CAPITOLO TRE

1762 Words
CAPITOLO TRE Novanta minuti dopo, di nuovo alla scrivania, Keri lasciò andare un sospiro di profonda frustrazione. La maggior parte dell’ultima ora e mezza era stata infruttuosa. Non avevano trovato niente di inusuale nel tragitto fino a scuola e non erano incappate in alcun segno evidente di lotta. Non c’erano strani segni di pneumatico vicino al punto in cui la signora Rainey aveva trovato le cose di Jessica. Keri si era fermata a ogni casa della zona per determinare se un residente avesse delle videocamere che davano sulla strada che avrebbero potuto essere utili. Nessuno ne aveva. Quando erano arrivate alla scuola, Ray era già lì a parlare con la preside, che aveva promesso di mandare una mail a tutti i genitori della scuola per chiedere qualsiasi informazione avessero. L’agente della sicurezza aveva tutta la coda di filmati di sorveglianza della giornata, perciò Keri aveva consigliato a Ray di stare lì a vederli mentre lei riportava la signora Rainey a casa e tornava in ufficio per chiamare tutte le possibili piste. Per Carolyn Rainey dovevano essere sembrati semplicemente due partner effettivamente multitasking. E a un certo livello era così. Ma il pensiero di starsene in imbarazzo sul sedile del passeggero mentre Ray la riportava alla divisione di West Los Angeles non le andava a genio, in quel momento. Quindi avevano invece preso un Lyft per tornare alla casa dei Rainey, e Keri da lì aveva proseguito fino al dipartimento. Era lì che aveva trascorso l’ultima mezz’ora chiamando tutti gli amici e i compagni di classe di Jessica. Nessuno aveva niente di inusuale da dirle. Tre amici ricordavano tutti di averla vista lasciare la scuola in bicicletta, e che lei li aveva salutati con la mano uscendo dal parcheggio. Tutto era sembrato a posto. Chiamò entrambi i ragazzi per cui Jessica nelle ultime settimane si era presa una cotta e, mentre entrambi sapevano chi fosse, nessuno dei due sembrava conoscerla bene né essere a conoscenza di quello che provava. Keri non ne rimase sconvolta. Si ricordava che a quell’età riempiva i quaderni di nomi di ragazzi che le piacevano, senza nemmeno parlarci. Parlò o lasciò messaggi a tutti gli insegnanti di Jessica, al suo allenatore di softball, al suo tutor di matematica, e persino al capo del gruppo di sorveglianza del vicinato. Nessuno di quelli con cui parlò sapeva nulla. Chiamò Ray, che rispose al primo squillo. “Sands.” “Qui non ho niente,” disse, decidendo di concentrarsi solo sul lavoro del momento. “Nessuno ha visto niente di fuori dall’ordinario. I suoi amici dicono che tutto sembrava a posto quando se n’è andata da scuola. Sto ancora aspettando che mi richiami qualcuno, ma non sono ottimista. Tu hai avuto più fortuna?” “Finora, no. Il range della videocamera arriva solo fino alla fine dell’isolato della scuola, in tutte le direzioni. La vedo salutare con la mano gli amici, proprio come hai descritto tu, poi montare in sella e partire. Non succede niente mentre lei è visibile. Sto facendo preparare all’addetto alla sicurezza il filmato della settimana, per vedere se nei giorni precedenti c’è qualcuno che gironzola nei paragggi. Potrebbe volerci un po’.” Nell’ultima frase, non detta, c’era la supposizione che non sarebbe tornato presto al dipartimento. Lei finse di non farci caso. “Penso che dovremmo emanare l’Amber Alert,” disse. “Adesso sono le diciotto. Perciò sono passate tre ore da quando la madre ha chiamato il 911. Non abbiamo nessuna prova che suggerisca che possa trattarsi di altro fuorché di rapimento. Se è stata rapita subito dopo la scuola, tra le due e quarantacinque e le tre del pomeriggio, potrebbe trovarsi anche a Palm Springs o a San Diego ormai. Dobbiamo avere più occhi possibili sulla cosa.” “Sono d’accordo,” disse Ray. “Puoi dirlo tu al boss in modo che io possa continuare a vedere il