo ed è scioccato dinnanzi a chi viene a trovare. Conven fa ritorno al suo paese natale e non trova le cose come se le aspettava, cadendo ancor più nello sconforto. Steffen trova inaspettatamente l’amore, mentre Sandara sorprende Kendrick con il desiderio di andarsene dall’Anello per raggiungere la sua terra nell’Impero.

Reece non può fare a meno di innamorarsi di sua cugina, e quando i figli di Tiro lo vengono a sapere, mettono in moto un grosso piano di tradimento. Ne deriva una tragedia di fraintendimenti e rischia di scoppiare una guerra nell’Anello e nelle Isole Superiori a causa delle infuocate passioni di Reece. La parte di Altopiano appartenente ai McCloud è pure instabile, sull’orlo di una guerra civile.

Romolo, nell’Impero, scopre una nuova forma di magia che potrebbe distruggere lo Scudo una volta per tutte. Stringe un patto con il lato oscuro e, rafforzato da un potere che neanche Argon può fermare, intraprende una via certa che lo potrebbe condurre alla distruzione dell’Anello.

Con la sua sofisticata struttura e caratterizzazione, UN MARE DI SCUDI è un racconto epico di amicizia e amore, di rivali e seguaci, di cavalieri e draghi, di intrighi e macchinazioni politiche, di maturazione, di cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. È un racconto di onore e coraggio, di fato e destino, di stregoneria. È un fantasy capace di portarci in un mondo che non dimenticheremo mai, in grado di affascinare persone di ogni sesso ed età.

“Un grande intreccio, è proprio il genere di libro che farete fatica a mettere giù per dormire. Il finale è ad alta tensione, talmente spettacolare che vorrete comprare all’istante il libro successivo, anche solo per vedere cosa succede.”

