Capitolo 5-2

2361 Words
- Col vostro permesso v’offro la mia sciabola, capitano; io so adoperare quei lunghi coltelli. Il bravo marinaio porse al Corsaro la propria sciabola, poi tornò indietro e andò a raccogliere la navaja di uno dei biscaglini, arma formidabile anche in mano sua. Il drappello s’avvicinava a grandi passi. Forse aveva udito le grida dei combattenti ed il cozzare delle armi e s’affrettava ad accorrere. I filibustieri, preceduti da Moko, si misero a correre tenendosi presso i muri delle case; percorsi circa centocinquanta passi, udirono il passo cadenzato di un altra pattuglia. - Tuoni! - esclamò Carmaux. - Stiamo per essere presi in mezzo. Il Corsaro Nero s’era arrestato, impugnando la corta sciabola del filibustiere. - Che siamo stati traditi?... - mormorò. - Capitano, - disse l’africano. - Vedo otto uomini armati di alabarde e di moschettoni avanzarsi verso di noi. - Amici, - disse il Corsaro, - qui si tratta di vendere cara la vita. - Comandate che cosa si deve fare e noi siamo pronti - risposero il filibustiere ed il n***o, con voce decisa. - Moko! - Padrone! - Affido a te l’incarico di portare a bordo il cadavere di mio fratello. Sei capace di farlo? Troverai la nostra scialuppa sulla spiaggia e ti porrai in salvo con Wan Stiller. - Sì, padrone. - Noi faremo il possibile per sbarazzarci dei nostri avversari, ma se dovessimo venire sopraffatti, Morgan sa cosa dovrà fare. Va’, porta il cadavere a bordo, poi verrai qui a vedere se siamo ancora vivi o morti. - Non so decidermi a lasciarvi, padrone; io sono forte e posso esservi di molta utilità. - Mi preme che mio fratello sia sepolto in mare come il Corsaro Verde e poi tu puoi renderci maggiori servigi recandoti a bordo della mia Folgore , che qui. - Ritornerò con dei rinforzi, signore. - Morgan verrà, sono certo di questo. Vattene: ecco la pattuglia. Il n***o non se lo fece ripetere due volte. Essendo però la via sbarrata dalle due pattuglie, si cacciò in una via laterale mettendo capo ad una muraglia che serviva di riparo ad un giardino. Il Corsaro, vistolo scomparire, si volse verso il filibustiere, dicendo: - Prepariamoci a piombare sulla pattuglia che ci sta dinanzi. Se riusciamo con un improvviso attacco ad aprirci il passo, forse potremo guadagnare la campagna e poi la foresta. Si trovavano allora sull’angolo della via. La seconda pattuglia, già scorta dal n***o, non era lontana più di trenta passi, mentre la prima non si scorgeva ancora, essendosi forse arrestata. - Teniamoci pronti, - disse il Corsaro. - Lo sono, - disse il filibustiere, che s’era nascosto dietro l’angolo della casa. Gli otto alabardieri avevano rallentato il passo come se temessero qualche sorpresa, anzi uno di loro, forse il comandante, aveva detto: - Adagio, giovanotti! Quei bricconi devono trovarsi poco lontano di certo. - Siamo in otto, signor Elvaez, - disse un soldato, - mentre il taverniere ci ha detto che i filibustieri erano solamente tre. - Ah! Furfante d’un oste! - mormorò Carmaux. - Ci ha traditi! Se mi capita fra le mani gli farò un occhiello nel ventre, e così grande da fargli uscire tutto il vino che avrà bevuto in una settimana! Il Corsaro Nero aveva alzato la sciabola pronto a scagliarsi. - Avanti!... - urlò. I due filibustieri si rovesciarono con impeto irresistibile addosso alla pattuglia che stava per svoltare l’angolo della via, vibrando colpi disperati a destra ed a manca, con rapidità fulminea. Gli alabardieri, sorpresi da quell’improvviso attacco, non poterono resistere e si gettarono chi da una parte e chi dall’altra, per sottrarsi a quella gragnuola di colpi. Quando si furono rimessi dallo stupore, il Corsaro ed il suo compagno erano già lontani. Accortisi però che avevano avuto da fare con due soli uomini, si slanciarono sulle loro tracce, urlando a