«Sono tutte bagnate e appiccicose, vero?» le chiese Trent.
«Già».
Lei finì di slacciarsi la camicia e se la sfilò, restando con il reggiseno di pizzo bianco e la gonna a vita alta dritta, sotto al ginocchio.
Staccò il phon dal suo supporto e iniziò a usarlo per asciugare la macchia bagnata. Si appoggiò al lavandino e gli lanciò uno sguardo tranquillo, come a dimostrare che non vedeva nulla di strano nella situazione. Il phon faceva parecchio rumore, così anche continuare a conversare non era semplice.
Lui si grattò la nuca, evidentemente combattuto.
Alla fine disse: «Dai qua, lo lavo».
La sua voce fu quasi del tutto coperta dal rumore del phon, dato che non aveva gridato per farsi sentire. Helen sentì lo stesso e vederlo avvicinare non la colse alla sprovvista.
Le accelerò semplicemente il battito cardiaco.
Trent le andò alle spalle e le sganciò il reggiseno. Glielo sfilò con gesti gentili, un po’ impacciati. Le sfiorò la parte inferiore dei seni, che erano davvero umidicci e un po’ appiccicosi.
«Sì, devi lavare anche queste» considerò, con un lieve sorriso.
Si scostò. Aprì il rubinetto, ma aspettò ancora un attimo prima di mettere il reggiseno sotto il getto dell’acqua. Invece se lo portò alle narici e aspirò, chiudendo gli occhi.
«È un po’ l’odore di tutto quello che mi piace nel mondo» disse. «Un profumo floreale, il sudore di una donna e il whisky. Che bouquet perfetto».
Helen tornò a occuparsi della sua camicia. Ormai era quasi del tutto asciutta.
Trent sciacquò le coppe del reggiseno, cercando di non zupparlo del tutto. Helen appese la sua camicia a un supporto per gli asciugamani.
«Facciamo cambio» disse, porgendogli il phon.
Lui strizzò il reggiseno e le lasciò il lavandino. Helen si chinò per sciacquarsi le tette. Ovviamente lui la guardava. La guardò bagnarsele con le mani e poi prendere un po’ di sapone liquido dal dispenser. La guardò mentre se le insaponava, poi mentre le risciacquava.
Helen non fece nulla di diverso da quello che avrebbe fatto da sola. Non si palpò i seni, non si stuzzicò i capezzoli – anche se si erano induriti e avrebbe voluto massaggiarli.
Si lavò via il sapone, mentre lui asciugava le coppe del suo reggiseno con il phon. Continuando a guardarla.
Quando ebbe finito lui le passò un asciugamano e Helen si tamponò usando quello.
Trent sollevò appena il reggiseno, mostrandoglielo. «Qua ci vorrà ancora qualche minuto. Perché non vai a riposarti, nel frattempo? Sarai stanca».
Helen annuì.
Passò nell’altra stanza e si sedette in fondo al letto. L’aria aveva un buon odore, lì dentro. Dalla finestra socchiusa proveniva un refolo di vento. Si lasciò cadere con la schiena sul materasso, posò la testa sulle braccia incrociate e chiuse gli occhi.
Immaginò.
Quel pomeriggio aveva preso la strana consistenza dei sogni, quindi immaginò senza falsi pudori. Immaginò Trent che la raggiungeva, le palpava i seni, glieli baciava... le saliva sopra... lei apriva le gambe...
Immaginò di venir presa con forza, con entusiasmo un po’ ebbro. Immaginò di venire palpata con mani pesanti e graffiata. E morsa. Lo immaginò grugnire, un piccolo grugnito sporco a ogni affondo. Immaginò il suo cazzo che le bruciava dentro.
Sospirò e sollevò lievemente il bacino, ma non fece altro. Non iniziò a toccarsi, anche se da un lato le sarebbe piaciuto che lui la trovasse così.
Aveva i seni indolenziti dall’eccitazione, la fica umida e pronta... se lui l’avesse presa per le caviglie e le avesse fatto il culo le sarebbe andato bene anche quello. Non lo immaginava romantico. Le sembrava un tipo troppo arido per quelle cose. Lo immaginava determinato ed egoista e il sesso sarebbe stato... intenso e squallido. Le andava bene. In realtà l’idea la eccitava.
