Capitolo quattro

1621 Words
Alex -Chiamami presto, Alex- mi dice Okami dandomi un abbraccio fraterno. -Lo farò prima di quanto pensi- dico con una punta di acidità in bocca. Non mento, ometto la verità. Senza dargli il tempo di aggiungere altro, lo lascio alle mie spalle e mi dirigo all'infinita coda del check-in. Mentre sono seduto nella zona dei gate aspettando il mio aereo, mio padre mi chiama, come promesso. -Figlio- dice subito con tono freddo Marduk, l'Alpha dei Rock, al quale io succederò. -Padre- rispondo con il suo stesso tono. So che non mi parla così per cattiveria e so che nonostante tutto mi vuole bene. Semplicemente è fatto così, freddo e distaccato con tutto e tutti. -Ormai qui è tutto pronto per "l'ultima istigazione", come la chiama il branco. Tutti sono assettati di sangue dei Goose, bramiamo già le nuove terre che presto avremo. Ma dimmi, quando potrò di nuovo godere della tua presenza?- mi chiede con un tono aspro, ma so che è il più dolce che mai potrò ricevere da lui. -A momenti prenderò il mio aereo. L'unico volo che partiva oggi arriva in Italia. Da lì arriverò velocemente da voi- dico riguardando i biglietti e assicurandomi sull'orario di arrivo e di partenza. -Ottimo. Tra una settimana esatta darò l'ordine. Ci sarai?- mi chiede e io chiudo gli occhi. -Certo che ci sarò, padre. Sarò già li da un paio di giorni ad addestrare i cuccioli- gli dico e lo sento sorridere dall'altra parte del telefono. So cosa dire per rendere orgoglioso il mio vecchio. -Ora devo andare. Ci sentiamo quando avrò nuove notizie- dice prima di chiudere, senza aggiungere altro. Io sospiro e ripongo il telefono nella tasca della giacca e avvicino a me lo zaino, accorgendomi di averne stappata la cerniera. Sbuffando mi guardo in torno cercando un qualsiasi negozio dove trovarne un altro. Mi guardo gli abiti e mi rendo conto che anche quelli sono logori. Osservo per un ultima volta l'orario sul biglietto e felice di costatare che sono perfettamente in anticipo, mi alzo e mi dirigo al negozio di vestiti più vicino. Vedendomi entrare la ragazza al bancone mi rivolge un leggero sorriso come saluto, che io ricambio con un cenno della testa. Osservo velocemente quello che il negozio mi offre, prendo una felpa grigia e dei jeans, i più comodi e dall'aspetto resistente che trovo e li indosso, buttando i vestiti che indossavo prima, sporchi e logori, d'avanti allo sguardo interrogativo della commessa. Sposto poi tutto quello che ho da uno zaino all'altro, butto anche quello, pago alla cassa e torno a sedermi. Tutti i lupi, quando viaggiano, usano questa tecnica. Questo ti permette di viaggiare leggero, con niente di più di una maglietta o una felpa di ricambio nello zaino, e di avere vestiti sempre alla moda nel mondo umano, il che ti permette invece di mimetizzarti anche meglio. Dopo qualche minuto, una voce meccanica annuncia che è ora possibile entrare nel mio aereoe alzandomi e prendendo il mio unico zaino, con i documenti in mano, mi dirigo all imbarco. ——————————————- Dopo dodici ore chiuso in un tubo metallico a centinaia di chilometri sopra la terra ferma, o il mare, finalmente il mio aereo atterra nell'aeroporto di Milano. Sono una tortura questi voli infiniti. Non appena sarò sceso, la prima cosa che farò sarà quella di correre un po' nella foresta più vicina. Non mi importa dove sia, il mio lupo ha bisogno di correre e ha più che ragione. Mentre mi alzo dal sedile scomodo del velivolo, una strana sensazione mi stringe il petto e mi costringe a fermarmi di colpo. Non so se si tratti di un dolore fisico, perché è come se mi facesse male il cuore, ma non letteralmente. Non so come spiegarlo a parole. Come se qualcosa mi stesse avvolgendo, un liquido bollente che si riversa sul mio cuore riempiendolo, oltre che coprendolo. Spalanco gli occhi spaventato da questo improvviso malessere e senza che possa controllarli i miei denti si allungano ed escono da soli e gli occhi cominciano a bruciarmi. Vedo con la coda dell'occhio mentre tengo il volto chino, la donna in piedi d'avanti a me ferma ad aspettare che le persona scendano dall'aereo spalancare a sua volta gli occhi per la sorpresa e quando alzo il volto fissando i miei occhi nei suoi, un gesto che mi viene spontaneo, la vedo spalancarli ancora di più, questa volta per la paura e stringere la borsa al petto. Non capendo la sua reazione, i denti poteva averli solo intravisti, dato che li stavo nascondendo fra le labbra, mi giro verso il finestrino dell'aereo e non posso credere a quello che è il mio riflesso. Le vene sul mio collo si sono gonfiate, ma la cosa più preoccupante è che i miei occhi sono diventati completamente gialli, come se mi stessi per trasformare. Preso dall'agitazione apro il mio zaino e