squarciagola: - Fermateli! I filibustieri! I filibustieri!... Il Corsaro e Carmaux correvano alla disperata, senza però sapere dove andassero. Si erano cacciati in mezzo ad un dedalo di viuzze e voltavano ad ogni istante angoli di case senza però riuscire a guadagnare la campagna. Gli abitanti, svegliati dalle urla della pattuglia ed allarmati dalla presenza di quei formidabili scorridori del mare, così temuti in tutte le città spagnole dell’America, si erano alzati e si udivano porte e finestre aprirsi o chiudersi con fracasso, mentre qualche colpo di fucile rimbombava. La situazione dei fuggiaschi stava per diventare, da un istante all’altro, disperata; quelle grida e quegli spari potevano spargere l’allarme anche nel centro della città e fare accorrere l’intera guarnigione. - Tuoni!... - esclamava Carmaux, galoppando furiosamente. - Tutte queste grida di oche spaventate finiranno col perderci! Se non troviamo il modo di gettarci nella campagna, finiremo su una forca con una solida corda al collo. Sempre correndo, erano allora giunti all’estremità d’una viuzza la quale pareva che non avesse nessuno sbocco. - Capitano! - gridò Carmaux, che si trovava dinanzi. - Noi ci siamo cacciati in una trappola. - Che cosa vuoi dire? - chiese il Corsaro. - Che la via è chiusa. - Non vi è alcun muro da scalare? - Non vi sono che case alte assai. - Torniamo, Carmaux. Gl’inseguitori sono ancora lontani e possiamo forse trovare qualche nuova via che ci conduca fuori di città. Stava per riprendere la corsa, quando disse bruscamente: - No, Carmaux! Mi è balenata una nuova idea nel cervello. Io credo che con un po d’astuzia possiamo fare perdere le nostre tracce. Egli si era rapidamente diretto verso la casa che chiudeva la estremità di quella viuzza. Era quella una modesta abitazione a due piani, costruita parte in muratura e parte in legno, con una piccola terrazza verso la cima, adorna di vasi e di fiori. - Carmaux, - disse il Corsaro. - Aprimi questa porta. - Ci nascondiamo in questa casa? - Mi sembra il mezzo migliore per fare perdere le nostre tracce ai soldati. - Benissimo, capitano. Diventeremo proprietari senza pagare un soldo di pigione. Presa la lunga navaja , introdusse la punta nella fessura della porta e facendo forza fece saltare il chiavistello. I due filibustieri si affrettarono ad entrare, chiudendo tosto la porta, mentre i soldati passavano all’estremità della viuzza, urlando sempre a squarciagola: - Fermateli! fermateli! Brancolando fra l’oscurità, i due filibustieri giunsero ben presto ad una scala che salirono senza esitare, fermandosi solo sul pianerottolo superiore. - Bisogna vedere dove si va, - disse Carmaux, - e conoscere gli inquilini. Che brutta sorpresa per quei poveri diavoli! Estrasse un acciarino ed un pezzo di miccia da cannone e l’accese, soffiandovi sopra per ravvivare la fiamma. - To’!... Vi è una porta aperta, - disse. - E qualcuno che russa, - aggiunse il Corsaro. - Buon segno!... Colui che dorme è una persona pacifica. Il Corsaro intanto aveva aperta la porta procurando di non fare rumore ed era entrato in una stanza ammobiliata modestamente e dove si vedeva un letto che pareva occupato da una persona. Prese la miccia, accese una candela che aveva scorta su di una vecchia cassa che doveva servire da canterano, poi si avvicinò al letto ed alzò risolutamente la coperta. Un uomo occupava il posto. Era un vecchietto già calvo, rugoso, dalla pelle incartapecorita e color del mattone, con una barbetta da capra e due baffi arruffati. Dormiva così saporitamente da non accorgersi che la stanza era stata illuminata. - Non sarà certamente quest’uomo che ci darà dei fastidi, - disse il Corsaro. Lo afferrò per un braccio e lo scosse ruvidamente, però dapprima senza successo. - Bisognerà sparargli una trombonata in un