CAPITOLO TRE

2761 Words
CAPITOLO TRE Il ristorante giapponese che aveva scelto era di quelli con piano di cottura a vista, dove grandi gruppi di persone potevano sedere al bancone e guardare gli chef cuocere il cibo proprio davanti a loro. Chloe e Moulton optarono per un tavolo in una zona più privata e tranquilla del locale. Una volta sistematisi, Chloe notò con piacere che le pareva naturale trovarsi in un luogo del genere con lui. A parte l’attrazione fisica, Moulton le era piaciuto fin dal primo momento. Era lui che aveva illuminato la sua giornata quando era stata trasferita dalla Squadra Ricerca Prove al Programma Criminali Violenti. E adesso eccolo lì, che ancora una volta rendeva più sopportabili dei momenti imbarazzanti della sua vita. Non voleva rovinare la serata, ma sapeva che se non si fosse tolta quel peso dal petto, sarebbe stato solo una distrazione. “Allora” disse Moulton aprendo il menù. “È strano che ti abbia invitata ad uscire?” “Di sicuro dipende a chi lo chiedi” disse. “Il direttore Johnson probabilmente penserebbe che non sia stata una grande idea. Ad ogni modo, a essere sincera, in realtà speravo che me lo chiedessi.” “Ah, così sei una all’antica? Non mi avresti invitato tu? Avresti aspettato che facessi io il primo passo?” “La tradizione non c’entra, c’entra piuttosto essere rimasta scottata da una relazione precedente. Immagino di potertelo anche dire, ormai. Fino a sette mesi fa, ero ufficialmente fidanzata.” Lo shock sul viso di lui fu solo momentaneo. Per fortuna, Chloe non notò paura o imbarazzo. Prima che Moulton avesse modo di commentare, arrivò la cameriera a prendere le loro ordinazioni per il bere. Entrambi scelsero rapidamente una Sapporo, in modo da non perdere tempo e tornare alla discussione. “Posso chiederti perché è finita?” chiese Moulton. “È una lunga storia. La versione breve è che lui era un arrogante e non riusciva a staccarsi dalla famiglia d’origine, in particolare dalla madre. Quando poi all’improvviso ho avuto l’opportunità di iniziare la mia carriera nell’FBI, non mi è astato affatto di sostegno. Non lo era nemmeno per i miei problemi famigliari...” In quel momento le venne in mente che Moulton probabilmente conosceva parte della storia della sua famiglia. Quando Chloe si era messa a scovare nel suo passato, verso la fine del suo addestramento, era perfettamente consapevole che un po’ tutti nell’accademia erano venuti a sapere delle voci su di lei. “Sì, ho sentito qualcosa in proposito...” Moulton non aggiunse altro. Chloe intuì che significava che sarebbe stato disposto ad ascoltarla, se avesse voluto raccontarglielo, ma che a lui stava altrettanto bene se non se la sentiva. E in quel momento, con tutto quello che aveva per la testa, Chloe pensò che era ora o mai più. Non ha senso aspettare, pensò. “Ti risparmio i dettagli per un’altra volta, ma immagino dovrei dirti che ho visto mio padre oggi.” “Quindi è libero adesso?” “Già, e credo che sia in gran parte grazie a quello che ho scoperto sulla morte di mia madre negli ultimi mesi.” A Moulton ci volle un attimo per decidere cosa dire, così prese qualche sorso di birra per guadagnare tempo, poi disse la cosa migliore che aveva da offrirle. “Stai bene?” “Credo di sì. È solo che non me l’aspettavo.” “Chloe, non dovevamo uscire per forza, stasera. Avrei capito se mi avessi chiamato per annullare l’appuntamento.” “Stavo per farlo, poi però non mi sembrava il caso di dargli il controllo anche su questa parte della mia vita.” Moulton annuì, poi entrambi presero il silenzio che seguì come il momento giusto per guardare il menù. Restarono in silenzio finché non furono raggiunti