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Hannah Johnson, Centro elaborazione Spose Interstellari, Terra
Ero bendata, ma riuscivo a sentire il soffice mormorio di molte voci maschili che mi sussurravano tutte attorno. Ero circondata. Girai la testa a sinistra, a destra, ma non riuscivo a vedere nulla, solo il buio. Qualcosa liscio come la seta, ma liquido come cioccolato sciolto, mi avvolgeva il collo, come un collare di calore liquefatto. Una volta che finì di avvolgermi, i miei sensi si acuirono. L'odore del cazzo del mio compagno vibrava nell'aria, e sapevo che era ritto di fronte a me. Potevo odorare il profumo speziato della sua eccitazione. Conoscevo bene il sapore esotico del suo piacere sulle mie labbra. Come facevo a conoscerlo? Come facevo a sapere che il collare che avevo attorno al collo mi legava a lui, in qualche modo?
Provai a raggiungerlo, ad assaporarlo, ma gli spessi lacci che mi bloccavano i polsi sopra la testa me lo impedirono. Il desiderio per i miei compagni e il potere della nostra connessione erano forti, ma tutto quello che potevo fare era stare in piedi, nuda, e aspettare.
Il profumo della mia stessa pelle e qualcosa di stranamente metallico riempivano l'aria. Potevo sentire il soffice scorrere dell'aria fresca sulla mia pelle nuda. Avevo le gambe spalancate. Tirai le catene sopra la mia testa, provi a fare un passo in avanti, ma capii che degli spessi legacci attorno alle caviglie mi impedivano di camminare. Scalciai, ma capii che avevo solo qualche centimetro di gioco, e nient'altro.
Potevo solo aspettare. Tesi le orecchie per sentire i passi, il fruscio dei vestiti, qualunque cosa mi aiutasse a capire cosa stesse per accadere. Ero confusa, inquieta, ma il mio corpo smaniava per il tocco del mio compagno.
Quel pensiero mi mandò nel panico, e il cuore cominciò a battermi così forte che temetti potesse esplodermi dalla cassa toracica.
Che cos'era? Perché ero nuda? Dove diavolo mi trovavo? Non avevo firmato per questo, quando mi ero offerta volontaria per il Programma Spose Interstellari. Avrebbero dovuto assegnarmi a un compagno perfetto per me e per me sola. Avrebbe dovuto amarmi e proteggermi, e...
Come se l'avessi evocata, una grande mano si posò sulla mia spalla e risalì sul mio collo. Anche bendata riuscivo a sentire la forza bruta di quel tocco, e la grandezza del palmo mi fece tremare, ma non di paura. In qualche modo riconoscevo il suo tocco, e lo bramavo.
La sua voce mi riempì l'orecchio da dietro, e premette il suo petto nudo e caldo contro la mia schiena.
“Accetti la mia rivendicazione, compagna? Ti concedi a me e al mio secondo, liberamente, o desideri scegliere un altro maschio primario?” Una voce bassa e baritonale ringhiò quella domanda, e la mia figa si bagnò in risposta. La mia mente non lo riconosceva, ma il mio corpo sì.
“Accetto la vostra rivendicazione, guerrieri.” Le parole mi sfuggirono dalle labbra, come se non potessi controllarle. E, infatti, non potevo. Provai a fare una domanda per capire dove mi trovavo, cosa stava succedendo, ma era come una simulazione di realtà virtuale. Sentivo il calore dell'enorme uomo dietro di me, potevo odorare la pre-eiaculazione del mio compagno che mi stuzzicava con piaceri futuri. Potevo sentire il metallo spietato del pavimento sotto i miei piedi nudi, e lo scivolare caldo della seta liquida che mi avvolgeva il collo. Potevo bramare e smaniare e volere, ma non potevo muovermi.
Qualunque cosa sarebbe successa, era al di fuori del mio controllo.
“E allora celebreremo il rito della rivendicazione. Tu sei mia, e ucciderò qualunque altro guerriero che provi a toccarti.”
Le sue mani mi avvolsero il collo stringendomi dolcemente, un dolce ma gentile promemoria: era lui che dominava, era lui che avrebbe potuto prendermi, scoparmi, farmi venire – e non c’era niente che potessi fare.
Non volevo sfuggire a quella forza. Ne volevo di più.