orecchio - disse Carmaux. Alla terza scossa però, più vigorosa delle altre, il vecchio si decise ad aprire gli occhi. Scorgendo quei due uomini armati, si alzò rapidamente a sedere, sgranando due occhi spaventati ed esclamando con voce strozzata dal terrore: - Sono morto! - Ehi, amico! C’è del tempo a morire, - disse Carmaux. - Mi sembra anzi che ora siate più vivo di prima. - Chi siete? - chiese il Corsaro. - Un povero uomo che non ha mai fatto male a nessuno - rispose il vecchio, battendo i denti. - Noi non abbiamo intenzione di farvi del male, se risponderete a quanto vorremo sapere. - Vostra eccellenza non è dunque un ladro?... - Sono un filibustiere della Tortue. - Un fili... bu... stiere!... Allora... sono... morto!... - Vi ho detto che non vi si farà nulla di male. - Cosa volete adunque da un povero uomo come me? - Sapere innanzi tutto se siete solo in questa casa. - Sono solo, signore. - Chi abita in questi dintorni? - Dei bravi borghesi. - Che cosa fate voi? - Sono un povero uomo. - Sì, un povero uomo che possiede una casa, mentre io non ho nemmeno un letto, - disse Carmaux. - Ah!... vecchia volpe, tu hai paura per i tuoi denari!... - Non ho denari, eccellenza. Carmaux scoppiò in una risata. - Un filibustiere che diventa eccellenza!... Ma quest’uomo è il più allegro compare che io abbia mai incontrato. Il vecchio lo sbirciò di traverso, però si guardò bene dal mostrarsi offeso. - Alle corte, - disse il Corsaro, con un tono minaccioso. - Che cosa fate voi a Maracaybo? - Sono un povero notaio, signore. - Sta bene: sappi intanto che noi prendiamo alloggio nella tua casa, finché giungerà l’occasione di andarcene. Noi non ti faremo male alcuno; bada però che se ci tradisci, la tua testa lascierà il tuo collo. Mi hai compreso? - Ma che cosa volete da me? - piagnucolò il disgraziato. - Nulla per ora. Indossa le tue vesti e non mandare un grido o metteremo in esecuzione la minaccia. Il notaio si affrettò ad obbedire; era però così spaventato e tremava tanto, che Carmaux fu costretto ad aiutarlo. - Ora legherai quest’uomo, - disse il Corsaro. - Sta’ attento che non fugga. - Rispondo di lui come di me stesso, capitano. Lo legherò così bene che non potrà fare il più piccolo movimento. Mentre il filibustiere riduceva all’impotenza il vecchio, il Corsaro aveva aperta la finestra che guardava sulla viuzza, per vedere che cosa succedeva al di fuori. Pareva che le pattuglie si fossero ormai allontanate, non udendosi più le loro grida; però delle persone, svegliate da quegli allarmi, si vedevano alle finestre delle case vicine e si udivano chiacchierare ad alta voce. - Avete udito? - gridava un omaccione che mostrava un lungo archibugio. - Pare che i filibustieri abbiano tentato un colpo sulla città. - E’ impossibile, - risposero alcune voci. - Ho udito i soldati a gridare. - Sono stati messi in fuga? - Lo credo poiché non si ode più nulla. - Una bella audacia!... Entrare in città con tanti soldati che vi sono qui!... - Volevano certamente salvare il Corsaro Rosso. - Ed invece lo hanno trovato appiccato. - Che brutta sorpresa per quei ladroni!... - Speriamo che i soldati ne prendano degli altri da appiccare - disse l’uomo dell’archibugio. - Del legno ce n’è ancora per rizzare delle forche Buona notte, amici!... A domani!... - Sì, - mormorò il Corsaro. - Del legno ve n’è ancora, ma sulle nostre navi vi sono ancora tante palle da distruggere Maracaybo. Un giorno avrete mie nuove. Rinchiuse prudentemente la finestra e tornò nella stanza del notaio. Carmaux intanto aveva frugata tutta la casa ed aveva fatto man bassa nella dispensa. Il brav’uomo si era ricordato che la sera innanzi non aveva avuto tempo di cenare, ed avendo trovato un volatile ed un bel pesce arrostito che forse il povero notaio s’era serbato per la colazione, si era affrettato