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Amanda Bryant, Centro di elaborazione Spose Interstellari, Terra
Tutto ciò non poteva essere reale. Ma sembrava reale. L’aria calda sulla mia pelle sudata. L’odore penetrante della scopata. Le lenzuola morbide sotto le mie ginocchia. Il corpo marmoreo dietro di me. Ero bendata, la seta rendeva tutto nero come la notte. Ma non avevo bisogno della vista per sapere che un cazzo era conficcato in profondità nella mia fica. Un grosso cazzo ben tornito.
Era reale. Era reale!
Ero in ginocchio su un letto, l’uomo dietro di me, mi stava scopando. I suoi fianchi si muovevano, martellando il suo cazzo contro tutte le deliziose terminazioni nervose, le mie pareti interne avvolte attorno a lui. Le sue cosce dure erano dietro di me, un braccio attorno alla mia vita che mi stringeva il seno, ancorandomi sul posto per non farmi muovere. Potevo solo prenderlo mentre me lo spingeva in profondità dentro di me. Non potevo andare da nessuna parte – non che volessi farlo. Perché avrei dovuto voler andarmene. Era così piacevole. Il suo cazzo era fantastico mentre mi apriva, mentre mi riempiva.
Non era solo l’uomo dietro di me a farmi perdere la testa. Un secondo uomo – sì, ero con due uomini! – mi baciava scendendo verso il mio ventre. Calde leccate nel mio ombelico e poi giù, sempre più giù…
Quanto tempo ci voleva prima che le sue labbra arrestassero il loro tragitto sul mio clitoride?
Quella piccola protuberanza pulsava e palpitava piena di desiderio. Sbrigati, lingua, sbrigati!
Come poteva tutto ciò essere reale? Come potevano due uomini toccarmi, leccarmi, scoparmi? Eppure, eccoli lì. L’uomo dietro di mi avvolse l’interno coscia con le sue mani forti e mi fece spalancare ancora di più le gambe così che l’altro potesse esplorarmi con le sue mani, la sua lingua… e trovare il mio clitoride.
Finalmente! Spostai i miei fianchi in avanti, volevo di più.
“Stai ferma, compagna. Sappiamo che vuoi venire, ma dovrai aspettare.” La voce profonda vicino al mio orecchio respirò quelle calde parole contro il mio collo, proprio mentre muoveva i suoi fianchi, allargandomi tutta con il suo cazzo gigante.
Aspettare? Non potevo aspettare! Ogni volta che il suo cazzo si immergeva a fondo, la lingua sul mio clitoride premeva e poi leccava. Nessuna donna sarebbe potuta sopravvivere a un cazzo combinato con premute e leccate.
Gemetti. Mugugnando, provai a roteare i miei fianchi per godere. Lo adoravo. Li volevo entrambi dentro di me. Volevo disperatamente che mi reclamassero, che mi facessero loro per sempre.
Per un istante la mia mente si ribellò dal momento che non avevo compagni. Non avevo un amante da più di un anno. Non avevo mai avuto due uomini insieme. Non avevo mai desiderato che mi riempissero entrambi i buchi. Chi erano questi uomini? E chi ero io –
La lingua si era allontanata dal mio clitoride e gridai: “No!”
Presto, quella bocca era sul mio capezzolo e sentii che l’uomo davanti a me sorrideva sulla mia pelle morbida. Me lo tirò e me lo succhiò fino a quando non piagnucolai, supplicando per averne ancora. Ero al limite, il mio corpo era sull’orlo dell’orgasmo. Il cazzo che mi riempiva era incredibile, ma non era abbastanza.
Ne avevo bisogno.
“Ancora.”
La supplica lasciò le mie labbra prima che potessi controllarmi e un’oscura parte di me si eccitò pensando alla punizione che già sapevo la mia richiesta mi avrebbe procurato. Come facevo a saperlo? Ero così confusa, ma non volevo perder tempo a pensare, volevo solo godere.
Immediatamente una mano mi afferrò i capelli con forza tirandomi la testa all’indietro con una fitta dolorosa. L’uomo dietro di me mi fece voltare verso di lui, stuzzicandomi le labbra con le sue.
“Tu non fai richieste, compagna. Tu ti sottometti.” Mi baciò, la sua lingua era un’intrusione forte e dominante nella mia bocca. Spingeva a fondo mentre mi scopava, la sua lingua e il suo cazzo invadevano il mio corpo come fossero un tutt’uno: indietreggiavano fino quasi a uscire e poi si rituffavano dentro, ancora una volta.
