CAPITOLO DUE

3185 Words
CAPITOLO DUE Chantelle era felicissima quando Emily e Daniel vennero a prenderla a scuola il giorno dopo, con Patricia seduta pazientemente sul sedile posteriore. Sembrava molto fuori posto nel furgoncino col suo due pezzi e la giacca, ma Chantelle non parve notarlo. Balzò sul sedile, raggiante, le guance rosse per via dell’aria fredda. “L’albero di Natale!” dichiarò. Daniel guidava. Il tempo non era ancora cambiato del tutto, anche se faceva molto più fresco di prima. Non c’era neanche ghiaccio, il che era normale in quel periodo dell’anno. Emily era grata che il tempo avesse retto finora. Voleva dire che Evan, Clyde e Stu erano stati in grado di lavorare all’isola spediti. Il vivaio di alberi di Natale era piuttosto fuori da Sunset Harbor. Potevano, certo, andare semplicemente al deposito di Ellsworth, ma quella sarebbe stata difficilmente un’esperienza magica per Chantelle! Perciò andarono ancora più in là, a quello di Taunton Bay. Mentre percorrevano la stradina accidentata e piena di buche che conduceva al vivaio, Emily vide che era valsa la pena di fare quel viaggio extra. Il vivaio era enorme, e grazie al versante spiovente che correva giù dalla strada fino al lago avevano un panorama fantastico degli alberi. “È come un’intera foresta di Natale,” disse Chantelle, meravigliata. Daniel posteggiò nel parcheggio arrangiato, che in realtà era solo un appezzamento di terra raso coperto di fieno perché non si formasse il fango. C’era una piccola casa in pannelli di legno da un lato, con un cartello fatto a mano che proclamava: alberi di Natale! Emily guardò Patricia sul sedile posteriore, accanto a Chantelle. Aveva addosso la sua solita espressione altezzosa, e scrutava fuori dal finestrino con un’espressione spaventata in vista del terreno sul quale stava per mettere piede. Ma teneva a freno la lingua, ed Emily sorrise tra sé. Quella, di per se stessa, era una piccola vittoria. Smontarono tutti dal pick-up, proprio nello stesso momento in cui si aprì la porta della casa. Ne uscì un uomo, che li salutò con la mano. Sembrava molto allegro, con una pancia rotonda. Emily si chiese se non avesse mai preso in considerazione l’idea di fare Babbo Natale; sicuramente ne aveva l’aria. “Salve, gente!” disse sorridendo apertamente. “Io sono Terry. Siete venuti per prendervi un albero?” “Certo che sì,” disse Daniel. Chantelle corse dall’uomo. “A dire il vero ce ne servono cinque. Abbiamo una locanda, sai, e un ristorante e una spa, e a tutti serve un albero. Così come alla sala da ballo.” “E se cominciassimo con uno solo?” propose Emily pensando al fatto che non c’erano ospiti alla locanda in quel momento che avrebbero potuto godersi gli alberi. “Poi, se ce ne serviranno altri, potremmo tornare qui a fare un altro giro.” La cosa parve piacere a Chantelle, che annuì. Terry mostrò loro gli strumenti di cui avrebbero avuto bisogno, poi lo salutarono e si inoltrarono nella foresta di alberi. Emily pensò al vivaio che avevano visitato l’anno precedente, che era molto pieno, gestito più come un parco divertimenti, con giri in trattore e cioccolata calda in vendita. Le piaceva di più questa esperienza essenziale, soprattutto dato che nel momento in cui entrarono nella foresta tutto si fece molto tranquillo. “È come se fossimo le uniche persone al mondo,” disse, le mani a cullare protettivamente il pancione. Si guardò indietro per vedere come se la stesse cavando Patricia. Nonostante camminasse sulle punte e avesse un’espressione leggermente sparuta, non si lamentava per nulla. Emily si chiese se magari non si stesse divertendo, pur essendo troppo orgogliosa per ammetterlo. “Nonna Patty,” disse