Ruotai la testa per sgranchirmi il collo. Le manette che avevo attorno ai polsi e alle caviglie sparirono. Mi stiracchiai, provando a riprendere il controllo di me: riuscivo solo a pensare alla fica. Calda. Bagnata. Il paradiso sulla mia bocca e il paradiso sul mio cazzo. “Non volevo ritornare.”
Il dottore ridacchiò: “Ah, nessuno vuole mai tornare.”
Mi misi a sedere. Liam ed Evon si erano fermati a pochi passi da me. Alzai lo sguardo. Io ero il più grosso dei tre, ma questo lettino mi faceva sentire minuscolo, mi faceva sentire vulnerabile, cazzo.
“E quindi?” chiese Evon. La sua famiglia aveva servito la Coalizione per generazioni. Persino adesso lui e sua sorella Thalia servivano il CIQ qui nel nord. L’uniforme nera di Evon e i suoi corti capelli biondi indicavano la sua lealtà al Settore 2. Ma il nastro rosso che gli circondava il bicipite – che circondava tutti i nostri bicipiti – significava che eravamo delle Guardie Reali. Adesso appartenevamo tutti a Viken, non solo ai nostri rispettivi settori. E come per tutti gli altri guerrieri sul nostro pianeta, che avevano combattuto lo Sciame e avevano fatto ritorno, la politica dei Settori non ci riguardava più. Questi due uomini erano i miei alleati più fidati. Avevamo combattuto contro lo Sciame assieme ed eravamo sopravvissuti. Eravamo ritornati sani e salvi. Erano delle vere rocce, dei killer spietati. Ed erano anche degli idioti che soffrivano le pene d’amore.
“Per gli dèi, ho una voglia di darvi un cazzotto…” borbottai passandomi una mano sulla faccia. Cazzo, era sembrato tutto così reale. La sua pelle. Il soffice suono di lei che si arrendeva.
Per gli dèi, forse anche io ero un idiota fatto e finito, proprio come questi due.
Guardai in basso per dare una scorsa alla mia uniforme grigia come l’acciaio e fui sollevato nel constatare che non c’era nessuna macchia bagnata a rivelare l’intensità del piacere che avevo appena provato e che mi sarebbe stato negato per sempre. Nel sogno ero venuto, ma per fortuna non mi ero bagnato i pantaloni come un ragazzino al suo primo sogno erotico. Non aveva di come fosse possibile, ma ero contento che non mi ero umiliato di fronte ai miei amici e al dottore. Quando toccò a loro sottoporsi ai test per il Programma Spose Interstellari, anche loro avevano provato le stesse cose? Ci avevano detto che sarebbe stata un’esperienza innocua, confusa, di cui forse non ci saremmo nemmeno ricordati.
E allora perché io avevo stretto i pugni per aggrapparmi alla morbidezza della sua morbida pelle? Anche Liam ed Evon avevano provato delle sensazioni così intense? O ero io che ero semplicemente uno strambo, che smaniava così ardentemente per una compagna da essere disposto a infrangere secoli di tradizione e seguire il nuovo ordine – tre guerrieri che condividono una compagna, come facevano i nostri re. Evon aveva detto che insieme avremmo avuto molte più possibilità di trovare una compagna. Forse aveva ragione. Ma noi eravamo diversi, noi tre. E proprio non riuscivo a immaginare una compagna che potesse accettarci tutti e tre. Era qualcosa di più di un sogno da bambini.
Una compagna? La gioia possessiva che un guerriero provava quando guardava la sua donna, la conquistava e la scopava? Non sarebbe mai stata mia, quella gioia. E ora sapevo con esattezza ciò che non avevo. “Sei uno stronzo, Evon. Non avrei mai dovuto dire di sì.”
Mi aspettavo che il dottore uscisse dalla stanza, ma sembrava occupato col pannello di controllo, e quindi tutti e tre decidemmo di ignorarlo. “Perché?” chiese Evon.
Spostai lo sguardo dai suoi occhi blu e ghiacciati verso gli occhi blu scuro di Liam e scossi il cappo. “Non funzionerà mai, cazzo. Nessuna donna verrà mai abbinata a tutti e tre noi.”
