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Fammi tua

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Blurb

Lacey ha fama e fortuna. È tutto ciò che ha sempre desiderato. Giusto?

Quando viene gettata in pasto ai tabloid, ne ha abbastanza. Fuggire in un ranch alberghiero a Bridgewater è il modo migliore per nascondersi. Tuttavia, quando due cowboy sexy la fanno loro, sarà per quindici minuti di celebrità o perché vogliono un per sempre?

Avvertimento: da sciogliere le mutande! Fammi tua è un romanzo selvaggiamente spinto con un’eroina stella del cinema che vuole nascondersi dal mondo intero e due cowboy alfa ossessionati che la trovano. La rivendicano. La fanno propria. Questo racconto a lieto fine gira tutto attorno a lei – niente scene tra uomini.

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Capitolo 1
1 LACEY «Il miglior rumore del mondo,» dissi alla mia assistente, Tessa, indicando la serratura automatica che si era appena chiusa con un click. Mi sistemai sul sedile imbottito – comodo quanto un posto di prima classe su un aereo, tuttavia mi trovavo a terra e quasi a casa. Cos’era un giro in mezzo al traffico di Los Angeles dopo un volo di quattordici ore? Sospirai, appoggiando la testa all’indietro. «Ancora meglio di qualcuno che annuncia il tuo nome per una passeggiata lungo il red carpet?» mi prese in giro Tessa, mentre ci accomodavamo in attesa che una famiglia di cinque persone finisse di caricare i propri bagagli nel SUV fermo davanti a noi. «Oh sì. Molto meglio,» dissi io, piegando il collo da una parte all’altra per sciogliere i muscoli. «Sai che adoro i miei fan, ma un viaggio di due settimane in compagnia della stampa basta e avanza. Così come il gruppo di paparazzi fuori dalla dogana. E quei fan infervorati che non sanno nulla di me.» Indicai fuori dal finestrino un gruppo di inseguitori. «Sembra che a qualcuno serva un massaggio.» Mentre Tessa esaminava le riviste, la cioccolata e lo champagne inviati dal suo ufficio, io guardai stancamente la folla che c’era fuori. Senza considerare i vetri oscurati un deterrente, i miei fan sgomitavano per cercare di immortalarmi con i propri cellulari. Tendevo a voler compiacere le persone per natura, ma traevo una meschina soddisfazione nell’espressione frustrata della gente che non si rendeva conto che non avrebbe ottenuto niente attraverso il vetro. Volevano di più da me ed io non ero disposta a concederglielo. Non in quel momento. Non dopo il lungo volo dalla Corea del Sud, non con indosso i miei leggings e la mia felpa, i capelli raccolti in una crocchia trasandata. Non quando tutto ciò che volevo fare era infilarmi nel letto e restarci per dodici ore. Finalmente la sicurezza dell’aeroporto si palesò per liberare il marciapiede. Nello stesso momento, la famiglia di fronte a noi finì di mettere a posto i bagagli e salì in macchina. La nostra vettura prese a muoversi ed io lo presi come il mio segnale per rilasciare un profondo sospiro e accasciarmi ulteriormente sul sedile. Niente fotocamere, niente fan. Potevo essere me stessa. Tessa ridacchiò. «Allora, vuoi che te lo prenoti?» Mi sfregai la fronte. «Cosa? Scusa. Sono esausta.» Era giorno, ma non avevo idea di che ore fossero. Tutto ciò che sapevo era che avevo attraversato la linea internazionale del cambio di data ed ero tornata indietro di un giorno. «Il massaggio. Vuoi che te lo organizzi? Posso fare una teleonata e far venire a casa tua quel massaggiatore che piace a te.» La mia testa cominciò ad annuire da sola nella risposta automatica che ci si sarebbe aspettati. Tutti sapevano che farsi maneggiare da un enorme vichingo biondo con delle mani fantastiche avrebbe dovuto fare il miracolo di curare lo stress di Los Angeles, però no. Non riuscivo nemmeno a contare quante ore avessi trascorso a farmi sfregare e massaggiare da quando avevo rinunciato alla mia vita da piccola cittadina come Lacey Leesworth per diventare la stella nascente Lacey Lee. Nessuno