PROLOGO

1482 Words
PROLOGO Inizialmente, Janet Davis non riuscì a pensare ad altro se non al terribile dolore che le trapanava il cranio, come mille castagnette che suonavano fuori tempo. Aveva gli occhi chiusi. Quando provò ad aprirli, rimase accecata da una forte luce bianca, e dovette chiuderli di nuovo. Quella luce era calda sul suo viso. Dove sono? si chiese. Dov’ero poco fa … prima che questo accadesse? Poi, cominciò a ricordare … Era andata fuori a scattare delle foto nelle paludi vicino al Lady Bird Johnson Park. L’estate era ormai troppo avanzata per poter ammirare la fioritura dei milioni di narcisi, ma le foglie di sanguinella erano di bel verde scuro, specie nelle ore vicine al tramonto. Si trovava al porto, impegnata a fotografare le figure indistinte delle barche ed il bel gioco del tramonto sull’acqua, quando aveva sentito dei passi avvicinarsi lentamente alle sue spalle. Prima di riuscire anche solo a voltarsi a guardare, aveva avvertito un forte colpo alla nuca, la macchina fotografica era volata via dalle sue mani, e … Immagino di aver perso conoscenza. Ma dov’era ora? Era troppo confusa per sentirsi davvero spaventata. Ma sapeva che presto la paura si sarebbe impadronita di lei. Lentamente, si rese conto di essere sdraiata supina sulla schiena, riversa su una superficie dura. Non riusciva a muovere le braccia e le gambe. Aveva le mani ed i piedi addormentati, per via delle catene strette intorno a polsi e caviglie. Ma la sensazione più strana era data dal movimento di dita sopra la sua faccia, che spalmavano qualcosa di morbido e umido sulla sua pelle bollente. Riuscì a pronunciare alcune parole. “Dove mi trovo? Che cosa stai facendo?” Non ricevendo alcuna risposta, girò la testa, provando a sfuggire al fastidioso movimento delle dita appiccicose. Sentì il sussurro di una voce maschile … “Sta’ ferma.” Ma non aveva alcuna intenzione di restare immobile. Continuò ad agitarsi, finché le dita si allontanarono. Sentì allora un rumoroso sospiro di disapprovazione. Poi, la luce si spostò, visto che non era puntata più direttamente sul suo viso. “Apri gli occhi” la voce ordinò. Obbedì. Luccicante di fronte a lei apparve la lama acuminata di un coltello da macellaio. La punta dell’oggetto si avvicinò sempre di più al suo viso, facendole incrociare gli occhi, tanto che vide la lama raddoppiare. Janet sussultò, e la voce sussurrò di nuovo … “Sta’ ferma.” S’immobilizzò, guardando direttamente in alto, ma uno spasmo di terrore fece contorcere tutto il suo corpo. La voce sibilò di nuovo un comando. “Ferma, ho detto.” Voleva che il suo corpo restasse fermo. Aveva gli occhi aperti, ma la luce era dolorosamente forte e calda e le impediva di vedere con chiarezza. Il coltello si allontanò, e le dita ripresero a spalmare, stavolta intorno alle labbra. Lei digrignò i denti, e riuscì proprio a sentirli digrignare insieme con terribile pressione. “E’ quasi fatta” la voce disse. Nonostante il calore, Janet stava cominciando a tremare completamente per la paura. Le dita cominciarono a premere intorno ai suoi occhi, tanto che la donna fu costretta a richiuderli per impedire che vi finisse dentro la sostanza, qualunque essa fosse, che quell’uomo stava spalmando. Poi, le dita si spostarono dal suo viso e poté riaprire di nuovo gli occhi. Ora, poté visualizzare la sagoma di una testa dalla forma grottesca, muoversi sotto la luce accecante. Sentì un singhiozzo terrorizzato venire fuori dalla sua gola. “Lasciami andare” disse. “Ti prego, lasciami andare.” L’uomo non rispose. La donna si rese conto che armeggiava intorno al suo braccio sinistro: fissò qualcosa di elastico intorno al bicipite per poi stringere fino a farle male. Il panico di Janet aumentò, e provò a non pensare a che cosa stava per accadere. “No” implorò. “Non farlo.” Poi, avvertì un dito sondare intorno alla piega del suo braccio, infine il dolore acuto di un ago che penetrava un’arteria. Janet emise un urlo di orrore e disperazione. Poi, quando sentì l’ago uscire, una strana trasformazione avvenne in lei. Le sue urla improvvisamente divennero … Risate! Rideva sfrenatamente, in maniera incontrollata, colma di una folle euforia che non aveva mai conosciuto prima. Ora si sentiva incredibilmente invincibile, e davvero forte e potente. Ma, quando provò di nuovo a liberarsi dalle catene intorno ai polsi e caviglie, non ci riuscì. La sua risata mutò in una travolgente e selvaggia rabbia. “Lasciami andare” sibilò. “Lasciami andare, o giuro su Dio che ti uccido!” L’uomo esplose in una risatina sussurrata. Poi, inclinò la forma metallica della lampada, così che la luce finisse per puntare sul suo viso. Era il viso di un pagliaccio, dipinto di bianco con occhi enormi e bizzarri, e labbra disegnate di nero e rosso. Il respiro di Janet si bloccò nei polmoni. L’uomo sorrise, i denti di un