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Blurb

Ognuno di noi ha vissuto qualcosa che ci ha cambiati, proprio come Abby, che dopo anni di sofferenza, delusioni e un cuore spezzato, decide di andare avanti. Finalmente si apprezza per quella che è, compresi difetti.

Si promette di non affezionarsi a nessuno dal momento che nel suo passato si sono presi tutti gioco di lei e dei suoi sentimenti. Ma Brooklyn, un ragazzo dal carattere forte e determinato non solo le stravolgerà ciò che ha programmato, ma le farà cambiare anche idea.

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1.
Quando ero piccola tutto andava per il meglio. La mia vita era perfetta e per una bambina come me si poteva definire anche una favola. Avevo i capelli lunghi e castani, due occhioni del medesimo colore e due guanciotte rosse. Anche se non ero di una bellezza particolare mi dicevano spesso che assomigliavo alla mia mamma, e ogni volta il mio petto si gonfiava si orgoglio. Avevo tutto ciò che una bambina potesse desiderare. Una famiglia unita e tanti amici, mi sentivo felice. Ma un giorno, accadde ciò che nessuno si aspettava. La perdita della donna più importante della mia vita portata via da una stupida e dolorosa malattia scoperta troppo tardi. E si sa: quando si perde qualcuno di veramente importante dopo non si è più li stessi. E così fu sia per me che per mio padre. Fummo costretti a lasciare quella casa che per me aveva significato tanto. Il posto dove avevo trascorso la mia fantastica infanzia, l'unico posto che mi ricordava un pó la mia mamma. Ma ormai lei viveva solo nei nostri ricordi e nel nostro cuore, e da lì non se ne sarebbe mai andata. Mio padre si attaccò maggiormente a me, mi aveva promesso che nessuno mi avrebbe mai fatta soffrire, mai più. E io ci avevo creduto. In fondo, per un attimo di felicità credi sempre a tutto. Ma non fu così, per quanto mio padre era sempre al mio fianco non andò tutto per il meglio. Mi portavano da uno psicologo all'altro, mio padre era preoccupato per me: non mangiavo, non dormivo, volevo stare sola, a volte mi trovava sola a parlare con la mamma, gli dicevo. Ma cosa si poteva aspettare da una bambina di soli sei anni che perde la propria mamma? Il suo punto di riferimento? Ed ecco, dieci anni dopo, ancora qui ma non più la stessa. La vita non è più entusiasmante come una volta. Ho passato questi ultimi anni a trascrivere le mie emozioni su un pezzo di carta, dicevano che mi avrebbe fatta sentire meglio. Ho raccontato giorno per giorno, come è stata schifosa la mia adolescenza, eppure c'è chi li chiama "gli anni più belli della nostra vita" . Ho sentito dire che siamo il risultato di ciò che ci è stato fatto, e lo credo davvero. Io sono il risultato di anni di offese, cuori spezzati, sogni infranti. Mi hanno pestata e calpestata, hanno approfittato della mia fragilità, mi hanno usata e hanno fatto finta di amarmi. E forse li devo ringraziare, senza di loro, oggi non sarei quel che sono. Forse non sono perfetta, ma ora quando mi guardo vedo una Abby che si piace e non quella di una volta. Non sono timida, forse un tempo lo ero, ora non più. Sono ribelle, curiosa, pasticciona e solare, solo con chi si merita la mia parte migliore però. Mio padre è diventato un grande uomo, non conosco persona più forte e coraggiosa di lui. Appoggio il mio amato libro sulle mie coperte morbide e guardo fuori dalla finestra, non è paragonabile al parco che guardavo da piccola pieno di bimbi, ma anche le ville stratosferiche non sono male. Incuriosita da una finestra aperta proprio davanti alla mia mi sporgo lievemente per vedere meglio. Appoggiato ad essa c'è un ragazzo di spalle, con la schiena scoperta e muscolosa che fuma. Ha i capelli scuri e disordinati. Ma troppo concentrata a fissarlo non mi accorgo dello spigolo della finestra che va a conficcarsi sulla mia spalla. Lascio un lamento di dolore che attira la sua attenzione e lo fa voltare nella mia direzione. Schiaccio la testa sul cuscino e arrossisco fino alla punta dei capelli. Come se non mi bastasse la figuraccia appena fatta, rialzo leggermente la testa per controllare se c'è ancora e lo sorprendo a guardare nella mia direzione. Per via della luce non riesco a capire di che colore sono i suoi occhi. "Abby! Che ci fai ancora coricata? Sbrigati che per il primo giorno ti accompagno io!" esclama mio padre spalancando la porta di camera mia. Fortunatamente ero già pronta, solo che quel libro attirava la mia attenzione e avevo deciso di leggerne almeno un altro capitolo. Che ovviamente si sono trasformato in venti. Mi