Chantelle correndo da lei e afferrandole la mano. “Penso che ce ne siano di davvero, davvero verde scuro qua. Vieni!” Emily sorrise tra sé guardando la figlia trascinare sua madre. Non riuscì a riportare alla memoria un momento in cui Patricia fosse stata così accondiscendente, così disposta a unirsi a un’attività. Chantelle chiaramente la stava contagiando. Daniel le mise un braccio attorno alle spalle, avvicinando i loro corpi. “È meraviglioso, vero?” le disse. “Adoro come si fa prendere dall’entusiasmo per queste cose. Non vedo l’ora di vedere quanto le piacerà l’Hanukkah.” “Che giorno comincia quest’anno?” gli chiese Emily. “Il sedici.” “Quindi dopo l’arrivo di Charlotte?” chiese, con un largo sorriso, pensando al fatto che avrebbe avuto in casa una neonata durante quel meraviglioso momento dell’anno, quando tutti celebravano qualcosa. “Magari persino il primo giorno,” disse, sorridendo. “Non sarebbe adorabile?” Emily annuì. Sarebbe sicuramente stato delizioso per Daniel che sua figlia nascesse in un giorno così significativo. Proprio allora udirono Chantelle chiamarli tra gli alberi. “Mamma! Papà! L’abbiamo trovato!” Si sorrisero l’uno con l’altra, poi arrancarono verso la voce. Chantelle si trovava accanto a un meraviglioso albero dagli aghi più scuri che Emily avesse mai visto. Era anche meravigliosamente simmetrico, il tipo di albero perfetto che sarebbe stato usato per le riviste. E, ovviamente, era enorme. “L’ha scelto nonna Patty,” disse Chantelle guardando fieramente Patricia. “Adesso?” chiese Emily, contenta di vedere che le due stavano legando. Persino Patricia sembrava tranquillamente contenta. “In questo caso,” disse Daniel, “Il primo colpo lo deve dare la nonna Patty.” “Oh, Signore, no,” disse Patricia scuotendo le mani quando Daniel le offrì la sega. “Sì!” esclamò Chantelle saltando su e giù, battendo le mani. “Ti prego, nonna Patty! È davvero divertente. Ti prometto che ti piacerà.” Patricia esitò, poi alla fine cedette. “Oh, allora va bene. Se insistete.” Prese la sega e fissò l’albero come fosse un nemico. Daniel si curvò in avanti e le scostò gli ampi rami da davanti, esponendo il tronco che lei avrebbe dovuto tagliare. Patricia si accovacciò, in un chiaro tentativo di evitare di toccare il terreno fangoso col ginocchio. Emily non poté evitare di ridere tra sé e sé. Sua madre sembrava una rana! Patricia si avvicinò e segò il tronco dell’albero. Lanciò un gridolino, esultò, e si voltò a guardare la famiglia che la osservava. “Hai ragione,” disse a Chantelle. “È davvero divertente!” Emily rise sonoramente. Appena pochi giorni nel Maine con la sua famiglia e Patricia aveva mangiato una smores e tagliato un albero! A quel punto arrivò Terry con il trattore e vi caricò su l’albero. “Tutti a bordo,” disse. Montarono tutti su con l’albero, ma Patricia non si mosse. Sembrava sconvolta. “Volete che salga su quel coso?” Chantelle saltò su e giù sulla panca di legno. “È divertente! Devi fidarti di me!” “Ho scelta?” chiese Patricia. Chantelle scosse la testa, ancora sorridendo esageratamente. Patricia sospirò e salì sul rimorchio del trattore. Quando si furono tutti sistemati, Terry li riportò alla loro macchina e aiutò Daniel ad assicurare l’albero, davvero grosso, sul tettuccio del furgoncino. Poi lo pagarono e lasciarono il vivaio, tutti euforici. “Non vedo l’ora di addobbarlo,” disse Chantelle. “Ci aiuti, nonna Patty?” Patricia annuì. “Sì, ma dopo dovrò partire. Okay?” Chantelle mise il broncio, un pochino triste. “Se proprio devi. Però mi è piaciuto averti qui. Tornerai per Natale?” Emily osservò la madre sullo specchietto retrovisore. Non riusciva proprio a ricordare l’ultima volta che avevano