I Il sindacato del crimine e l'uomo che lo fece a pezzi-1

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I Il sindacato del crimine e l'uomo che lo fece a pezzi Douglas Campbell sembrava un uomo sui quarantotto anni abbastanza insipido, era alto e con le spalle larghe. Anche se non ne aveva colpa, le sue sopracciglia si congiungevano, le donne lo descrivevano come un tipo eternamente arrabbiato. Dato che faceva il presidente e il direttore generale delle Assicurazioni Riunite era normale che non avesse il benché minimo senso dell'umorismo. Era, lo dicevano tutti, un uomo serio e solenne che parlava bene ed era sempre molto attento e preciso. Una mattina di primavera era seduto alla sua scrivania occupato a leggere la corrispondenza. Appoggiò le lettere per guardare l'orologio. “Tra qualche minuto arriverà il signor Robert Brewer” - disse. - “Quando arriva fatelo subito passare e non disturbateci”. “Molto bene, signore” - disse il suo segretario. Qualcuno bussò alla porta e il segretario prese dalle mani di un impiegato un biglietto da visita. “È Brewer” - disse. “Fatelo entrare” - disse Campbell, alzandosi come in attesa. Robert Brewer era un giovanotto vestito come un damerino che emanava intorno a sé un'aria di indefinita eleganza. Aveva un paio di baffi sottili e molto curati. Davanti all'occhio destro aveva il monocolo e il suo atteggiamento era pieno di quella baldanza che solo la giovinezza è in grado di dare. Si avvicinò a Campbell tendendo la mano. “Vecchio mio! Sei contento di vedermi?” “Non ne sono completamente sicuro...” - disse Campbell. - “Su, siediti. Sei molto elegante e brillante questa mattina...” “Davvero?” - esclamò Brewer piacevolmente colpito. - “In effetti mi sento molto in forma. Ma passiamo subito agli affari. Non credo proprio che tu mi abbia fatto venire qui da New York solo per farmi dei complimenti.” “Sei un uomo meraviglioso, Bob” - disse Campbell ammirato. - “Se solo avessi avuto la metà della tua bellezza quando ero giovane, la metà della tua durezza, avessi avuto anche un solo briciolo della tua freddezza, della tua audacia e mancanza di scrupoli, oggi sarei milionario!” “E invece sei due volte milionario” - disse Brewer - “mentre io sono solo un povero diavolo di investigatore assicurativo e trovo infinite difficoltà nel far quadrare i conti...” Il signor Campbell avvicinò la sedia al tavolo, abbassando la voce. “Bob, mi hanno chiesto di chiamarti i presidenti di tre delle nostre compagnie. Io rappresento sei delle maggiori compagnie di assicurazione in questa nazione e quindi ho a che fare con i furti più eclatanti e altri affari di questo genere. Tu sai come vanno queste cose...”. Bob annuì con il capo. “Noi assicuriamo l'alta società contro le sue stesse follie e i suoi stessi errori” - continuò Campbell - “e, ti dirò, non ne vale la pena. Bob, hai sentito parlare dei peccati dell'alta società? Bene, ti dirò qual è il peccato più grosso: la mancanza di cervello, di intelligenza. Abbiamo i migliori clienti d'Inghilterra, la crema dell'alta società. Sono assicurati da noi tutti gli uomini più ricchi e più abbienti. Il guaio è, caro Bob, che se questi sanno bene come fare i soldi, bene, non ne hanno mai abbastanza per mantenerli”. “Sai come sono” - continuò, - “sono come un gregge di pecore, si spostano in gruppo da un posto all'altro, basta che sia alla moda: Harrogate, Paris Plage, Ostenda a giugno, Deauville alla fine di luglio, Aix, Montecarlo e a St. Moritz in estate. Solo la felice coincidenza di essere stati in guerra con la Germania gli impedisce di andare a Wiesbaden quando fa bel tempo. Bene, quando questo esercito si muove, ce n'è un altro che lo insegue: i seguaci, i mendicanti, chiamali come ti pare. Sono i parassiti che vivono sulle spalle di questa folla...”