CAPITOLO TRE
Il consiglio della dottoressa Arkwright di non esasperarsi e ridurre i livelli di stress al minimo finì subito fuori dalla finestra, perché il weekend del Memorial Day arrivò troppo velocemente e la locanda si riempì fino all’orlo.
Emily si precipitò giù dalle scale fino all’ingresso, dove gli ospiti si aggiravano in gruppi. La locanda era bellissima grazie alle decorazioni di Chantelle. Aveva riempito la casa di bandiere. Poster della parata cittadina adornavano ogni parete. Sembrava tutto organizzato per essere il miglior evento di sempre. Il sindaco Hansen quell’anno si era proprio superato, e aveva organizzato una processione di antichi camion dei pompieri, la marcia della banda della scuola superiore e alla fine i ventuno colpi di cannone. Emily era contenta che avesse organizzato una commemorazione così fantastica per gli uomini e le donne che avevano dato le loro vite per la libertà del Paese.
Lois e Marnie erano alla scrivania d’entrata, entrambe occupatissime a rispondere al telefono e alle domande degli ospiti. Da quando la riprogettazione del sito internet fatta da Bryony aveva fatto sì che la locanda si riempisse per l’intera estate, Emily aveva dovuto darsi parecchio da fare. Serena voleva lavorare meno in modo da concentrarsi di più sulla laurea, quindi Emily aveva promosso Marnie dal ruolo di domestica all’accoglienza al pubblico. Poi, per riempire il buco lasciato da Marnie, aveva assunto l’azienda di pulizie Gli Elfi Magici che Amy aveva chiamato per il matrimonio, e aveva anche assunto un altro paio di mani in qualità di facchino, un giovane che si chiamava Trent, il cui ruolo era portare i bagagli degli ospiti ai piani superiori al momento dell’arrivo. Nonostante la frenesia, sembrava che il nuovo sistema stesse funzionando bene. Per il momento, almeno.
Emily raggiunse Bryony nel salotto degli ospiti. Aveva il laptop sulle ginocchia, una pila di tazze di caffè mezze vuote accatastate sul tavolino da caffè che aveva davanti. Di solito c’erano solo una o due persone nella sala, ma oggi ogni singolo tavolo e sofà erano occupati da gente che beveva caffè e succo di frutta, leggeva il giornale, studiava cartine e pianificava la giornata di uscita.
“Lo so che lo dico ogni volta che ti vedo,” disse a Bryony sedendosi accanto a lei, “ma davvero, grazie mille per tutto ciò che hai fatto per la locanda. Non l’ho mai vista così.”
Bryony sorrise. “Nessun problema. Ma non vedo l’ora che tu finisca tutti i lavori di restauro dell’espansione. Mi darà anche molti altri codici da scrivere. Nuovi moduli. Nuove pagine.” Gli occhi le brillavano di entusiasmo.
“Ti piace proprio questa roba, eh?” disse Emily, invece frastornata. Aveva lavorato nel marketing per anni a New York City e adesso lo odiava con ogni fibra del suo essere.
Bryony fece ondeggiare le sopracciglia. “Lo amo. In più riesco a vedere tutti i misteriosi ospiti che prenotano. Guarda questo.” Ruotò il laptop per mostrare a Emily lo schema delle camere che automaticamente si riempiva di prenotazioni attraverso la magica stregoneria del computer. “La rimessa è stata prenotata dal signor X. Spero che sia un altro Roman Westbrook.”
Emily sollevò le sopracciglia, entusiasta anche lei. “O un cattivo di James Bond.”
Proprio allora nella locanda entrò un gruppetto di tre uomini. Indossavano tutti pantaloni beige e polo, e avevano varie sfumature di capelli grigi. Emily allora notò che ognuno di loro teneva sotto braccio un grosso rotolo di carta, e capì che non erano una specie di barbershop quartet itinerante, ma gli architetti della Erik & Figli con i disegni iniziali per la ristrutturazione della casa di Trevor.
Lei e Daniel si erano rivolti a un’azienda di famiglia locale, sperando che avrebbero avuto un approccio un po’ più comprensivo. Balzando su dalla sedia e andando loro incontro, dal loro aspetto inquietantemente simile si accorse che rappresentavano il contingente “& Figli”. Strinse a ognuno la mano, sbattendo le palpebre, con la sensazione di guardare la stessa persona per tre volte.
“Siamo tre gemelli,” spiegò l’uomo con i capelli meno grigi. “Io sono Wayne. Lui è Cain. E lui è Shane, il più giovane di cinque minuti.”