trascorso il Natale insieme. Persino quando viveva a New York con Ben tendevano a trascorrere il Natale con la famiglia di lui invece che con Patricia. Lei non era che si facesse mai troppo prendere dallo spirito natalizio, e, per quanto riguardava Emily, sembrava un’idea sciocca lanciarsi in quella sofferenza. Si chiese se il lato più dolce di Patricia che aveva visto negli ultimi giorni potesse giungere fino a quel punto. “Forse,” disse evasiva. “Penso che tua madre e tuo padre potrebbero avere parecchio da fare a quel punto. La bambina sarà nata per quel momento, no?” “Ancora meglio!” insistette Chantelle. “Deve conoscere la sua nonna Patty.” Ovviamente capendo di essersi scontrata con il lato cocciuto di Patricia, Chantelle offrì un altro suggerimento. “O, se non per Natale, magari per Capodanno? Facciamo una festa alla locanda. Puoi venirci, no?” Patricia rimase evasiva nelle sue risposte. “Dovremo vedere,” fu tutto ciò che disse. Chantelle allora guardò Emily. “Pensi che nonno Roy voglia venire per Natale?” chiese. Emily si irrigidì. Era ancor meno probabile che suo padre riuscisse a venire, con la sua malattia in peggioramento. “Possiamo chiedere,” le disse Emily, e la conversazione si spense nel silenzio. Raggiunsero la locanda e Daniel parcheggiò. Stu, Clyde ed Evan erano a casa, perciò uscirono per aiutarli a portare dentro l’albero. Poi, tutti insieme, i quattro lo misero in piedi nell’atrio d’ingresso. “È un albero bello grosso,” disse Clyde fischiando. Si asciugò con la mano il sudore che aveva sulla fronte e abbassò lo sguardo su Chantelle. “Come farai a mettere l’angelo sulla cima? Neanche sulle mie spalle penso che ce la farai.” Per sottolineare il punto, sollevò una ridacchiante Chantelle con le sue forti braccia e se la mise sulle spalle. Le fece fare un giro intorno. Emily notò Patricia trasalire. Probabilmente era preoccupata del duro pavimento di legno che avevano sotto ai piedi, un istinto materno che persino Patricia possedeva! “Vado a prendere la scala,” disse Stu puntando in direzione del garage. Diedero una mano anche Evan e Clyde, prendendo dal garage tutti gli scatoloni con gli addobbi. Poi i tre uomini andarono in città a vedere la partita e bersi un drink dopo la lunga giornata di lavoro all’isola, lasciando solo la famiglia a decorare. “Dobbiamo mettere su della musica natalizia,” disse Emily andando alla scrivania della reception dove era stato allestito l’impianto audio. Trovò un vecchio CD di cantanti crooner e lo fece partire. La voce di Frank Sinatra riempì la sala. “E,” aggiunse Daniel. “Dobbiamo preparare della cioccolata calda!” Chantelle annuì con entusiasmo, e si precipitarono tutti in cucina. Daniel mise il latte sul fuoco, mentre Chantelle frugava in dispensa in cerca di marshmallow avanzati. Tornò non solo con i marshmallow, ma anche con confettini color arcobaleno e panna montata. “Eccellente,” disse Daniel versando a tutti una tazza di cioccolata calda, per poi terminarla con la panna, i marshmallow e i confetti. Emily non aveva mai visto Patricia consumare nulla del genere nella sua vita! La torta smores era stata una vista sufficiente, ma questa era decisamente un’altra cosa. Era come se Patricia fosse stata trasformata dallo spirito del Natale, alla fine, dopo una sessantina d’anni di resistenza! Tornarono nell’atrio, dove il gigantesco albero di Natale aspettava di essere addobbato, e si misero al lavoro. Ovviamente Chantelle prese il comando. “Qui ci servono delle luci, papà,” disse a Daniel indicando un punto nudo. “Nonna Patty, quella renna deve stare su questo ramo.” Emily si sporse verso la madre e le disse, “Chantelle ha una visione molto