Era semplicemente impossibile. Liam veniva dal Settore 1, dove le donne venivano reclamate in pubblico. Gli uomini del Settore 1 erano ossessionati dalle scopate pubbliche, dall’idea di conquistare e dare piacere a una donna, mentre glielo mettevano in culo di fronte a tutti quanti. Nel loro settore, quel tipo di rivendicazione era il modo più plateale per dimostrare la sottomissione delle loro donne. Un dono consegnato a un guerriero degno. Un dono frutto della fiducia, del consenso più puro. Dell’amore.
E poi c’era Evon, che voleva sempre comandare. Il suo settore esigeva che le loro donne si sottomettessero completamente, sebbene in privato. Bondage. Resa totale. I guerrieri vivevano per quel tipo di controllo. Evon voleva una donna capace di sottomettersi, di fidarsi di lui ciecamente e di cedere dinanzi a qualunque suo desiderio. La donna doveva mettere tutto quello che aveva – il proprio potere, la vita, il piacere – nelle mani di Evon e affidarsi a lui perché si prendesse cura di lei, in ogni modo possibile.
Io? A me di tutte queste cose non importava niente. Come la maggior parte dei guerrieri del Settore 3, l’unica cosa che mi interessava era di banchettare con la dolce fica di una donna prima di riempirla con il mio seme. Volevo vedere le sue labbra floride avvinghiate attorno al mio cazzo, con lei che mi amava con la sua lingua, che mi faceva dono della sua bocca, che mi permetteva di scopargliela, proprio come io amavo avere la mia dose del mielato nettare della sua femminilità. Ero paziente, potevo passare ore a darmi da fare con la bocca sul corpo di una donna, a soffermarmi sul suo profumo inconfondibile, a guidarla verso un’estasi sfrenata con la mia lingua, ancora e ancora, prima di scoparla e farla mia.
“Con i re ha funzionato.” Avevo sentito centinaia di volte quel tono freddo e analitico, il tono che Evon di solito utilizzava quando ci stavamo approntando per la battaglia. E ora sembrava proprio così. La posta in gioco era enorme. Una compagna? La fine delle nostre esistenze solitarie? Una posta alta eccome.
“Noi non siamo re. Non siamo su Viken Unita. Siamo incastrati tra i ghiacci, in questa stazione da incubo. Quale cazzo di donna vorrà mai venire qua?” Liam mi venne vicino e si appoggiò sul lettino, il viso rivolto verso il dottore. Incrociò le braccia sul petto. “Rager ha ragione, Evon. Era una speranza vana.”
Sì, aveva ragione. La tundra ghiacciata si estendeva attorno alla Stazione del Nord per centinaia e centinaia di chilometri. Ma il pianeta si affidava sulla stazione di comunicazione per il trasporto e i messaggi provenienti dalla Flotta della Coalizione e dagli altri pianeti membri. Il nome tecnico era Comunicazione Interstellare Quantica, o più semplicemente CIQ. Noi eravamo delle guardie Reali, ufficiali del CIQ, e questa stazione era quella che collegava Viken al resto dell’universo. Senza di essa, saremmo stati come alla deriva nel mare nero dello spazio, senza nessuna possibilità di metterci in contatto con qualcuno, senza poter mandare i nostri guerrieri a combattere lo Sciame, senza poter ricevere le spose. Niente trasporto. Niente comunicazioni. Niente oltre lo spazio freddo, vuoto, nero.
In teoria potevamo sopravvivere. Ci avrebbe pensato il pianeta, quello non era un problema: eravamo sopravvissuti per millenni prima che sorgesse la minaccia dello Sciame e che spingesse i pianeti a unirsi dietro ai guerrieri di Prillon Prime. I guerrieri Prillon erano stati i primi ad affrontare lo Sciame ed erano quelli che lo avevano combattuto più a lungo. Lo Sciame era una minaccia e le truppe che difendevano il CIQ, la nostra capacità di inviare e ricevere messaggi, truppe e spose, erano di fondamentale importanza.
Quello che facevamo qui era importante, e ogni guerriero assegnato al CIQ era stato scelto perché sapeva esattamente cosa ci fosse in gioco. Eravamo andati tutti in guerra, avevamo visto lo Sciame con i nostri occhi, gli orrori che aveva causato. Ma sapere che Liam era d’accordo con me non migliorò il mio umore. Apparentemente, non migliorò nemmeno quello di Evon.