L’altro mio compagno – come, compagno? – usava le dita per allargarmi le grandi labbra sempre di più. Mi leccava la clitoride, poi vi soffiava delicatamente mentre il cazzo che mi scopava martellava in profondità, poi quasi smetteva. Leccata. Soffio. Leccata. Soffio. Ero quasi in lacrime, la mia eccitazione era tale da non poter essere contenuta.
“Vi prego, vi prego. Vi prego.”
Una piccola lacrima fuggì dall’orlo della mia benda, bagnandomi la pelle lì dove la mia guancia toccava il mio compagno. Smise subito di baciarmi, la sua lingua calda tracciò il percorso con un rumoroso ruglio. “Ah, implorare. Amiamo quando le nostre compagne ci implorano. Significa che sei pronta.”
Quello che mi figuravo inginocchiato di fronte a me, quello che mi torturava con la sua bocca, alla fine mi parlò.
“Accetti la mia rivendicazione, compagna? Ti concedi liberamente a me e al mio secondo o desideri scegliere un altro maschio primario?”
“Accetto la vostra rivendicazione, guerrieri.” Giurai, e i miei compagni grugnirono: ormai erano quasi fuori controllo.
“Allora ti reclamiamo con il rito del battesimo. Tu ci appartieni e uccideremo qualunque altro guerriero osi toccarti.”
“Che gli dei ti siano testimoni e ti proteggano.” Il coro di voci risuonò attorno a noi, e io singhiozzai quando l’uomo in ginocchio davanti a me mi morse l’interno coscia, come in un’oscura promessa di piacere.
“Vieni per noi, compagna. Fa’ vedere a tutti come i tuoi compagni ti fanno godere.” Il compagno dietro di me emise l’ordine e subito dopo la sua bocca mi distrusse le labbra con un bacio violento.
Un momento… a tutti chi? Prima ancora che potessi finire questo pensiero, la bocca dell’altro uomo si strinse con forza sul mio clitoride, succhiando e leccando, spingendomi al limite.
Urlai, ma il suono si perse mentre ondate di estasi si abbattevano su di me. Il mio corpo divenne teso come un arco, solo le pareti della mia fica tremavano stringendo il cazzo che continuava a scoparmi. Era duro, così duro… mentre la lingua che continuava a leccarmi il clitoride era così dolce e gentile.
Il calore sbocciò sulla mia pelle, un bianco accesso sfarfallò dietro le mie palpebre, le mie dita fremettero. Diamine, tutto il corpo mi fremette. Ma i miei compagni non avevano ancora finito con me, non mi lasciarono nemmeno riprendere fiato prima di sfilarmi da quel cazzo enorme e farmi voltare. Sentii il frusciare delle lenzuola, sentii il letto che si muoveva. Fui sollevata sopra di lui. Le sue mani mi si posarono sui fianchi, mi fece abbassare fin sopra il suo cazzo. In un istante, mi aveva riempito di nuovo e mi pompava mentre il mio altro compagno allungava la mano da dietro e mi toccava il clitoride. Ero così eccitata, sensibile, che ero subito sul punto di venire.
Il desiderio cresceva dentro di me, mi irrigidii, trattenni il fiato mentre il fuoco mi percorreva tutta. Stavo per venire un’altra volta. Loro mi stimolavano con semplicità, conoscevano il mio corpo, sapevano come toccarmi, come leccarmi, come succhiarmi. Come scoparmi così perfettamente che tutto quel che dovevo fare era venire. Ancora e ancora. “Sì. Sì. Sì!”
“No.”
Quel comando fu come un guinzaglio e il mio orgasmo si inginocchiò, in attesa. Una mano decisa mi schiaffeggiò sul fondoschiena nudo. Risuonò un forte crack, si fece sentire come un dolore fulmineo. Per tre volte. Quattro. Quando si fermò, mi investì un calore fastidioso. Avrei dovuto odiarlo. Mi aveva sculacciata! Ma no. Al mio corpo traditore piaceva, perché quella sensazione aggiuntiva andò dritta ai miei seni, alla mia clitoride. Sembrava che tutto il mio corpo fosse in fiamme, ne volevo ancora. Volevo i loro comandi. Volevo il loro controllo. Volevo tutto. Avevo bisogno che entrambi i miei compagni mi riempissero, mi scopassero, mi reclamassero. Volevo essere loro per sempre.