Il mio compagno grugnì dietro di me e mi strinse piano la gola con la sua mano destra, e la mia figa palpitò di benvenuto. Un secondo paio di grandi mani maschili mi si appoggiarono sui fianchi, e allora seppi che un altro uomo mi si era inginocchiato di fronte.
Il primo, famelico maschio dietro di me mi stringeva forte contro il suo petto, mentre la ruvida lingua del secondo mi risaliva su per il ginocchio, su per l’interno coscia, fino a leccare il mio nucleo bagnato.
I miei fianchi sobbalzarono verso la bocca che si serrava contro il mio clitoride. Due dita enormi si infilarono dentro la mia figa, mentre la bocca e la lingua si davano da fare per farmi fremere. Respiravo affannosamente, e il grugnire dietro di me mi faceva piegare le ginocchia.
“Ti piace la sua bocca su di te?”
Sapevo, in qualche modo, che lui si aspettava una risposta, e che non ci sarebbero state menzogne. “Sì.”
“Vieni per noi, e poi ti scoperemo.” Il suo grosso cazzo si strinse contro il mio fondoschiena nudo, ed ero lacerata tra il desiderio di spingere in avanti, sulla lingua che succhiava e mi faceva contorcere, e il desiderio di spingere dietro, per stuzzicare quel cazzo che premeva contro il mio culo.
Provai a fare entrambe le cose, ma non potevo muovermi. Il mio carceriere mi teneva una mano sul collo, e con l’altra mi stuzzicava prima un capezzolo, poi l’altro, facendomi raggiungere picchi estremi. Li tirò quasi fino a farmi male, mentre l’uomo tra le mie gambe mi scopava con le dita e mi leccava il clitoride. Era così veloce… meglio di qualunque vibratore avessi mai provato quand’ero a casa.
Gemetti. Avevo bisogno di essere riempita. Scopata. Reclamata. Per sempre.
Esplosi e premetti la mia nuca contro il petto gigante dietro di me. Adesso lui apparteneva a me. Era il mio porto sicuro, il mio compagno. Quando mi collassarono le gambe, lui mi sollevò, come sapevo che avrebbe fatto. Lui era mio, ed io ero sua.
La sua voce era praticamente un brusio nelle mie orecchie. “Benissimo… adesso ti scoperemo, mia compagna. Sei nostra.”
Nostra. Sì. Li volevo entrambi. “Sì.”
Anche l’uomo sul pavimento era mio. Erano entrambi miei.
Mi liberarono le caviglie, mi fecero voltare e mi ritrovai faccia a faccia col maschio dietro di me. Mi sollevò e indietreggiò. Non vidi mentre mi liberavano i polsi. Abbassai le braccia, posai i polsi all’altezza della vita, grata per il sollievo alle spalle. Il mio compagno mi si mise in grembo. Sentii che la sua grossa cappella strusciava contro il mio nucleo, e quello fu l’unico avvertimento che ricevetti prima che lui mi sollevasse e mi invadesse con un unico, brutale movimento.
Gridai sentendo che mi impalava. Ce l’aveva enorme!
Mi riempiva così completamente che la figa mi faceva male, ed ero così eccitata da non poter pensare. Potevo solo desiderare. Ma, poco dopo, il calore familiare e piacevole della sua pre-eiaculazione si diffuse dalla mia figa fin dentro tutto il mio corpo, e mi contorsi, calda e fuori controllo. Se non si fosse mosso presto, lo avrei implorato.
“Adesso verrai reclamata. Per sempre.”
La sua voce vibrò attraverso il mio corpo. In qualche modo, sapevo cosa stava per accadere mentre si piegava all’indietro. Si distese, mi tirò sopra di lui, e il mio culo finì per aria.
Due mani si poggiarono sul mio fondoschiena nudo e mi afferrarono con una presa ferma e famelica. Mentre mi piegavo verso il mio compagno, il secondo uomo versò dell’olio caldo nel mio buco vergine facendomi gemere.
Era questo quel che aspettavo, quel che volevo. Quello per cui mi avevano addestrata.
Mi distesi sul petto del mio compagno, le mie mani sollevate sul viso, in attesa che l’altro compagno facesse breccia dentro di me, mi riempisse, mi completasse veramente.
Il mio compagno mi scivolò sotto le gambe, mi allargò le ginocchia e mi posizionò il sedere così da poterlo scopare alla perfezione. Avevo le ginocchia piegate e lui sopportava tutto il mio peso. Ero chinata in avanti, pronta ad essere riempita dal secondo cazzo.
“Presto. Fallo. Ora.”
