Capitolo 1

1233 Words
CAPITOLO 1 Zoran Reykill si levò di dosso il corpo della guardia morta. Si soffermò a prendere bruscamente fiato quando il dolore lacerò il suo corpo malridotto. Era rimasto in cattività per un mese e non c’era punto del suo corpo che non dolesse per via dei numerosi tagli e lividi provocati dalle percosse e dalle t*****e a cui lo avevano sottoposto. Si costrinse a far rotolare la guardia e a spogliarla. Gli avevano portato via i vestiti poco dopo averlo trascinato nell’inferno che chiamavano cella. Quella era la sua prima opportunità di fuggire. Aveva atteso a lungo che i suoi carcerieri commettessero un errore e, finalmente, lo avevano fatto, credendolo troppo mal ridotto per potersi difendere. La guardia uccisa da Zoran era entrata per giocare, pensando di alleviare la noia del turno di guardia a un prigioniero incatenato picchiandolo ancora un po’. Invece, la guardia lo aveva trovato che penzolava, appeso alla parete per i polsi e caviglie. Quando la guardia gli aveva aperto le manette ai polsi, Zoran lo aveva afferrato, spezzandogli immediatamente il collo in modo che non potesse opporsi o chiamare aiuto. Zoran sapeva che non sarebbe sopravvissuto a lungo a uno scontro. Era troppo debole. Gli ci erano volute tutte le sue forze per togliersi la guardia di dosso e trovare il pulsante che gli aveva liberato le caviglie. Dopo essersi infilato a fatica gli indumenti della guardia, prese la pistola laser e la lama, controllando che fossero entrambe cariche. Si chinò e strappò il tesserino dal collo dell’alieno. Sapeva che era tardi e che non ci sarebbero state molte guardie a quell’ora della notte. Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, percorse il corridoio buio. L’oscurità non gli creava problemi, perché si era trasformato per permettere alla visione notturna di prendere il sopravvento. La sua gente era famosa per la capacità di adattarsi all’oscurità. In quanto mutaforma draconico, avvertì la fiera che aveva dentro scalpitare. Non aveva osato trasformarsi durante la cattività. Senza l’aiuto del suo simbionte a fargli da scudo, sarebbe stato troppo vulnerabile. Cercò di controllare il proprio sé interiore mentre attraversava il labirinto che era la prigione. Sebbene fosse stato solo semicosciente quando lo avevano portato lì, conosceva la strada, avendola ripercorsa più e più volte nella sua mente durante l’ultimo mese. Anche se non fosse stato cosciente, avrebbe sentito comunque il profumo dell’aria notturna come un richiamo. Era Zoran Reykill, capo di Valdier. Era il più potente della sua specie, eguagliato solo dai suoi fratelli. Si era goduto un po’ di tempo su un pianeta remoto dell’orlo esterno del suo sistema solare, cacciando e godendo dei favori di alcune delle donne che erano state portate lì a tale scopo. Normalmente, avrebbe saltato il piacere, ma era rimasto lontano dal suo mondo per due mesi per via di una missione diplomatica. Aveva trascorso due giorni a cacciare nelle fitte foreste del pianeta prima di recarsi nel complesso cittadino. Non aveva sospettato nulla fino alla conclusione del pasto, quando aveva cominciato a sentirsi molto letargico. Aveva avuto a malapena il tempo di inviare al suo simbionte un messaggio nel quale gli diceva di essere in pericolo. Si era svegliato in catene a bordo di una nave da guerra curizana. Questo un mese prima. I curizani avevano sperato di chiedere un riscatto per la sua liberazione, dopo aver ottenuto delle informazioni riguardo alla relazione simbiotica fra il suo popolo e un organismo di metallo vivente che poteva cambiare forma e imbrigliare un potere immenso. Quel rapporto permetteva alla sua gente di godere di numerosi vantaggi, fra cui la longevità, la guarigione rapida e una capacità incredibile di viaggiare nello spazio. Zoran temeva che il suo simbionte venisse catturato e si era assicurato che rimanesse nascosto fino a quando lui non sarebbe