“Le possibilità che mi ricordi chi si chiama come sono più o meno nulle,” confessò Emily.
“Non importa,” continuò Wayne Erik. “Ci hanno confusi l’uno con l’altro per cinquantacinque anni. Se per noi fosse un problema, probabilmente non ci vestiremmo nello stesso modo.”
Sorrise, indicando le polo blu scuro tutte uguali della Erik & Figli.
“Prego,” disse Emily, “andiamo in un posto tranquillo dove possiamo vedere i disegni. So che per dopo abbiamo in programma un giro della casa, ma sono contentissima di guardarli subito.”
Li condusse dal movimentato atrio fino alla sala da pranzo vuota, laddove i gemelli Erik srotolarono i disegni su un grande tavolo in noce.
Emily scrutò i disegni, un rotolo per ciascun piano della casa. I progetti sembravano fenomenali, grandiosi e alquanto entusiasmanti. Però vedere la casa di Trevor ridotta a righe e misurazioni su fogli di carta le sembrò così strano, sgradevole e definitivo. Si sentì soffocare.
“Scusatemi,” balbettò mentre le lacrime le affioravano agli occhi. “La casa apparteneva a un mio amico defunto. Non ho ancora realizzato il fatto che se ne sia andato.”
“Era la casa di Trevor Mann, vero?” chiese con delicatezza Wayne.
“Sì,” disse Emily tamponandosi le lacrime con la manica della camicia. “Lo conoscevate?”
“Certamente,” confermò Cain. “Il signor Mann faceva parte del consiglio urbanistico, perciò eravamo spesso in contatto con lui. Era un uomo interessante.”
Dal modo in cui lo disse Emily capì che aveva voluto trovare un modo educato per dire che Trevor era una persona difficile con cui andare d’accordo.
“Era un’arrabbiata e vecchia testa di cavolo, lo so,” disse Emily con un sorriso pensieroso. “All’inizio mi odiava. Ma alla fine siamo diventati grandi amici.”
I fratelli Erik la guardarono con gentilezza.
“Le lasciamo i progetti,” spiegò Wayne. “Ne parleremo meglio quando vedremo la casa.”
“Grazie,” disse Emily contenta che lei e Daniel avessero scelto di affidarsi a quell’azienda. Che fossero del posto e conoscessero Trevor Mann era incredibilmente rassicurante. Ma qualcosa della gentilezza di Wayne Erik le fece scendere le lacrime con maggiore facilità. Arrossì dall’imbarazzo quando si scoprì improvvisamente incapace di impedir loro di scenderle a fiumi sulle guance.
“Sono anche incinta,” confessò con una risatina timida. “Gli ormoni mi fanno impazzire.”
I gemelli Erik la rassicurarono dicendole che non aveva nulla di cui scusarsi. Le lasciarono i progetti in modo che lei e Daniel potessero guardarli in un momento di minore emotività ed Emily disse loro che li avrebbero guardati più tardi, quel giorno stesso.
Proprio allora Chantelle si precipitò nella stanza. Yvonne doveva averla appena lasciata a casa dopo il pigiama party da Bailey.
“Mamma!” esclamò correndo verso Emily e gettandole le braccia al collo. Le conferì baci sulle guance. “Aspetta un attimo, perché piangi?” chiese scostandosi.
Emily si asciugò le lacrime. “Ormoni da gravidanza,” disse a voce bassa. Poi si portò un dito alle labbra.
“Il nostro segreto,” disse Chantelle con un cenno di assenso. Scese con un balzo dal grembo di Emily. “Quando comincia la parata del Memorial Day?”
Emily guardò l’ora. “Tra non molto. Quando papà torna dal negozio possiamo andarci tutti insieme.”
Chantelle batté le mani. Adorava le parate, e tutto ciò che le permetteva di trascorrere del tempo con gli amici.