Quella voce roca era la mia? Non riconobbi quel suono ansante, colmo di una fame disperata.
“Mi piace la tua smania, ma non provare a darmi degli ordini.” Una mano mi piombò sul sedere nudo con un forte smack, e il mio corpo si scosse mentre un calore pungente si espandeva dal mio culo fino al clitoride. Ondeggiai il culo, volevo che mi colpisse ancora. E ancora.
Mi leccai le labbra e il mio corpo si contrasse attorno al membro che mi riempiva la figa. “Prendimi.”
Smack.
“Scopami,” implorai.
Smack.
“Per favore!” gemetti mentre cacciavo i fianchi all'infuori in attesa del prossimo colpo. La miscela di dolore e piacere rovente era incredibile.
Smack.
“Per favore? È tutto quello che sai dirci?” Il mio primo compagno mi fece questa domanda, mentre aveva il cazzo ficcato tutto dentro di me.
Oh, sapevo quel che voleva, ed ero tentata di provocarlo ulteriormente, di sentire sul mio culo la calda puntura della loro dominazione, ancora e ancora. Il lampo di dolore mi accese le terminazioni nervose e mi fece tremare tutto il corpo dalla lussuria. Ma mi ero spinta al limite, ed ero così eccitata che la mia figa cominciò a pulsare, con il bisogno di venire che mi portava sull'orlo del dolore. Volevo che lui – che tutti e due loro – mi sbattesse con violenza. Avevo bisogno che mi riempissero. “Per favore, signore.”
Non mi rispose a parole, ma dovettero farsi un cenno l'un l'altro, perché la spessa testa del fallo del mio secondo premette attorno al mio piccolo e stretto fiorellino, penetrando le pareti esterne del mio culo vergine con una facilità notevole. Ora sapevo che l'allenamento a cui ero stata sottoposta era servito a qualcosa. Dopo alcuni colpi attenti ma sapienti, l'uomo dietro di me si fermò, con il cazzo completamente incassato nel mio culo.
Mi infransi in un milione di pezzi, andai in frantumi e detti loro tutto quanto. Non tenni nulla per me.
Mi arresi, completamente. Totalmente. Il mio corpo apparteneva a loro, il mio piacere, il mio stesso respiro.
Mentre il mio corpo veniva attraversato agli spasmi e si contraeva attorno ai loro cazzi enormi, i profumi cominciarono a svanire, come se stessi attraversando la nebbia, e scivolarono via fino a quando – non sparirono.
Ero da sola. Vuota.
La mia figa pulsava e si contraeva attorno al nulla.
Provai a raggomitolarmi, ma non potevo muovermi.
Lentamente ritornai alla realtà. Mi ci vollero parecchi minuti per riemergere da una strana confusione, e scoprii che ero legata a un lettino per gli esami medici nell'unità di elaborazione del Programma Spose Interstellari. Ero sulla Terra. Sbattei le palpebre, ritornando in me, e vidi la donna con cui avevo passato fin troppo tempo negli ultimi giorni.
La Custode Egara mi guardava con i suoi occhi scuri, un tablet tra le mani. Il mio corpo continuava a tremare, bisognoso, sotto le scosse che seguirono all'orgasmo che ancora mi faceva palpitare la figa. Il lettino era freddo, e il camice che indossavo era aperto dietro. Il tessuto grigio standard era ricoperto da piccole repliche dello stemma del Programma Spose Interstellari, in uno schema rosso che si ripeteva. Mi sembrava di avere indosso della carta da parati.
“Molto bene, Hannah. Il processo di abbinamento è completo.” La Custode Egara era una giovane donna dal volto severo che prendeva il suo lavoro – abbinare donne umane a compagni alieni – molto seriamente. Guardò l'attrezzatura medica sul muro sopra la mia testa e fece un cenno col capo a un assistente che portava una semplice uniforme grigia. L'assistente entrò e cominciò a rimuovere i cavi, i tubi e i sensori che mi avevano attaccato alla testa e al corpo.
“Cos'era quello, un sogno?” Mi leccai le labbra, inaridite dalle mie grida di piacere. Volevo sapere. Un sogno? Una fantasia? Un bisogno oscuro e profondo che avevo seppellito così tanto tempo fa che non sapevo nemmeno della sua esistenza? Avevo appena sognato di venire sculacciata e scopata, e non da un uomo, ma da due. E avevo avuto l'orgasmo più intenso della mia vita.