di quei massaggi era servito mai a qualcosa. Invece di annuire, mi voltai per guardare Tessa, che stava sfogliando una pila di tabloid che teneva in grembo. «No. Non mi serve un massaggio. Mi serve...» Uno dei tabloid mi distrasse e mi rizzai a sedere, allungando una mano verso di esso. «Ommioddio. Fanno sul serio? Delle nozze a giugno?» Tessa si affrettò a girare la rivista dall’altra parte, ma ormai era tardi. Risi, per nulla divertita, e scossi la testa. «Direi che non riesco a crederci, ma certo che ci riesco. Devo aver rilasciato un centinaio di interviste già solo nella Corea del Sud e tutto ciò di cui voleva parlare chiunque era la mia cosiddetta vita amorosa.» Amore? Hah. «Sai come sono i media,» controbatté lei, roteando gli occhi. Dal momento che lavorava per un’azienda di pubbliche relazioni, vi aveva a che fare continuamente. «Sono sempre alla disperata ricerca della prossima grande storia d’amore. Al momento tu sei la preferita in TV e Chris è- uh, ha il potenziale per diventare la prossima grande rock star da sballo.» La sua voce cambiò quando parlò di Chris, le parole intrise di un certo dubbio. «Ovvio che tutti vi vogliono insieme.» Invece di calmarmi, quell’affermazione mi fece digrignare i denti. Ogni accenno a Chris aveva quell’effetto di recente. «Sì, capisco i media. È solo che... argh!» Agitai le mani per aria. Quel gesto indicava tutta la mia frustrazione nei confronti della stampa, dei fan e perfino di Chris. Tessa fece una smorfia e mi diede una pacca sulla gamba. «Sei distrutta. Chiunque lo sarebbe dopo aver recitato e aver rilasciato tutte quelle interviste. Nessuno si era immaginato che la serie degli Hunters sarebbe stata un tale successo. Le storie d’amore tra vampiri hanno ancora un gran seguito, non solo qui negli Stati Uniti, ma anche nel mercato asiatico. Segui questi ritmi da cinque anni e lo sai come funziona. Lascia perdere tutto. E poi, non è che la gente abbai creduto al fatto che tu abbia partorito il figlio segreto di Elvis lo scorso mese.» Stava utilizzando il suo solito tono rasserenante, il che probabilmente era la prima cosa che le avevano insegnato nella Gestione delle Celebrità. Quello era stato diverso. Elvis era morto prima che fossi nata io. Chris, invece, era vivo e vegeto – per quanto ne sapevo – e si crogiolava negli articoli riguardanti la nostra relazione che sussisteva a malapena. «Con “tutto” intendi dire tutte queste menzogne?» Afferrai il giornale dalle sue gambe e lo sollevai così da poter vedere il mio volto sorridente ad un evento sul red carpet. Riconoscevo l’abito rosso. Parigi? Sydney? Non me lo ricordavo. Una foto più piccola di Chris si trovava in un riquadro nell’angolo a destra, con una scritta grande in grassetto che urlava “Fiori d’arancio o rose con spine?” al di sopra. Glielo lasciai ricadere in grembo, poi guardai fuori dal finestrino, osservando Los Angeles sfilare eppure, nello stesso momento, senza vedere nulla. «Questa è Hollywood, Lacey. Sei una stella della TV. C’è molto poco di vero nella tua vita. Se dovesse saltare fuori la verità...» Tessa lasciò teatralmente in sospeso la frase, tirandomi fuori una risata genuina. Le lanciai un’occhiata divertita. «Lo dici come se avessi un qualche profondo, oscuro segreto quando non ci potrebbe essere nulla di più distante dalla verità. Come il figlio nato dall’amore di Elvis.» Non riuscii a trattenere il sorriso che mi tese le labbra. «Tutto ciò che faccio è lavorare e dormire. Non riuscirei nemmeno a pensare alla metà delle cose che sostengono che io faccia. La mia vita è stata un libro aperto sin dal mio primo contratto e i paparazzi si sono presi liberamente tutto ciò che è avvenuto prima di allora. Nemmeno il mio vero nome è un segreto.» Lei mi rivolse un’occhiata che parlava chiaro. Mi compativa. Sì, avevo soldi e fama, ma nient’altro e lei lo sapeva. Sapeva cosa voleva dire davvero essere un’attrice famosa e, per questo motivo, era felice di restare dietro le