--The Dallas Examiner {parlando di Amata}

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CAPITOLO UNO
CAPITOLO UNO Gwendolyn gridava a più non posso, lacerate dal dolore. Era stesa in mezzo al prato fiorito e la pancia le faceva male più che mai, come se la bastonassero, mentre cercava di spingere e di liberarsi del bambino. Una parte di lei desiderava che tutto finisse e di poter raggiungere un luogo sicuro prima che il bambino venisse al mondo. Ma sapeva con tutta se stessa che stava veramente per nascere, che le piacesse o no. Ti prego Signore, non adesso, pregava. Ancora poche ore. Lascia solo che arriviamo al castello. Ma evidentemente era ormai già deciso. Gwendolyn sentì un’altra fitta tremenda attraversarle il corpo e si inarcò gridando mentre avvertiva i movimenti del bambino dentro di lei, ormai pronto ad uscire. Sapeva che non c’era modo di fermarlo. Decise invece di fare riscorso alle spinte, sforzandosi di respirare come le levatrici le avevano insegnato, cercando di facilitare l’uscita del bimbo. Non sembrava funzionare e lei continuava a lamentarsi agonizzante. Si rimise a sedere, guardandosi attorno per vedere se ci fosse alcun segno di presenza umana. “AIUTO!” gridò a pieni polmoni. Non giunse alcuna risposta. Gwen si trovava nel mezzo dei campi, lontana da tutti, e il suo grido fu assorbito dagli alberi e dal vento. Cercava sempre di essere forte, ma doveva ammettere che ora era terrorizzata. Non tanto per lei quanto per il bambino. E se nessuno li avesse trovati? Anche se fosse riuscita a partorire da sola, come avrebbe mai potuto essere capace di camminare fino al castello con il piccolo? Aveva il terribile presentimento che sia lei che suo figlio sarebbero morti lì. Ripensò al Mondo Inferiore e al fatidico momento in cui aveva liberato Argon, dovendo fare quella scelta. Il sacrificio. La decisione insopportabile che era stata costretta a prendere, dovendo scegliere tra suo figlio e suo marito. Ora piangeva, ripensando alla decisione che era stata fatta. Perché la vita chiedeva sempre dei sacrifici? Gwendolyn trattenne il fiato mentre improvvisamente il bambino si spostava dentro di lei e un dolore terribile la trapassava dalla testa fino ai piedi. Si sentiva come un albero di quercia che veniva diviso a metà dall’interno. Gwendolyn si inarcò e si lamentò guardando il cielo e cercando di immaginarsi da qualsiasi altra parte ma non lì. Cercò di tenere un pensiero fisso in mente, qualcosa che le desse un senso di pace. Pensò a Thor. Vide loro due insieme, il primo giorno che si erano incontrati, in cammino in mezzo a quegli stessi prati, per mano, con Krohn che saltellava tra loro. Cercò di mantenere vivido nella propria testa quel quadro, cercando di concentrarsi sui dettagli. Ma non funzionava. Aprì gli occhi di colpo, mentre il dolore la riportava alla realtà. Si chiese come potesse mai essere finita lì, in quel luogo, tutta sola. Poi ricordò Aberthol che le comunicava l’imminente morte di sua madre. Quindi il suo scatto per raggiungerla. Anche sua madre stava morendo in quel momento? Improvvisamente Gwen gridò sentendosi quasi morire e abbassando lo sguardo vide la testa del bambino che faceva capolino. Si appoggiò indietro e gridò di nuovo, continuando a spingere, sudando e facendosi completamente rossa in volto. Spinse un’ultima volta e improvvisamente uno strillo squarciò l’aria. Lo strillo di un neonato. Improvvisamente il cielo si fece nero. Gwen sollevò lo sguardo e guardò terrorizzata quel perfetto cielo estivo che, senza alcun preavviso, si mutava in notte. Vide i due soli improvvisamente eclissati dalle due lune. Un’eclisse totale di entrambi i soli. Gwen ci credeva a malapena: sapeva benissimo che accadeva solo una volta ogni diecimila anni. Impaurita si vide immersa nell’oscurità. Improvvisamente il cielo si riempì di lampi, strisce di luce che scendevano verso il basso, e Gwen si sentì colpire da piccole palline di ghiaccio. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, fino a che comprese che stava grandinando. Sapeva bene che tutti questi segni erano un fortissimo presagio che si stava verificando proprio nel momento in cui aveva partorito. Guardò il suo bambino e capì subito che era ancora più potente di quanto lei si aspettasse. Che veniva da un altro mondo. Quando emerse, piangendo, Gwendolyn istintivamente si allungò e lo afferrò tirandoselo al petto prima che potesse cadere tra l’erba e il fango. Lo protesse dalla grandine avvolgendolo tra le proprie braccia. Il bimbo vagì e in quel preciso istante la terra iniziò a tremare. Gwen sentì il suolo scuotersi e in lontananza vide dei massi che rotolavano lungo i versanti delle colline. Sentiva il potere di quel bambino scorrerle dentro e condizionare l’intero universo. Mentre lo teneva stretto a sé cominciò a sentirsi più debole, percependo che stava perdendo troppo sangue. Le girava la testa e le mancavano le forze per muoversi. Era a malapena capace di tenere in braccio il bambino che non smetteva di gridare. Ormai non sentiva quasi neanche più le proprie gambe. Ebbe la tremenda premonizione che sarebbe morta lì, su quei prati, con il bambino. Non le interessava più di se stessa, ma non poteva concepire l’idea che il piccolo morisse. “NO!” urlò, raccogliendo gli ultimi rimasugli di forza che aveva per gridare al cielo. Quando lasciò cadere la testa all’indietro, giacendo completamente stesa a terra, giunse un grido in risposta al suo. Ma non era un grido umano. Era il grido di un’antica creatura. Gwen iniziò a perdere conoscenza. Sollevò lo sguardo mentre gli occhi le si stavano chiudendo, e vide quello che le parve un’apparizione del cielo. Era una bestia enorme che scendeva verso di lei, e si rese conto a malapena che si trattava della creatura che amava. Ralibar. L’ultima cosa che Gwen vide, prima che le palpebre le calassero del tutto, fu Ralibar che scendeva con i suoi grandi occhi verdi e brillanti e le sue antiche scaglie rosse, gli artigli protesi in avanti verso di lei.

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