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LAUREL
Non avevo mai avuto così tanto freddo in vita mia. Le mie dita si erano fatte da congelate a doloranti e adesso erano insensibili. Le mie gambe erano un po’ più calde perché stringevano i fianchi del cavallo. Mi ero gettata la sciarpa sopra la testa e me l’ero legata sotto al mento un’ora prima, ma non mi offriva una vera protezione contro la neve. Quando avevo lasciato la stalla si era trattato solamente di una leggera nevicata, ma adesso i fiocchi erano spessi e scendevano tanto pesantemente che non riuscivo a vedere nulla di fronte a me. Il vento si era alzato e soffiava la neve di traverso, facendomene sentire il gelo fin nel midollo.
Mi ero persa. Completamente, assolutamente persa, il che significava che sarei morta. Quand’ero partita, la mia destinazione era stata Virginia City, a sole due ore a dorso di cavallo da casa, ma ero fuori da molto più tempo e la città non si vedeva da nessuna parte. Ovviamente, non si vedeva nulla. Avevo le ciglia ricoperte di neve e stava diventando sempre più difficile restare sveglia. Addormentarmi sarebbe stato stupendo, specialmente con delle coperte calde e spesse addosso, un fuoco scoppiettante di fronte e del tè caldo tra le mani. Sognare a quel modo non cambiava minimamente la mia situazione. Sarei morta. In maniera stupida.
Ma cosa ci si era aspettati che facessi? Che me ne restassi a casa e lasciassi che mio Padre mi barattasse come parte di un’operazione commerciale? Il signor Palmer aveva messo in ballo la vendita dei suoi terreni, oltre a diverse migliaia di capi di bestiame, pur di avere me. Sì, io ero il premio. Forse non tutto, ma quell’uomo aveva alzato abbastanza la posta da prendere mio padre all’amo come un pesce con un bel verme. Poi, una volta reso impaziente di concludere, mio padre gli aveva concesso il vero premio. Sua figlia. Io vivevo in una scuola a Denver sin da quando avevo sette anni, ero stata mandata via e dimenticata per altri quattordici. Poi, due mesi prima, una lettera aveva richiesto il mio ritorno. Avevo pensato, dopo tutto quel tempo, che mio padre mi avesse voluta e mi ero aggrappata come una sciocca a quella speranza. Le mie illusioni erano state infrante il giorno prima, quando il signor Palmer era arrivato per conoscermi e gli uomini mi avevano detto del loro piano.
Fu a quel punto che mi resi conto del vero valore che mi dava mio padre. Non ero sua figlia, ma una buona cavalla che aveva venduto al miglior offerente. Mi aveva fatta tornare solo per darmi in sposa al signor Palmer e finalizzare il loro accordo. Mi avrebbe data via in cambio di un appezzamento di terra, del bestiame e qualche diritto sull’acqua. Non avevo mai significato nulla per lui, dal momento che ero stata io ad uccidere sua moglie. Era morta di parto dando alla luce me, per cui era stata tutta colpa mia.
I matrimoni per convenienza erano prassi comune nel Territorio del Montana. Una donna non avrebbe saputo sopravvivere da sola senza un uomo; era un dato di fatto. Ma io non mi ero trovata a Simms, né tantomeno nel Territorio del Montana. Ero stata sotto la tutela della scuola in Colorado. In ogni caso, la mia vita non mi apparteneva, ma non sarei stata una pedina nelle negoziazioni sui terreni di mio padre. Specialmente non quando il prezzo, quantomeno per me, era così elevato.
Il mio presunto promesso sposo aveva almeno cinquant’anni. Aveva tre figli adulti, due dei quali erano sposati e vivevano a Simms, il terzo a Seattle. Avrebbe anche potuto essere tollerabile essere la moglie di quell’uomo pur essendo più giovane dei suoi figli, ma lui era più basso di me, aveva un ventre che mi ricordava un barile di whiskey e più peli sul dorso delle mani che capelli in testa. Ancora peggio, gli mancavano dei denti, e quelli che gli restavano erano gialli per via del fatto che masticava tabacco. E puzzava. Quell’uomo era rivoltante. Se fosse stato alto, bello e virile, facendomi battere il cuore e arrossire in sua presenza, sarebbe stata tutta un’altra storia. Mio padre aveva detto che l’accordo era concluso, i contratti erano stati firmati. L’unica azione legale rimasta da compiere era procurarsi una licenza di matrimonio – e col fatto che l’indomani sarebbe stato domenica, la questione si sarebbe risolta durante la messa della mattina.
Per cui, invece di sposare il signor Palmer, io stavo per morire. Io, Laurel Turner, avevo scelto di congelarmi a morte pur di non sposare un vecchio brutto, sgradevole e in sovrappeso. La mia rabbia verso quell’uomo e la mancanza di considerazione di mio padre per ciò che desideravo io mi fece spronare il cavallo ad andare più veloce. Magari sarei riuscita a vedere una luce, una casa, un edificio, qualunque cosa in quella burrasca di ghiaccio in cui avrei potuto cercare riparo. Senza più sensibilità, mi sfregai con sconcerto una mano sugli occhi. Era una luce, quella? Un bagliore giallo, fioco e smorzato, appariva brevemente in mezzo alla neve per poi scomparire.
Venni trafitta da un barlume di speranza e voltai il cavallo in quella direzione.