in tutta fretta cerco il mio vecchio paia di occhiali da sole e li indosso, per nascondere quello spettacolo, poi alzo il cappuccio della felpa. In tutto questo quella donna mi sta ancora guardando e mentre rimane ferma immobile a fissarmi la coda di persone scorre e quelle dietro di noi ci urlano di muoverci. Faccio per superarla, ma quando mi trovo d'avanti al suo volto con una mano mi alzo un po' gli occhiali, in modo da mostrarle gli occhi ancora gialli e porto l'altra mano d'avanti alla bocca mimandole di fare silenzio, facendo ben attenzione a mostrarle i denti. Poi la supero e mi rimetto gli occhiali sul naso, facendo finta di niente mentre altre persone le urlano contro di spostarsi. Appena scendo dall'aero, provo a respirare a pieni polmoni per cercare di far andare via quella strana sensazione al petto, che più che farmi male mi risulta fastidiosa, ma l'unico risultato che ottengo è un ulteriore stretta ai polmoni che mi fa mancare il fiato. "Ma cosa mi sta succedendo?" penso. Spaventato supero tutti gli altri passeggeri e mi precipito all'interno dell'aeroporto. Prima di poter uscire, devo passare il controllo dei passaporti, che in aeroporti grandi come questo significa ore di coda. Preso dalla paura che mi stia davvero per succedere qualcosa di irreparabile, mentre un odore dolcissimo comincia ad avvolgermi, alzo in aria il passaporto. -Vi prego! Fatemi passare! Mia sorella sta per partorire!- grido per convincere tutti a farmi passare. Tutti i presenti si girano a guardarmi per capire probabilmente se stessi dicendo il vero. Sarà per la mia faccia stravolta per quello che mi sta succedendo o per la lacrime che non riesco a trattenere per la paura di trasformarmi lì davanti a tutti o peggio, ma tutti i presenti si spostano e con sorrisi dolci, sussurrando auguri, mi lasciano passare subito i controlli. Appena riesco a mettere fuori piede dalla zona arrivi, intravedo finalmente l'uscita dell'aeroporto, faccio per prendere la scala mobile che mi avrebbe portato al piano di sotto, verso l'uscita, quando qualcosa mi fa immobilizzare davanti al primo gradino. Improvvisamente tutto il mio corpo smette di reagire e nel mio stomaco si scatena un branco di lupi in calore che scalpita. Le orecchie cominciano a fischiarmi e la vista mi si appanna. Le persone dietro di me mi spostano urtandomi ma io nemmeno me ne accorgo. Improvvisamente la mia vista mette a fuoco un punto, al piano di sotto, senza che io abbia deciso di farlo. Il mio corpo non reagisce più ai miei ordini, ha una mente propria. Metto a fuoco quel punto e in corrispondenza dello stesso, la ragazza più bella che io abbia mai visto è intenta a fissarmi senza vergogna. La squadro dalla testa ai piedi, mentre un ondata ancora più forte dell'odore fantastico e dolcissimo, che sa di vaniglia e fragole, lo avevo sentito anche poco prima e non mi aveva lasciato per tutto il tempo, mi colpisce ancora inebriandomi e io nevprendo un grande respiro come se ne andasse della mia vita. La ragazza ha dei capelli castani, lunghi fino alla vita, mossi con delle onde perfette, onde piene di riflessi biondi, come lo sono quelle vere con i riflessi della luce del sole. Ha un viso piccolo, una pelle che nonostante sia un po' abbronzata, sembra fatta di porcellana. Poi mi fermo a fissare le sue labbra rosa a forma di cuore. Chissà come deve essere baciarle. Salgo più su e mi fermo al suo naso. Non ne ho mai visto uno più perfetto, leggermente all'insù, con un lievissimo velo di lentiggini che lo copre. Poi, il mio sguardo si inchioda nei suoi occhi. Due pozzi oscuri, che in quel momento illuminati dal sole, sembrano la corteccia di un albero secolare coperto da oro colato. Sono enormi, richiusi in ciglia folte e nere, come le sopracciglia. Mentre il mio sguardo non riesce a distogliersi dal suo, mille emozioni mi travolgono, come un fiume in piena. La pelle mi brucia in ogni suo singolo centimetro, come se miliardi di scheggia infuocate mi stessero colpendo contemporaneamente, sento il sangue nelle vene ribollirmi ma allo stesso tempo correre velocissimo, come se ne dipendesse della sua esistenza. Un improvvisa scossa mi percuote, dandomi un immediato senso di pienezza che mai in tutta la mia vita avevo provato. Tolgo gli occhiali da sole, come se volessi che anche lei mi vedesse allo scoperto. Appena i suoi occhi si incatenano ai miei per davvero, improvvisamente il bruciore cessa e sento il respiro farsi sempre più pesante, sento gli artigli entrarmi e uscirmi dalle dita, ma non mi importa. Rimango lì impalato a fissare quell'angelo, mentre lei fa lo stesso e centinaia di persone ci spingono per superarci in uno degli aeroporti più grandi al mondo.
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