“Quando avrò ragione, dèi, vi farò implorare prima di farvela toccare.” Il desiderio rovente che scorsi negli occhi di Evon mi fece sorridere.
“Quella dovrebbe essere una minaccia, Evon? Perché sei un tale cazzone autoritario che pensavo che sarebbe successo in ogni caso.” Liam ridacchiò e io scoppiai a ridere. Liam non rideva quasi mai.
“Ha ragione, sai?” La risata di Liam si smorzò in un ghigno, ma i suoi occhi rimasero fin troppo seri. E lì, in quel suo sguardo tempestoso, c’era l’anima di Liam in bella mostra. Evon era lo stratega, ma Liam era quello realista. Aveva perduto la sua famiglia, aveva avuto un’infanzia difficile, il figlio di un leader dei Separatisti Viken. Dannati Separatisti. Il nemico che covavamo in seno. Peggiore dello Sciame, in un certo senso, dal momento che anche i Separatisti erano dei Viken – dei traditori – che volevano vedere il ritorno di una guerra civile, che puntavano a separare le nazioni unite dai tre re. Avevano provato ad assassinare la Principessa Allayna, l’unica erede al trono, e a far riprecipitare Viken nel caos.
Il padre di Liam era un leader dei Separatisti, uno degli uomini dietro all’attacco alla nuova principessa. Quando tutto successe, era ormai da tempo che Liam si era sottratto all’influenza dei Separatisti. Da adolescente era finito in prigione e si era offerto come volontario per servire la Flotta della Coalizione nella guerra contro lo Sciame, e allora la sua famiglia l’aveva disconosciuto. Non gli rimaneva nessun legame di sangue, persino sua madre non gli parlava ormai da anni. E, nel Settore 1, la famiglia era tutto. Adesso eravamo noi la sua famiglia. La sua unica famiglia.
Liam sollevò la mano e la poggiò sulla spalla di Evon. “Noi ti conosciamo, Evon. Uno sguardo alla nostra compagna ed eccoti che ricomincerai ad abbaiare ordini come se fossimo su Noerzen 5, a combattere contro i berserker dello Sciame.”
Quella battaglia ci aveva ammazzati quasi tutti, ma Evon era riuscito a tenere unita la squadra. Avevamo combattuto come delle bestie Atlan perché era stato lui a ordinarcelo, perché era lui a comandare, e così eravamo riusciti a sopravvivere.
“Mi adatterò. Ci adatteremo.” La tesi di Evon non reggeva, e lo sapevamo tutti. Grugnii rendendo chiaro che non ero d’accordo.
“No,” disse Liam. “Non lo faremo.” Scosse il capo e i suoi lunghi capelli neri gli oscillarono sulle spalle nascondendo la sua espressione ai miei occhi. Ma riuscivo a sentire il desiderio che c’era nella sua voce, e anche la disperazione. “Siamo troppo diversi, fratello mio. Se vuoi davvero una compagna, dovrai trovarti altri guerrieri, guerrieri più simili a te. Diamine, noi abbiamo tutti e tre dei bisogni così diversi. A me il cazzo si fa duro solo se penso al culo della mia compagna che si allarga mentre mi infilo dentro di lei, centimetro dopo centimetro. Mi piace vedere l’impronta della mia mano che le colora le natiche.”
Liam mi diede di gomito, forse per incoraggiarmi ad assecondarlo, ma io lo ignorai. Era più alto di loro due di una spanna, e molto più grosso. Nella nostra unità mi chiamavano la Bestia di Bronzo, sia a causa della mia stazza che dei miei colori bronzo scuro. Ero grosso per essere un Viken, e impulsivo. A volte mi sentivo fuori controllo, come una bestia in preda alla febbre. Un enorme guerriero carico di armi fino ai denti e un pessimo carattere? Non esattamente una combinazione vincente. Quando ero giovane, quando ero solo una giovane recluta, mi ero cacciato nei guai più di una volta. Ora contavo su Liam ed Evon per farmi rigare dritto. Nelle rare occasioni in cui mi spingevo troppo in là, quando perdevo la testa, c’era sempre uno di loro e mettersi in mezzo tra me e i guai.
“Perché mi dai di gomito? Lo so cosa ti arrapa. Certo, io non rifiuterei mai un culo ben disposto, ma ho gusti più semplici.”
