Capitolo Due

2370 Words
Capitolo Due "Puoi stare ferma, Keesler?" disse Pepper a Liz mentre le appuntava l'orlo della gonna della divisa. Pepper era la segretaria della dottoressa Pompeii. Aveva ventidue anni, Liz ne aveva sedici e io quattordici. "Soffro di vertigini", disse Liz. Mi fece l'occhiolino. Io mi sedetti sul mio letto, guardando Liz in piedi su una sedia di legno, mentre Pepper Darling regolava la lunghezza della sua gonna. "Signorina Pepper", dissi, "devo parlare con la dottoressa Pompeii". "Perché?" Pepper si mise un altro spillo tra le labbra dipinte di rosso. Pensavo sempre in hindi, ma parlavo in inglese, il più delle volte. "Voglio dare il mio posto a Fuse". Liz e Pepper mi fissarono. Era la mattina dopo la presentazione sul palco e il trasferimento della bandiera ai nuovi Guardiani. Avevo passato una notte insonne nella stanza del dormitorio delle ragazze, dove io e Liz condividevamo gli alloggi per quattro persone. "Non si può". Pepper infilò uno spillo nel bordo inferiore della gonna color kaki lunga fino alla caviglia. "Stai scherzando", disse Liz, "non è vero, Raji?" "No, io non appartengo a questo posto". "Su questo hai ragione", disse Pepper. "Girati, Keesler." Liz si guardò alle spalle e guardò Pepper. "Lei ha tanto diritto quanto chiunque altro". Liz era alta e magra, con i capelli ricci e ramati che le cadevano a metà della schiena. "Forse", disse Pepper, "ma essere una maga degli scacchi non le farà superare la prima sessione di esami". "Chi lo dice?" Pepper la fissò. "Hai visto la pagella della scuola di Devaki?" "No." "Nemmeno io. Sai perché?" Liz scosse la testa. "Perché non ce l'ha. Non credo che la ragazza sia mai stata a scuola. Scendi, così vediamo come ti sta la giacca". "È andata a scuola in India". Liz si alzò dalla sedia e si infilò nella giacca che Pepper le reggeva. "Probabilmente lì non hanno nemmeno le trascrizioni". Pepper mi guardò, alzando un sopracciglio. "Lei ha ragione, Liz. Non sono mai stata a scuola". "E allora", disse Liz, "come sei stata ammessa al concorso?” "Questa è la cosa strana che non riesco a capire. Fino al momento in cui la dottoressa Pompeii dicesse il mio nome e desse il numero per il torneo, non sapevo nemmeno che sarebbe successo". "Cosa significa, Pepper?" disse Liz. "Pensavo che fossero stati i buoni voti a scuola a farci ammettere per il concorso per l'Accademia". "Sì, quelli o..." Pepper sollevò le spalle imbottite della giacca e guardò le mani di Liz. "Vuoi i polsini, così?" Liz tirò fuori le maniche e abbassò losguardo, poi si allungò per tirare su il polsino sinistro di mezzo centimetro. "Così." Pepper arrotolò il polsino sotto per immobilizzarlo. "…O un'eccezionale capacità intellettuale", finì il suo pensiero. La giacca di Liz era un blazer blu reale con uno stemma ricamato sul taschino sinistro. Lo stemma consisteva in due racchette da tennis incrociate dietro il pezzo di scacchi del cavaliere. Camicia bianca e cravatta gialla, insieme a scarpe nere alte e alla nostra gonna color kaki, completavano le nostre uniformi. I colori e lo stile erano identici alle uniformi dei ragazzi, costituite da giacca e pantaloni. "Che cosa significa questa cosa che hai detto, signorina Pepper?" Chiesi. "Intelligente, suppongo", disse Pepper. Liz mi sorrise. "Mettiti la gonna, Devaki", disse Pepper, "così posso appuntarla". "Ma perché scomodarsi? Non mi servirà l'uniforme". "Sto solo eseguendo gli ordini. 