5
CORD
Quando accostammo in macchina la mattina seguente, lei uscì sul portico. Volevo pensare che fosse impaziente di vederci. Io ero sul mio furgone, mentre Riley mi seguiva a ruota sul SUV che aveva comprato per lei con i soldi della tenuta. Non era robusto quanto il suo pickup o il mio, ma ci andava dannatamente vicino. Era alto, aveva le ruote grandi, un sacco di airbag e se la sarebbe cavata bene sulla neve. Non che Kady avesse in programma di trovarsi ancora qui quando sarebbe giunto l’inverno, ma il SUV era una scelta saggia. Una scelta sicura. A prescindere da quanto sarebbe rimasta, non le avremmo permesso di mettersi alla guida di un minuscolo pezzo di ferraglia che avrebbe potuto farsi schiacciare da un semiarticolato.
Scendemmo dalle auto e risalimmo il vialetto per raggiungerla.
«Cos’è tutta quella roba?» domandò lei.
Io sollevai il suo regalo, le dita che stringevano il cuoio flessibile. Avevamo chiesto a Betty, la proprietaria del negozio di vestiti in paese, di aprire prima solo per noi. Dal momento che intendevamo acquistare stivali da donna e che non avevamo portato alcuna donna assieme a noi, non avevo dubbi che si sarebbe sparsa la voce su Kady piuttosto in fretta in tutto il paese. Specialmente dal momento che Betty era nota per avere la lingua lunga. A me stava bene. Prima si fosse diffusa la voce che Kady era già stata rivendicata, meglio sarebbe stato.
«Stivali per te. Li abbiamo presi in paese. Tutti indossano degli stivali da queste parti, perfino le belle donne in abiti sexy.»
Quella mattina, si era messa un altro dannato abitino. Questo era di jeans e aveva una sottile cintura in vita e dei bottoni che scendevano su tutta la parte frontale. Sembrava un po’ una lunga camicia ed era maledettamente sexy, anche se avrei preferito vederla con indosso una delle mie... e nient’altro. Ai piedi aveva un altro paio di sandali. Bassi. I capelli erano raccolti in una coda di cavallo, i riccioli rossi domati, sebbene non fossi certo per quanto. Una volta che vi avessi infilato le dita, le sarebbero di nuovo ricaduti sulle spalle.
«Come avete indovinato il mio numero?»
Riley sollevò il suo sandalo super sexy della sera prima. Uno di quelli che mi aveva premuto nella schiena mentre me la scopavo contro il muro. Nell’altra mano aveva il suo abito ripiegato, quello che le aveva sfilato lui dalla testa e gettato sulla veranda, con il reggiseno in pizzo posato ordinatamente sopra.
Lei arrossì e si morse il labbro inferiore. «Mi... um, mi ero chiesta dove fossero finite quelle cose.»
Dopo che era entrata in casa la sera prima, Riley le aveva notate ed era andato a prenderle prima che ce ne fossimo andati. Col cavolo che avremmo permesso a chiunque altro nel ranch di scoprire anche solo in parte cosa avevamo fatto. Sebbene ce la fossimo scopata all’aperto, era una cosa privata, un qualcosa che apparteneva solamente a noi tre. Diamine, non sarei mai più riuscito a guardare quella veranda senza pensare a quanto lei fosse stata bagnata, quanto fosse stata stretta mentre la penetravo. I versi che aveva emesso venendo.
Mi si rizzava al solo vederla, impaziente di ritrovarla. Diamine, il mio pene – e il resto del mio corpo – non avrebbe voluto andarsene la sera prima. Ma ci eravamo posti in maniera piuttosto forte e non la biasimavo per aver voluto un po’ di tempo per riflettere. Dovevo solamente sperare che non fossimo troppo per lei.
Due uomini che la volevano, che se la scopavano sulla sua veranda. Era stata la scopata più eccitante della mia vita. Brutale e selvaggia, era venuta così in fretta. Anche io, e volevo rifarlo, dimostrarle che potevo durare più di un ragazzino. E vedere Riley scoparsela, e quei seni meravigliosi, che sobbalzavano ad ogni spinta dei suoi fianchi contro il sedere perfetto di lei... Dio, ce l’avevo di nuovo duro. L’aveva desiderato. Ogni contrazione della sua v****a, ogni suo gemito e grido ci aveva comunicato che era sempre stata lì con noi. Diamine, era stata lei a cominciare, tuttavia ciò non significava che dovesse essere facile per lei venirci a patti. Non avevo dubbio che il tipo di sesso che avevamo condiviso non fosse una cosa che provava ogni giorno. Nè che l’avesse mai provato prima di allora.
