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JED
Io non scopavo a comando.
Odiavo che mi venisse detto che cosa fare, perfino dal mio capo all’FBI. Va’ sotto copertura, mi aveva ordinato, nel piccolo angolo del Montana in cui sei cresciuto perché nessun altro saprebbe passare inosservato interpretando un cowboy. Io di sicuro non passavo inosservato come agente in giacca e cravatta. Ma ciò significava che dovevo insediarmi nella mia vecchia comunità non solo come il quarterback stella del football che tutti ricordavano, ma sotto le mentite spoglie dell’agente dell’FBI caduto in disgrazia che tornava in patria.
Come se ciò non bastasse, farmi dare ordini dagli uomini che stavo cercando di distruggere era una gran seccatura, cazzo. Stringevo i denti e facevo ciò che volevano sebbene mollare tutto e fare davvero l’agente dell’FBI caduto in disgrazia mi sembrava un’opzione sempre migliore.
Perché non mi ero mai aspettato che mi avrebbero detto che cosa fare col mio cazzo.
Se avessi avuto di nuovo vent’anni, sarei stato entusiasta di quell’incarico. Figa facile.
Ora? Stavo mettendo in dubbio tutta la mia carriera perché mi aveva portato a quello.
Ad una camera ardente al Ranch Miliardario. Nessuno da quelle parti lo chiamava in alcun altro modo perché quel soprannome spiegava tutto.
Parcheggiai nel campo assieme a tutti gli altri accorsi per la veglia, poi scarpinai fino alla grossa casa. Casa? Nah. Era un fottuto palazzo. Pareti di legno e finestre immense. Roccia fluviale e tetto in ardesia. Senza dubbio il vialetto che stavo percorrendo era riscaldato per tenere alla larga la neve pesante.
Le giganti porte d’ingresso erano aperte con gente che si riversava sull’ampia veranda e sul prato anteriore. Erano vestiti di nero o con jeans e camicie eleganti, la cosa più vicina ad un abbigliamento da lutto per gli abitanti del Montana.
Rivolsi un cenno col cappello ad una donna che mi offrì un piccolo sorriso, come se avesse voluto offrirmi conforto in un momento così difficile.
Non sapeva che non ero lì per porgere le mie condoglianze, bensì per tirare fuori a suon di scopate delle risposte alla nuova reginetta della famiglia Wainright.
North. Wainright. Cazzo.
Erano passati più di dieci anni dall’ultima volta che l’avevo vista. All’età di diciassette anni, era stata la ragazza del mio fratellino. E una gran provocatrice. Io ero stato il ventisettenne tornato a casa per il weekend del quattro di luglio e l’avevo vista al picnic di famiglia.
Avevo tenuto per me il fatto che l’avessi trovata bellissima. Diamine, qualunque uomo che le avesse mai posato gli occhi addosso avrebbe concordato con me. Era stata così fottutamente carina con un abitino bianco, i lunghi capelli biondi sciolti lungo la schiena. Non le avevo parlato. Non una sola volta, stando il più lontano possibile da una persona troppo allettante e troppo illegale. Non avevo avuto alcuna intenzione di fregare la ragazza a mio fratello o di provarci con una bambina. Però lei era stata… memorabile e ciò la rendeva pericolosa.
Io ero tornato a DC e lei aveva mollato Jock un paio di settimane dopo. Non mi era più tornata in mente. Fino a quel momento. Il mio lavoro era ricondurre Macon Wainright alla corruzione, il che significava fare il lacché di John Marshall, perché Marshall era stato il suo lacché.
Per chiunque lì, io ero solamente un cowboy annoiato con un’indole pericolosa.
Marshall era stato più che felice di assumermi. Non ero sicuro se il suo secondo nome fosse Corrotto o Disonesto.
Quando Wainright era morto tre giorni prima, lui e Marshall si erano trovati nel bel mezzo di un affare. Marshall aveva milioni da perdere, per cui adesso puntava a prendersi North Wainright. Per assicurarsi che l’affare venisse concluso. Immaginava che il modo migliore per far parlare una principessa di ghiaccio come lei fosse scioglierla con un cazzo grosso e degli orgasmi ancora più grossi.
Il mio cellulare vibrò ed io lo tirai fuori dalla tasca mentre entravo nell’atrio. «Barnett,» mormorai.