'Appunta le loro uniformi per la sarta', mi ha detto la dottoressa Pompeii, e così sto facendo. Se le tue dovranno rimanere inutilizzate nell'armadio per un altro anno, che importa? E poi, non puoi dare il tuo posto a nessuno". "È il mio posto. Perché non posso darglielo?" "Se ti ritiri, la dottoressa Pompeii ti sostituirà con uno dei quattro rimpiazzi". "Fuse è uno di questi rimpiazzi?" "È un'informazione riservata." "Cosa vuol dire?" "È un segreto", disse Liz. Si tolse la giacca, facendo attenzione agli spilli. "Ma tu conosci questo segreto, signorina Pepper?" Pepper annuì. "Perché non me lo dici allora?" "Beh, non sarebbe più un segreto, no? Sbrigati con la gonna, ho una cinquantina di rapporti da scrivere". Tolsi il mio sari rosso e verde, lo misi sul letto, mi raddrizzai la sottoveste, poi mi infilai nella gonna lunga. La tenni in vita per evitare che mi cadesse. "Tu, piccola cosetta magrolina", disse Pepper, chiudendo una grossa grinza in vita. * * * * * Mi sedetti alla mia scrivania nella stanza del dormitorio delle ragazze, fissando fuori dalla finestra nella nebbia del primo mattino. Avevo una profonda sensazione di disagio, come se dovessi essere da un'altra parte. Quella mattina, quando Fuse ed io siamo saliti in cima al silo a guardare l'alba sopra Caroline Bell Crest... Un soffio di vento fece roteare la nebbia in forme sgranate oltre la finestra, ma poi si stabilizzò come una grossa coperta bagnata. Adesso è solo un ricordo... così lontano, ma ancora il più piacevole... "Ehi, sognatrice", disse Liz dal suo letto, dove si era seduta a indossare le calze. "Hai di nuovo quello sguardo". Guardai la mia compagna di stanza. "Lo so." "Faresti meglio a sbrigarti se dobbiamo prendere le frittelle prima che i ragazzi se le mangino tutte". "Non ho molta fame." "Ma io sì, e sai quanto odierei cenare da sola con novantotto ragazzi infantili." Cento ragazziformavano il corpo studentesco dell'Accademia: cinquanta juniores e cinquanta senior. “Infantile?” "Stupido, sciocco, idiota, inutile..." "Pensi che Fuse sia infantile?" Liz sospirò e si mise in piedi per infilarsi il vestito dalla testa. Distese il lino azzurrino, poi raddrizzò il corpetto "No, Raji. Penso che Fuse sia un principe". Mi voltò le spalle, tenendo le estremità della cintura di stoffa dietro di sé. Le nostre uniformi scolastiche non erano ancora tornate dalla sarta. Presi la cintura e la strinsi, legandola con un grande fiocco. "È dolce, adorabile, intelligente", disse Liz, "e... vediamo... cos'altro mi hai detto?". "Brillante, bello..." "Sì, tutte queste cose." Liz prese un altro vestito dal suo armadio e me lo lanciò. "Lascia che ti chieda allora: se è così brillante, perché non è arrivato tra i primi cinquanta in gara?". "Rodger Kavanagh ha battuto Fuse a tennis". Sollevai l'abito su misura dalle spalle, riflettendo su quanto fosse bello. "E anche a scacchi". "Kavanagh non ha preso il posto di Fuse. Kavanagh ha battuto tutti, tranne te negli scacchi". "Mi lasci indossare il tuo bel vestito oggi?" Mi alzai in piedi per tenermelo addosso mentre tiravo fuori il piede destro ammirando la stoffa colorata. "Certo, se lo indosserai in sala mensa e mi guarderai mangiare una montagna di frittelle". Sorrisi e sollevai l'orlo della mia camicia da notte rosa per sfilarmela dalla testa. Poi la gettai sul letto e mi infilai nel vestito. "Mi dispiace, Liz, ma mi manca così tanto". Tirai fuori dal colletto i capelli lunghi fino alla vita e mi abbottonai il vestito dietro al collo. "Anche a me manca il mio cagnolino, ma arriva un momento in cui bisogna staccarsi". Liz prese la spazzola dal comò. “Perché?” Iniziò a spazzolarmi i capelli. "Perché preferirei imparare i punti più fini dell'anatomia piuttosto che stare tutto il giorno vicino al fuoco con un cane puzzolente