Pure io stavo avendo difficoltà ad assimilare il tutto. Avevo a malapena chiuso occhio quella notte, ripensando a quanto fosse stata stretta la sua v****a. Quanto bagnata. Quanto si fosse mostrata selvaggia per noi. Avevo saputo che sarebbe stata passionale, ma non si era minimamentre trattenuta. No. Si era data alla follia tanto quanto noi.
Tuttavia, ciò non significava che io e Riley non fossimo stati dei fottutissimi stronzi. Era stata la prima volta che non avevo usato protezione. Niente preservativo. Avevo sempre avuto abbastanza neuroni nel cervello da ricordarmi di mettermelo. Ma con Kady? Già, l’avevo presa senza nulla ed era stato incredibile. Riley aveva detto la stessa cosa, si era sentito anche lui una merda. Tuttavia, era stata la scopata migliore della mia vita. Ed era stata brutale e rapida contro la casa. Lei non era stata nemmeno nuda. Le avevo semplicemente strappato via le mutandine e l’avevo penetrata a fondo. Quella piccola insegnante delle elementari mi aveva fatto perdere la testa. Mi chiedevo ora se le avessi fatto male, se fossi stato troppo brusco.
Ovvio che ero stato troppo brusco.
«Siediti,» dissi, spostandomi sui gradini e sedendomi su quello più alto. Lei si accomodò accanto a me ed io le presi un piede, slacciai il piccolo cinturino su un lato di uno dei suoi sandali e poi sull’altro così da lasciarla scalza.
Infilando una mano negli stivali, ne estrassi un paio di calze lunghe che Betty ci aveva venduto assieme al resto.
Kady me le prese e se le infilò, facendo poi lo stesso con gli stivali.
«Alzati, dolcezza. Vediamo come ti stanno.»
Lei scese i gradini e andò nell’erba bassa fissandosi i piedi. «Non ho mai indossato stivali da cowgirl prima d’ora.»
Sollevò la testa e sorrise con chiaro piacere. «Grazie.»
«Quel paio rosso sembrava fatto apposta per te,» disse Riley.
Era vero. Erano fottutamente bellissimi ai suoi piedi. Tipico stile di stivali da cowboy a punta con tacco largo e basso, ma erano rossi e avevano una cucitura nera a fare da rifinitura. E con l’abito? Perfetti.
«Vi andrebbe un po’ di caffè, ragazzi?» chiese lei.
«Sissignora,» rispose Riley, rivolgendole uno dei suoi sorrisetti da conquistatore e porgendole una mano.
Lei arrossì nuovamente e l’accettò, entrando in casa. Io li seguii. Dopo aver armeggiato un po’ con la caffettiera, messo il macinato in cima e aggiunto l’acqua, Kady si voltò verso di noi. «Mi... um, mi spiace per ieri sera. Non per quello che abbiamo fatto, ma non avrei dovuto sbattervi la porta in faccia.»
«Siamo stati troppo bruschi,» dissi immediatamente io. Non avrebbe dovuto essere lei a scusarsi. «Ti abbiamo presa senza usare nulla.»
«Avremmo dovuto usare dei preservativi. Se hai un ritardo, faccelo sapere subito,» disse Riley appena dopo di me, avvicinandosi a lei e sollevandole il mento.
Anch’io avevo riflettuto su quella possibilità. Sul fatto che eravamo stati degli irresponsabili, che avremmo potuto averla messa incinta.
«Oh, quello.» Si passò le dita dietro l’orecchio, nonostante avesse i capelli raccolti. Un’abitudine che stavo imparando assumeva sempre quando era nervosa. «Prendo la pillola, non c’è da preoccuparsi in quel senso.»