La gente mi guardò, ma non mi prestò alcuna attenzione, tornando alle proprie conversazioni a bassa voce. Una donna si tamponò gli occhi con un fazzoletto, l’unica vera persona in lutto che riuscissi a scorgere.
«Allora?»
Conoscevo quella voce. Marshall era uno stronzo persistente.
«Macon Wainright è decisamente morto.» Era l’unica cosa che sapevo per certo. Giaceva in una bara a tre metri di distanza con una camicia coi bottoni a scatto e un cravattino texano, le mani chiuse sul petto. La sua pelle solitamente abbronzata era cerea. Sembrava che l’unica volta in cui non l’avrei visto con un ghigno in volto fosse quando era ripieno di liquido imbalsamante.
Ero certo di non essere l’unico a pensarla così.
«È tutto ciò che hai da dirmi?»
Ero troppo vecchio per prostrarmi davanti a quello stronzo. Non ero un tipo accondiscendente. Non lo ero mai stato. Stavo lavorando per lui. Lo stavo facendo così da trascinarlo in prigione, ma non avevo intenzione di rendergli la vita più facile nel mentre.
La mia attenzione venne catturata da una donna che scendeva le scale, con un labrador beige che la seguiva a ruota. Quel posto era così fottutamente lussuoso da avere due scalinate, una a destra e una a sinistra, che curvavano e si incontravano al centro. In quel caso, Macon Wainright in tutta la sua defunta gloria era ciò che figurava nel mezzo, invece di un tavolo con un vaso di fiori freschi.
North Wainright. Di certo non aveva più diciassette anni, cazzo. Mi ricordavo quei lunghi capelli biondi. Gli zigomi alti. Le labbra piene. Gli occhi azzurri.
Ma la versione adulta di North Wainright in carne e un abito nero che stringeva le sue curve femminili… per non parlare delle scarpe col tacco a spillo da zoccola che facevano cose eccezionali per le sue gambe—
Cazzo.
Giusto. Avrei dovuto fare proprio quello. Darle il mio cazzo.
Se uno dei suoi fratelli avesse ereditato la posizione di amministratore delegato della Wainright Holdings alla morte di Macon, dubitavo che Marshall si sarebbe aspettato che mi fossi scopato uno di loro per ottenere delle informazioni. Non era nelle mie corde. Ma dal momento che Marshall era un sessista di merda, pensava che l’unico modo per ottenere ciò che voleva da una donna fosse soddisfarla come si deve.
Il mio fissarla mi fece perdere metà di ciò che mi stava dicendo Marshall. «…devo sapere se ha intenzione di mantenere l’accordo.»
«Lo so,» risposi. «Sono qui. La vedo.»
Riagganciai, ricacciandomi il cellulare in tasca. Quel tipo voleva che portassi a termine il lavoro. L’avrei fatto, ma non avevo intenzione di fargli la cronaca minuto per minuto.
Lei si avvicinò a suo fratello, rivolgendogli un cenno col capo. Non sorrise. Non gli offrì un abbraccio o una pacca sulla spalla. Non teneva un fazzoletto nella mano elegante. Non aveva gli occhi rossi dal pianto.
East—già, avevano tutti dei terribili nomi da bussola—si sporse verso di lei e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Aveva due anni di meno e non le assomigliava per niente. Capelli scuri, ma occhi ridicolmente chiari. Era grosso e con la corporatura di un fottuto carro armato.
Lei lanciò un’occhiata alla bara. Annuì in risposta a qualunque cosa le avesse detto.
La prima volta che ero andato sotto copertura con Marshall, avevo scoperto le dinamiche di famiglia. Per quanto fosse mia intenzione annientare Marshall, lui era un danno collaterale. Il mio obiettivo primario era stato Macon Wainright.
Non fosse che adesso lui era morto. Un grosso infarto mentre si stava scopando la sua amante. Lanciai ancora un’occhiata al corpo, poi mi voltai. Il caso su di lui sarebbe stato chiuso assieme al coperchio della sua bara.
Dal momento che un morto non poteva finire in galera, il bersaglio primario dell’FBI adesso era North Wainright. Aveva trent’anni. La più grande dei quattro figli di Macon Wainright e Kitty Southforth Wainright. Kitty era morta da venticinque anni. Macon da cinque giorni. Studentessa non laureata ad Harvard. Master in gestione d’impresa a Wharton. Vicecapo della Wainright Holdings.
Be’, capo ora, e aveva lei tutte le risposte.