Trent rientrò e lei socchiuse gli occhi. Lui posò il reggiseno sul letto con un gesto stanco.
Sospirò.
«Dio, quanto ho bevuto» disse.
Si inginocchiò pesantemente davanti a lei. Davanti alle sue gambe, ai suoi piedi nelle scarpe decolté. Le tirò su la gonna, su fin sopra la vita.
Helen non portava le calze a causa del caldo, ma aveva un piccolo paio di slip di pizzo bianco. Trent glieli sfilò lentamente, senza dire una parola.
Quando lo ebbe fatto le scostò gentilmente le cosce, aprendola davanti a sé. Si chinò per annusarle la fica, Helen sentì il suo fiato sulla pelle nuda, depilata. Sentì che le grandi labbra si dischiudevano, lasciando uscire tutto l’afrore del suo sesso.
«Vedi, l’idea di farmi una donna più giovane, così bella... proprio ora, mentre ho l’amor proprio a pezzi e soffro stupidamente per Mirela... è seducente, non dico di no. Ma ho bevuto un sacco, davvero un sacco, e se non mi venisse duro mi deprimerei ancora di più. Quindi... hai un odore così buono...»
Helen sentì la sua lingua. Chiuse di nuovo gli occhi, godendosi il momento. La sentì insinuarsi nella sua fessura, leccare via i suoi umori. Le sue mani sulle cosce. Il suo respiro, dal naso.
La sua lingua la percorse per il lungo, la sua bocca la baciò. Aprì ancora le cosce e spinse la fica verso di lui. Trent le succhiò il clitoride dolcemente. Lo leccò e lo titillò.
Helen iniziò a godere. O meglio, iniziò ad ansimare.
Trent la mordicchiò, continuando a succhiarla. Le sfuggì un gemito di piacere. Il suo respiro sulla passerina... caldo... ansimante...
Sentì un dito che le entrava dentro. Scivolò nel suo buchetto, bruciante. La massaggiò dall’interno, mentre la sua bocca continuava a stimolarle il clitoride. Il piacere era come corrente elettrica, a quel punto. Si irradiava dalla fica a tutto il suo corpo, dalle tette al buchino posteriore.
Sollevò i piedi da terra. Si sfilò le scarpe e gli posò le piante sulle spalle.
«Mh, sì...» ansimò lui. Le strofinò la faccia sull’interno delle cosce. La sua barba la grattò in modo meraviglioso.
Helen sciolse le proprie mani da dietro alla nuca. Si massaggiò i seni, poi infilò le dita tra i capelli di lui. Erano folti e puliti, accarezzarli era bellissimo.
Lui le succhiò forte il clitoride. Usò un secondo dito per violarla anche dietro e Helen guaì. Un attimo dopo cominciava a contrarsi.
Trent le morse la fica, il respiro sempre più veloce. Il piacere le esplose tra le gambe, nel sesso, nel culo... Helen gli squirtò in faccia, dimenando i fianchi. Lui la leccò e la morse ancora. Ancora. Ancora. Finché le sue pulsazioni non si spensero e le dita che le teneva dentro non diventarono fastidiose.
Emise un lamento, scostandosi.
Trent capì. Allontanò la mano e le baciò di nuovo la fica.
«Hai un sapore buonissimo» le disse. «Ora mi dici tutto il tuo nome?».
«Helen Spiro» rispose lei, ancora ansimante. Sapeva che quello avrebbe messo fine a qualsiasi ulteriore effusione.
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Non era giusto, ma Helen ormai ci era abituata. Gli uomini si spaventavano, in un certo senso. Si sentivano in colpa, o inadeguati, o comunque davano per scontato che avrebbero avuto dei problemi. Non ne parlavano mai, ma Helen sapeva che era qualcosa del genere, qualcosa che non avrebbero ammesso neanche sotto tortura, ma che impediva loro di avere una relazione con lei.
No, anzi, questo non era vero. Definire così la faccenda non era onesto, da parte sua.