precisa.” Patricia rise. “Sì, lo vedo. Ha occhio per i dettagli. Un giorno sarà una grandiosa design di interni.” Emily se la immaginava bene. Oppure la vedeva come organizzatrice di eventi vari. Si toccò il pancione, chiedendosi che personalità avrebbe avuto Charlotte, se sarebbe stata simile alla sorella – una leader, un’artista, organizzata e socievole – o se sarebbe stata diversa. Forse avrebbe preso da Emily, e sarebbe stata meno incline a stare sotto ai riflettori, più contenta di leggere un libro e portare fuori i cani per tranquille passeggiate in campagna. O forse sarebbe stata come suo padre, pratica e lavoratrice, incline a momenti riflessivi. Oppure, come tendeva a pensare Emily, avrebbe preso dalla zia di cui portava il nome: dolce, fantasiosa, curiosa, calma. Non vedeva l’ora di scoprirlo. “Nonna Patty,” disse allora Chantelle demolendo il sogno a occhi aperti di Emily. “Com’era la mamma quando aveva la mia età?” Patricia era occupata a tendere una larga decorazione brillante tra i rami, intrecciandola tra di essi perché non cadesse. “A otto anni? Be’, fammi pensare. All’epoca aveva i capelli molto ricci, molto più di quanto lo siano adesso. Indossava quei bellissimi vestitini a motivo scozzese. Ti ricordi, tesoro?” Emily tornò con la mente al passato. L’abito scozzese e i fastidiosi collant coordinati con cui sua madre la vestiva sempre erano stati fonte di numerose litigate. Emily odiava il fatto di non poter correre o arrampicarsi sugli alberi perché Patricia non voleva che si sporcasse gli abiti. “Mi ricordo,” rispose. Patricia proseguì. “Suo padre allora le insegnava anche a suonare il piano. Era piuttosto brava, ma ha perso interesse.” Emily adesso avrebbe voluto non averlo fatto. Avrebbe voluto aver continuato a sedersi accanto al padre su quel malconcio sgabello, a imparare canzoni di musical e vecchi classici. Erano stati momenti preziosi, e non ne aveva tratto il massimo. Non lo sapeva all’epoca che ne avrebbe avuto bisogno. “Nonno Roy?” chiese Chantelle. “Sì,” disse Patricia. Sorrise. “Era molto dotato per il pianoforte. E lo adorava. È per quello che in questa casa doveva averne uno, anche se venivamo qui solo qualche settimana l’anno. Ma lui accendeva il fuoco e suonava per noi, ed Emily si avvolgeva in una coperta e si addormentava.” Lasciò andare un sospiro malinconico. “C’erano sempre momenti meravigliosi nel mezzo, vero, tesoro?” Emily sapeva che cosa intendeva dire. Tra il dolore della perdita di Charlotte. Che dopo la sua morte, mentre tra i suoi genitori il silenzio cresceva come un’invisibile parete di vetro, c’erano alcuni momenti di normalità, di gioia persino, quando la quiete veniva riempita dalla bellezza e veniva data alle loro menti una tregua dalla sofferenza. “Voglio bene a nonno Roy,” disse Chantelle a Patricia. “Era un bravo marito?” Patricia si voltò verso Chantelle. E, con shock e sorpresa di Emily, allungò una mano e le accarezzò la testa. “Sì. Non sempre. Ma nessuno è perfetto.” “Lo amavi?” “Con tutto il cuore.” “E adesso?” chiese Chantelle. “Basta,” la interruppe Emily. “Questa è una domanda personale.” “Non fa niente,” disse Patricia. Poi guardò Chantelle con onestà, e parlò con voce imperterrita. “Abbiamo vissuto molti anni come marito e moglie, molti anni buoni. Ma non eravamo felici, e nella vita la cosa più importante è essere felici. È stato davvero difficile dirgli addio, ma alla fine è stato per il meglio. E sì, lo amo ancora. Quando ami qualcuno non puoi smettere più.” Emily allora distolse lo sguardo per asciugarsi la lacrima che le era affiorata all’angolo dell’occhio. Per tutta la sua vita, Patricia aveva solo parlato male di suo padre. Nemmeno una