che mi lecca la faccia". Mi guardò i capelli: "I tuoi capelli sono davvero lunghi. Li hai mai tagliati?" "A volte me lo domando." "A proposito di un taglio di capelli o di un cane puzzolente?" Risi. "Così va meglio." Lasciò cadere la spazzola sul suo letto sfatto. "Ora andiamo in sala mensa a vedere quante battute idiote riusciamo a sopportare prima di compiere un sanguinoso omicidio". * * * * * Osservai Liz salire su una panchina in sala mensa in modo molto poco elegante, mentre mi guardavo intorno per trovare un posto libero al lungo tavolo. "Appleby", disse sistemando il vassoio sul tavolo, "devi giocare a scacchi mentre mangiamo?" Clayton Appleby, un juniores, guardò Liz sedersi accanto a lui. "Ehi, Keesler." Si leccò lo sciroppo d'acero dalle dita e prese il suo cavaliere nero. "Devi mangiare mentre giochiamo a scacchi?" Io mi sedetti dall'altra parte del tavolo di fronte a Liz, tenendo le ginocchia unite salendo sulla panchina. Salutai Clayton con un sorriso, poi guardai la scacchiera. Scossi leggermente la testa prendendo il coltello e la forchetta. Clayton rimise il suo cavaliere dov'era. Andrew Hobbs mi guardò, poi tornò su Clayton. "Andiamo, Devaki. Gli avrei dato scacco matto in tre mosse". Liz soffocò una risatina e prese il piatto di burro. "Hobbs", disse spalmando il burro sui suoi pancake, "non si può dare scacco matto a una mucca che muggisce". Mi porse il burro. Andrew guardò Liz, poi il pedone che Clayton aveva spinto in avanti. "Mi dispiace, Keesler", disse Andrew mangiando il pedone con il suo alfiere. "Immagino che tu abbia sentito i senior chiamarti mucca". Qualcuno in fondo al tavolo muggì, e Liz si chinò in avanti per fulminarlo. "Beh, almeno non mi chiamano ‘Nocciolina di scacchi’". Diede un morso alla frittella gocciolante. "Ehi, cameriere", disse Clayton, "dell'altro sciroppo". Sollevò la caraffa vuota. "Sì, signore", disse lo studente senior in servizio. Indossava un lungo grembiule bianco sopra l'uniforme scolastica. "Come desidera, signore". Arrivò dal lungo corridoio dietro le panchine e si fece strada tra me e Andrew. Mentre mi allontanavo da lui, il ragazzo versò dello sciroppo d'acero caldo dalla grande brocca in quella più piccola nella mano di Clayton. Avevo appena dato il mio primo morso quando un altro senior al tavolo dietro di me fece tintinnare la forchetta su un bicchiere vuoto. "Ehi, cameriere", disse lo studente. "Vorrei dell'altro latte". Il ragazzo al mio fianco guardò lo studente senior, che stava ancora versando lo sciroppo lasciando una scia sulla tovaglia bianca e sul mio piatto. Vidi lo sciroppo traboccare dal mio piatto e lo tirai via. Il seniorinvece, faceva finta di non notare nulla. "Arrivo subito, signore." Continuò a versare il liquido caldo e appiccicoso sul mio piatto, poi addosso a me. Gridai e spinsi via la brocca. "Ehi", disse versando il resto dello sciroppo sul mio petto. "Mi hai urtato il braccio". Alzò la voce. "Guarda cosa hai fatto". "Non sono stata io!" Gridai, alzandomi. Afferrai un tovagliolo di lino e cercai di pulirmi, ma sentii inzupparsi il vestito fino alla pelle. "Perché mi hai fatto questo?" "Testa di legno", disse Liz al senior. "L'hai fatto apposta". Haskell Layzard, un juniores, si mise a ridere. "Qual è il problema, Devaki? Hai avuto un piccolo incidente?" Il ragazzo con il bicchiere di latte vuoto rise, poi molti altri lo imitarono - ridendo e indicandomi mentre tamponavo il liquido appiccicoso. Il senior in servizio sorrideva come un grasso gatto del Cheshire guardando lo sciroppo scorrere lungo il mio vestito, fino al pavimento. "Guardate Devaki, la pivellina