Sospirai e Riley le rivolse un sorriso incerto. Per quanto l’idea di avere un bambino con Kady fosse fottutamente eccitante, non era quello il momento. O, quantomeno, non lo sarebbe stato fino a quando lei non fosse stata pronta. Già, era un’idea del tutto folle, prendere in considerazione un figlio. Ma volevo Kady, e volevo vedere il suo ventre crescere con un bambino che vi avevamo messo dentro noi. Sapere che il nostro seme l’aveva riempita abbastanza da crearne uno.
«Io sono pulito. Posso mostrarti i documenti se vuoi.» Riley mi lanciò un’occhiata. «Non è da noi fare così. Io ho sempre usato il preservativo. Ogni volta, prima di te.»
«Ed io lo stesso. Ogni volta, ma con te, ho completamente perso la testa. E lo sono anch’io. Pulito, intendo. Ho fatto un controllo giusto il mese scorso,» le assicurai.
Lei si voltò, tirò fuori delle tazze dalla credenza mentre l’aroma di caffè riempiva l’ampia cucina, tenendosi occupata.
Una parete della stanza era fatta tutta di vetro, la vista a ovest mostrava montagne innevate e il recinto più vicino. I cavalli stavano brucando mentre il sole si alzava lentamente in cielo, asciugando la rugiada e la pioggia della sera prima.
«Okay. Forse abbiamo fatto le cose un po’ al contrario, ma lo sono anch’io. Pulita. Ho donato il sangue il mese scorso.»
Riley le si avvicinò da dietro e si appoggiò al bancone con le mani ai lati dei suoi fianchi, intrappolandola. «Bene,» disse, chinandosi su di lei e sussurrandole all’orecchio. «Molto bene, perchè significa che possiamo farlo di nuovo senza.»
Lei si voltò di scatto, sollevò lo sguardo su di lui, ma Riley non si spostò, si limitò a tenerla lì chiusa tra le sue braccia. «L’avete già fatto in passato?»
«Scopare senza preservativo?» chiese Riley.
Lei chiuse per un attimo gli occhi, come se quella conversazione fosse difficile per lei. «No. Sì. Voglio dire, prendere una donna. Insieme.»
Io feci il giro del bancone e mi appoggiai contro il frigo, così da esserle accanto. «Sei la prima per noi. La prima che scopiamo senza nulla. La prima che rivendichiamo insieme. La prima che prendiamo all’aperto così. Brutalmente. Con forza. Diamine, dolcezza, ti volevo troppo per riuscire anche solo ad arrivare alla porta.»
A quel punto lei sorrise, chiaramente contenta di aver avuto quel potere su di me.
«Abbiamo solo bisogno di sapere se siamo troppo per te.» Allungai una mano, accarezzandole la spalla con un dito. «Se ti abbiamo fatto male. Se ti abbiamo lasciato dei lividi. L’hai detto tu stessa che sono enorme. Non voglio farti del male.»
Lei scosse la testa, incrociando il mio sguardo con i suoi occhi verdi. «Non mi avete fatto male. Mi-mi è piaciuto.»
Sospirai e sorrisi mentre qualcuno bussava alla porta. Kady voltò la testa verso quel rumore.
«Probabilmente si tratta di qualcuno del ranch,» le disse Riley. «Volevano conoscerti e abbiamo detto loro di venire quando ci fossimo stati anche noi. Non volevamo che ti preoccupassi di un gruppo di uomini estranei che ti si presentavano alla porta.»
Figuriamoci. Proprio quando la nostra donna ci aveva detto che non eravamo stati troppo violenti e che le era piaciuta la scopata selvaggia che avevamo fatto, dovevano presentarsi i ragazzi del ranch. Nonostante avesse detto che non le avevamo fatto male, avevo dei dubbi al riguardo. Due peni grossi ai quali non era abituata che le avevano penetrato quella v****a perfetta voleva dire che aveva bisogno di una pausa. Tuttavia, ciò non significava che non ci saremmo potuti infilare sotto quel suo bel vestitino per un piccolo assaggio. Ero certo che sarebbe stata dolce come il miele.
Riley si scostò dal bancone della cucina e andò alla porta. Aspettai che Kady lo seguisse, poi le camminai affianco, mettendole una mano attorno alla vita. Non riuscivo a resistere al contatto.
Due uomini entrarono e Riley fece le presentazioni. Sebbene non fossero grandi quanto me, erano robusti, specialmente se messi uno accanto all’altro. Impressionanti, sì. Ma non avrebbero fatto del male a Kady. Assolutamente. Quegli uomini si prendevano cura delle donne. Le proteggevano, le tenevano al sicuro, anche se non gli appartenevano.