Anche Emily era entusiasta. Non solo perché adorava la parata del Memorial Day, ma perché in quel momento Amy era a Sunset Harbor a far visita al suo nuovo ragazzo, Harry, il fratello minore di George, l’amico di Daniel. Finora Amy se l’era tenuto tutto per sé. Emily era sempre più curiosa di conoscerlo. Anzi, l’aveva visto solo una volta prima che Amy le rivelasse che uscivano insieme, e solo per breve tempo. Non riusciva neanche a ricordarsi come fosse il suo aspetto, oltre che giovanile. Amy chiaramente era all’inizio dell’agonia del desiderio, perché aveva tenuto la relazione molto privata, proprio come aveva fatto con Fraser. Amy aveva l’abitudine di non volere che fonti esterne influenzassero le sue decisioni relazionali. A Emily ci erano voluti secoli per convincerla a presentarle Harry, ricordandole che non le aveva permesso di vagliare Fraser e che le cose erano finite malissimo. Amy alla fine era stata d’accordo che la parata fosse un posto adatto nel quale avere una vera conversazione, e adesso per Emily era finalmente arrivato il momento di conoscere l’uomo che era riuscito a far cambiare del tutto idea a Amy sulla sua vecchia cittadina. Non vedeva l’ora!
Che Harry fosse quello giusto per Amy?
*
Come c’era da aspettarsi, la città era piena di tutti i residenti e dei molti turisti usciti in massa per dimostrare il loro rispetto alle truppe di un tempo. Anzi, Emily era sicura di non aver mai visto Sunset Harbor così popolata. Sembrava che fosse cambiata un pochino da quando era andata a viverci. Non era più sonnolenta come prima.
“Sono io o c’è più gente del solito?” le chiese Daniel mentre passeggiavano insieme, mano nella mano.
“Stavo pensando proprio la stessa cosa,” disse Emily guardandosi intorno per vedere se riusciva a scorgere Amy e Harry da qualche parte tra la folla.
Proprio allora videro Karen del negozio di alimentari lì davanti. Andarono verso di lei e la donna si voltò mentre la affiancavano. Li abbracciò tutti, elettrizzata di vederli, come sempre.
“È pienissima, no?” esclamò facendo eco ai loro sentimenti.
“Molto più del solito,” fu d’accordo Emily.
“È per via di Roman Westbrook,” disse Karen indicando l’altro lato della strada dove il famoso cantante stava aspettando di vedere la parata. Le brillavano gli occhi di entusiasmo davanti alla presenza della pop star per le loro umili strade.
Roman era lì con un entourage, cosa di cui prima non aveva bisogno. Emily capì che qualcuno doveva aver spifferato ai giornali che si era trasferito lì, e non poté evitare di sentirsi delusa dal sapere che la notizia fosse giunta alla stampa così velocemente. Lui aveva cercato di tenere la notizia del suo trasferimento segreta per mantenere la sua privacy il più a lungo possibile.
Emily, Chantelle e Daniel lo salutarono tutti calorosamente con la mano quando lui spostò lo sguardo nella loro direzione e li vide. Karen sgranò gli occhi.
“Siete amici?” chiese.
Emily annuì. “Persino le persone famose chiacchierano con i vicini, sai.” Poi aggiunse, “Spero davvero che questa gente non sia qui solo per dare un’occhiatina a Roman. È un po’… non so… irrispettoso… venire a una parata commemorativa solo per dare un’occhiata al tuo cantante preferito.”
“Non ha niente a che fare con Roman,” disse Cynthia voltandosi sul posto, davanti a loro. In un qualche modo, nonostante i capelli arancione fluorescente, Emily non si era accorta che era lì col figlio, Jeremy.
“E con cosa ha a che fare, allora?” chiese Emily.
“Con la locanda!” esclamò Cynthia. “Ovviamente.”
Emily scosse la testa. “Non credo.”
Ma Cynthia non la stette a sentire. “Credimi. Dopo che Colin Magnus ha scritto l’articolo sulla locanda la gente si è messa a parlarne su tutti i forum di viaggi. Qualcuno ha suggerito che il weekend del Memorial Day sarebbe stato un buon momento per venire, perché la parata è sempre fantastica. E ba-da-bum, ecco il risultato.”
Emily si accigliò, ancora non convinta che l’aumento dei turisti potesse essere dovuto alla sua umile locanda. Era vero che grazie all’articolo di Colin aveva avuto più prenotazioni. Insieme a Bryony, promotrice straordinaria, forse era concepibile che la locanda potesse avere quel tipo di impatto sulla città.
Emily si permise di assorbire la notizia e si scoprì a sorridere apertamente. Era scioccata che la sua piccola locanda potesse aiutare a rendere nota Sunset Harbor, ma era una bella sensazione. Si sentiva orgogliosa di ciò che aveva raggiunto.