quinte, anonima di fronte ai fan e agli stalker. Quando Tessa mi avrebbe lasciata a casa, se ne sarebbe andata a giocare a tennis o in libreria. Magari avrebbe perfino fatto un salto al negozio di alimentari struccata. Roba normale. Io non vedevo un negozio di alimentari da anni. Non potevo andare a scegliermi frutta e verdura da sola senza che i paparazzi mi seguissero, scattando delle pessime foto e mettendole online dicendo che mi stavo facendo una dieta purificante a base di succhi. Che Dio me la scampasse se mi fossi andata a prendere gli assorbenti: il giorno dopo sarebbe comparso un articolo riguardo un aborto o un post che sosteneva che il brufolo che avevo sul mento era chiaramente dovuto alla sindrome premestruale. «Non intendevo quello,» disse lei. «Ma come pensi che reagirebbero i tuoi fan se sapessero che tu e Chris non siete la loro coppia da sogno? I titoli non vengono creati in base a delle “uscite innocenti” o al “andiamo d’accordo, ma non c’è niente di serio”.» Tessa mimò le virgolette in tutti i punti giusti. Roteai gli occhi e sospirai. «Non lo so. Magari comincerebbero a reagire di nuovo alle mie capacità di recitazione invece di tutte queste... sciocchezze. Cosa pensi che direbbe la gente se sapesse che io e Chris non ci siamo nemmeno scambiati più di un singolo messaggio durante l’ultima settimana?» Tessa assunse un’espressione impanicata. «Non dirlo a nessuno.» Risi della sua faccia. «Già, proprio quello che intendo. La verità rovinerebbe la mia carriera, il che è talmente ridicolo che non saprei nemmeno elencarti in quanti modi. Detesto questa cosa, Tessa. Non voglio che la gente mi dia in sposa a Chris e sono amareggiata dal fatto che la squadra delle pubbliche relazioni mi abbia spinta a incoraggiare tutta questa stupida farsa mentre ero via.» «Okay. Aspetta solo un attimo.» Tessa mise da parte tutti i tabloid e si voltò a guardarmi, piegando una gamba sotto di sè. Indossava dei jeans stretti, dei sandali con la zeppa e una canottierina carina con delle balze davanti. Era chiaro che non era stata su un volo proveniente dall’Asia. «Cosa sta succedendo davvero? Sei molto più giù del solito. Se è stanchezza, possiamo organizzare una vacanza per farti prendere cura di te. Prendersi cura di sé è il nuovo trend del momento, in ogni caso. I tuoi fan impazzirebbero di adorazione e i giornali cavalcherebbero l’onda.» «I giornali comincerebbero a ipotizzare che sia incinta del figlio di Chris. O che sia in riabilitazione.» Non riuscivo a decidere cosa fosse peggio – una finta gravidanza o una finta bulimia. Forse sarei dovuta andare a comprarmi degli assorbenti. Se non altro avrei escluso una delle due possibilità. Tessa aprì la bocca, ma poi la richiuse con una risatina mesta. «Okay, hai vinto tu qui.» «Mm-hmm. Però una vacanza sembra fantastica.» Sospirando, mi sciolsi la coda, mi lisciai i capelli e me la rifeci. Avevo appena fatto il giro del mondo, eppure volevo andarmene. Non per seguire una tabella di marcia piena di riunioni, interviste, feste di lancio e red carped. No, in un posto tranquillo. Senza fotocamere. Senza cellulari. Senza connessione. Tessa sembrava onestamente preoccupata. Stavamo insieme da abbatanza tempo da sapere che era veramente preoccupata per me, anche se solo perché il suo lavoro dipendeva dal fatto che la mia carriera rimanesse stabile. La barriera professionale ci impediva di essere amiche, ma dal momento che era la cosa più vicina ad un’amica che avessi a Los Angeles – e visto il fatto che avesse firmato un accordo di riservatezza che le impediva di condividere i miei segreti – decisi di confidare in lei. «Hai ragione. È più che stanchezza. Mi sento sola, Tessa. Sono da sola quando mi trovo a casa ed è ancora peggio quando sono in tour. Ti prego, non dirmi che ho tutti quei “fan adoranti”.» Anch’io sapevo virgolettare nei momenti salienti. «Io non- be’, voglio i fan. È chiaro. Ma non posso vivere dell’affetto effimero di miliardi di estranei, specialmente