metto lo zaino in spalla, prendo il mio telefono e assieme a mio padre usciamo di casa. Cammino a passi svelti dentro a quell'edificio senza badare troppo alle occhiate che vari studenti mi lanciano. Fortunatamente quando ieri mio padre è venuto a iscrivermi ha preso anche la mia tabella delle lezioni risparmiandomi la fatica. Mi sarei persa sicuramente. Dopo dieci minuti buoni riesco a trovare la mia classe che si trovava al piano terra per giunta, entro dentro all'aula e come il mio solito occupo un banco in fondo. Ci sono pochi ragazzi, ma non sembrano essere molto socievoli, spero solo di non aver nessun tipo di scontro con una di quelle ragazze snob, ne ho avuto fino alla nausea. "Hey ragazzina, non hai visto il mio zaino qui sopra? Questo posto è mio" mi dice una voce maschile alle mie spalle. Mi volto di scatto e mi alzo, tenendo stretta la mia borsa. Effettivamente c'è il suo zaino, solo che non ci avevo fatto caso. "Aspetta, ma tu sei la stessa che questa mattina mi spiava!" esclama poi dopo avermi fissata a lungo, scoppiando a ridere. "Io non ti stavo spiando! E poi, perché stai ridendo?" gli domando leggermente irritata per la sua reazione. Ora che lo guardo meglio noto che ha degli occhi scuri, simile al colore dei capelli, e le labbra carnose. "Se volevi passare inosservata sappi che non ci sei riuscita, sei proprio imbranata" risponde passandosi una mano fra i capelli, scompigliandoli maggiormente. Boccheggio offesa e senza aggiungere altro lo sorpasso e mi siedo nel banco davanti, dandogli le spalle. Eppure sembra dimostrare più anni di sedici, magari è solo una mia impressione. Smetto di pensarci e cerco di concentrarmi sulla lezione che la professoressa ha appena iniziato. Ho cercato di stare attenta il più possibile, mi ci vorrà del tempo per adattarmi non solo alla scuola, ai ritmi differenti, ma anche a tutto il resto. All'ora di pranzo mi siedo su un tavolo che rimane in disparte rispetto agli altri e consumo in pace e tranquillità il mio panino. "Bambolina sta attenta, ho appena visto un insetto dentro al tuo sandwich" mi dice quella voce fastidiosa seguita da altre risate. Per un momento grano gli occhi, ma quando mi accorgo che è solo uno scherzo, sbuffo e torno a mangiare. "Sai, oltre che essere maleducato, irrispettoso e irritante, sei anche poco originale" gli dico bevendo un sorso della mia bibita. "Vuoi aggiungere un altro aggettivo dispregiativo, o sei apposto così?" mi domanda con uno stupido ghigno sulla faccia. "Si, petulante" rispondo, alzandomi dal tavolo. Raccolgo le mie cose e dopo aver buttato al cestino le cartacce esco fuori, sentendomi già un pó più libera. "É così che fai nuove amicizie?" mi domanda imperterrito, sospiro sonoramente e continuo a camminare senza segnarlo di uno sguardo. "Punto primo: non voglio fare amicizia con te, o per lo meno, preferisco essere amica di persone più intelligenti di te. Punto secondo: perché mi segui?" gli dico nervosa, inarcando un sopracciglio. "Non puoi dire che non sono intelligente basandoti solo su un innocuo scherzo. E poi non ti sto seguendo, se non ricordi abito proprio nella casa accanto alla tua! E tra l'altro non è mia intenzione essere tuo amico, non sono tipo da fare amicizia con le ragazze. Era solo una domanda" mi dice facendo spalluce. "Oh ora ho capito, in effetti hai la faccia di uno che se ne porta a letto cinque o sei al giorno. E comunque perché mi parli allora? Non mi piacciono le persone che cercano di infastidirmi" gli dico. "Sai che sei davvero antipatica?" mi dice incrociando le braccia al petto. "Si lo so, non sei il primo che me lo dice. Preferisco essere antipatica che ingenua però" rispondo prima di entrare in casa. Mio padre sarà sicuramente a lavoro, perciò ne approfitto e dopo essermi cambiata con dei vestiti più comodi esco un pó a correre. Infilo gli auricolari e avvio la riproduzione casuale, percorrendo le strade dietro a casa meno trafficate. Essendoci da poco non ho avuto il tempo di visitare la città, anche se Los Angeles è da togliere il fiato. La mattina seguente sono costretta ad andare a scuola a piedi, mio padre dice che devo sbrigarmi a fare la patente e forse un pó ha ragione. Ero ormai quasi arrivata quando qualcuno decide di giocare con la poca pazienza che ho, bagnandomi dalla testa ai piedi con l'acqua sporca di una pozzanghera che si trovava poco distante da me. "Hey tu! Torna indietro!" urlo in preda ad una crisi isterica, chi mi vede può scambiarmi benissimo come una pazza, ma poco mi importa in questo momento. "Bambolina perché urli?" mi chiede una voce