Evon si mise a ridere e mi diede uno schiaffo sulla spalla. “Esatto. Gusti. Tu le fiche le lecchi a colazione, pranzo e cena.”
Non potei fare a meno di sorridere. “Oh, cazzo, se hai ragione.” Ripensai a quel sogno, alla femmina che era venuta con la mia bocca, e poi col mio cazzo. Lei era legata, ma di certo io non avevo bisogno di legare la mia compagna per farle spalancare le gambe, a meno che Evon non le avesse dato piacere prima di me. Mi stava di nuovo venendo duro. Abbassai una mano per sistemarmi il cavallo dei pantaloni. “E tu la leghi al letto, alla tua mercé.”
Evon scosse il capo. “Lei si fiderà di me. È il dono più grande.”
“Non funzionerà mai,” borbottò Liam. “Per ognuno di noi, la nostra compagna dovrà essere un po’ selvaggia. Ma una che soddisfi i bisogni di tutti e tre? Impossibile.”
Mi alzai in piedi e sospirai. Avevamo fatto i test. Io ero l’ultimo. Ora dovevamo aspettare. E aspettare. Non c’era modo che su Viken – o su qualunque altro pianeta dell’universo – ci fosse una donna che amasse essere scopata, controllata, comandata, piegata in avanti e rivendicata in pubblico. Né una che potesse gestire il mio carattere impulsivo, o i silenzi tenebrosi e meditabondi di Liam, o il bisogno di Evon di comandare ogni singolo dettagli, in ogni momento, di ogni incontro. Era implacabile, come il sole che brucia il deserto. Non si fermava mai. Non si riposava mai.
E anche se una donna fosse stata in grado di soddisfarci dal punto di vista sessuale, ci sarebbe voluto un vero e proprio miracolo per trovare una donna che fosse in grado di accettarci come uomini, come veri compagni. Nessuna donna poteva amarci tutti e tre. Sperare era un errore. Me ne accorgevo solo adesso.
“E allora torniamo a lavoro,” dissi. Volevo tornare nei miei alloggi e afferrare il mio cazzo duro e scrollarmi di dosso questa tensione in eccesso. Avevo bisogno di scacciare quel sogno, ma non sarebbe successo. Avevamo del lavoro da sbrigare.
“Sì, ci avranno anche fatto i test, ma un abbinamento? Cazzo, è impossibile. Avrei dovuto dirvelo che dovevate trovarvene un altro. So già che sarò io a rovinarvi le poche chance che avete di trovare una compagna.” Sentire Evon che diceva quelle cose mi rattristò. Dal momento che a lui piaceva comandare, forse lui era quello che più di tutti desiderava di essere abbinato a una compagna. Era il passo più logico per un uomo della sua età. Trovare una compagna. Fare dei figli. Più semplice di così. Non era così semplice farlo nel nord e non era così semplice per tre Viken che stavano provando a trovare una compagna. Ma io e Liam avevamo la sua stessa età. Sì, anche noi volevamo una compagna, una che tutti e tre avremmo potuto condividere, che sarebbe stata perfetta per noi, in base all’abbinamento del Programma Spose Interstellari, ma non eravamo così scoraggiati. O sì? Il sogno del test aveva ormai cominciato a svanire, e così anche il sogno di trovare una compagna.
“Cazzo,” mormorai.
“Impossibile?” chiese il dottore. “Beh, pare proprio di no.” Ci eravamo dimenticati di lui. Si girò verso di noi, tutto eccitato. “Non c’è nessuna donna nell’universo disposta a soddisfare i vostri desideri sessuali? Sbagliato. Una c’è.” Guardò Liam. “Una disposta a dimostrare a tutti che accetta quello che un compagno del Settore 1 può offrirle.” Poi guardò Evon. “Un donna disposta a cedere il controllo, proprio come voglio quelli del Settore 2.” Poi guardò me. “A cui piace starsene distesa e godersi tutte le tue attenzioni, Rager del Settore 3.”
Il mio cuore mancò un battito e la mia mente faceva fatica a elaborare quanto aveva appena detto il dottore. “Dottore?” Sorpreso, mi accorsi che mi tremavano le mani.
Il dottore sorrise. “Congratulazioni, guerrieri. Avete una compagna.”