CAPITOLO TRE

3473 Words
CAPITOLO TRE Thor sollevò le mani e se le portò agli occhi, accecato dalla luce mentre le splendenti porte dorate del castello di sua madre si spalancavano: riusciva a malapena a vedere. Una figura camminava verso di lui, una sagoma, apparentemente una donna, e Thor sentiva con ogni fibra del suo corpo che si trattava di sua madre. Il cuore gli batteva forte in petto mentre la vedeva lì, le braccia lungo i fianchi, di fronte a lui. Lentamente la luce iniziò a diradarsi, giusto da consentirgli di abbassare le mani e guardarla. Era il momento che aveva atteso per una vita intera, il momento che lo aveva inseguito nei suoi sogni. Non poteva crederci: era proprio lei. Sua madre. All’interno di quel castello che si trovava arroccato in cima alla scogliera. Thor aprì gli occhi del tutto e la guardò per la prima volta, a pochi passi da lei. Per la prima volta vide il suo volto. A Thor si mozzò il fiato in gola mentre la guardava: era la donna più bella che avesse mai visto. Sembrava non avere età, allo stesso tempo matura e giovane, la pelle quasi traslucida, il volto splendente. Gli sorrideva con dolcezza, i lunghi capelli biondi che le scendevano lunghissimi, gli occhi grandi e grigi, le guance perfettamente cesellate che rendevano il volto simile al suo. La cosa che più sorprese Thor mentre la guardava fu che poteva riconoscere in lei molti dei suoi tratti: la curva della mandibola, le labbra, la sfumatura grigia degli occhi, addirittura la fronte fiera. In qualche modo era come guardare se stesso. Assomigliava sorprendentemente tanto anche ad Alistair. La madre di Thor, con indosso un abito di seta bianca e un mantello, con il cappuccio adagiato alle spalle, stava in piedi con le braccia rilassate lungo i fianchi, senza gioielli addosso, le mani lisce, la pelle come quella di un bambino. Thor poteva percepire l’intensa energia che proveniva da lei, più forte che mai, come un sole che lo avvolgeva. Mentre si crogiolava in essa sentiva ondate di amore lanciate verso di lui. Non aveva mai provato in vita sua un tale amore incondizionato e accettazione. Si sentiva come appartenente a qualcuno. Stando ora lì di fronte a lei, Thor si sentiva finalmente come se una parte di lui fosse completa, come se tutto andasse perfettamente. “Thorgrin, figlio mio,” gli disse. Era la voce più bella che avesse mai udito, dolce e riverberante tra quelle antiche pareti di pietra, sembrava un suono proveniente dal paradiso stesso. Thor rimase scioccato, non sapeva cosa dire né cosa fare. Era tutto reale? Si chiese per un attimo se non si trattasse semplicemente di un’altra delle creazioni della Terra dei Druidi, di un altro sogno, della sua mente che gli stava giocando qualche scherzo. Non vedeva l’ora di abbracciare sua madre da non ricordava neppure quanto tempo e fece un passo verso di lei, determinato a capire se quella fosse solo una visione. Allungò le braccia per stringerla e temette di abbracciare solo l’aria, che tutto ciò fosse solo un’illusione. Sentì invece che le sue braccia si avvolgevano attorno a lei, sentì che stava abbracciando una persona reale. E lei ricambiava l’abbraccio. Era la sensazione più spettacolare che avesse mai provato. Lei lo tenne stretto e Thor era estremamente felice che lei fosse una persona reale. Che tutto ciò fosse reale. Che aveva una madre, che lei esisteva veramente e che ora si trovava lì in carne e ossa, in quella terra di illusione e fantasia. E che gli voleva veramente bene. Dopo un certo tempo si ritrassero e Thor la guardò con le lacrime agli occhi, vedendo che anche i suoi erano umidi. “Sono così orgogliosa di te, figlio mio,” gli disse. Lui la guardò senza