stordita", disse un altro senior, "sta per piangere". "Wuaaaah, Wuaaaah, Wuaaaah. Voglio la mia mamma" disse un altro cadetto, poi si mise a ridere. In quel momento, sentii il suono stridulo di un fischietto della polizia e pensai che qualcuno stesse venendo a rimproverare il senior per aver fatto un tale casino. Tutti guardarono verso la porta laterale della sala mensa, dove una grossa donna era in piedi con le braccia incrociate e i piedi divaricati. Indossava l'uniforme scolastica blu e marroncino. Il fischietto lucido le cadde dalle labbra, poi penzolò su una catenina intorno al collo. "Cinque minuti!" gridò. Il senior con la brocca di sciroppo ormai vuota si precipitò in cucina, mentre tutti gli altri afferrarono i propri vassoi e lasciarono i tavoli. Si allinearono per gettare i loro scarti in un grande bidone dell'immondizia. Dopo aver pulito i piatti, misero i vassoi e le stoviglie sul bancone di una lunga finestra che si apriva nell’area della cucina. Gli addetti rimuovevano i vassoi sporchi con la stessa rapidità con cui si ammucchiavano, mentre altri studenti iniziavano a togliere il cibo restante dalla fila del buffet. "Perché questa fretta?" Chiese Clayton guardando i senior uscire dalla porta laterale. "Probabilmente vanno in classe", disse Andrew. "Liz", dissi. "Questo bel vestito che mi hai prestato, ora è rovinato". "Non preoccuparti, andrà via", disse Liz. "Penso che sia meglio andare". Prendemmo i nostri vassoi e lasciammo il tavolo per metterci in fila con gli altri juniores, dove lentamente ci facemmo strada fino alla finestra per lasciare i vassoi sul bancone. Sembrava che non appena tutti i senior avessero lasciato la sala mensa, lo sgombero del bancone si fosse fermato, costringendo tutti i ragazzi ad aspettare un posto libero dove ammucchiare i vassoi. "Perché quegli studenti sono in cucina?” Continuai a pulirmi il vestito con il tovagliolo, con scarso successo. "Forse così guadagnano dei soldi extra", disse Liz. "Non sembrano così felici". "Forza, dobbiamo andare a cercare la nostra prima classe". Liz ed io ci mettemmo in fila con gli studenti che uscivano dalla porta laterale dove c'era la donna grossa. Teneva gli occhi su un orologio da parete alla sua sinistra. Quando arrivammo alla porta, la donna mi diede un foglietto di carta rosa. "Grazie". Guardai il pezzo di carta. "Nome?" La donna posò una matita gialla sulla sua cartellina. "Rajiani Devaki". "Cos'è questo?" Liz chiese quando la donna le porse un foglio rosa. "Sei in ritardo". La donna era di altezza normale, ma le sue gambe erano troppo lunghe e le davano un aspetto strano, con il busto corto e il collo spesso. Se la sua giacca fosse stata nera, sarebbe sembrata un pinguino con le zampe lunghe. "Come ti chiami? "Un demerito?!" esclamò Liz. "Perché? "Ho detto, sei in ritardo. Ora dammi il tuo nome e muoviti prima che te ne arrivi un altro per insubordinazione". "Elizabeth Keesler", borbottò Liz. "Perché ci danno dei demeriti?" Chiesi a Liz uscendo dalla sala mensa. "Dieci secondi dopo le otto". Liz fissò il suo foglio rosa. "Quella vecchia ascia da guerra ci ha dato dei demeriti per essere arrivati con dieci secondi di ritardo all'uscita della sala mensa. Che cosa ridicola". "Dobbiamo trovare la nostra prima classe", dissi. "Sì, inglese, ma abbiamo bisogno delle nostre tavolette e matite". Liz fece strada per tornare all'edificio amministrativo, dove si trovava la nostra stanza del dormitorio. "E devo cambiarmi d'abito". Quando entrammo nella nostra stanza, vidi tre foglietti di carta rosa sul mio letto.
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