Quando un prete, reverendo o quale diavolo fosse il suo titolo religioso si avvicinò a loro e posò una mano sul gomito di North e lei si ritrasse, io praticamente ringhiai.
Assottigliai lo sguardo. Quell’uomo di Dio la stava toccando. Era un’azione impersonale, ma a me non fregava un cazzo. Lei era una donna bellissima e volevo essere io a metterle le mani addosso. Poteva anche essere stata innocente all’età di diciassette anni, ma da allora si era macchiata, ne ero certo. Ce l’avevo duro al pensiero che sarei stato io a macchiarla, a breve. Ad arruffarla. A sbavarle quel rossetto e farmelo stampare su tutto il cazzo.
Sentii il cellulare vibrare di nuovo e seppi che si trattava ancora di Marshall. Non gli piaceva essere ignorato. Ma ciò mi riportò alla realtà. Al motivo per cui mi trovassi lì alla veglia.
Non era per rendere omaggio. Ero lì per scoparmi North Wainright. Per Marshall. Per delle stupide chiacchiere tra le lenzuola.
Mentre il cazzo mi si induriva lungo la coscia, seppi che una cosa era certa. L’avrei presa sotto di me. Avevo una missione nuova, ora. Scoparmela. Non per Marshall, né per l’FBI.
Per me.
Diamine, per lei.
Perché una volta che avesse scoperto che ero in grado di farla venire, non sarebbe andata altrove.
Perché adesso che l’avevo rivista, nessun’altra donna mi sarebbe andata bene. Destino? Amore a prima vista? Colpo di fortuna? Non me ne fregava un cazzo. Tutto ciò che sapevo era che quella donna era mia.
East la lasciò col prete, cosa che mi fece odiare quel ragazzino. I fratelli, anche quelli più giovani, avrebbero dovuto tenere d’occhio le proprie sorelle. Il prete stava parlando, chiaramente dilungandosi su qualcosa. Lei non gli sorrise, ma gli offrì tutta la sua attenzione. Se non altro era così che sembrava. A me era chiaro—come, non ne avevo la minima idea—che la sua mente fosse altrove. Nel suo castello di ghiaccio nel quale fuggiva, forse.
Avanzai a grandi passi verso di lei, con un tempismo perfetto. Una rapida occhiata a Macon Wainright nella bara, e forse stavo forzando un po’ la cosa, ma non avevo intenzione di voltarmi indietro ora. La camera ardente era l’unico momento in cui la porta d’ingresso del palazzo sarebbe stata aperta per la città. La sepoltura sarebbe stata più tardi, ma quella era riservata alla famiglia. Non avrei potuto bussare alla porta e farle delle avances.
No, era ora o… un momento in cui sarebbe stato un sacco più difficile.
«Eccoti, principessa,» dissi, mettendomi accanto a North così da sfiorare la sua spalla con la mia. Non era una donna bassa e, con quei tacchi, dovette sollevare lo sguardo solamente di un paio di centimetri per incrociare il mio. Io mi tolsi il cappello. «Ti stavo cercando.»
North inarcò un sopracciglio chiaro e i suoi occhi si accesero nel riconoscermi. Interessante. Si ricordava di me.
Io mi voltai verso il prete. «Spero non le dispiaccia, Reverendo, ma c’è bisogno di North nell’ufficio.»
Non sapevo dove diavolo fosse l’ufficio, o se quella casa ne avesse uno, ma era grossa e abbastanza lussuosa da renderlo possibile.
L’uomo più anziano mi offrì un sorriso educato, uno che probabilmente si era allenato per decenni a esibire a ritrovi come quello.
Io presi North sotto braccio e la condussi lontano dall’uomo, svoltando a destra in un enorme soggiorno. Le pareti erano costellate di teste di animali e un enorme alce da dieci o dodici punte era appeso sopra un caminetto spento. Aggirai gli ospiti ed entrai nella stanza adiacente. Un altro salotto. Quanti ce n’erano in quel posto? Vidi una porta aperta e la condussi oltre di essa, per poi chiudermela alle spalle solo dopo che ci ebbe seguiti anche il cane, per poi sdraiarsi sul tappeto e mettersi subito a dormire. Ci trovavamo in un ufficio con un’enorme scrivania. Alle pareti c’erano teste di animali più piccoli da una parte e fucili antichi e vintage dall’altra.
«Cristo, ma cos’è questo posto?» domandai, osservando quella carneficina.