volta l’aveva udita ammettere di amare ancora Roy. Cadde il silenzio, e la famiglia mise in tranquillità le ultime decorazioni sull’albero. L’aria malinconica che incombeva su di loro si dissolse solo quando Daniel prese dallo scatolone la statua dell’angelo. “È ora,” disse porgendola a Chantelle. Con un sorriso elettrizzato in volto, Chantelle salì sulla scala a pioli, allungò il braccio fin dove poteva, e mise l’angelo sulla cima dell’albero. “Ta-dan!” esclamò. Daniel la aiutò a scendere la scala e tutti fecero un passo indietro per ammirare l’opera. Emily si sentì vinta dall’emozione quando si accorse che era il primo albero che addobbava insieme a sua madre da quasi vent’anni. Patricia si era ritirata dal rituale poco dopo la morte di Charlotte. Però adesso, con attorno una nuova famiglia, e una nuova bambina che cresceva dentro a Emily, era tornata. Il tempismo era toccante per Emily, come se lo spirito di Charlotte ci avesse messo lo zampino. “Penso che sia l’albero più bello che abbia mai visto,” disse guardando con gratitudine ciascuno dei membri della sua famiglia. * Completato l’albero e bevuta la cioccolata calda, era ora che Patricia li salutasse. “Vorrei che non te ne dovessi andare,” disse Chantelle stringendo le mani attorno alla vita di Patricia. Emily osservò la madre restituire l’abbraccio alla bambina, significativamente meno a disagio di come di solito era davanti ad aperte manifestazioni di affetto. “Possiamo sentirci al telefono, se vuoi,” disse Patricia alla bambina. “Puoi chiamarci con Face Time?” esclamò Chantelle aprendosi in un largo sorriso. “Che cosa devo fare adesso?” chiese Patricia con aria sconvolta. “Videochiamate, mamma,” spiegò Emily. “Chantelle le adora.” “Ci videochiamiamo sempre con nonno Roy,” le disse Chantelle. “Possiamo? Possiamo? Possiamo?” Patricia annuì. “Certo. Se è questo che vuoi.” Sembrava sinceramente toccata, pensò Emily, che Chantelle volesse rimanere in contatto con lei. “E,” aggiunse Emily, “Per piacere, pensaci su, per Natale. Ci farebbe molto piacere averti qui.” “Non voglio dare fastidio,” disse Patricia. A quel punto intervenne Daniel. “Non daresti fastidio,” disse. “Non abbiamo prenotazioni, al momento. Se vuoi un po’ di spazio per te possiamo anche sistemarti nella rimessa.” “Be’,” disse Patricia come se stesse cercando di nascondere un’espressione commossa. “Prenderò sicuramente in considerazione la cosa.” Allora arrivò il taxi, che si immise nel lungo vialetto, le gomme che scricchiolavano sul ghiaino. Daniel raccolse la valigia di Patricia e scese i gradini del portico. Il resto della famiglia lo seguì. Persino Mogsy e Rain uscirono a salutarla, scodinzolando all’unisono mentre sbirciavano attraverso i pali. Daniel mise la valigia nel bagagliaio, poi abbracciò Patricia. Chantelle le si avvinghiò. “Ti voglio bene, nonna Patty,” esclamò. “Per piacere, torna presto.” “Sì, tesoro,” disse Patricia accarezzandole la testa. “Tra pochissimo.” Poi fu il turno di Emily. Abbracciò la madre, sentendosi piena di gratitudine e riconoscenza. Potevano anche esserci voluti anni per arrivare a quel punto – e l’orribile shock della malattia di Roy, che molto faceva pensare – ma sembrava che le cose tra di loro stessero finalmente volgendo al meglio. “Per favore, fatti sentire,” disse Emily alla madre. “Sì,” rispose Patricia. “Te lo prometto.” Si lasciarono e Patricia montò nel taxi. Emily raggiunse la sua famiglia, sentendo il braccio di Daniel attorno alle spalle e le mani di Chantelle stringersi attorno a lei. Si accarezzò il pancione con una mano, e salutò la madre con l’altra. Rimasero lì finché il taxi non fu sparito dalla vista. Quando si voltarono per