«Kady, loro sono Jamison, il caposquadra, e Sutton, il capo dei cowboy.»
Loro si tolsero i cappelli da cowboy e le strinsero la mano, rivolgendole dei piccoli sorrisi e un sincero interesse. Sapevano del testamento, delle cinque figlie che avevano ereditato tutto, e si erano mostrati tanto curiosi quanto tutti quanti noi nei loro confronti. Dal momento che Kady era stata la prima ad arrivare al ranch, e che fosse anche bellissima, li incuriosiva. Lei, di rimando, lanciò loro un’occhiata altrettanto interessata. Non sessualmente, ma con una certa sorpresa. Non erano delle checche da costa dell’est in giacca e cravatta o ginnasti su un tapis roulant. Si facevano i muscoli lavorando sodo e vivendo la dura vita del Montana.
Jamison aveva una decina d’anni più di me. Sulla quarantina, era serio e leale. Un vero cowboy fino al midollo. Dannatamente troppo vecchio per Kady. A Sutton piacevano le cose un po’ spinte e se anche Kady avesse dimostrato interesse in quel campo, saremmo stati io e Riley a soddisfarla. Lui non le avrebbe mai posato nemmeno un dito addosso.
Lanciai loro un’occhiataccia alle spalle di Kady, assicurandomi che capissero che era già nostra. Sebbene non ritenessi nessuno dei due attraente, le donne in paese sembravano pensarla diversamente ed erano attirate da loro come delle calamite. Dovevo solamente sperare che Kady non provasse la stessa attrazione. Sapevo che Jamison e Boone, il dottore del paese, stavano cercando una donna da condividere, ma che non l’avevano ancora trovata. E dal momento che Kady non rifiutava una cosa a tre...
«Begli stivali, signora,» disse Jamison con un sorriso galante. «Io abito nel cottage accanto al torrente se le serve qualcosa.» Accennò con la testa in direzione di Sutton. «Lui e gli altri stanno nella baracca. I numeri di telefono del ranch si trovano appesi al frigo nel caso dovesse mai avere bisogno di noi.»
Kady annuì. «Grazie. Farò di sicuro un salto a presentarmi a tutti gli altri tra non molto.»
«Se siete interessati a una cavalcata, posso prepararvi un destriero,» le disse Sutton, infilandosi i pollici nelle tasche anteriori dei jeans.
Cavalcata? L’unica cosa che avrebbe cavalcato Kady sarebbe stata il mio pene. Proprio come aveva fatto la sera prima, premuta contro la casa, con forza, con follia, fino in fondo. E quei tacchi? Cazzo, erano stati come speroni, mi avevano fatto imbizzarrire più che mai.
Dopo che Kady ebbe ringraziato per l’invito, gli uomini non si soffermarono. Potrebbe essere stato per la palese occhiataccia che avevo lanciato loro da dietro le spalle di Kady, comunque ci salutarono. Dovevano andare a fare quel che cazzo dovevano il più lontano possibile da Kady.
Lei tornò in cucina mentre Riley chiudeva la porta d’ingresso e mi lanciava un’occhiata significativa. Era nostra. Avrei dovuto scendere alla baracca ad assicurarmi che tutti lo capissero. Poteva indossare quei suoi bei vestitini e avere le curve più sexy del paese, ma io e Riley eravamo gli unici a intrufolarci dentro le sue mutande. O a infilarcele nel taschino della camicia come aveva fatto Riley la sera prima.
Mentre Kady tirava fuori il latte dal frigo, io posai le chiavi del SUV sul bancone. «Queste sono per la tua macchina.»
Lei si voltò e lanciò un’occhiata diffidente alle chiavi mentre teneva in mano il cartone da mezzo litro. «Macchina?»
«La tua auto. Non puoi ritrovarti sempre bloccata qui nel ranch. Per quanto il paese sia piccolo, vorrai poter uscire. Il negozio, un po’ di spesa, andare in chiesa. Diamine, quello che ti pare.»
«Non ho soldi per una macchina,» controbatté lei, posando il latte sul bancone e andando alla finestra per dare una sbirciatina al SUV.
«Sì che ce li hai.»