visto che la persona cui sono attratti veramente è un personaggio inventato. Una serie di essi.» Sospirai, tirando i lacci del mio cappuccio. «Oh, sai cosa voglio dire.» Tessa annuì lentamente, facendo ondeggiare i capelli scuri. «Credo di sì. Allora – e Chris? Sarebbe davvero così brutto avere più che una relazione casuale con lui?» Di fronte alla mia occhiataccia, lei arricciò il naso e rise. «Okay, sì, domanda stupida. È un disastro arrogante ed egocentrico.» Per non accennare al fatto che fosse uno sfruttatore, ma non c’era bisogno che lo dicessi a Tessa. Sapeva bene come il mio venire accostata a Chris giovasse alla sua carriera. Alla mia? Non poi così tanto. Ero già la preferita del piccolo schermo. Il nostro presunto fidanzamento era pura finzione, partorito dall’agenzia di pubbliche relazioni che rappresentava sia me che Chris. Feci spallucce. «È... non lo so. Semplicemente Chris non è ciò che voglio.» Io volevo amore, il genere di amore semplice, dolce e basilare che aveva trovato mia sorella. Volevo il legame istantaneo. Volevo un ragazzo che mi desiderasse più di qualsiasi altra cosa. Anche del sesso eccitante. Già, volevo farlo con uno che sapesse di trovarsi a letto con me, la vera Lacey. A cosa servivano i soldi e la fama se nessuno voleva la vera me? La donna, non la star? E Chris non sapeva nemmeno chi fosse la vera me. Non gli importava. La povera Tessa non si meritava quella conversazione deprimente, per cui feci spallucce e le rivolsi un debole sorriso. «Okay, prenotami una vacanza. Assicurati che ci siano un sacco di lunghi bagni caldi. Ho solamente due settimane prima del mio prossimo tour. Facciamole valere.» «Sì! Ecco la Lacey Lee che conosco e che adoro.» Tessa battè le mani, poi tirò fuori il tablet. Mentre mi elencava a raffica opzioni per la vacanza, io presi la pila di tabloid. Il bagliore dello schermo del tablet faceva sembrare luridi e troppo ridicoli quei titoli. La-Chris era un nome di coppia assurdo. Chr-acey era ancora peggio, ma se non altro il sentimento era quello giusto. Follia era la parola giusta per tutta quella storia. Per la finta relazione che avevo con un tipo che conoscevo a malapena. Un titolo mi fece scoppiare in una risata. Tessa sollevò lo sguardo ed io le mostrai il giornale. «Rock4Ever? Cos’è, una macchina nel tempo per gli anni Novanta?» Tessa non ebbe l’opportunità di rispondere. L’auto rallentò di fronte a casa mia, che era illuminata come un albero di Natale. C’erano furgoni e altre auto parcheggiate nel vialetto e sul prato. «Porca miseria.» Tessa si sporse su di me per guardare fuori dal finestrino, gli occhi strabuzzati. «È un tour bus, quello?» «Che sta succedendo?» Io e Tessa ci guardammo. Gememmo nello stesso momento. «Chris.» Nessun altro avrebbe avuto il coraggio di trasformare la mia casa da un milione di dollari in una cazzo di sala per feste. Specialmente quando si sapeva bene che non mi trovavo in paese. Non fino a quel momento, se non altro. Usciva musica a palla da ogni finestra, così alta che riuscivo a sentirla da dentro la macchina. Mentre guardavo, sconvolta, tre donne che non conoscevo uscirono dalla porta d’ingresso con dei bicchieri di vino in mano e una canna che si passavano tra di loro. Tessa emise un verso disgustato. «Non posso crederci. Resta qui. Vado a ripulire questo casino e a sbarazzarmi di Chris.» Raggiunsi la portiera per prima e le feci cenno di lasciar perdere. «No, non farlo. Puoi tornare a casa. Ci penso io.» Potevo anche non avere alcun controllo su come i media dipingevano la mia cosiddetta vita amorosa, ma di sicuro potevo dire ad una persona la verità. Se Chris pensava di avere il diritto di appropriarsi di qualunque cosa che mi ero guadagnata facendomi il culo, si sbagliava di grosso. Quella non era una relazione, era uno stronzo egocentrico che sfruttava il mio nome. Aprendo di slancio la portiera, afferrai il mio bagaglio a mano e marciai dritta attraverso il gruppo di groupie