parole. “Hai portato a termine il tuo viaggio,” aggiunse. “Sei degno di trovarti qui. Sei diventato l’uomo che ho sempre saputo saresti stato un giorno.” Thor la guardava osservando i suoi tratti, ancora sorpreso dal fatto che esistesse veramente e chiedendosi cosa dire. Per tutta la vita aveva sempre avuto così tante domande per lei, ma ora che era lì di fronte a lei aveva un vuoto in mente. Non era neppure sicuro di come cominciare. “Vieni con me,” disse lei voltandosi, “che ti faccio vedere questo posto, il posto dove sei nato.” Gli sorrise e gli porse una mano che Thor afferrò prontamente. Camminavano fianco a fianco nel castello: sua madre faceva strada, emanando una luce che rimbalzava contro le pareti. Thor osservava tutto con meraviglia: era il luogo più bello e splendente che avesse mai visto, con le pareti fatte di oro scintillante, tutto che luccicava, perfetto e surreale. Si sentiva come se fosse giunto a un castello magico in cielo. Percorsero un lungo corridoio con il soffitto ad arco e la luce che veniva emanata da ogni angolo. Thor abbassò lo sguardo e vide che il pavimento era ricoperto di diamanti lisci e luccicanti come milioni di puntini luminosi. “Perché mi hai lasciato?” le chiese Thor improvvisamente. Erano le prime parole che diceva e sorpresero addirittura lui stesso. Tra tutte le cose che voleva chiederle, per qualche ragione quella era uscita per prima e provò imbarazzo e vergogna per non aver avuto niente di più carino da dirle. Non aveva intenzione di essere così sfacciato. Ma il sorriso compassionevole non mutò per niente. Lei camminava accanto a lui e lo guardava con un occhi colmi di amore puro. Thor poteva percepire che lo amava e lo accettava, sentiva che non lo giudicava, qualsiasi cosa lui dicesse. “Hai ragione ad essere arrabbiato con me,” gli disse. “Devo chiederti perdono. Tu e tua sorella significate per me più di qualsiasi altra cosa al mondo. Avrei voluto crescervi qui, ma non potevo. Perché siete tutti e due speciali. Lo siete entrambi.” Svoltarono in un altro corridoio e sua madre si fermò e si voltò a guardarlo. “Non sei solo un druido, Thorgrin, non sei solo un guerriero. Sei il più grande guerriero che sia mai esistito o che mai ci sarà, e anche il più grande druido. Il tuo è un destino speciale, la tua vita è predestinata a grandi cose, molto oltre questo luogo. Sono una vita e un destino che devono essere condivisi con il mondo. È per questo che ti ho liberato. Dovevo liberarti nel mondo perché potessi diventare l’uomo che sei, perché facessi le esperienze necessarie per imparare e diventare il guerriero che sei destinato ad essere.” Fece un respiro profondo. “Vedi, Thorgrin, non sono l’isolamento e i privilegi che fanno un guerriero, ma la fatica e le difficoltà, la sofferenza e il dolore. Soprattutto la sofferenza. Mi ha fatto male da morire vederti soffrire, ma paradossalmente era ciò di cui avevi maggior bisogno per diventare l’uomo che ora sei. Capisci, Thorgrin?” Thor capiva assolutamente, per la prima volta nella sua vita capiva tutto. Per la prima volta tutto aveva senso. Pensò a tutte le sofferenze che aveva affrontato nel corso della propria vita: crescere senza una madre, considerato come un servo dai suoi fratelli, da un padre che lo odiava, in un villaggio piccolo e soffocante, visto da tutti come nessuno. La sua formazione era stata una lunga scia di oltraggi. Ma ora iniziava a capire che ne aveva avuto bisogno, che tutta quella fatica e tribolazione aveva una sua ragione d’essere. “Tutta la tua fatica, la tua indipendenza, il tuo combattere per trovare la tua strada,” aggiunse sua madre, “sono stati il mio dono per te. Il mio dono per renderti più