dalla stessa cameriera di prima. Una volta fatte le ordinazioni, Moulton si sporse leggermente sul tavolo e le chiese: “Ti va di parlarne, o preferisci lasciar perdere?” “Sai, credo che per ora preferisco lasciar perdere. Però non ti stupire se stasera sarò un po’ distratta.” Lui sorrise e si alzò dalla sedia. “Ma certo. Però lascia che provi qualcosa, se posso.” “Ma che...?” Moulton face un passo verso di lei, si chinò e la baciò. Inizialmente Chloe si era ritratta, non essendo sicura di cosa stesse facendo. Ma quando capì, lasciò che accadesse. Non solo, ricambiò il bacio. Fu dolce ma con abbastanza senso di urgenza da farle capire che probabilmente ci pensava almeno da quanto lei. Prima che la situazione si facesse imbarazzante, Moulton interruppe il bacio; del resto si trovavano in un ristorante circondati da altre persone, e a Chloe non erano mai piaciute le manifestazioni d’affetto pubbliche. “Non che mi lamenti” disse Chloe “ma perché l’hai fatto?” “Per due motivi. Uno, volevo essere coraggioso... il che raramente mi riesce con le donne. Due, volevo offrirti un’altra distrazione... nella speranza che possa compensare quella di tuo padre.” Con la testa che le girava leggermente e il corpo irradiato di calore, Chloe sospirò. “Sì, credo proprio che abbia funzionato.” “Bene. Tra l’altro, ci siamo anche liberati del dilemma se baciarci o no alla fine dell’appuntamento.” “Oh, dopo questo sarà meglio di sì” disse Chloe. Proprio come Moulton aveva sperato, i pensieri sull’apparizione improvvisa di suo padre ora sembravano molto lontani. *** La cena andò molto meglio di quello che aveva sperato. Dopo aver parlato del ritorno di suo padre e dopo l’inaspettato bacio di Moulton, tutto filò liscio. Chiacchierarono dei pro e dei contro di lavorare al Bureau, di musica, di libri, di storie e persone conosciute durante l’accademia, dei loro hobby e interessi. Le sembrò naturale in un modo che non si era aspettata. La cosa triste era che le fece desiderare aver mollato Steven molto prima. Se era questo che si era persa quando aveva rinunciato a uscire con altri uomini restando con lui, si era persa molto. Avevano terminato di mangiare, ma restarono per bere ancora qualcosa. Un’altra occasione in cui Moulton dimostrò le sue attenzioni per lei fu il fatto che lui si fermò a due drink, mentre Chloe prese anche il terzo. Le chiese anche se preferisse prendere un taxi, se si sentiva a disagio a farsi riaccompagnare da lui. Alla fine la accompagnò fino al suo appartamento, accostando lungo la strada intorno alle dieci. Chloe non era ubriaca, soltanto piacevolmente su di giri, abbastanza da pensare a cose che altrimenti non avrebbe pensato. “È stata proprio una bella serata” disse Moulton. “Vorrei rifarla molto presto, se non pensi che possa interferire con il lavoro.” “Anch’io sono stata bene. Grazie per avermelo finalmente chiesto.” “Grazie per aver accettato.” Poiché non si riteneva affatto un’esperta di seduzione, invece di rispondere Chloe si avvicinò e lo baciò. Come nel ristorante, il bacio all’inizio fu lento, poi però si intensificò. La mano di lui fu all’improvviso sulla sua guancia, per poi scivolarle sulla nuca per attirarla ancora più vicina. Il bracciolo del sedile li separava, così Chloe si inclinò fino a riuscire a toccargli il petto. Non capì per quanto tempo si baciarono. Era tutto lento e selvaggiamente romantico. Quando alla fine si separarono, Chloe era un po’ a corto di fiato. “Allora, abbiamo già parlato del fatto che non sono abituata ad avere appuntamenti” disse Chloe. “Perciò, se sbaglio la prossima parte, perdonami.” “Quale parte?” Chloe esitò un momento, ma i tre