Quello che non potevano avere era una normale relazione con lei. Alcuni avevano provato a frequentarla, addirittura a stare con lei. Ma durante il sesso erano troppo cauti e continuavano a chiederle se le andasse di fare così, o se fosse tutto okay, o a specificare che si fermavano quando voleva lei. Questi erano gli uomini decenti che aveva frequentato.
Ce n’erano stati anche degli altri. Uomini che si eccitavano all’idea dei suoi trascorsi.
Quelli li eliminava Helen, con tutto il disgusto possibile.
Ma la maggior parte, i ragazzi meravigliosi e sexy che piacevano a lei... niente, diventavano un po’ fratelli maggiori e un po’ cavalieri medievali ansiosi di proteggerla. Non poteva funzionare... e infatti non funzionava mai.
Francis Trent non fece eccezione.
Alzò la testa e la guardò dalla sua posizione tra le gambe di lei.
«Helen Spiro. Dove ho già sentito questo nome?».
Lei lo scavalcò con una gamba, rimettendosi a sedere. Prese il reggiseno che lui aveva asciugato.
«Ho scritto un libro». Se lo agganciò. «Be’, ne ho scritti quattro, ma il best-seller è il primo. Dark Water. Parla dell’assalto alla piattaforma petrolifera Sea Horse, al largo della Scozia».
Trent provò ad alzarsi, ma finì solo per cadere all’indietro, sul proprio sedere.
«Cristo» borbottò.
Poi cercò di darsi un tono. Lo facevano tutti. «Ah, Cristo, sì. Per questo ti ricordavi del mio periodo da consulente. Quegli schizzati mi avevano tirato in mezzo. Ho capito chi sei. Uno degli ostaggi, eh? Mi ricordo. Una giovane laureata in ingegneria. Era... che cosa, un praticantato?».
«Sì».
«Le Ocean Brigades hanno assalito la piattaforma armi in pugno. Ci sono state delle vittime. Tu e un’altra decina di persone siete stati sequestrati. Ci sono state... violenze. Avevano richieste del tutto assurde, ovviamente. Be’, ora non ricordo i dettagli».
Helen si alzò e recuperò i suoi slip. Se li rinfilò con calma.
«Non sono dettagli così piacevoli, in ogni caso» disse, con un sorriso gentile.
Lui riuscì ad alzarsi. «Ehm, no. No, ricordo che non sono piacevoli. È stata un’azione terrorista. Insensata, tra l’altro. C’è stato un bel po’ di clamore mediatico... tutti gli ecologisti veri, anche quelli più cazzuti, si sono dissociati. Ci sono state... non so. Fiaccolate, scemenze del genere. Cioè, voglio dire...»
Helen si mise a ridere. «Scemenze va benissimo».
«Già, be’. Non erano molto utili, in ogni caso». Alzò gli occhi al soffitto, come in cerca di ispirazione. Nel contempo cercò di ripulirsi la faccia con una mano. «Sarò del tutto sincero» disse.
«Non esserlo».
Helen andò in bagno e recuperò la sua camicia. La infilò e iniziò a riabbottonarla.
«Io sarò del tutto sincera. Avevo voglia di fare sesso con qualcuno che non sapesse chi fossi. Ho avuto la speciale soddisfazione di provare il ruolo opposto, perché so chi sei tu. Ho seguito la tua carriera, più o meno. Per il mio libro ho ricostruito la tua posizione a quel tempo. Non ha importanza» concluse, con una scrollata di spalle. «Sei tutto incasinato perché stai divorziando...»
«Mia moglie mi ha mollato per un altro, veramente» specificò lui.
Helen si avvicinò e gli sfiorò le labbra con un bacio.
«E hai l’amor proprio ferito, l’hai anche detto. Se può aiutare credo che tu sia un uomo bellissimo e sarei stata piuttosto contenta di farmi sbattere da te. Ma va bene anche così. Diciamo che ognuno ha avuto più o meno quello che voleva. Una conferma della tua mascolinità tu... un quarto d’ora senza essere la povera vittima della brutalità maschile io. Personalmente mi va bene così».
Trent sbuffò e le passò una mano tra i capelli.
«Sei una gran figa, comunque. Bene, sono soddisfatto anch’io. E ora?».
Lei scrollò le spalle. «Credo che salterò il cocktail finale».