tornare dentro alla locanda, Emily udì il telefono suonare. Andò alla reception e rispose. All’altro capo c’era la voce di Amy. “Em, ho appena visto il bollettino affisso fuori dal municipio,” disse. Emily stava ancora cercando di abituarsi al fatto che Amy fosse una residente di Sunset Harbor, che prestasse attenzione ai progressi della loro cittadina. “Quale bollettino?” chiese Emily. “La locanda di Raven! L’assemblea è domani. Quella che hanno posticipato a dopo il Ringraziamento.” “Domani?” esclamò Emily. “È un preavviso un po’ piccolo! E un rinvio decisamente modesto!” “Lo so. Che cosa credi che voglia dire il fatto che sia così presto?” “Posso solo presumere che il consiglio urbanistico sia giunto a una decisione rapida e unanime,” le disse Emily riportando alla mente il processo attraverso cui era passata lei per ottenere il proprio permesso. “Un sì unanime o un no unanime?” “Lo scopriremo presto.” Amy sembrava incredibilmente stressata da tutta la faccenda, cosa che Emily trovò un po’ strana considerando che era lei quella che sarebbe stata più toccata dalle conseguenze della decisione. “Dobbiamo andare all’assemblea,” disse bruscamente. “Riesci a trovare un po’ di tempo?” “Forse. Non sono sicura del perché dovrei, però. Io ho già detto la mia.” Riusciva a sentire l’impazienza nella voce di Amy. “Emily, ci devi andare. Devi bocciare la cosa! Se Raven apre una locanda a Sunset Harbor i tuoi affari ne risentiranno.” “Dovresti avere più fiducia in me,” le disse Emily. “La competizione non mi dispiace.” “Be’, dovrebbe dispiacerti, invece,” le disse Amy. “Soprattutto se viene da Raven Kingsley. Ti distruggerà.” Emily pensò ai momenti che aveva trascorso con Raven. Non avevano legato, di per sé, ma erano rimaste in termini amichevoli. Raven l’aveva aiutata quando Daniel aveva avuto l’incidente in barca, ed era anche venuta alla cena del Ringraziamento data per la città da Emily. Percepiva la locanda di Raven come una competizione amichevole. “Che cosa te lo fa dire?” disse Emily scuotendo la testa. “Raven è come qualsiasi altro imprenditore. Vuole lavorare sodo e aver successo. Lo so che in passato è stata un po’ un avvoltoio, ma vuole sistemarsi qui. Suo marito l’ha lasciata e vuole solo che i bambini rimangano nello stesso posto per un po’ di stabilità.” “Penso che tu sia un’ingenua,” disse Amy. “Il lupo perde il pelo ma non il vizio.” “Amy, mia madre ha appena bevuto cioccolata calda con panna e marshmallow e ci ha aiutati a tagliare un albero di Natale. I lupi, come i draghi, possono sì perdere il vizio.” Ma Amy non cedeva. “Raven ti farà lasciare l’attività e poi punterà alla prossima città. È quello che fa. L’ha già fatto; distrugge zone locali con i suoi grossi hotel appariscenti. Sono aziende pure, zero anima. L’ultima cosa di cui la città ha bisogno. E ne ha così tanti che terrà i prezzi delle camere schifosamente bassi, tanto per cominciare. Anche se per i primi cinque anni andasse in perdita lo farà lo stesso, solo per eliminare la competizione!” Emily non riusciva ad accettare che la Raven di cui stava parlando Amy fosse la stessa con cui aveva fatto conoscenza lei. Ma sentire quel che Amy aveva da dire cominciò ad agitarla. “Vieni all’assemblea,” disse Amy. “Okay,” disse Emily. Mettendo giù il ricevitore, si chiese se Amy avesse ragione. Magari Raven era davvero così spietata. Ma se Emily non avesse avuto la locanda, che cosa ne sarebbe stato di lei? O della sua famiglia? Improvvisamente le parve che il terreno le si facesse instabile sotto ai piedi. E se fosse venuto fuori che la vita da sogno che stava vivendo era dopotutto temporanea?
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