forte.” Un dono, pensò Thor tra sé e sé. Non ci aveva mai pensato da quel punto di vista. Gli era sempre apparso come la cosa più lontana da un dono, ma ora, ripensandoci, capiva che era esattamente così. Mentre lei parlava lui si rendeva conto che aveva ragione. Tutte le avversità che aveva affrontato nella vita, tutto era stato un dono per farlo diventare ciò che era adesso. Sua madre si voltò e i due continuarono a camminare uno accanto all’altra attraverso il castello. La mente di Thor vorticava con un milione di domande per lei. “Sei reale?” le chiese. Ancora una volta provò vergogna per essere stato così spudorato, ancora una volta si ritrovò a porre una domanda che non si sarebbe aspettato di pronunciare. Eppure provava un immenso desiderio di sapere. “Questo posto è reale?” aggiunse. “O si tratta solo di un illusione, di una creazione della mia immaginazione come il resto di questa terra?” Sua madre gli sorrise. “Sono reale quanto te,” rispose. Thor annuì, rassicurato dalla risposta. “È vero che la Terra dei Druidi è un territorio di illusione, una terra magica dentro di te,” aggiunse. “Io sono completamente reale, ma allo stesso tempo – come te – sono un druido. I druidi non sono così attaccati ai luoghi fisici come gli umani. Il che significa che una parte di me vive qui, mentre un’altra parte risiede altrove. Per questo sono sempre con te, anche se tu non puoi vedermi. I druidi sono ovunque e da nessuna parte allo stesso tempo. Inforchiamo direttamente due mondi, diversamente dagli altri.” “Come Argon,” rispose Thor, ricordando lo sguardo lontano dello stregone, il suo apparire e scomparire, il suo trovarsi dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo. Lei annuì. “Sì,” rispose, “proprio come mio fratello.” Thor sussultò scioccato. “Tuo fratello?” ripeté. Lei annuì. “Argon è tuo zio,” disse. “Ti vuole molto bene. Te ne ha sempre voluto. E anche ad Alistair.” Thor ripensò a tutto, sopraffatto. Aggrottò la fronte quando gli venne in mente una cosa. “Ma per me è diverso,” disse. “Non mi sento proprio come te. Io provo maggiore attaccamento a questo posto rispetto a te. Non sono in grado di viaggiare in altri mondi liberamente come Argon.” “Questo perché sei metà umano,” rispose lei. Thor rifletté. “Ora mi trovo qui in questo castello, nella mia casa,” disse. “Questa è la mia casa, giusto?” “Sì,” gli rispose. “Proprio così. La tua vera casa. Proprio come qualsiasi altra casa tu abbia al mondo. Ma i druidi non sono così attaccati al concetto di casa.” “Quindi se volessi stare qui, vivere qui, potrei?” chiese Thor. Sua madre scosse la testa. “No,” disse. “Perché il tuo tempo qui, nella Terra dei Druidi, è limitato. Eri destinato ad arrivare qui, ma puoi visitare la Terra dei Druidi solo una volta. Quando te ne andrai non potrai mai più tornarci. Questo posto, questo castello, tutto ciò che vedi e impari qui, questo luogo dei tuoi sogni che per tanti anni hai visto, sparirà. Come un fiume nel quale non si può entrare due volte.” “E tu?” chiese Thor improvvisamente spaventato. Sua madre scosse la testa dolcemente. “Non rivedrai neppure me. Non in questo modo. Ma sarò sempre con te.” Thor rimase desolato al solo pensiero. “Ma non capisco,” disse. “Finalmente ti ho trovata. Ho finalmente trovato questo posto, casa mia. E ora mi dici che è solo per una volta?” Sua madre sospirò. “La casa di un guerriero è nel mondo,” disse. “È tuo dovere stare là fuori, assistere gli altri, difenderli, e diventare sempre di più un guerriero migliore. Puoi sempre migliorare. I guerrieri non devono stare fermi in un posto, soprattutto non un guerriero con un destino grandioso come il tuo. Incontrerai cose grandiose