drink le diedero la spinta per proseguire. “Voglio invitarti a salire in casa. Potrei dire che è per un caffè o per bere qualcosa, ma sarebbe una bugia.” Moulton parve sinceramente stupito. Chloe si domandò se l’avesse fraintesa. “Sei sicura?” le chiese. “Non è suonato affatto bene” disse Chloe in imbarazzo. “Quello che intendevo dire era... che vorrei continuare, ma senza questo bracciolo tra noi. Non intendevo... non voglio venire a letto con te.” Persino nella fioca luce dell’abitacolo, lo vide arrossire a quel commento. “Tranquilla, non mi aspettavo niente del genere.” Chloe annuì, a sua volta in imbarazzo. “Allora... vuoi salire?” “Sì, decisamente sì.” Detto ciò, la baciò di nuovo, stavolta in modo un po’ più giocoso, rifilando una gomitata al bracciolo. Chloe si staccò da lui e aprì la portiera. Mentre raggiungevano la sua palazzina, pensò che non ricordava l’ultima volta che si era sentita così... così leggera. Leggera, pensò con un sorriso. Era così che Danielle una volta aveva descritto la sensazione che si prova immediatamente dopo un orgasmo. Il ricordo la fece improvvisamente avvampare, mentre prendeva la mano di Moulton ed entrava nell’edificio. Salirono in ascensore e, una volta che le porte furono chiuse, Chloe sorprese se stessa premendo Moulton contro la parete e baciandolo. Adesso che riusciva a muovere liberamente le mani, lo afferrò per la vita attirandolo a sé. Questo bacio fu un po’ più appassionato, e lasciava intendere che quello che Chloe avrebbe voluto fargli era molto di più. Lui era altrettanto preso. Posandole le mani sulla schiena, la strinse di più a sé e quando i loro corpi si incontrarono, a Chloe sfuggì un minuscolo gemito. Fu leggermente imbarazzante. L’ascensore si fermò e Chloe si staccò da lui. Poteva soltanto immaginare l’espressione che avrebbero fatto i suoi condomini se l’avessero sorpresa a pomiciare in ascensore. Notò con sollievo che anche Moulton pareva un po’ intontito e affannato. Gli fece strada lungo il corridoio fino al suo appartamento, che era quattro porte più avanti. In quel momento le venne in mente che, a parte Danielle, Moulton era la prima persona a vedere casa sua. Peccato che non abbia intenzione di perdere tempo facendogli fare un tour, pensò. Anche quel pensiero la mise in imbarazzo. Non le era mai capitato di provare un tale bisogno fisico per un uomo. Dopo un po’, il sesso con Steven era diventato quasi una routine, una cosa scontata. E ad essere sinceri, non succedeva di frequente che ne rimanesse appagata. Un altro motivo per cui non aveva mai un gran desiderio di intimità con lui. Chloe aprì la serratura ed entrarono. Accese le luci della cucina e appese la borsa allo schienale di una delle sedie. “Da quanto abiti qui?” chiese Moulton. “Sei mesi, più o meno. Non ho molta compagnia.” Moulton fece un passo verso di lei e le mise una mano sul fianco. Il bacio che si scambiarono fu lento e deciso. Dopo pochi secondi, Moulton la spinse delicatamente contro il bancone con il proprio corpo e intensificò il bacio. Chloe sentì di nuovo che iniziava a mancarle il fiato, e provava un desiderio di un’intensità che non ricordava da quando era stata con un ragazzo per la prima volta, alle superiori. Interruppe il bacio solo il tempo che bastava per raggiungere il divano, dove si sedettero e ripresero immediatamente. Era bello stare insieme ad un uomo in quel modo semplice, soprattutto un uomo che la faceva sentire così. Se contava l’ultimo periodo della sua relazione con Steven, quando tra loro ormai c’era ben poca fisicità, era da un anno e mezzo che non veniva baciata e toccata così da un uomo. Dopo quelli che sembrarono