Chapter 4

1055 Words
PROLOGO Tiffany era già vestita, quando sentì la madre chiamarla dal piano di sotto. “Tiffany! Sei pronta per la chiesa?” “Quasi, mamma” le rispose. “Dammi ancora un attimo.” “Allora, sbrigati. Dobbiamo uscire tra cinque minuti.” “OK.” In realtà Tiffany era già pronta da parecchio tempo, quasi subito dopo aver fatto colazione con un delizioso waffle insieme ai genitori, al piano di sotto. Non voleva andare da nessuna parte. Si stava divertendo un mondo a guardare dei buffi video con animali sul suo cellulare. Finora, aveva guardato un pechinese andare sullo skateboard, un bulldog salire su una scala a pioli, un gatto che provava a suonare la chitarra, un grosso cane che inseguiva la sua coda quando qualcuno cantava “Pop Goes the Weasel,” e infine un branco di coniglietti che correvano. E in quel momento, stava guardando un video davvero molto divertente. Uno scoiattolo continuava a provare ad entrare in una mangiatoia per uccelli, costruita proprio per tenere lontani gli scoiattoli. In qualsiasi modo la bestiola si avvicinasse, la mangiatoia girava su se stessa e lo faceva volare via. Ma l’animaletto era determinato, e non aveva alcuna intenzione di demordere. La ragazza continuò a ridacchiare, guardando il video, finché la madre la chiamò di nuovo. “Tiffany! Tua sorella viene con noi?” “Credo di no, mamma.” “Allora, va a chiederglielo per favore.” Tiffany sospirò. Avrebbe voluto più che mai risponderle … “Vaglielo a chiedere tu.” Invece, si limitò a dire: “OK.” La sorella diciannovenne di Tiffany, Lois, non era scesa a fare colazione. Tiffany era sicura che non avesse alcuna intenzione di andare in chiesa. Del resto, lo aveva detto già il giorno prima. Lois aveva partecipato sempre meno alle attività di famiglia, da quando aveva iniziato ad andare al college in autunno. Era vero che tornava a casa quasi sempre nel fine settimana, durante le vacanze e le pause delle lezioni, ma si limitava a starsene per conto suo o ad uscire con gli amici, e quasi sempre dormiva fino a tardi al mattino. Tiffany non poteva certo biasimarla. La vita familiare a Pennington poteva annoiare a morte gli adolescenti. E la chiesa annoiava Tiffany quasi più di ogni altra cosa. Con un sospiro, fermò il video e uscì in corridoio. La camera di Lois era al piano superiore; a confronto della sua era sfarzosa ed occupava la maggior parte della mansarda. Aveva persino un bagno privato, lassù, e un enorme armadio. Tiffany era ancora relegata nella camera da letto più piccola, al secondo piano, che le era toccata praticamente da sempre. Non le sembrava giusto. Aveva sperato di ereditare la camera della sorella, una volta che quest’ultima fosse andata al college. Perché Lois aveva bisogno di tutto quello spazio ora che veniva a casa soltanto durante i fine settimana? Non potevano scambiarsi finalmente le camere? Se ne lamentava spesso e volentieri, ma a nessuno sembrava importare. Si fermò in fondo alle scale che conducevano alla mansarda, e gridò. “Ehi, Lois! Vieni con noi?” Non ci fu alcuna risposta. Tiffany roteò gli occhi, sbuffando: capitava sempre così, ogni volta che doveva rivolgersi a Lois, per un motivo o per un altro. Salì le scale, e bussò alla porta della camera della sorella. “Ehi, Lois” gridò di nuovo. “Stiamo andando in chiesa. Vieni?” Ancora una volta, non ottenne alcuna risposta. Tiffany strascicò i piedi con impazienza, poi bussò di nuovo. “Sei sveglia?” chiese. Ancora nessuna risposta. Tiffany gemette forte. Forse Lois era profondamente addormentata, o stava ascoltando la musica con le cuffie alle orecchie. Molto più probabilmente, la stava semplicemente ignorando. “OK” gridò. “Dirò alla mamma che non verrai con noi.” Mentre scendeva di sotto, Tiffany si sentì un po’ preoccupata. Lois era sembrata giù, durante le sue ultime visite: non proprio depressa, ma neppure allegra come al solito. Aveva detto a Tiffany che il college era più duro di quanto si fosse aspettata e che la pressione la stava logorando. In fondo alle scale, il padre era fermo nell’atrio, intento a controllare il suo orologio con impazienza. Sembrava pronto ad uscire: indossava già un caldo cappotto, un berretto impellicciato, una sciarpa e un paio di guanti. La mamma aveva il cappotto in mano. “Allora, Lois viene?” il papà chiese. “Ha detto di no” Tiffany rispose, mentendo. Il padre sarebbe certo andato su tutte le furie, se Tiffany gli avesse detto di non aver ricevuto nemmeno una risposta, dopo aver bussato alla porta della camera della sorella. “A dire il vero, non mi sorprende” la mamma esclamò, indossando i guanti. “Ho sentito la sua auto tornare molto tardi ieri sera. Non sono certa di che ora fosse.” Tiffany provò nuovamente invidia, soltanto a sentire nominare l’auto della sorella. Lois godeva di molta libertà ora che frequentava il college! Soprattutto, a nessuno sembrava importare a che ora fosse rientrata la sera precedente. Tiffany, peraltro non l’aveva neppure sentita rincasare. Sarò stata addormentata profondamente, pensò. Mentre Tiffany si accingeva ad indossare il cappotto, il padre brontolò: “Voi due ci state mettendo una vita. Faremo tardi per la messa.” “Arriveremo in tempo” la mamma rispose con tranquillità. “Vado a mettere in moto l’auto” il padre esclamò; poi aprì la porta e uscì. Tiffany e la madre uscirono insieme, seguendolo. L’aria fredda investì brutalmente la ragazza. Il manto di neve, caduta qualche giorno prima, ricopriva ancora la terra. Tiffany avrebbe voluto stare ancora al caldo, sotto le coperte. Era una brutta giornata per andare da qualsiasi parte. Improvvisamente, sentì la madre sussultare. “Lester, che cos’è stato?” la donna si rivolse al marito. Tiffany vide il padre stare fermo di fronte alla porta aperta del garage. Guardava all’interno, con gli occhi e la bocca spalancati. Sembrava sbalordito e scioccato. “Che cosa succede?” la moglie chiese di nuovo. L’uomo si voltò a guardarla. Sembrava non essere in grado di pronunciare una sola parola. Infine, disse d’impulso: Chiama il nove-uno-uno.” “Perché?” la moglie rispose. Il padre non aveva fornito alcuna spiegazione. Si diresse all’interno del garage. La madre avanzò e, appena arrivata davanti alla porta aperta, emise un urlo che paralizzò a morte Tiffany. La madre si precipitò nel garage. Per un lungo momento, Tiffany restò immobile. “Che cosa c’è?” la ragazza gridò. Sentì la voce singhiozzante della madre, proveniente dal garage: “Torna in casa, Tiffany.” “Perché?” Tiffany rispose gridando. La madre uscì di corsa dal garage. Afferrò il braccio di Tiffany e provò a spingerla via, per farla rientrare in casa. “Non guardare” disse. “Torna dentro.” Tiffany riuscì a liberarsi dalla stretta materna, e corse all’interno del garage. Le ci volle un momento per realizzare il tutto. Tutte e tre le auto erano parcheggiate lì. Nell’angolo sul retro, a sinistra, il padre stava maldestramente lottando con una scala a pioli. C’era qualcosa appeso lì con una corda, legato ad una trave del tetto. Era una persona. Era sua sorella.
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