potuto fuggire. Sapeva che ne avrebbe avuto bisogno, a un certo punto. I valdier vivevano sull’orlo esterno del cluster di pianeti di Zion. Solo negli ultimi trecento anni avevano allacciato rapporti con i sistemi stellari vicini. Dapprima, i valdier avevano selezionato con cura gli individui a cui era permesso loro far visita. Erano molto protettivi delle interazioni della loro specie con il simbionte. Solo dopo che altre specie avevano cercato di catturare e asservire l’organismo di metallo dorato, con l’unica conseguenza che il simbionte aveva aggredito e ucciso chiunque cercasse di toccarlo, i valdier si erano sentiti più a loro agio nell’interagire con le altre specie. Ciò costituiva un problema, dato che non c’erano molte femmine su Valdier e che il simbionte non tollerava molto le femmine di altre specie. E costringeva molti maschi a limitare il tempo trascorso con femmine che non venissero dal loro pianeta. Zoran doveva ancora trovare una compagna, anche se aveva molte femmine che potevano dargli piacere qualora desiderasse compagnia a palazzo. Il simbionte poteva vivere separato dall’ospitante per brevi periodi di tempo. Quello di Zoran si era diviso, in modo che una piccola parte di esso aveva potuto trovare la sua cella, guarire il suo corpo e dargli forza a sufficienza per sopravvivere alle percosse e alle t*****e. Dopodiché, il simbionte era tornato al corpo principale per ravvivarlo con la sua essenza. Se non lo avesse fatto, sarebbero periti entrambi. Ora, Zoran avvertiva la forza del richiamo del simbionte. Svoltò un angolo vicino all’ingresso. Due guardie stavano chiacchierando nella lingua dei curizani. Zoran estrasse la pistola laser e li eliminò rapidamente entrambi. Poteva solo sperare che non ci fossero altre guardie fuori dall’ingresso. Tenendosi le costole per contenere il bruciore che avvertiva, passò il tesserino della guardia sullo scanner e si fece da parte mentre la porta scorrevole si apriva. Guardando all’esterno, si mosse fra le ombre verso la pista di atterraggio. Il suo simbionte lo attendeva lì, sotto forma di un caccia spaziale. Aveva assunto una superficie riflettente che lo rendeva invisibile. Era solo il loro legame a guidare Zoran verso di esso. Nel giro di qualche istante, lui si arrampicò nella cabina di pilotaggio del caccia valdier. A un cenno della sua mano, fasce dorate si formarono lungo le sue braccia, penetrandogli nella pelle finché non fu tutt’uno con la creatura dorata. “Portaci via da qui,” mormorò in tono sommesso Zoran, cercando di rimanere cosciente. Era ferito in modo molto più grave di quanto aveva inizialmente pensato. Sentiva le ossa delle costole che sfregavano le une contro le altre. Il simbionte brillò di luce dorata mentre cominciava a sollevarsi dal complesso. Grida e sibili esplosero quando il simbionte perse la schermatura a invisibilità. Muovendosi con agilità, il caccia dorato decollò e si allontanò dal complesso a velocità accecante. Zoran sapeva di dover restare cosciente fino a quando non avesse trovato un luogo sicuro dove atterrare e permettere al suo corpo di guarire. Nella sua mente risuonarono degli avvertimenti mentre i caccia curizani decollavano per inseguirlo. Zoran non era preoccupato: sapeva che, non appena raggiunta l’orbita esterna, il suo simbionte avrebbe potuto accelerare fino a una velocità superiore a quella della luce. Concentrandosi sull’eseguire manovre difensive per sfuggire ai caccia che lo inseguivano, ordinò al simbionte di tracciare la rotta per un quadrante della galassia sconosciuto ai curizani. Non sarebbe mai riuscito a raggiungere il suo mondo in quelle condizioni. Inviò un messaggio ai suoi fratelli, sperando che lo ricevessero prima che lui perdesse conoscenza. Diede quindi il comando finale di effettuare il salto non appena oltrepassata l’atmosfera del pianeta. Fu il suo ultimo ricordo.
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