CAPITOLO II

1420 Words
CAPITOLO II Dick si avviò lemme lemme verso la biblioteca Bellingham, una delle istituzioni di Londra conosciute soltanto da un ristretto numero di persone. Nessun romanzo, né un volume di memorie scandalose, adorna gli scaffali della biblioteca, fondata cento anni fa per dare agli scienziati e ai letterati la possibilità di consultare volumi che altrimenti potrebbero procurarsi soltanto al Museo Britannico. Nei quattro piani che compongono l'edificio, volumi di filosofia tedesca, libri scientifici, incomprensibili per i profani, oscuri trattati su qualsiasi argomento si allineano in bell'ordine negli alti scaffali di legno scuro. John Bellingham, che nel diciottesimo secolo fondò la biblioteca, lasciò detto per testamento che vi dovessero essere impiegate due donne intelligenti, preferibilmente in istato d'indigenza. Fu appunto da una di costoro che d**k venne accompagnato. La ragazza era seduta davanti a un tavolino in una stanzetta piccola di dimensioni, dal soffitto alto, dove l'aria odorava di vecchio cuoio. Ella era occupata a riordinare delle schede. — Vengo da Scotland Yard – disse d**k, presentandosi. – Mi hanno mandato qui per quel furto di libri. Mentre parlava teneva gli occhi fissi sugli scaffali, perché le donne, intelligenti o stupide che fossero, non l'interessavano affatto. L'unica cosa che notò nella ragazza che aveva davanti, fu che era vestita di nero e che portava i capelli di un biondo scuro, pettinati a frangina sulla fronte. Aveva però una vaga idea che la maggior parte delle ragazze avesse i capelli di quel colore e anche che la moda della frangina sulla fronte fosse molto in voga fra le donne lavoratrici. — Sí – rispose ella con voce quieta. – Un libro è stato rubato da questa stanza, mentre io ero a colazione. Non era di gran valore: un volume tedesco di Haeckel intitolato Allgemeine Morphologie. Aprí un cassetto e trattane fuori una scheda gliela mise davanti. d**k la lesse, ma non ne rimase molto illuminato. — Chi è rimasto qui nella sua assenza? – domandò. — La mia assistente, la signorina Holder. — C'è stato nessuno degli abbonati in quell'ora? — Diversi: ho i loro nomi, ma per la maggior parte sono insospettabili. L'unico visitatore che avemmo, che non fosse un abbonato, fu un dottore greco, un certo Metaxas, che venne a chiedere informazioni sull'abbonamento. — Dette il suo nome? — No – disse la ragazza con meraviglia di lui. – Ma la signorina Holder lo riconobbe, avendo visto il suo ritratto, non so dove. Avrei creduto che anche lei dovesse riconoscere il nome. — Perché mai lo dovrei riconoscere, mia cara ragazza? – ribatté d**k, con una certa irritazione nella voce. — Perché mai non lo dovrebbe riconoscere, mio caro giovanotto? – replicò ella freddamente. E fu allora che d**k Martin si accorse di lei; vale a dire che ella emerse dallo sfondo grigio in cui si muoveva, e divenne una personalità. Aveva gli occhi grigi, collocati assai distanti l'uno dall'altro; la bocca un po' grande; e i capelli erano certamente di un castagno dorato. — Le chiedo scusa – disse d**k ridendo. – Per dir la verità – aveva un modo di mostrarsi confidenziale che avrebbe ingannato chiunque – questo stupido furto non m'interessa affatto. Domani lascio il servizio per sempre. — I malfattori emetteranno un sospiro di sollievo – disse la bibliotecaria cortesemente. Dick osservò il lampo di malizia che le brillò negli occhi e provò subito per lei una viva simpatia. — Sa stare allo scherzo, a quanto vedo – le disse Martin. — Vuol dire che so stare allo scherzo suo – rispose ella prontamente – altrimenti mi sarei certamente risentita, sentendomi chiamare «mia cara ragazza», fosse pure da un rappresentante della legge – dette un'occhiata al biglietto da visita – e anche col rango di vice-ispettore. C'era lí vicina una seggiola. d**k la tirò avanti e sedette senza esservi stato invitato. — Chiedo scusa per la mia insolenza e prego umilmente di darmi tutte le informazioni possibili sul signor Metaxas. Ella lo fissò gravemente per qualche secondo. — Lei è proprio della polizia? – disse con voce quasi timorosa. – Uno di quegli esseri quasi soprannaturali che ci proteggono durante il sonno? Dick si buttava via dalle matte risate. — Mi arrendo! – alzò la mano. – E ora che mi ha rimesso al mio posto – un posto molto in basso, ne convengo – forse mi vorrà favorire qualche informazione sulla letteratura involata. — Non ho informazioni da darle – la ragazza si appoggiò all'indietro sulla seggiola, guardandolo con interesse. – Il libro c'era alle due e alle due e mezzo non c'era piú. Può darsi che ci siano delle impronte digitali sullo scaffale, ma ne dubito, poiché paghiamo tre donne apposta per toglierle. — Ma chi è Metaxas? Ella tentennò leggermente la testa. — Ecco perché ho espresso la mia meraviglia che lei fosse della polizia. La mia assistente mi dice che è conosciuto a Scotland Yard. Le piacerebbe di vedere il suo libro? — Ha scritto un libro? – domandò d**k, sinceramente stupito. La ragazza si alzò, uscí dalla stanza e ritornò un minuto dopo recando in mano un volumetto con una semplice rilegatura di cartone. d**k lo prese e ne lesse il titolo: Nuove teorie sulla biologia costruttiva di Antonio Metaxas. Sfogliò qualche pagina di stampa fittissima, interrotta molto spesso da diagrammi e tavole statistiche. — Perché è conosciuto alla polizia? – domandò. –Non sapevo che fosse un delitto scrivere un libro. — È un delitto – ribatté ella con enfasi. – Sebbene non venga sempre punito come tale. A quanto sembra la giustizia non accusava il signor Metaxas di essere un autore, ma di praticare la vivisezione o qualcosa di ugualmente orribile. — Di che tratta il suo libro? – domandò d**k restituendolo. — Degli esseri umani – rispose ella solennemente. – Esseri come lei e come me: e di quanto sarebbero piú felici, se invece di essere allevati fra le mollezze, fosse loro permesso di correre liberamente per i boschi, e di cibarsi unicamente di noci. — Oh, roba vegetariana! – esclamò d**k sprezzante. — Non precisamente vegetariana. Ma forse le piacerebbe di abbonarsi per leggerlo da sé. E a un tratto abbandonò il suo tono scherzoso. — La verità è, signor... – dette una nuova occhiata al biglietto – signor Martin, che la perdita del volume di Haeckel non ci preoccupa affatto. Lo abbiamo già sostituito con una nuova copia e se il segretario non fosse stato un grullo, non avrebbe sporto nessuna denunzia. La prego peraltro – soggiunse alzando il dito – di non ripetere la mia opinione al segretario, se mai avrà occasione di conoscerlo. E ora la prego di raccontarmi qualcosa che serva a farmi venire i brividi. È la prima volta che ho la fortuna di avvicinare un agente e potrebbe anche essere l'ultima. Dick posò il libro e si raddrizzò in tutta la sua alta statura. — Signorina – disse – non ho avuto il coraggio di chiedere il suo nome, e merito tutti i rimproveri che mi ha rivolto; ma sia generosa quanto è forte; mi dica dove abita questo Metaxas. Ella riprese in mano il libro e l'aprí alla prefazione — Alle «Forche». Un nome abbastanza macabro, non le pare? È nel Sussex. — Sí, questo lo so leggere anche da me – osservò d**k leggermente esasperato. La ragazza si mostrò subito pentita. — È che, vede, non siamo abituate a degli episodi cosí emozionanti e la visita della polizia ci va subito alla testa. Credo proprio che non valga la pena di confondersi col libro, ma immagino che la mia opinione non conti. — C'è stato nessun altro, oltre Metaxas? Ella gli mostrò una lista di quattro nomi. — Tolto Metaxas non credo che nessuno di questi sia sospettabile. Gli altri tre sono studiosi i quali non si occupano che di ricerche storiche e certo non s'interessano affatto di biologia. Se ci fossi stata io il furto non sarebbe avvenuto, perché sono molto osservatrice per natura. S'interruppe bruscamente, posando gli occhi sulla tavola. Il libro che pochi secondi prima vi era posato sopra, era sparito. — L'ha preso lei? – domandò. — Mi ha visto? – la sfidò d**k. — Non l'ho vista proprio. Giurerei che un secondo fa era qui sopra. — Mi piacciono le persone osservatrici. — Ma come ha fatto? – domandò la ragazza stupita. – Ci tenevo sopra la mano e ho alzato gli occhi appena per un secondo. — Uno di questi giorni verrò a insegnarle – disse d**k con portentosa gravità. Era già nella strada quando si ricordò che con tutta la sua scaltrezza non era riuscito a sapere il nome di quella capacissima signorina. Sibilla Lansdown si avvicinò alla finestra che dava sulla piazza e gli tenne dietro con lo sguardo finché lo poté vedere. Un mezzo sorriso le sfiorava le labbra e un lampo di trionfo le brillava negli occhi. Il suo primo impulso verso di lui era stato quello di una profonda antipatia: non poteva soffrire gli uomini cosí pieni di sé. Eppure forse sbagliava; chissà se lo avrebbe mai piú rivisto? Gente divertente nel mondo ce n'è ben poca, e le sembrava – prese di nuovo in mano il biglietto – che il vice-ispettore d**k Martin avrebbe potuto essere proprio molto divertente.
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