«Non mi serve quello.» Si voltò a guardarci indicando fuori dalla finestra. «Qualcosa di più piccolo e più economico.»
«Non ne avrai uno più piccolo,» dissi io con un ringhio. Quando lei si accigliò, sospirai. «Vogliamo che tu sia al sicuro, dolcezza.»
«E per quanto riguarda il più economico?» Riley fece spallucce. «Vedila così. E’ un veicolo del ranch. Dal momento che sei l’unica ad abitare qui, lo puoi guidare.»
Lei ci lanciò un’occhiata prudente, arricciò perfino le labbra. Sapeva che Riley stava rigirando la frittata, ma non aveva scelta. Non avrebbe vinto quella battaglia. «Va bene.»
Soddisfatto, andai alla caffettiera e versai il caffè nelle tre tazze.
«Saremo entrambi in tribunale, questo pomeriggio. Ad Helena,» disse Riley mentre gli porgevo una tazza. La sua voce recava la stessa rassegnazione che provavo io. Non avremmo potuto restare lì con lei quanto avremmo voluto – nudi e nel suo letto. Ma le avevamo dato ciò di cui aveva bisogno per quel giorno. Degli stivali robusti – e sexy – e il SUV.
«Il processo potrebbe durare tutto il giorno e se il giudice dovesse chiedere una sospensione, protrarsi fino a domani,» spiegò Riley. «Torneremo allora. Se ce lo permetterai, ci piacerebbe portarti a fare un giro.»
Non avevo alcun interesse nel restare ad Helena fino al giorno dopo. Quel maledetto processo non sarebbe potuto giungere in un momento peggiore, ma d’altronde era nell’aria da prima della morte di Aiden Steele. E il giudice non avrebbe accettato un ritardo solo perchè uno degli avvocati ed un testimone chiave dovevano scoparsi la loro donna.
«D’accordo,» disse lei, senza troppa rimostranza.
Impaziente, io la raggiunsi e le accarezzai i capelli. Morbidi come seta. Avrei voluto strattonarle via l’elastico che li teneva indietro e intrecciarci le dita. «Ti abbiamo spaventata ieri sera?»
I suoi occhi verdi incrociarono i miei e li vidi accendersi, vidi le sue guance arrossire.
«Siamo stati bruschi. Molto bruschi. Cazzo, dolcezza, io non so come andarci piano. E con te non sembro proprio riuscire a controllarmi.»
Premetti i fianchi contro il suo ventre così che potesse sentire quanto ce l’avessi duro.
«Come ho già detto, non siete stati troppo bruschi. Smettetela di preoccuparvi.»
Le sollevai il viso con una mano, piegandole la testa di lato. «Ti ho lasciato un segno sul collo. Hai dei lividi? Ti farà male la schiena.»
Lei scosse la testa. «Sto bene. Io... um, ve l’ho detto, mi è piaciuto. Mi è piaciuto tutto, nel caso non l’aveste notato.»
Io sogghignai, sollevato. «Sì, l’abbiamo notato.»
«E vogliamo rifarlo,» aggiunse Riley, raggiungendola da dietro e sistemandosi alle sue spalle. «Anche se magari in un letto.»
«Se non altro dentro casa,» ribatté lei, con una traccia di umorismo.
«Non ci serve un letto.» Guardai il bancone della cucina alle sue spalle. «Quell’isola va più che bene.»
Riley gemette. «Non possiamo iniziare adesso. Se lo facessimo, non ce ne andremmo più e faremmo tardi ad Helena.»
Alla mia erezione non piacquero le parole di Riley. Feci comunque un passo indietro, abbassando una mano per sistemarmelo meglio dentro ai pantaloni. Non mi attirava l’idea di farmi lasciare sul pene un segno dalla zip.
«Sono una donna adulta, me la caverò. E magari stiamo correndo un po’ troppo?» domandò Kady.
«Correndo?» ribatté Riley.
«Questo... qualunque cosa sia. È intenso,» ammise lei, agitando la mano tra noi tre. «Io non ho mai... Non è mai, voglio dire, non dovrebbe essere così.»
«Così come?» chiese Riley.
Lei chiuse gli occhi per un istante, poi incrociò con decisione il mio sguardo. «Potente.»
«Cazzo, sì,» disse Riley.