. “Che volgarità!” - mormorò Bob. “Sono un gregge e nient'altro” - disse Campbell. - Sarebbe strano... se non fosse così, andrebbero a St. Moritz in estate e a Ostenda in inverno. Ma, te l'ho detto, esiste un giovane esercito di parassiti che si muove con loro e che vive grazie a loro. Se non vogliamo essere rovinati dobbiamo contrastare i loro trucchi diabolici, come direbbe il Vecchio Testamento”. “Sei proprio in gamba come assicuratore, Campbell, ma sei proprio scarso per quanto riguarda la letteratura. La frase non è presa dal Vecchio Testamento...” - aggiunse Bob. “Non mi importa da dove viene!” - continuò Campbell. - “Il fatto è questo: un uomo con l'incarico speciale di sorvegliare questo gregge, controllare che le pecore non vengano accerchiate dai lupi. Ti offriamo un salario molto elevato per questo lavoro e poi sarai libero di accettarne altri privati, se ti succederà. Ti va bene?”. “Dipende che cosa intendete con la parola salario elevato” - rispose Bob con una smorfia - “ai vecchi tempi erano trecento o quattrocento sterline all'anno”. “Adesso siamo di orizzonti più aperti” - disse Campbell - non discutiamo mai sotto le mille sterline”. Brewer lo guardò annuendo. “Scrivi che sono assunto” - disse. Campbell andò alla porta e la chiuse a chiave. “Ora ti dirò il nome del peggiore rapace tra tutti gli altri uccelli da preda” - disse. - È il capo dei Quattro grandi: Reddy Smith. Bob ridacchiò sotto i baffi. “Reddy, eh?” - esclamò. - “Non ho alcun bisogno di essere aggiornato su Reddy! Non si può vivere a New York senza sapere chi è”. “Lui ti conosce?” - si affrettò a chiedere l'altro. “No” - rispose Bob. - “Non ci siamo mai incontrati per lavoro ma io lo conosco. Vedi, a New York ero nel ramo delle assicurazioni commerciali: frodi e fatti come questi. Reddy era un truffatore. Agli agricoltori creduloni del Middle West vendeva azioni inesistenti! L'ho visto in azione nel cortile di una prigione ma dubito che sappia chi sono. A dire il vero un anno fa mi ero messo sulle sue tracce, prima che partisse per l'Europa...” Il signor Campbell annuì. “Quello che so di lui” - disse - “me l'ha detto la polizia. In Francia ha lavorato con un gruppo molto capace ma non l'hanno mai preso anche se siamo sicuri che c'è lui dietro un paio di grossi furti. Ora so che è a Montecarlo. Anche molti nostri clienti sono lì, purtroppo, compresi alcuni dei più facoltosi industriali bellici di questo paese”. “Da questo arduo giro di parole pare tu stia parlando di quei gentiluomini che devono la loro ricchezza alla fabbricazione di armi” - suggerì Bob. “Giusto” - confermò Campbell. - “Reddy non fa tutto da solo. Ha una banda. Sono tutti lì, gli uomini e anche le donne, cariche di diamanti e di vestiti preziosi. A mangiare il gelato con i cucchiai tempestati di diamanti e a tagliare i piselli con i coltelli dorati. Al tuo arrivo troverai il signor Reddy, è probabile, mentre parla con uno dei più creduloni riguardo una miniera di diamanti appena scoperta in Sicilia. Reddy ha sempre con sé alcuni diamanti come prova di quello che dice, per renderlo più convincente”. “Che aiuto potrà darmi la polizia francese?” - chiese Bob. In risposta il suo nuovo datore di lavoro aprì un cassetto e prese un piccolo libricino rivestito in pelle. “Ecco qua i tuoi documenti, firmati dal Ministro degli Interni e controfirmati dal Ministro di Stato di Monaco. Le autorità monegasche sono più ansiose di liberarsi di questi delinquenti di quanto siamo noi di arrestarli”. Bob prese il libro e, dopo averlo esaminato, se lo infilò in tasca. “Adesso puoi andare. Alloggerai nei migliori hotel” - disse Campbell. “Devi avere fiducia in me” - disse Bob. - “Mi pagherete in anticipo?”