filmato?” “Certo. Dopo torni al dipartimento?” “Non lo so,” rispose evasivamente. “Dipende da quello che trovo.” “Okay, be’, tienimi informata,” disse. “Sì,” rispose, e riappese senza salutare. Keri si ordinò di non concentrarsi sulla mancanza di rispetto percepita e di mettere la sua attenzione sulla preparazione e l’emanazione dell’Amber Alert. Quando stava terminando, vide il suo capo, il tenente Cole Hillman, andare verso il suo ufficio. Indossava la sua classica tenuta composta da pantaloni, cappotto sportivo, cravatta allentata e una camicia elegante a maniche corte che non riusciva a tenere dentro ai pantaloni a causa dell’ampio girovita. Aveva poco più di cinquant’anni ma il lavoro lo aveva invecchiato, perciò c’erano delle rughe profonde sulla fronte e agli angoli degli occhi. I capelli sale e pepe erano più sale che pepe, ultimamente. Pensò che stesse venendo alla sua scrivania per chiederle aggiornamenti, ma neanche guardò nella sua direzione. A lei stava bene, dato che voleva controllare con quelli della scientifica se avevano trovato delle impronte. Dopo aver presentato l’Amber Alert, Keri attraversò l’ufficio comune della stazione, che era insolitamente tranquillo per quell’ora della sera, e percorse il corridoio. Bussò alla porta della polizia scientifica e fece capolino senza aspettare il permesso. “Avete avuto fortuna con il caso Jessica Rainey?” L’addetta alla reception, una ragazza sulla ventina con i capelli scuri e gli occhiali, alzò lo sguardo dalla rivista che stava leggendo. Keri non la riconobbe. Il lavoro del receptionist della scientifica era di routine e aveva un grande ricambio di persone. Digitò il nome nel database. “Nulla sullo zaino né sulla bici,” disse la ragazza. “Stanno ancora controllando qualche impronta sul telefono, ma da come parlano non mi sembra ci sia roba promettente.” “Puoi per favore dire di avvertire la detective Keri Locke appena hanno finito, a prescindere dal risultato? Anche se non ci sono impronte utilizzabili devo controllare il telefono.” “Capito, detective,” disse seppellendo il naso nella rivista prima che Keri avesse anche solo chiuso la porta. Sola nel corridoio silenzioso, Keri fece un respiro profondo e capì che non aveva altro da fare. Ray stava controllando il filmato di sorveglianza della scuola. Lei aveva emanato l’Amber Alert. Il rapporto della scientifica era in attesa e non poteva controllare il telefono di Jessica finché loro non avevano finito. Aveva parlato o stava aspettando di risentire tutti quelli che aveva chiamato. Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi, permettendo al cervello di rilassarsi per la prima volta da ore. Ma non appena lo fece, venne invasa da pensieri sgradevoli. Vide l’immagine della faccia di Ray, ferita e confusa. Vide un furgone nero con dentro sua figlia girare l’angolo per entrare nell’oscurità. Vide gli occhi del Collezionista mentre gli stringeva il collo, succhiando via la vita dall’uomo che aveva rapito sua figlia più di cinque anni prima, anche se già stava morendo per una ferita alla testa. Vide un filmato granuloso di un uomo conosciuto solo come il Vedovo Nero che sparava a un altro uomo alla testa, prendeva Evie dal furgone del primo e la buttava nel bagagliaio della sua macchina prima di sparire per sempre. Sbarrò gli occhi e vide di essere rivolta verso la stanza delle prove. C’era stata molte volte nelle settimane recenti, a studiare fotografie scattate all’appartamento di Brian “Il Collezionista” Wickwire. Le prove concrete venivano tenute alla divisione Downtown, perché il suo appartamento si trovava nella loro giurisdizione. Avevano consentito al fotografo della polizia di West LA di fare degli scatti di tutto, fin quando fossero rimasti nella stanza delle prove. Dato che lo aveva ucciso, Keri non era nella posizione di mettersi a discutere la cosa. Ma non guardava