Potente. Ecco una parola per descriverlo. Lei era come una fottuta droga.
«Abbiamo anche noi la stessa sensazione, dolcezza. Te l’abbiamo detto che ti vogliamo. Non abbiamo intenzione di cambiare idea.»
Mentre dicevo così, Riley annuiva.
«Okay.»
Lui le accarezzò una guancia con le dita. «Brava ragazza.»
«Dimmi, dolcezza. Hai le mutandine addosso?» Dovevamo andarcene, ma ciò non voleva dire che non potessimo lasciarla in maniera che pensasse a noi. Farle desiderare di averci tanto quanto noi volevamo lei. E che non potessimo prenderci un regalino da portarci in viaggio.
Le sopracciglia le si inarcarono fino a formare una piccola V. «Sì.»
Piegai le dita. «Dammele qua.»
Riley si spostò per appoggiarsi al bancone e incrociò le braccia al petto per guardarci.
Lei lanciò un’occhiata a entrambi e, proprio di fronte ai nostri occhi, riuscimmo a vedere la sua mente cambiare marcia, accendersi di eccitazione di fronte alle nostre parole, a ciò che volevamo farle, al modo in cui la guardavamo. Fu una cosa bellissima, quell’impercettibile sottomissione. Poteva essere sorpresa della velocità con cui stessero progredendo le cose, ma ci stava in pieno.
Mi premetti un palmo contro l’erezione cercando di tenerla a bada.
Lei si fece scorrere le mani sull’esterno coscia, sollevando l’orlo del vestito man mano che saliva fino ad infilare le dita nell’elastico delle mutandine e farsele scivolare giù per le gambe. Ci fu messo in mostra solamente un accenno di natiche prima che il vestito tornasse al suo posto. Con attenzione, le fece passare sopra agli stivali nuovi e ne uscì, tenendo il piccolo pezzo di stoffa su con un dito.
Erano color lavanda, di pizzo e microscopiche.
Allungai una mano e gliele presi. Erano umide e ancora calde del calore della sua v****a. Gemetti.
«Ti sei bagnata per noi?» chiese Riley.
Kady annuì.
«Toccati e facci vedere.»
Infilando di nuovo una mano sotto al vestito, lei eseguì l’ordine di Riley e si accarezzò la pelle perfetta. Chiuse gli occhi e dischiuse le labbra ed io seppi che si stava toccando.
«Facci vedere,» ripeté Riley con un ringhio.
Lei sollevò la mano, mostrando ad entrambi le due dita che luccicavano del suo liquido.
Riley avanzò, le afferrò la mano e si infilò quelle due dita bagnate in bocca, leccandole.
«Cazzo, è così dolce,» ringhiò una volta che le ebbe pulite del tutto. «Il nomignolo che ha scelto Cord è perfetto per te.» Mi lanciò un’occhiata e seppi che era a un passo dallo spingerla contro quella maledetta isola, allargarle le cosce, sollevarle il vestito e divorarsela.
«La tua figa, Kady, è nostra,» disse Riley.
Pensai che lei avrebbe protestato, che ci stessimo comportando come dei bastardi possessivi, ma invece si limitò ad annuire. Serrai la mascella, consapevole ora che la sua figa fosse effettivamente nostra. E quando l’avremmo presa di nuovo, niente si sarebbe frapposto tra lei e le nostre erezioni. Niente preservativi, solamente pelle su pelle. Una scopata al naturale.
«Non toccartela,» le dissi. «Se vuoi venire, aspetti che torniamo domani. Ci prenderemo cura di te come si deve.»
Il suo sguardo sostenne il mio ed io vi scorsi l’impazienza, il bisogno che vi brillava dentro. Eravamo tutti eccitati, pronti a scopare e saremmo stati nervosi fino al giorno successivo.
«Hai i nostri numeri di telefono. Se ti serve qualcosa, incluso un orgasmo, chiamaci.»
«In qualunque momento,» aggiunse Riley.
Kady annuì di nuovo.
Uscimmo, lasciandola lì in piedi nella cucina, tutta eccitata e bagnata, dolce e perfetta. Il mio pene ce l’aveva a morte con me, ma non potevo farci nulla. Per il momento. L’indomani? Kady non si sarebbe ricordata nemmeno il suo nome quando avessimo finito con lei.