Mani decise mi afferrarono il culo e mi spalancarono le natiche per il compagno che era dietro di me. Mentre quello disteso sotto di me mi teneva aperta e teneva giù il bacino scopandomi con colpi brevi fino a che non raggiunsi un’euforia beata. La mia fica era così piena… come avrebbe potuto l’altro compagno ficcarmelo nel culo? Come avrebbero potuto reclamarmi senza farmi male? In qualche modo sapevo che mi sarebbe piaciuto. I ricordi del dildo che mi riempiva, mi apriva, mi preparava per questo – quei ricordi mi riassicurarono. Mi era piaciuto avere quel dildo dentro di me, così ero certa che sarei morta di piacere con due cazzi dentro di me.
Il mio bisogno non era solo quello di scopare i miei due compagni insieme. Era di rivendicare quel che mi spettava e far miei questi uomini per sempre. Solo la loro doppia penetrazione avrebbe potuto farlo. Amavo questi uomini. Li volevo. Li volevo entrambi.
Il dito del mio compagno mi esplorò il culo vergine, ma sapevo che il suo cazzo ci sarebbe entrato. Entrambi gli uomini erano potenti, dominanti, ma gentili. L’olio per l’accoppiamento che aveva usato per far entrare un dito, e poi un altro, era una vampata ben accolta dal mio corpo. Ansimai mentre il calore delle sue dita mi apriva e si assicurava che fossi pronta per essere reclamata.
Delle braccia mi avvolsero e il compagno sotto di me mi tirò in basso e mi fece appoggiare sul suo petto ampio. Le sue mani mi carezzavano lungo la spina dorsale, su e giù.
“Inarca la schiena. Sì, così.” Le dita mi scivolarono via dal culo e, mentre mi sentivo aperta e pronta, mi sentii vuota. Ne volevo di più. Il compagno dietro di me continuò: “Quando ficco il mio cazzo dentro questo culetto stretto, sarai nostra per sempre. Tu sei il legame che ci unisce tutti quanti.”
La cappella glabra del suo cazzo spinse in avanti, lentamente, riempiendomi al punto che pensai sarei morta di piacere. La pre-eiaculazione sulla punta del suo cazzo scivolò dentro di me infiammandomi le terminazioni nervose, una scossa elettrica che andò dritta al mio clitoride.
Provai a resistere, provai a comportarmi bene, a negare il piacere che si faceva strada dentro di me, ad aspettare per il permesso. Ma non ci riuscii.
Venni con un grido. La mia fica era in preda alle convulsioni. Per poco con la forza dei miei spasmi muscolari non cacciai fuori dal mio corpo il secondo cazzo. Non potevo pensare, respirare, e ogni spinta dei cazzi dei miei compagni mi spingevano più su, finché non venni di nuovo –
“Sì!”
“Signorina Bryant.”
La voce della donna sembrava fatta d’aria sottile. Mi riempì la mente con il brivido gelido della realtà. La ignorai, rincorrendo l’estasi che avevo appena provato: ma più provavo a concentrarmi sui miei compagni, più era difficile sentirli. Il loro profumo era scomparso. Scomparso il loro calore. Scomparsi i loro cazzi. Urlai “No!” mentre delle dita fredde e dure mi afferravano la spalla e mi scuotevano.
“Signorina Bryant!”
Nessuno mi aveva mai toccato in quel modo. Nessuno.
Anni di allenamenti di arti marziali vennero a galla e subito provai a roteare il braccio per bloccare l’assalto alla mia spalla. Non volevo che quelle mani fredde mi toccassero. Non volevo che nessuno mi toccasse, soltanto i miei compagni. Quelle mani forti erano così gentili.
Il dolore acuto delle manette che mi tagliavano i polsi mi riportarono alla realtà. Non potevo scacciare quella mano, non potevo colpirla. Ero in trappola. Bloccata. Ammanettata a un qualche tipo di sedia. Senza difese.
Mi guardai attorno sbattendo le palpebre. Provai a orientarmi. Dio, la fica mi pulsava di desiderio, ero esausta. Ero nuda sotto la vestaglia da ospedale, ammanettata a un lettino che pareva più una sedia da dentista che un letto d’ospedale. L’aria mi entrava ed usciva dai polmoni rapidamente e affannosamente mentre provavo a calmare il cuore che mi batteva forte. Il mio clitoride gonfio pulsava. Volevo toccarlo con le dita, finire quel che i due uomini avevano cominciato, ma era impossibile. In manette, tutto quel che potevo fare era stringere i pugni.