. “Conoscevo tuo padre” - disse il signor Campbell guardandolo severo - “era un buono e onesto scozzese. Conoscevo anche tua madre, una vera Macleod. Ma tu Bob, sei diventato proprio un prodigo inglese. Posso darti un po' in acconto se vuoi...” “Un po' è poco” - disse Bob. - “Sei mesi anticipati e ti farò avere la nota spese. Resterò a Parigi per alcuni giorni: lo sai che è una città molto costosa”. E così Campbell compilò un assegno sospirando. Davanti al Cafè de Paris a Montecarlo erano seduti due uomini. Eleganti, senza barba e dall'aspetto cosmopolita. Vuol dire che potevano essere cittadini di qualsiasi nazione, ma che molto probabilmente erano americani. Il più anziano stava fumando un sigaro. Era molto pensieroso e ogni tanto annuiva all'altro, come se rispondesse alle sue domande. Poi cominciò a parlare. “No, non l'ho mai incontrato, ne ho sentito molto parlare. Jimmy, questo posto non sarà il massimo dopo lunedì. È meglio tagliare la corda con un treno domenica mattina. Abbiamo quattro giorni per i nostri affari. Che tipo è questo Brewer?” Jimmy scrollò le spalle. “E chi lo sa!” - disse. - “Ne so quanto te”. “Sei certo che sta per arrivare?” - chiese Reddy. “Sicurissimo” - rispose l'altro con enfasi. - “Ho visto i documenti con i quali prenotava le camere dell'albergo: erano lì sul banco della reception questa mattina. Arrivavano da Parigi. Ha chiesto le camere con vista sul casinò. Dice che arriverà lunedì ma, in caso contrario, le stanze devono essere comunque tenute a sua disposizione”. Reddy annuì un'altra volta. “Abbiamo quattro giorni di vantaggio e credo che sia meglio concludere” - aggiunse sicuro - “Il piccolo William sembra una fonte di guadagno facile quanto certa”. E subito dopo fece un segno verso l'albergo: sui gradini c'era una figura splendente con un elegante vestito di lana e un cappello di un bianco abbagliante. “Brilla da qui” - disse Reddy ammirato. - “Quel tipo è il più intimo amico del denaro contante che io abbia mai incontrato”. “E chi è?” - chiese Jimmy con curiosità. - “L'altra sera ti ho visto parlare con lui in albergo”. “William Ford. Suo padre era così ricco che da solo avrebbe potuto sanare il Debito Nazionale Inglese! Quando finì la guerra, finì anche suo padre. Morendo lasciò un mucchio di soldi a Willie, il quale sta conoscendo la vita per la prima volta”. “Come hai fatto ad attirarlo?” - disse Jimmy. “Con la storia della miniera d'argento nel Montana” - rispose l'altro. - “Ci è cascato! Vieni a stringergli la mano”. Mister Ford era in piedi sui gradini con le mani in tasca, un lungo bocchino color ambra tra i denti. Si guardava intorno, all'apparenza non faceva caso alla bellezza del luogo. Camminando piano lungo gli ampi ed eleganti Giardini Municipali comprò un giornale in una piccola edicola e tornò poi a sedersi su una panchina del parco, di fronte al casinò. I due si avvicinarono a lui proprio allora. “Buongiorno, signor Ford, volevo presentarvi il signor Kennedy, uno dei proprietari di ranch più ricchi di tutto il Texas”. Ford osservò il nuovo venuto, offrendogli la sua mano sottile. “Buongiorno” - disse a Reddy. - “Fa molto caldo e io non riesco a leggere questo orribile giornale francese. Voi la capite questa lingua bestiale?” “Ma certo, signor Ford!” - disse l'altro prendendo il giornale dalle mani del giovane. - “L'ho già letto e non credo ci sia qualcosa di interessante per voi, a meno che non siate un patito delle corse ippiche”. “Le corse di cavalli le detesto. Trovo che siano molto rozze” - disse il signor Ford aggiustandosi gli occhiali con una certa inesperienza. - “Sono un uomo d'affari, come sapete, signor Redwood, non mi interessa giocare. Qualche volta rischio migliaia di sterline sui tavoli da gioco, ma mi annoio”. “Bene” - disse Reddy cordiale. - “È proprio stupido buttare i vostri soldi così”. “Logico” - aggiunse il signor Ford sfoggiando modestia - “posso permettermi di perdere. Ho sempre con me un milione in contanti, un milione di franchi”. “Immagino che li terrete in cassaforte, in albergo” - disse Reddy con fare prudente. - “Ci sono un sacco di disonesti a Montecarlo”. “Assolutamente no” - disse il signor Ford con un'aria strafottente. - “Dico sempre che se uno non è capace di tenersi i suoi dannati soldi allora non merita di possederli. No, li conservo in camera mia”.
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