ubriache. La porta di casa mia era spalancata. Sarebbe stato perfetto per la mia entrata drammatica se non fosse stato per una cosa. Chris non era lì a vedermi. La gente nei paraggi era o troppo andata per notarmi, o semplicemente non gli importava di essere stata beccata a sfasciarmi la casa. Probabilmente non sapevano nemmeno a casa di chi si trovassero. E perché mai avrebbe dovuto importargli? La gente di Chris apparteneva tutta alla scena del rock, erano musicisti e groupie. Una festa distruttiva era la norma, perfino in pieno giorno – qualunque ora fosse. La mia probabilmente era la terza casa o hotel che distruggevano quella settimana. Con la testa che pulsava per via della musica a palla e delle folli luci stroboscopiche che qualcuno aveva installato, vagai di stanza in stanza. La casa non era grande rispetto agli standard di Los Angeles, ma aveva vetrate a parete con viste incredibili. Quando non trovai Chris al piano terra, mi diressi di sopra, evitando lattine vuote di birra e mutandine abbandonate in giro. Non mi preoccupai nemmeno di controllare le stanze per gli ospiti. Se Chris aveva avuto il coraggio di invadere casa mia, non si sarebbe comportato da ospite. Seguendo la scia di abiti e scarpe abbandonate, attraversai la porta aperta della mia camera da letto per trovarmi di fronte ad una scena che mi avrebbe scioccata a diciott’anni. Una biondina che non conoscevo era a quattro zampe sul mio letto con Chris che le si spingeva dentro da dietro. Fino a quel momento, mi ero aggirata per la casa con una certa insensibilità, la vista che dava di matto di fronte al gioco di luci e ai festeggiamenti folli. In quel momento l’insensibilità evaporò e venni travolta da una netta vividezza. Io non volevo quello. Non volevo nulla di tutto quello. Non la casa di lusso che avevo acquistato perché era ciò che facevano le star di Los Angeles, non il famoso fidanzato rockettaro che i fan pensavano fosse esattamente come me. Non le droghe, le feste e i viaggi infiniti. Non volevo nulla. Avevo chiuso. C.H.I.U.S.O. Lasciando la valigia accanto alla porta, avanzai per piazzarmi dritta di fronte a Chris e alla sua groupie, col rumore dei suoi fianchi che sbattevano contro un sedere perfettamente sodo a riempire la stanza. Chris non dimostrò una singola briciola di vergogna quando mi vide. L’esatto opposto, in effetti. Afferrò i fianchi del suo s*x toy e si tirò lascivamente il suo culo contro l’inguine. Se doveva farsi beccare, non voleva che succedesse con l’uccello a penzoloni. No, lo voleva dentro fino in fondo. Sogghignò, rivolgendomi qullo sguardo affascinante da cascamorto che gli obiettivi adoravano. Capelli biondi scompigliati, mascella squadrata, corpo perfetto. Perfino il suo cazzo aveva un bell’aspetto – quando non era infilato in qualche figa senza nome e senza volto. Mi disgustava. Non c’era nulla di lui che mi attirasse – nemmeno prima che mi fossi dovuta parare lì a guardarlo scoparsi qualcun’altra. La sua personalità era narcisistica. I suoi sogni, superficiali. Così come il suo comportamento. No, era uno stronzo e non avevo idea del perchè avessi permesso a quelli delle pubbliche relazioni di prendere in giro la gente con quella storia. Dovevano aver adorato il fatto che fossi stata in Asia; non potevo vedere come fosse il vero Chris con l’Oceano Pacifico a dividerci. «Questo cazzo è occupato, Lace,» mi disse, la voce profonda eppure carica di sarcasmo. «Se vuoi partecipare all’azione, dovrai chiedere alla mia amichetta di prestarti la sua lingua.» «La tua amichetta.» Non avrei potuto inarcare ulteriormente il sopracciglio. Non era un’amica e ci avrei scommesso la casa che non avesse nemmeno idea di come si chiamasse. Già. CH.I.U.S.O. «Sai una cosa, chissene.» Sollevai le mani e me le lasciai ricadere lungo i fianchi. «Non ho nemmeno intenzione di chiedere. Tu e la tua amichetta dovete levarvi dal mio letto prima che chiami la polizia.» Con una mano, lui fece il giro per afferrare