Proprio allora Emily notò un viso familiare nella folla. Era Amy, soave nella sua mise casual nera. Teneva la mano del bell’Harry dall’aria giovanile. Da lontano sembravano una coppia un po’ stramba. Amy sembrava uscita direttamente dalle pagine di Vogue, mentre Harry era vestito più modestamente. Ma aveva un fascino da star del cinema, ed Emily riusciva a immaginarsi i due, bellissimi, insieme in tenuta formale. Emily non aveva dubbi che Amy sarebbe stata in grado di cambiare completamente il gusto di lui nel vestire nel giro di poche settimane.
“Sono loro,” disse a Daniel tirandolo per la manica tutta entusiasta.
Sentì lo stomaco rovesciarsi all’idea di vederli. Non era del tutto sicura del perché, ma stavolta qualcosa le sembrava diverso; l’agio con cui Amy stava accanto a lui, la manifestazione di affetto che derivava dal loro semplice tenersi la mano – cosa alla quale Amy di solito faceva resistenza. C’era una felicità che trasudava da Amy che Emily non aveva mai visto prima. L’entusiasmo all’idea di conoscere Harry crebbe ulteriormente.
Proprio allora Chantelle notò chi aveva indicato Emily.
“Amy!” urlò.
Dalla festa di addio al nubilato, Chantelle aveva deciso che Amy le piaceva, e aveva superato l’inziale e difficoltoso momento di presentazioni in cui aveva pensato che Amy e Jayne fossero delle snob di New York.
Mentre Chantelle procedeva sbandando verso Amy, questa si voltò e si piegò giusto in tempo per prenderla tra le braccia. Un po’ sorpresa, si tirò su e fece girare la bambina in cerchio, riuscendo in qualche modo a mantenere l’equilibrio sulle sciccose scarpe nere col tacco.
Daniel ed Emily si fecero strada fra la folla mentre Amy rimetteva giù Chantelle. Le si fermarono accanto e Amy istantaneamente diventò rossa.
Emily abbracciò forte l’amica. Poi, liberandola dall’abbraccio, catturò il suo sguardo e fece ondeggiare le sopracciglia.
Il rossore di Amy si fece più intenso. “Em, Daniel, lui è Harry. Harry, la mia migliore amica Emily e suo marito, Daniel.”
Daniel strinse la mano a Harry. “Ci conosciamo già,” spiegò. “Sono un vecchio amico di George.”
“Ma certo!” disse Harry spalancando gli occhi dalla sorpresa. “Ma è passato tanto tempo.”
Daniel annuì. “Ho vissuto qualche anno nel Tennessee.”
Chantelle alzò lo sguardo su Harry e allora si illuminò. “È lì che ho preso l’accento,” disse.
Harry le sorrise, apparentemente preso dal suo buonumore. Emily notò che aveva di nuovo intrecciato le dita a quelle di Amy. Sentì un sorriso tirarle gli angoli delle labbra.
Alle loro spalle la parata di bandiere passava. Poi la banda in marcia, forte di trenta persone, cominciò a far risuonare “Hail to the Spirit of Liberty” con le trombe, i corni francesi e i legni. La folla si fiondò verso la strada per guardare meglio.
“Vieni spesso alla parata?” chiese Emily a Harry mentre la gente la superava. Era desiderosa di sapere di più su di lui.
“Certo, ogni anno,” spiegò Harry. “Siamo di stirpe militare. Sia dal lato materno che da quello paterno. Perciò significa molto sia per George che per me.”
Emily voleva parlargli ancora, ma la banda si stava avvicinando velocemente e il rumore era troppo forte. Si fece silenziosa e li osservò, pensando, dato che c’era, a tutti i caduti, uomini e donne.
Alla fine la banda passò, ma il rumore non scemò perché alle sue calcagna giunse la processione degli antichi camion dei pompieri, con le campanelle che suonavano. Era un lungo fiume, non solo di camion ma anche di vecchi carri armati che sferragliavano e sbatacchiavano lungo la strada sui cingoli. Era una bella cosa da osservare. E con le folle che ondeggiavano era tutto molto forte e caotico. Emily si chiese se la sensazione soverchiante che provava non fosse parzialmente dovuta agli ormoni della gravidanza che le intensificavano i sensi.
“Dobbiamo seguirli al parco, adesso,” disse Chantelle afferrandole la mano. “È lì che fanno il saluto. Dai! Non voglio perdermelo!”
La tirò, ed Emily la seguì. L’immensa folla di gente che stava assistendo allo spettacolo si fiondò nel parco. A Emily parve di trovarsi in un fiume di gente che si riversava per le strade, presa dalla corrente. Era una sensazione un po’ claustrofobica. L’unica cosa a tenerla a terra era la mano di Chantelle che stringeva forte la sua.