nella tua vita: castelli grandiosi, città grandiose, popoli grandiosi. Ma non dovrai mai restare attaccato a nulla di tutto ciò. La vita è una grande corrente e devi permetterle di portarti dove deve.” Thor aggrottò la fronte cercando di capire. C’era così tanto da comprendere. “Ho sempre pensato che una volta che ti avessi trovata la mia più grossa ricerca sarebbe finita.” Lei gli sorrise. “Questa è la natura della vita,” gli rispose. “Ci vengono offerte imprese grandiose oppure siamo noi a scegliercele, e partiamo per portarle a termine. Non immaginiamo mai di poterle compiere veramente, eppure in qualche modo lo facciamo. E una volta che una ricerca è completata in qualche modo ci aspettiamo che la nostra vita sia finita. Ma la nostra vita sta solo iniziando. Scalare un monte è un grande traguardo di per sé, ma porta anche a un altro più grande picco. Compiere un’impresa ti consente di imbarcarti in un’altra, ancora più grande.” Thor la guardava sorpreso. “È vero,” gli disse leggendogli nella mente. “L’avermi trovato ti porterà ora a un’altra ricerca, ancora più grande.” “Quale altra impresa può esserci?” le chiese Thor. “Cosa può esserci di più grandioso di trovare te?” Lei gli sorrise e i suoi occhi si colmarono di saggezza. “Non puoi neppure immaginare le imprese che hai davanti,” gli disse. “Alcune persone nascono con una sola impresa da compiere. Alcune altre con nessuna. Ma tu, Thorgrin, sei nato con un destino che ti porterà ad affrontare dodici imprese. “Dodici?” ripeté Thor esterrefatto. Lei annuì. “La Spada della Dinastia è stata una. L’hai portata a termine meravigliosamente. Trovare me è stata un’altra. Per ora ne hai compiute due. Ce ne sono ancora dieci, dieci imprese ancora più grandiose di queste due.” “Altre dieci?” chiese Thor. “Più grandiose? Come può essere possibile?” “Permettimi di farti vedere,” gli disse. Gli si avvicinò e gli mise un braccio attorno alle spalle, guidandolo gentilmente lungo il corridoio. Lo fece passare attraverso una splendente porta di zaffiro, entrando in una stanza interamente decorata di verdi e luccicanti zaffiri. Lo condusse attraverso la stanza fino a un’enorme finestra ad arco fatta di cristallo. Thor si portò accanto a lei e mise una mano sul vetro, sentendo che così doveva fare. In quell’istante le due ante si aprirono delicatamente. Thor guardò l’oceano, un panorama sconfinato ricoperto da una nebbiolina che in parte lo nascondeva. Una luce bianca veniva emanata da ogni cosa dando la sensazione che fossero arroccati in cima al paradiso stesso. “Guarda,” gli disse lei. “Dimmi cosa vedi.” Thor osservò e all’inizio non vide altro che l’oceano e la nebbia bianca. Ma presto la foschia si fece più chiara, l’oceano iniziò a scomparire e le immagini cominciarono a scorrergli davanti agli occhi. La prima cosa che vide fu suo figlio Guwayne che galleggiava in mare su una piccola barca. Thor provò un’ondata di panico e il cuore iniziò a battergli più velocemente in petto. “Guwayne,” disse. “È vero?” “In questo preciso istante è perduto in mare,” gli disse. “Ha bisogno di te. Trovarlo sarà una delle imprese più grandiose della tua vita.” Mentre Thor guardava Guwayne che si allontanava, provò un’estrema urgenza di andarsene all’istante da quel posto, di correre verso l’oceano. “Devo andare da lui! Adesso!” Sua madre gli pose una mano rassicurante su un braccio. “Vedi cos’altro devi vedere,” gli disse. Thor osservò e vide Gwendolyn e il suo popolo: si trovavano accalcati su un’isola rocciosa e si tenevano stretti mentre una barriera di draghi scendeva dal cielo creando il buio su di loro. Vide un’ondata di fuoco, corpi in fiamme, gente che gridava di dolore. Il