lieve giallo, in contrasto col resto del viso dai colori così vivaci. Le disse … “Ti dimenticheranno.” Janet voleva chiedere … Chi? Di chi stai parlando? E tu chi sei? Perché mi stai facendo questo? Ma, in quel momento, non riusciva neanche a respirare. Il coltello luccicava di nuovo di fronte al suo viso. Poi, l’uomo mosse la punta delicatamente lungo la guancia, fino al lato del suo viso, e poi sulla gola. Janet sapeva che sarebbe bastata la minima pressione e il coltello l’avrebbe dissanguata. Riprese a respirare, prima con brevi rantoli, poi aspirando grosse quantità d’aria. Sapeva di rischiare l’iperventilazione, ma non riusciva a tenere il respiro sotto controllo. Sentiva il cuore batterle nel petto, e percepiva e sentiva il suo violento battito tra le orecchie aumentare sempre di più. Si chiese … Cosa c’era in quell’ago? Qualunque cosa fosse, i suoi effetti si sentivano sempre di più. Non poteva sfuggire a qualunque cosa stesse accadendo nel proprio corpo. Mentre il pagliaccio continuava ad accarezzarle il viso con la punta del coltello, mormorò … “Ti dimenticheranno.” Lei riuscì a dire con fatica … “Chi? Chi mi dimenticherà?” “E chi lo sa” l’altro rispose. Janet realizzò che stava perdendo il controllo dei suoi pensieri. Fu inondata da ansia e panico irrazionali, folli sensazioni di persecuzione e vittimismo. Che cosa intende dire? Immagini di amici, familiari e colleghi di lavoro le passarono per la mente. Ma i loro sorrisi familiari e amichevoli mutarono in sogghigni di spregio ed odio. Tutti, lei pensò. Tutti mi stanno facendo questo. Ogni persona che abbia mai conosciuto. Ancora una volta, si sentì presa dalla rabbia. Non avrei mai dovuto fidarmi. Quel che era peggio, sentiva come se la sua pelle stesse letteralmente cominciando a muoversi. No, qualcosa stava strisciando sulla sua pelle. Insetti! comprese. Migliaia di insetti! Lottò contro le sue catene. “Toglimeli di dosso!” pregò l’uomo. “Uccidili!” L’uomo sogghignò, mentre continuava a guardarla, attraverso il suo trucco grottesco. Non offrì alcun aiuto. Sa qualcosa, Janet pensò. Sa qualcosa che io non so. Poi, mentre lo strisciare continuava, le venne in mente qualcosa … Gli insetti … Non stanno strisciando sulla mia pelle. Stanno strisciando sotto di essa! Prese a respirare a fatica e più in fretta, e i polmoni bruciavano, come se avesse corso a lungo. Il cuore le batteva ancora più dolorosamente. La testa stava per esploderle con un misto di emozioni violente: rabbia, paura, disgusto, panico e profonda perplessità. L’uomo aveva iniettato migliaia, forse milioni di insetti nel suo sangue? Era anche solo possibile? Con una voce colma di rabbia ed autocommiserazione, chiese … “Perché mi odi?” L’uomo sogghignò forte stavolta. Replicò: “Tutti ti odiano.” Janet stava ormai avendo problemi di vista; non le si stava offuscando ma la scena di fronte a lei sembrava contrarsi, rimbalzare e saltare. Le sembrò di sentire i suoi bulbi oculari roteare nelle orbite. Perciò, quando vide il volto di un altro pagliaccio, pensò di vederci doppio. Ma in pochi istanti notò … Questo volto è diverso. Era dipinto con gli stessi colori, ma aveva forme alquanto differenti. Non è lui. Sotto il trucco c’erano dei tratti familiari. Poi, comprese … Io. Sono io. L’uomo stava tenendo uno specchio contro la sua faccia. La faccia orribilmente vistosa che vedeva era la sua. Vedere quel volto contorto, triste eppure beffardo la riempì di una ripugnanza che non aveva mai conosciuto prima. Ha ragione, pensò. Tutti mi odiano. Ed io sono la mia peggiore nemica. Come per condividere il suo disgusto, le creature sotto la sua pelle si muovevano velocemente come scarafaggi esposti alla luce del sole, ma senza un posto in cui correre e nascondersi. L’uomo mise via lo specchio e cominciò a passarle di nuovo la punta del coltello sul viso. Disse di nuovo … “Ti dimenticheranno.” Quando il coltello passò sulla gola, lei comprese … Se mi taglia, gli insetti possono scappare. Naturalmente, la lama avrebbe anche ucciso lei. Ma questo le sembrava un piccolo prezzo da pagare, per liberarsi dagli insetti e da quel terrore. Sibilò… “Fallo. Fallo ora.” Improvvisamente, l’aria si colmò di una brutta e distorta risata, come se mille pagliacci stessero godendo della sua disperazione. La risata le fece battere il cuore ancora più dolorosamente e più forte. Janet sapeva che non avrebbe resistito ancora molto. E non voleva che lo facesse. Voleva che si fermasse al più presto possibile. Si ritrovò a contare i battiti … Uno, due … tre, quattro, cinque … sei … Ma i battiti divennero più rapidi e meno regolari al contempo. Per un momento si domandò che cosa sarebbe esploso per primo, il cuore o il cervello? Infine, avvertì l’ultimo battito del suo cuore, e il mondo si dissolse.
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