Si guardò intorno, in cerca di Daniel, Amy e Harry. Li vide mentre venivano trascinati dal flusso di persone. Harry guardava in adorazione Amy, con un braccio protettivo attorno alle sue spalle. L’espressione di lei era serena, come completamente smarrita nella sua felicità. Emily sorrise di nuovo, accorgendosi che Amy era innamorata cotta. Non vedeva l’ora di sapere di più di Harry, una volta che il chiasso e il furore si fossero attenuati.
Mentre la folla raggiungeva il parco e si disperdeva, gli altri le raggiunsero. Si raggrupparono attorno al gruppo di militari in uniforme, che tenevano le armi puntate al cielo. Emily provò un’improvvisa sensazione di ansia al pensiero del forte rumore. Anche se sapeva che era tutto assolutamente sicuro, adesso non poteva fare a meno di preoccuparsi sapendo che c’era più della sua personale sicurezza ad avere importanza. Il potere dell’istinto materno di proteggere il suo nascituro quasi la colse di sorpresa.
“Restiamo un pochino indietro,” disse forte rimanendosene una trentina di centimetri dietro alla folla, cercando di indietreggiare.
“Ma io non ci vedo,” si lamentò Chantelle. Saltava su e giù sulle punte dei piedi, accigliandosi, volendo avvicinarsi all’azione.
“Daniel, puoi portarla più vicino?” chiese Emily, barcollando finalmente abbastanza da mettersi accanto alle panchine. Si aggrappò allo schienale di una per tenersi in piedi mentre la invadeva una sensazione di panico.
“Ma voglio che andiamo davanti insieme,” disse Chantelle con un tono sull’orlo del piagnucolio.
Daniel si inginocchiò e guardò la bambina negli occhi. Emily lo udì dire, con voce bassa, “Ti ricordi il nostro segreto? Emily deve stare qui, dietro. Perciò o vieni davanti solo con me o stiamo tutti insieme. Puoi salire su una panchina o sulle mie spalle se vuoi vedere meglio.”
Chantelle non aveva voglia di farsi convincere. Incrociò le braccia scontrosa e mise il muso.
“Non lo sapevo che il bambino non ci avrebbe fatti più divertire,” brontolò.
Emily si irrigidì. Non perché temesse che Harry e Amy avessero sentito – era sicura che per via del volume del brusio non potessero cogliere la voce di Chantelle nella folla – ma perché si sentiva male per aver messo di malumore Chantelle. Non voleva che ci fosse alcuna competizione né animosità tra Chantelle e il bambino. Per lei era importantissimo che avessero una vita familiare armoniosa. Sperava che fosse solo un momento di difficoltà iniziale, una cosa che non si sarebbe ingrandita.
“Chantelle,” la avvertì Daniel, chiaramente non impressionato dal suo atteggiamento.
Improvvisamente le armi presero a sparare. Il rumore fu immenso. Emily si coprì le orecchie con le mani, allarmata ed euforica per via del gran volume. La folla piombò nel silenzio quando l’esplosione deflagrò nel cielo. Parve che tutti trasalissero collettivamente.
Poi gli spari cessarono e tutti presero ad applaudire ed esultare.
Amy si voltò per guardarli, con gli occhi che brillavano di euforia. “Wow, è stato fantastico,” disse raggiante.
Emily annuì, contenta di vedere che Amy si godeva l’esperienza della parata nella sua cittadina. Ma non aveva ancora avuto modo di parlare con Harry, e voleva assolutamente sapere di più su di lui.
“Dovremmo andare tutti a pranzo,” suggerì Emily.
Anche se aveva un po’ di nausea e l’idea di mangiare le rivoltava lo stomaco, non voleva che Amy se la squagliasse con Harry privandola della possibilità di parlarci come si doveva.
Chantelle esultò istantaneamente alla proposta. Tutti la trovarono una buona idea.
Mentre si lasciavano alle spalle la folla e passeggiavano con calma per le strade, Emily si chiese se sarebbe stata in grado di astenersi dal confessare la notizia della gravidanza alla sua amica più cara. Ma poi si accorse che Amy probabilmente l’avrebbe indovinato da sola. Non solo perché era intuitiva, ma perché probabilmente le sarebbe bastato vedere Emily rifiutare un bicchiere di vino per capirlo. Provò un improvviso entusiasmo quando capì che prestissimo qualcuno a cui voleva molto bene avrebbe celebrato la sua novità.
Non vedeva l’ora di vedere la reazione di Amy.