suo cuore batteva freneticamente. “Gwendolyn,” gridò. “Devo andare da lei.” Sua madre annuì. “Ha bisogno di te, Thorgrin. Hanno tutti bisogno di te e hanno anche bisogno di una nuova casa.” Mentre continuava a guardare, Thor vide il panorama trasformarsi e gli apparve davanti agli occhi l’Anello completamente devastato, un paesaggio oscuro e il milione di uomini di Romolo che ne ricoprivano ogni centimetro. “L’Anello,” disse inorridito. “Non esiste più.” Thor provava l’ardente desiderio di scappare da lì e andare a salvarli tutti in quel preciso istante. Sua madre allungò una mano e chiuse le vetrate, poi lui si voltò a guardarla. “Quelle sono solo alcune delle imprese che hai davanti,” gli disse. “Tuo figlio ha bisogno di te; Gwendolyn ha bisogno di te, il tuo popolo ha bisogno di te. E oltre a tutto dovrai prepararti al giorno in cui diventerai re.” Thor sgranò gli occhi. “Io? Re?” Sua madre annuì. “È il tuo destino, Thorgrin. Tu sei l’ultima speranza. Sei tu che dovrai diventare re dei druidi.” “Re dei druidi?” chiese lui cercando di capire. “Ma… non capisco. Pensavo di trovarmi nella Terra dei Druidi.” “I druidi non vivono più qui,” gli spiegò sua madre. “Siamo una nazione in esilio. Ora vivono in un regno lontano, all’estremità dell’Impero, e sono in grave pericolo. Sei destinato a diventare il loro re. Loro hanno bisogno di te e tu hai bisogno di loro. Complessivamente il tuo potere sarà necessario per sconfiggere un potere tanto grande da essere sconosciuto persino a noi. Una minaccia molto più grande dei draghi.” Thor la guardava pensieroso. “Sono così confuso, madre,” ammise. “Perché il tuo allenamento è ancora incompleto. Hai fatto passi da gigante, ma non hai ancora iniziato neppure a raggiungere i livelli di cui avrai bisogno per diventare un grande guerriero. Non hai neanche ancora visto il guerriero che diverrai. “E avrai bisogno di tutto il loro allenamento,” continuò. “Affronterai imperi mostruosi, regni più grandi che mai. Incontrerai tiranni selvaggi confronto ai quali Andronico ti sembrerà una nullità.” Sua madre lo osservò, gli occhi colmi di consapevolezza e compassione. “La vita è sempre più grande di quanto immagini, Thorgrin,” continuò. “Sempre più grande. L’Anello ai tuoi occhi è un grande regno, il centro del mondo. Ma si tratta invece di un piccolo regno se paragonato al resto del mondo. Non è che un puntolino nell’Impero. Ci sono mondi, Thorgrin, che vanno oltre ciò che puoi immaginare, più grandi di quanto tu abbia mai visto. Non hai neppure iniziato a vivere, ancora.” Fece una pausa. “Avrai bisogno di questo.” Thor abbassò lo sguardo sentendo qualcosa attorno al suo polso e vide che sua madre stava stringendo un bracciale spesso diversi centimetri che gli copriva tutto il polso. Era di oro luccicante con un unico diamante al centro. Era l’oggetto più bello e potente che avesse mai visto e mentre lo teneva al polso sentiva il suo potere che gli scorreva dentro, pulsando. “Fino a che indosserai questo,” gli disse, “nessun uomo nato da donna potrà farti del male.” Thor la guardò e nella sua mente si susseguirono le immagini che aveva scorto oltre quelle vetrate di cristallo. Provò l’urgente necessità di andare di Guwayne, di salvare Gwendolyn, di salvare il suo popolo. Ma una parte di lui non voleva andarsene. Quello era il posto dei suoi sogni e lui non avrebbe potuto farvi ritorno mai più. Non voleva lasciare sua madre. Osservò il braccialetto, sentendosi pervadere dal suo potere. Era come portare in sé un pezzo di sua madre. “È per questo che dovevamo incontrarci?” le chiese Thor. “Così che potessi darmi questo?” Lei annuì. “E cosa più importante,” disse, “perché potessi darti il