che pur avendola sentita poche volte la riconoscerei già fra tutte. "Senti, non sono per niente in vena di scherzi perciò lasciami in pace" ringhio tornando indietro. Non posso certo andare a scuola conciata in questo modo. "Quanto sei aggressiva! Sai volevo darti un passaggio visto che fra cinque minuti la campanella suona, ma fa come vuoi" mi dice scrollando le spalle. "Infatti sto tornando a casa visto che qualcuno ha avuto la fantastica idea di bagnarmi!" rispondo con lo stesso tono, voltandomi di spalle. "A scuola ci sono degli spogliatoi, puoi sempre cambiarti li, ci sono tante ragazze che hanno dei cambi negli armadietti" mi dice tornando indietro, leggermente chino per potermi guardare un faccia. "Su spara, con chi hai scommesso su di me? Magari insisti tanto per darmi un passaggio cosicché puoi portarmi in un posto isolato e violentarmi" gli dico appoggiandomi al bordo del finestrino. "Cosa? Non ho scommesso con nessuno, da dove ti vengono certe idee? Si sta facendo tardi, o sali o me ne vado" mi dice portando lo sguardo sulla strada. "Sicuro che non ti vuoi approfittare di me?" gli domando aprendo la portiera. "Certo! Sei strana forte" mi dice guardandomi mentre mi siedo sul sedile accanto al suo. "Meglio assicurarsi, sta mattina sul libro che leggevo il ragazzo è in questo modo che ha rapito la ragazza e l'ha violentata" rispondo con tranquillità. Ridacchia leggermente senza distogliere lo sguardo dalla strada. Oggi indossa un maglioncino nero, con il logo della nike su un lato. "Comunque è molto carino quel pigiama rosa che indossavi ieri notte, con gli orsetti sui bordi.." mi dice guardandomi con la coda dell'occhio. "Cosa? Poi sono io che ti spio, maniaco" esclamo coprendomi la faccia, è alquanto imbarazzante considerando che quel pigiama è abbastanza intimo. "Non è colpa mia se tieni sempre la finestra aperta, non hai freddo la notte?" mi domanda stranito. Sorrido al pensiero di mia mamma. Quando ero piccola stavo sempre stesa sul suo lettone davanti alla sua grande finestra e contavo le stelle assieme a lei. Da quel giorno l'ho sempre tenuta aperta, è come se potessi sentirmi più vicina a lei. "No, e poi non è un motivo valido per guardare" ribatto incrociando le braccia al petto. "Potrei dirti la stessa cosa" mi dice con quel suo ghigno insopportabile. Non appena arriviamo a scuola, mi precipito fuori dalla sua macchina. "Prego!" grida alzando gli occhi al cielo. Vengo però incuriosita da un'auto molto simile a quella che poco fa è passata sulla pozzanghera e mi ha bagnata. "Di chi è questa macchina?" chiedo attirando l'attenzione di un gruppo di ragazzi poco distanti da me. Mi guardano confusi come se fossi un'aliena. "La mia" dice una ragazza avanzando verso di me. "Bene, guarda cosa hai combinato ai miei vestiti! Credo che delle scuse siano il minimo visto che non ti ho fatto nulla per meritarmi ciò" le dico con tono duro. "Senti, non ti ho proprio vista! Non so neanche chi tu sia. Non avrei motivo di sporcarti, ho preso da poco la patente e non sono molto brava.. Ecco" mi dice sospirando. "Se è così posso passarci sopra" dico notando la sua espressione che sembra credibile, non sono una che si fida a primo impatto delle persone. "Dentro ho un cambio, lo uso per educazione fisica solitamente, se vuoi posso prestarti qualcosa.." mi dice guardandomi con i suoi occhi azzurri. All'interno della scuola. "Comunque io sono Kiley" mi tende la mano che stringo ancora insicura. "Abby" le sorrido lievemente. "Ti ho vista arrivare con Brooklyn, sei la sua nuova ragazza?" mi domanda porgendomi dei vestiti piegati con cura. "Chi? Oh no, è solo il mio vicino di casa" rispondo subito dopo aver capito a chi si riferiva, almeno ora so il suo nome. "Beata te che hai un figo del genere come vicino, io ho solo vecchietti che si lamentano per la musica troppo alta e mi avvelenano il gatto" borbotta. "Grazie per i vestiti, allora... Ci vediamo" le dico sparendo dentro ad un bagno, infilo quelli sporchi dentro allo zaino e mi cambio con quelli che mi ha datto Kiley. Sono dei semplici leggins neri e una maglietta bianca e nera, ma nel complesso mi stanno abbastanza bene e sono comodi. Raggiungo la classe dove si terrà la prossima lezione e cerco di concentrarmi. Quel ragazzo riesce ad attirare la mia attenzione anche quando non vorrei. Sta dormendo sul banco con la testa fra le braccia e le labbra mezzo aperte, mi chiedo perché venga a scuola se neanche segue le parole del professore. Sospiro e torno ad ascoltare, pronta a prendere appunti.

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