pochi secondi ma che con più probabilità dovevano essere cinque minuti, Chloe era talmente appoggiata a Moulton che lui fu costretto a sdraiarsi. Chloe gli fu sopra in un attimo Moulton le infilò le mani sotto la camicia, accarezzandole la schiena. Quel piccolo contatto pelle-contro-pelle spinse Chloe verso un limite che non si era aspettata. Sospirò contro le sue labbra e guidò una delle sue mani lungo il lato del reggiseno. Si sedette a cavalcioni su di lui, sorridendogli. Si sentiva la testa incredibilmente leggera, e ogni muscolo del suo corpo desiderava di più. “Dicevo sul serio” disse quasi a mo’ di scusa. “Non possiamo farlo. Non così presto. So che potrà sembrarti all’antica...” “Chloe, non c’è problema. Dimmi quando vuoi fermarti e lo farò. Dimmi quando è il momento che me ne vada.” Chloe gli sorrise. Quella risposta fu quasi abbastanza da farle cambiare idea. Ma credeva sinceramente che non dovessero precipitare le cose. Già stare a cavalcioni su di lui sul divano rischiava di andare oltre i limiti. “Quel momento non verrà” gli disse. “Ti sembrerei troppo svitata se ti chiedessi di restare qui stanotte? Non per fare sesso, solo... per dormire insieme?” Quella proposta sembrò stupirlo. Chloe dovette riconoscere che era davvero una strana richiesta. E sai perché glielo stai chiedendo? Era di nuovo la voce di Danielle nella sua testa, canzonatoria ma al tempo stesso di grande aiuto. È perché oggi hai visto papà e questo ha mandato sottosopra il tuo mondo. Vuoi che Moulton resti per non essere sola, stanotte. “Scusa” disse poi. “È una cosa senza senso e sciocca e...” “No, no, tranquilla” la interruppe Moulton. “Per me va bene. Però avrei una richiesta.” “E sarebbe?” “Baciami ancora, ti prego” disse sorridendo. Chloe ricambiò il sorriso e fu ben lieta di accontentarlo. *** Qualche ora dopo si svegliò sentendo Moulton alzarsi dal divano. Chloe si tirò su appoggiandosi ad un gomito. A un certo punto della serata si era ritrovata senza camicia, ma niente di più. Era stato strano addormentarsi sul divano con ancora indosso i pantaloni, ma provava un bizzarro orgoglio per il proprio autocontrollo. Lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro e vide che erano le 5:10 del mattino. “Tutto bene?” gli chiese. “Sì, è solo... che mi sembrava strano restare ancora. Non volevo che le cose fossero strane al risveglio, così ho pensato che fosse meglio andarmene. Almeno non c’è l’imbarazzo del sesso.” “Magari era questo il mio piano fin dall’inizio” scherzò lei. “Devo andarmene di corsa e fingere che non sia mai successo?” volle sapere Moulton. “No, credo di preferire se resti. Posso preparare del caffè.” “Davvero?” “Sì. Anzi, ne sono sicura.” Si rinfilò la camicia e andò in cucina. Mentre anche Moulton si rimetteva la sua, Chloe si dedicò al caffè. “E così è giovedì” disse lui. “Non so perché, ma sembra sabato.” “Forse perché una serata come quella di ieri di solito si riserva per il venerdì sera? Sai, per inaugurare il weekend.” “Non saprei. È un bel po’ di tempo che non faccio cose del genere.” “Ma sparisci” replicò Chloe accendendo la caffettiera. “No, davvero. Dalla prima liceo, credo. Quello è stato un ottimo anno per me, per quanto riguarda le pomiciate senza sesso.” “Be’, a quanto pare non hai perso la mano. Ieri sera è stato... insomma, è stato molto più di quello che mi aspettassi.” “Anche per me.” “Ma sono contenta che sia successo” aggiunse in fretta. “Tutto quanto.” “Bene, potremmo anche rifarlo. Questo fine settimana, magari?” “Magari” ripeté lei. “Ma il mio autocontrollo ha già subito un duro colpo.” “Forse era quello il mio piano fin dall’inizio” disse