mio amore. In quanto guerriero devi imparare ad odiare. Ma è ugualmente importante imparare ad amare. L’amore è la forza più importante fra le due. L’odio può uccidere un uomo, ma l’amore può sollevarlo, e c’è più potere nel guarire che nell’uccidere. Devi conoscere l’odio ma devi conoscere anche l’amore, e soprattutto devi sapere quando scegliere l’uno piuttosto che l’altro. Devi imparare non solo ad amare ma, cosa più importante, a concederti di ricevere l’amore. Proprio come abbiamo bisogno di mangiare, abbiamo anche bisogno dell’amore. Devi sapere quanto ti amo. Quanto ti accetto. Quanto sono orgogliosa di te. Devi sapere che sono sempre con te. E devi sapere che ci incontreremo di nuovo. Nel frattempo permetti al mio amore di sostenerti. E, cosa più importante, permetti a te stesso di amarti e accettarti.” La madre di Thor fece un passo avanti e lo abbracciò. Lui ricambiò l’abbraccio. Si stava così bene stretti a lei, sapere che aveva una madre, una madre vera che esisteva sul serio. Mentre la abbracciava si sentiva riempire di amore e si sentiva sorretto, rinato, pronto ad affrontare qualsiasi cosa. Thor si ritrasse le la guardò negli occhi. Erano i suoi stessi occhi, grigi e luccicanti. Lei gli pose entrambe le mani sulla testa, si chinò in avanti e gli baciò la fronte. Thor chiuse gli occhi e desiderò che quel momento non finisse mai. Poi sentì un’improvvisa brezza fredda sulle braccia, sentì il rumore delle onde che si infrangevano, percepì l’umidità dell’oceano. Aprì gli occhi e si guardò attorno sorpreso. Sua madre era sparita. Il castello era sparito. La scogliera era sparita. Guardò ovunque e vide che si trovava su una spiaggia, la spiaggia scarlatta che si trovava all’ingresso della Terra dei Druidi. In qualche modo era uscito. Ed era solo. Sua madre era svanita. Thor si guardò il polso e fissò il suo nuovo bracciale dorato con il diamante nero al centro e si sentì trasformato. Sentiva che sua madre era con lui, sentiva il suo amore, si sentiva capace di conquistare il mondo. Si sentiva più forte che mai. Si sentiva pronto ad andare in battaglia contro qualsiasi nemico, per salvare sua moglie e suo figlio. Udendo un mugolio Thor si voltò e fu felice di vedere Micople poco distante da lui che apriva lentamente le grandi ali. Faceva le fusa e camminava verso di lui. Thor sentiva che anche lei era pronta. Mentre gli si avvicinava, Thor abbassò lo sguardo e fu scioccato nel vedere qualcosa sulla spiaggia, qualcosa che era stato nascosto sotto Micople. Era grande e rotondo. Thor guardò meglio e vide che era un uovo. Un uovo di drago. Micople guardò Thor e Thor ricambiò lo sguardo, scioccato. Micople si voltò a guardare tristemente l’uovo, come se non volesse lasciarlo ma sapendo che doveva. Thor guardava l’uovo con meraviglia e si chiese che genere di drago potesse nascere da Micople e Ralibar. Sentiva che sarebbe potuto essere il più grandioso drago mai esistito. Montò in groppa a Micople e entrambi si voltarono per dare un’ultima lunga occhiata alla Terra dei Druidi, quel luogo misterioso che aveva accolto Thor e ora lo respingeva. Era un luogo che Thor ammirava, un posto che non avrebbe mai compreso del tutto. Thor si voltò poi a guardare il grande oceano di fronte a loro. “È tempo di guerra, amica mia,” disse a Micople con voce tonante, fiduciosa, la voce di un uomo, di un guerriero, di un futuro re. Micople gracchiò, sollevò le ali e le sbatté sollevandosi in volo verso il cielo, al di sopra dell’oceano, lontano da quel mondo, diretta verso Guwayne, verso Gwendolyn, verso Romolo, verso i suoi draghi, verso la battaglia della vita per Thor.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD