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Tra le braccia dei suoi amanti

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Dopo essere stata incastrata per un crimine che non ha commesso, Jessica si offre volontaria per il Programma Spose Interstellari per evitare una lunga condanna. Viene assegnata a un principe, l’erede al trono del potente pianeta Prillon, ma il suo abbinamento viene rifiutato dall’attuale leader di Prillon e il futuro di Jessica si fa incerto.    Quando suo padre prova a bandirlo e a negargli il diritto di avere una compagna, il Principe Nial decide di prendere la situazione in mano. Accompagnato da un guerriero temprato dalla battaglia che si offre volontario come suo secondo, il Principe parte per la Terra per prendersi quello che è suo. Ma, al suo arrivo, scopre presto che gli stessi orribili nemici che l’avevano catturato in passato adesso sono sulle tracce della sua compagna.    Jessica, pur credendo di essere stata rifiutata da un compagno che non ha mai visto in vita sua, fa comunque del proprio meglio per concentrarsi sulla sua pericolosa missione: distruggere gli uomini che l’hanno incastrata. Ma non ci vuole molto perché il suo mondo venga capovolto: due alieni enormi e bellissimi la informano che lei è la loro compagna, e che sono giunti sulla Terra per rivendicarla.        Jessica non è pronta a sottomettersi docilmente, ma presto impara che i suoi compagni pretendono la sua obbedienza, e che ogni segno di sfida verrà punito con un’imbarazzante sculacciata. Nonostante la sua furia di fronte a tale trattamento, Jessica non può nascondere la sua eccitazione, mentre viene denudata e completamente soggiogata dai suoi guerrieri feroci e dominatori. Ma quando il Principe Nial viene costretto a difendere il suo diritto di nascita, riuscirà Jessica ad aiutarlo, anche se ciò vorrà dire lasciare che l’intero pianeta si faccia testimone dei momenti trascorsi tra le braccia dei suoi amanti? 

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Capitolo 1
1 Jessica Smith, Centro Elaborazione Spose Interstellari, Terra Il profumo oscuro e muschiato della pelle del mio amante mi invase i sensi, mentre premevo la faccia contro la curva del suo collo. Ero bendata, ma lo conoscevo bene. Non avevo bisogno della vista per sapere che era mio. Riconoscevo il suo tocco. Riconoscevo i suoi capelli che mi scivolavano soffici sotto la punta delle dita e la sensazione del suo enorme cazzo che mi allargava, mentre mi scopava con forza. Riconoscevo la forza delle sue braccia, mentre mi sollevavano per i fianchi e posizionavano il mio nucleo bagnato sopra di lui; sapevo che lo avrei preso fino in fondo e avrei gridato il suo nome quando finalmente mi avrebbe concesso di avere il sollievo che tanto bramavo. Avvinghiai le gambe attorno ai suoi fianchi e gettai la testa all’indietro, mentre venivo riempita completamente. Era alto e forte, un vero guerriero. Mi sollevava su e giù, e poi mi rilasciava facendomi scivolare sopra il suo bastone. Un altro paio di mani – il tocco gentile del mio compagno – mi accarezzò il collare che avevo attorno alla gola. Conoscevo bene il tocco delle sue mani, sapevo quanto potesse essere tenero e gentile, ed esigente e indistruttibile l’attimo successivo. Sapevo che la vista della mia figa ben aperta e del mio culo era una delizia per loro. Il suo desiderio mi si accese nella mente attraverso il legame psichico fornito dal collare. Ma quello che mi faceva veramente impazzire era il calore umido che aumentava in mezzo alle mie gambe, mentre il mio primo compagno mi martellava a fondo. Lo strinsi con i muscoli interni, il suo bisogno reso evidente dall’urgenza dei suoi colpi selvaggi. Riuscivo a percepire le loro emozioni e i loro desideri fisici, la connessione forgiata dai collari che tutti e tre indossavamo era profonda e del tutto incustodita. Non c’erano menzogne, non si rinnegavano la lussuria, i bisogni, i desideri. C’erano solo la verità, e l’amore, e il piacere. Così tanto piacere. “Accetti la mia rivendicazione, compagna? Ti concedi liberamente a me e al mio secondo, o desideri accettare un altro compagno primario?” La voce profonda esigeva una risposta. Mi mandò un brivido di piacere lungo la pelle, la mia figa si contrasse attorno al suo cazzo con una forza brutale. Il mio compagno ringhiò di bisogno e mi morsi il labbro per trattenere un sorriso soddisfatto. Il mio primo compagno aveva il diritto di rivendicare la mia figa fino a quando non sarei rimasta incinta… ma il mio secondo? Lui doveva aspettare, assicurandosi pazientemente che il mio corpo fosse pronto per essere riempito da entrambi allo stesso momento. Senza voler aspettare una risposta, il mio secondo compagno mi baciò sulle spalle. Una mano mi massaggiava il culo, pericolosamente vicina a quel luogo oscuro che avrebbe voluto fare suo. L’altra mano era avvinghiata al mio collo, una presa gentile che mi faceva sentire indifesa, debole, completamente alla loro mercé. “Vuoi che ti scopiamo entrambi, amore mio? Oppure no?” La mia figa si contrasse di nuovo e il mio primo compagno imprecò, impalandomi col suo cazzo con un’intensità determinata che ero giunta a bramare. “Sì, accetto la vostra rivendicazione, guerrieri.” Quelle parole formali mi scivolarono dalle labbra con un sospiro, scossi i fianchi per strusciare il clitoride contro il corpo del mio compagno, mentre offrivo il culo al mio secondo. “Vi voglio entrambi. Vi voglio adesso.” Le parole mi esplosero dalla gola, ma non erano mie. Non avevo controllo sulla donna con la quale condividevo i sensi, potevo solo guardare, ascoltare… e sentire. Il mio primo compagno si fermò sotto di me e io emisi un gemito, quando mi furono negati i feroci colpi del suo cazzo dentro la mia figa smaniosa. “Ti rivendico ufficialmente. Tu sei mia, e io ucciderò qualunque altro guerriero osi toccarti.” Non mi importava di chi volesse ammazzare, volevo solo che mi facesse sua per sempre. Il mio secondo compagno continuò a baciarmi riscendendo lungo la mia spina dorsale. Le sue parole non facevano parte del rituale, erano per me. Solo e soltanto per me. “Tu sei mia, compagna. Ucciderò qualunque guerriero osi guardarti.” E, dopo quella frase, infilò lentamente un dito cosparso d’olio nella mia entrata posteriore e mi fece gridare. La nostra prima volta sarebbe stata veloce, perché la nostra passione bruciava troppo intensamente per poter essere rimandata ulteriormente. Volevo che mi scopassero, che mi riempissero con il loro seme. E poi, li volevo nei nostri alloggi, nudi e da soli. Volevo prendermi il mio tempo con loro. Volevo massaggiare i loro corpi, scoparli e assaporarli ed esplorarli fino a quando i nostri profumi non si fossero fusi assieme, fino a quando il mio corpo non fosse stato troppo dolorante per poter continuare a godere. Quel pensiero mi fece ritornare in me, e capii che i tre amanti non erano da soli nella stanza. Delle voci maschili riempivano i bordi della mia percezione con un canto soffice. Ero così concentrata sui miei compagni che le avevo completamente ignorate, almeno fino ad ora, quando le voci combinate aumentarono fino a riempire la stanza. “Possano gli dei proteggerti e assisterti.” Quando il mio secondo compagno sfilò il dito dalla mia entrata posteriore e puntò la punta del suo cazzo contro il mio buco vergine, tutti gli altri furono completamente dimenticati. Quando spinse in avanti e mi allargò… sempre di più… sempre di più, quando due cazzi mi riempirono, seppi di essere stata reclamata per davvero. “Signorina Smith.” No. Questa non era la voce dei miei compagni. La scacciai via mentalmente. “Signorina Smith.” Di nuovo quella voce. Era la voce di una donna, ed era severa. “Jessica Smith!” Mi spaventai. La mia mente fu trascinata via dai due uomini che mi circondavano per… no, no, non c’era nessun uomo attorno a me. Mi trovavo nella stanza elaborazione. Non avevo un cazzo nel culo, né nella figa. Non c’erano due corpi tonici che mi circondavano. Non potevo sentire il loro calore o inspirare il loro potente odore. Il loro collare non mi pesava attorno alla gola. Aprii gli occhi sbattendo le palpebre. Una volta, due. Oh, già. La Custode Egara. Quella donna rigida e formale incombeva su di me. “I test sono completi, e l’abbinamento ha avuto successo.” Mi leccai le labbra, erano secche. Provai a calmarmi. Avevo il cuore che mi batteva a mille. Potevo ancora sentire gli uomini, ma la sensazione stava svanendo velocemente. Volevo allungare le mani e afferrarli, trattenerli a costo della vita. Era la prima volta che mi sentivo protetta e al sicuro, amata e desiderata. E non erano nemmeno i miei uomini. Risi e la Custode alzò un sopracciglio. L’unica volta in cui mi ero sentita al sicuro era stato in un sogno. La realtà… la realtà era una stronza. “È finita?” chiesi. Avevo la voce un po’ rauca, come se avessi urlato di piacere mentre stavo sognando. Dio, spero di no. Era come russare con un nuovo amante, ma peggio. Parecchio peggio. La Custode doveva essere soddisfatta di qualunque cosa mi avesse scorto in viso, perché annuì e si sedette al suo tavolo. Lei si sistemava su una semplice sedia di metallo, e io ero ancora legata alla sedia per i test, indossando solamente un camice da ospedale con il loro del Programma Spose Interstellari che si ripeteva su tutto il tessuto grigio. Guardai in basso. Attraverso il tessuto sottile riuscivo a vedermi i capezzoli, duri ed eretti. Senza dubbio poteva vederli anche la Custode, ma non disse nulla. “Per il verbale. Il suo nome, per favore.” “Jessica Smith.” Mi contorsi sulla sedia e mi accorsi che la vestaglia sotto di me era zuppa. “Signorina Smith, è o è mai stata sposata?” “No.” “Ha figli?” “Conosce già la risposta.” “Sì, ma è necessario compilare il verbale prima del trasporto. Per favore risponda alla domanda.” “No, non ho figli.” Toccò lo schermò un po’ di volte senza guardarmi. “Signorina Smith, sono tenuta a informarla che avrà trenta giorni per accettare o rifiutare il compagno scelto per lei dai nostri protocolli di abbinamento.” Mi guardò. “Lei è la terza donna della Terra ad essere stata abbinata a questo pianeta. Mhmm.” Avevo i miei dubbi riguardo ai test e all’essere stata abbinata con successo. Sulla Terra non avevo trovato nemmeno un uomo che mi interessasse, e quindi mi deprimeva un po’ il doverne cercare uno per tutto l’universo. Ma perché poi nel sogno durante il test c’erano due uomini? C’era qualcosa di sbagliato in me, se avevo avuto tale sogno? Certo, il mio compagno non sarebbe stato entusiasta nel sapere che facevo dei sogni perversi dove lui non era il solo. “Anche non fosse soddisfatta del suo compagno, non potrà tornare sulla Terra. Potrà richiedere un nuovo compagno primario dopo trenta giorni… ma sempre su Prillon Prime. Potrà continuare con questo processo fino a quando non troverà un compagno che la soddisfi.” “Prillon Prime?” Non l’avevo mai sentito nominare, ma non voleva dire niente. Non avevo mai sentito nominare la maggior parte degli altri pianeti, né sapevo niente delle razze che li abitavano. Ero stata troppo occupata col mio lavoro, con la mia vita sulla Terra, per poter pensare alla vita nello spazio. Ma tutto era cambiato abbastanza velocemente, cazzo. “Mi sento come una prigioniera. Perché sono ancora legata?” Piegai i polsi e strinsi le mani. “Come lei sa, la maggior parte delle volontarie sono prigioniere.” “Quindi non sono esattamente delle volontarie,” ribattei. Contrasse le labbra. “Non starò qui a discutere di semantica, signorina Smith. Ma con la sua esperienza militare deve essere conscia del fatto che, ogni tanto, una persona viene legata per il suo stesso bene. Durante questi test, le donne spesso diventano… irrequiete. Dobbiamo garantire la sua sicurezza.” “E ora?” chiesi. Mi guardò i pugni. “Ora è per tenerla ferma per tutte le preparazioni e le modifiche corporali che potrebbero essere necessarie prima del trasferimento.” “Modifiche corporali? Custode, mi sleghi subito.” Sentii io stessa il tono severo della mia voce, e speravo si accorgesse che non stavo cazzeggiando. Non si mosse. “Non si preoccupi, sarà addormentata quando tutto accadrà. Ha già firmato i documenti e l’abbinamento è già avvenuto. E quindi, lei ora non è più una cittadina della Terra, signorina Smith, ma una sposa guerriera di Prillon Prime e, in quanto tale, deve sottostare alle leggi e alle usanze del suo nuovo pianeta.” “Incluso essere legata?” Inclinò la testa da un lato. “Se questo è quello che il suo compagno desidera.” “Non voglio essere abbinata a un uomo che mi lega!” “Jessica, lei è stata abbinata a un feroce guerriero di quel mondo. Dovrebbe essere fiera di sottomettersi a lui.” “Lei pensa che solo perché lui è un soldato allora dovrei inchinarmi ai suoi piedi? E io cos’ero allora? Ho combattuto. Ho ucciso.” La Custode si alzò e girò attorno al tavolo. “Lo so. Ma, a volte, per le donne forti come lei è estremamente difficile trovare un maschio abbastanza forte da poter gestire i suoi… ehm… bisogni.” Cazzo, era arrossita? La riservatissima Custode era diventata rossa. A cosa diavolo si riferiva? “Jessica, si ricordi che anche lui è stato abbinato a lei. Di qualunque cosa lei abbia bisogno, lui gliela darà. È il suo dovere e il suo compito e, cosa ancora più importante, il suo privilegio.” Sorrise, aveva lo sguardo assorto. “Non si dovrà più nascondere. Lo contrasterà, lo so, ma le prometto che lui varrà il prezzo che lei deve pagare.” “Che prezzo?” Dove diavolo mi stava mandando? Non avevo acconsentito a farmi dominare da nessuno. La figa mi si contraeva ripensando alla forza delle mani che mi avvolgevano la gola durante la simulazione, ma dovevo ancora incontrare un uomo forte abbastanza da piegare la mia volontà. Dubitavo che un uomo del genere esistesse. “Arrendersi,” disse, e mentre lo diceva premette un bottone vicino alla gamba della mia sedia e un’apertura blu apparve sul lato del muro. Ero ancora ben legata, e non potevo fare niente, mentre un ago lungo e largo fece la sua comparsa. Provai a contorcermi, a lottare, ma non potevo muovermi. L’ago era attaccato a un lungo braccio metallico che usciva dal muro. “Non opponga resistenza, Jessica. Non le verrà fatto del male. Il congegno le impianterà dei neuroprocessori permanenti.” L’ago mi penetrò la tempia con un pizzicore, ma niente di più. Un altro uscì dal muro opposto e ripeté la medesima azione sull’altra tempia. Non mi sentivo diversa, e feci un respiro profondo. La sedia si abbassò, come quella di un dentista, e mi posizionò dentro a un bagno caldo di qualche tipo. Ero circondata da una luce blu. “Jessica Smith, quando si sveglierà il suo corpo sarà pronto per Prillon Prime, così da rispettare le loro usanze e le richieste del suo compagno. Lui sarà lì ad aspettarla.” Diceva queste cose meccanicamente, come se dovesse ripeterle ancora e ancora. Prillon Prime. “Ora?” “Sì, ora.” La voce smussata della Custode Egara fu l’ultima cosa che sentii al di sopra del lieve ronzio delle luci e dell’attrezzatura elettrica. “Il procedimento inizierà tra tre… due…” Mi irrigidii, aspettando che finisse il conto alla rovescia, ma una luce rossa cominciò a lampeggiare sopra di me e lei voltò di scatto la testa per guardare a uno schermo che non riuscivo a vedere. “No. Non può essere corretto.” Il suo cipiglio divenne un’espressione scioccata, poi confusa, il tutto mentre io aspettavo in quel cavolo di bagno bluastro, nuda – quando mi avevano denudata, e dov’era finita la mia vestaglia? – e sentendomi quasi ubriaca. “Che succede?” “Non lo so, Jessica. Non è mai successo prima.” Guardò arrabbiata il tablet che aveva in mano, le sue dita volteggiavano sullo schermo come se stesse scrivendo un messaggio lunghissimo e complicatissimo. “Che c’è?” Scosse la testa, gli occhi confusi. “Prillon Prima ha rifiutato il suo trasporto.” Che diavolo voleva dire? Rifiutato il trasporto? Che cavolo volevano, che prendessi una navicella spaziale? Il trasporto si era rotto, o se n’era andata la corrente? “Non capisco.” “Nemmeno io. Hanno terminato il protocollo. Non accetteranno il tuo arrivo, o il tuo diritto di reclamare il tuo compagno.”

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