un seno palesemente finto. «Non lo faresti.» Assottigliai lo sguardo. «Sì che lo farei.» Non mi resi conto di stare tremando fino a quando non indicai con veemenza la porta. «Sparite. Entrambi.» La biondina si scostò i capelli lunghi dal viso e mi rivolse un’occhiataccia. «Stronzetta, hai mai sentito parlare di attendere il tuo turno?» Sollevai le mani e feci un passo indietro. Poi un altro. «Non ho intenzione di farlo.» E non mi stavo riferendo al prendere in prestito la sua lingua. Voltandomi, afferrai il telefono di casa dal comodino. «Per la miseria, Lacey.» Chris spinse via la propria partner e si guardò attorno nella stanza, l’uccello ricoperto dal preservativo che luccicava. Se non altro era stato abbastanza furbo da usare una protezione. Non ero sicura se avrei dovuto vomitare per via del porno che mi trovavo di fronte o restare colpita dal fatto che avesse preso precauzioni. «Se stai cercando di trovare i tuoi pantaloni, sono sulle scale.» Indicai alle mie spalle con un pollice. «Puoi metterteli mentre ti dirigi fuori dalla mia vita.» Lui irrigidì le spalle, ma la sua erezione appassì. Distolsi lo sguardo. Non c’era bisogno che lo vedessi. «Cosa hai detto?» «Mi hai sentita. Non ho più intenzione di farlo. Non ho intenzione di essere associata a te, nemmeno nei tabloid. Quando la tua agenzia di pubbliche relazioni vorrà sapere cos’è che è andato storto, potrai spiegarglielo.» Lui arricciò le labbra in un ghigno. «Bene. Non ho bisogno della tua faccia da stronza piena di sé per arrivare dove ho intenzione di andare. Ti venivo dietro solamente per i tuoi agganci, per far vedere al mondo la mia band. Ora l’ho fatto e non mi servi più. Non è che tu me l’abbia mai data.» E grazie a Dio. Per una volta dovevo ringraziare la mia agenda piena d’impegni per avermi tenuta lontana dal suo cazzo. Avevamo fatto cose insieme – eventi, cene, feste – ma non ci eravamo mai trovati da soli e mai nudi. Scese dal letto, togliendosi il preservativo usato e gettandolo nel mio cestino. «Sai cosa, Lacey? Accomodati, chiama la cazzo di polizia. Fai venire qui anche la stampa. Rendiamo ufficiale la nostra rottura.» Con la coda dell’occhio, colsi un movimento sulla porta. Mi voltai di scatto per scoprire che un invitato alla festa ci aveva già trovati. Il tipo indossava una maglietta da tecnico sul petto minuto e aveva il cellulare puntato verso di me, Chris e la biondina che, invece di allontanarsi in preda alla vergogna, si era messa in ginocchio sul pavimento in moquette e si era dedicata al ridare vita all’uccello floscio di Chris. «Mettilo via,» ringhiai. «Cazzo, no. Lo tengo fuori. Registriamo tutto.» Chris prese i capelli della bionda nel pugno e si spinse a fondo nella sua bocca fino a quando lei non soffocò. Sbattendo il telefono al suo posto, diedi le spalle a Chris e a tutto il resto, fermandomi solamente quel tanto che bastava per prendere la mia borsetta e il mio bagaglio a mano. Se volevano girare un porno, che lo facessero. Io non volevo averci nulla a che fare. Non volevo avere nulla a che fare con lui. Non mi serviva la polizia. Chris e i suoi invitati prima o poi se ne sarebbero andati. L’agenzia di pubbliche relazioni che ci aveva messi insieme per prima avrebbe contenuto i danni sulla casa e sulla mia immagine pubblica il giorno seguente. O non l’avrebbero fatto. Superai con una spinta il tizio sulla porta, che mantenne il cellulare fisso sulla piccola fuga di sesso in camera mia, scesi giù per le scale e uscii dalla porta d’ingresso – che era ancora aperta. L’aria fresca non mi fece sentire affatto meglio. Mentre chiamavo un’altra auto affinché venisse a prendermi e mi sedevo sul bordo del marciapiede al fondo del vialetto in attesa, mi resi conto che non mi importava che qualcuno ripulisse quel casino o meno. Semplicemente non mi importava. Quella non era la mia vita. Quella non ero io. Dovevo andarmene. Via. Solo che non sapevo dove.

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