Moulton con un sorriso languido. Chloe arrossì e distolse rapidamente lo sguardo. Era un po’ spiazzata da quanto le piacesse vederlo flirtare con lei. “Senti” disse poi. “Devo farmi una doccia. Se vuoi fare colazione, serviti pure. Anche se non c’è molto in frigo, in realtà.” “Grazie” disse Moulton, incapace di staccarle gli occhi di dosso. Chloe lo lasciò in cucina e andò in camera da letto, che era comunicante con il bagno più grande. Si spogliò, aprì l’acqua ed entrò nella doccia. Quasi le veniva da ridacchiare per come era andata la serata. Si era sentita come un’adolescente. Aveva potuto godersi la sensazione di avere Moulton lì con lei sapendo che non le avrebbe fatto pressioni per fare sesso. Era stato romantico in modo strano e c’erano stati un paio di momenti in cui era stata sul punto di fare marcia indietro sul suo proposito di non andare a letto con lui. Con una sensazione gioiosa a cui non era abituata, sperò dentro di sé che decidesse di farsi coraggio e raggiungerla sotto la doccia. Se lo fa, tanti saluti a quel poco autocontrollo che mi rimane, pensò. Aveva quasi finito di lavarsi, quando effettivamente sentì Moulton entrare in bagno. Meglio tardi che mai, pensò. Tutto il suo corpo si tese, eccitato, e Chloe non vedeva l’ora che lui entrasse nella doccia. “Ehi, Chloe?” “Sì?” rispose lei in tono provocante. “Il tuo cellulare ha appena suonato. Forse sono stato un po’ ficcanaso... ma ho guardato e ho visto che era il Bureau.” “Ah sì? Chissà, forse è successo qualcosa...” In quel momento si sentì di nuovo il trillo di un telefonino, ma stavolta era più vicino, forse addirittura in mano a Moulton. Chloe sbirciò fuori dalla doccia, scostando leggermente la tenda. Si scambiarono un’occhiata, poi Moulton rispose. “Pronto, qui Moulton” disse, poi uscì dal bagno andando in camera da letto. Avendo capito il motivo, Chloe chiuse l’acqua. Afferrò un asciugamano e uscì, rivolgendogli un sorrisetto mentre si avvolgeva velocemente nel telo. Solo perché la scorsa notte avevano amoreggiato per un’ora e mezza non significava automaticamente che le stesse bene che lui la vedesse completamente nuda. Non ci fu una grande conversazione, per lo più Moulton restò in ascolto, dicendo un paio di volte “D’accordo... sì, signore...”. La telefonata durò circa un minuto e, una volta finita, Moulton si affacciò nel bagno. “Posso entrare?” Poiché l’asciugamano copriva tutto quello che c’era da coprire, Chloe annuì. “Sì. Chi era?” “Il vicedirettore Garcia. Ha detto che ha provato a chiamarti, ma che probabilmente dormivi.” Le sorrise, poi aggiunse. “Mi ha detto di provare a telefonarti o passare a svegliarti di persona. Ha un caso per noi.” Chloe ridacchiò uscendo dal bagno. “Credi che ieri sera influirà sul nostro lavoro insieme?” “Potrei infilarmi di nascosto nella tua stanza d’albergo. A parte quello... non saprei. Vedremo.” “Ti dispiace versarmi una tazza di caffè? Intanto mi vesto.” “In realtà, speravo di poter usare la doccia.” “Ma certo. Anche potevi chiedermelo dieci minuti fa, quando c’ero ancora io sotto.” “Lo terrò a mente per la prossima volta” disse lui. Mentre lui si infilava sotto la doccia e Chloe iniziava a vestirsi, si accorse di essere felice. Molto felice, anzi. Se si aggiungeva a quello che era successo la sera precedente un nuovo caso... sembrava quasi che la sua vita non fosse davvero stata sconvolta dall’arrivo improvviso di suo padre. Ma se vivere in una famiglia disgregata come la sua le aveva insegnato qualcosa, era che non riuscivi mai a sfuggirle del tutto. In un mood o nell’altro, riusciva sempre a raggiungerti.
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