le foto da molti giorni e adesso qualcosa che aveva a che fare con loro la stava divorando. Sentiva un formicolio nei recessi del cervello che non riusciva a placare, una specie di collegamento che lei sapeva nascondersi appena dietro l’angolo della sua mente cosciente. Entrò nella stanza. Il receptionist della stanza delle prove non fu sorpreso di vederla, e le fece scivolare davanti il documento di ingresso senza una parola. Lei firmò, poi andò dritta alla fila con la scatola delle foto. Non aveva bisogno dei dati di riferimento, dato che sapeva esattamente in quale fila e in quale scaffale fossero. Afferrò la scatola dallo scaffale e la posò su uno dei tavoli nel retro. Si sedette, accese la lampada da scrivania, e spiegò tutte le foto davanti a sé. Le aveva già viste decine di volte. Ogni libro che Wickwire aveva posseduto era stato catalogato e fotografato, così come ogni abito e ogni arnese preso dagli scaffali della cucina. Si pensava che quell’uomo fosse stato coinvolto nel rapimento e nella vendita di ben cinquanta minori nel corso degli anni, e i detective della divisione Downtown guardavano bene sotto a tutti i tappeti. Ma Keri sentiva che ciò che la stava tormentando non si trovava in nessuna di quelle foto che aveva già studiato. Era qualcosa che aveva solo registrato passandoci davanti. Qualcosa le era saltato in mente mentre era in corridoio minuti prima, lasciando che tutti i ricordi dolorosi la inondassero. Che cos’è? Qual è il collegamento che stai cercando di fare? E poi lo vide. Sullo sfondo di una foto della scrivania del Collezionista c’era una serie di fotografie naturalistiche. Erano tutte immagini 12 x 18 in fila. C’era una rana su una roccia. Accanto c’era la foto di una lepre americana che drizzava le orecchie. E vicino a quella c’era un castoro al lavoro su una diga. Un picchio nel bel mezzo del becchettio. Un salmone impresso nella pellicola mentre saltava da un fiume. E accanto a quello c’era l’immagine di un ragno su un lotto di terra – una vedova nera. Vedova nera. Vedovo nero. C’è qualcosa qui? Poteva anche essere solo una coincidenza. Ovviamente i detective della Downtown non avevano pensato granché alle foto quando le avevano catalogate come prove. Ma Keri sapeva che al Collezionista piaceva tenere registri in codice. Anzi, era stato così che Keri aveva trovato gli indirizzi in cui si trovavano Evie e molti altri minori rapiti. Il Collezionista li aveva nascosti in bella vista, in un codice alfanumerico su un mucchio di cartoline apparentemente innocue in un cassetto della scrivania. Keri sapeva che il Collezionista e il Vedovo Nero condividevano un collegamento: erano stati entrambi assunti in vari momenti dall’avvocato Jackson Cave. A un certo punto le loro strade si erano incrociate, magari per un lavoro? Era il modo di Wickwire di mantenere l’informazione di contatto di un collega peccatore mercenario, nel caso in cui avessero mai avuto bisogno di collaborare? Keri si sentì inondare da una certezza, che di solito arrivava solo quando scopriva un indizio cruciale in un caso. Era certa che se avesse potuto avere accesso a quella foto avrebbe trovato qualcosa di utile. L’unico problema era che si trovava nell’appartamento di Brian Wickwire, che era ancora isolato dalla polizia di Downtown. L’ultima volta che aveva cercato di entrarvi, due settimane prima, era circondato dal nastro della scientifica e due poliziotti stazionavano di fronte all’edificio per scoraggiare eventuali curiosi. Keri stava appena cominciando a prendere in considerazione come avrebbe potuto affrontare quella sfida, quando le squillò il telefono. Era Ray. “Ehi,” disse esitante. “Puoi tornare subito dai Rainey?” le chiese lui, saltando i convenevoli. “Certo. Che succede?” “Hanno appena ricevuto una richiesta di riscatto.”
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