a mettere l’uno e l’altro a disposizione del capitano. Oltre a quei cibi, aveva scovato, in fondo ad un armadio, alcune bottiglie assai polverose, che portavano le marche dei migliori vini di Spagna: Xéres, Porto, Alicante e anche Madera. - Signore, - disse Carmaux, colla sua più bella voce, rivolgendosi verso il Corsaro, - mentre gli spagnoli corrono dietro alle nostre ombre, date un colpo di dente a questo pesce, una tinca superba di lago, ed assaggiate questo pezzo d’anitra selvatica. Ho poi scoperto certe bottiglie che il nostro notaio teneva forse per le grandi occasioni, che vi metteranno un po’ di buon umore addosso. Ah! Si vede che l’amico era amante dei liquidi d’oltre Atlantico! Sentiremo se era di buon gusto. - Grazie, - rispose il Corsaro, il quale però era ridiventato tetro. Si sedette, ma fece poco onore al pasto. Era ritornato silenzioso e triste come già lo avevano quasi sempre visto i filibustieri. Assaggiò il pesce, bevette alcuni bicchieri, poi si alzò bruscamente, mettendosi a passeggiare per la stanza. Il filibustiere invece non solo divorò il resto, ma vuotò anche un paio di bottiglie con grande disperazione del povero notaio, il quale non finiva di lagnarsi, vedendo consumare così presto quei vini che aveva fatto venire, con grandi spese, dalla lontana patria. Il marinaio però, messo di buon umore da quella bevuta, fu tanto gentile da offrirgliene un bicchiere, per fargli passare la paura provata e la rabbia che lo rodeva. - Tuoni! - esclamò. - Non credevo che la notte dovesse passare così allegramente. Trovarsi fra due fuochi e colla minaccia di terminare la vita con una solida corda al collo, e finire invece in mezzo a queste deliziose bottiglie, non era cosa da sperarsi. - Il pericolo non è però ancora passato, mio caro, - disse il Corsaro. - Chi ci assicura che domani gli spagnoli, non avendoci più trovati, non vengano a scovarci? Si sta bene qui, ma amerei meglio trovarmi a bordo della mia Folgore . - Con voi io non ho alcun timore, mio capitano; voi solo valete cento uomini. - Tu forse hai dimenticato che il Governatore di Maracaybo è una vecchia volpe e che tutto oserebbe pure di avermi in sua mano. Sai che fra me e lui si è impegnata una guerra a morte. - Nessuno sa che voi siete qui. - Si potrebbe sospettarlo e poi, hai dimenticato i biscaglini? Io credo che hanno saputo che l’uccisore di quello spaccone di conte era il fratello del povero Corsaro Rosso e del Verde. - Forse avete ragione, signore. Credete che Morgan ci manderà dei soccorsi? - Il luogotenente non è uomo da abbandonare il suo comandante nelle mani degli spagnoli. E’ un audace, un valoroso e non sarei sorpreso se tentasse di forzare il passo, per far piovere sulla città una tempesta di palle. - Sarebbe una pazzia che potrebbe pagare cara, signore. - Eh!.. Quante non ne abbiamo commesse noi, e sempre o quasi sempre con esito fortunato. Il Corsaro si sedette sorseggiando un bicchiere, poi si alzò e si diresse verso una finestra che s’apriva sul pianerottolo e che dominava l’intera viuzza. Si era messo in osservazione da una mezz’ora, quando Carmaux lo vide entrare precipitosamente nella stanza, dicendo: - E’ sicuro il n***o? - E’ un uomo fidato, comandante. - Incapace di tradirci?... - Metterei una mano sul fuoco per lui. - Egli è qui... - L’avete veduto? - Ronza nella viuzza. - Bisogna farlo salire, comandante. - E del cadavere di mio fratello, che cosa ne avrà fatto? - chiese il Corsaro, aggrottando la fronte. - Quando sarà qui lo sapremo. - Va’ a chiamarlo, ma sii prudente. Se ti scorgono non risponderei più della nostra vita. - Lasciate pensare a me, signore, - disse Carmaux, con un sorriso. - Vi domando solamente dieci minuti di tempo per diventare il notaio di Maracaybo.
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