Quando il pomeriggio successivo arrivarono nella loro solita stanza in biblioteca, sollevò la sedia per Lisa. Osservandolo con cautela, si sedette. La accompagnò al tavolo, poi scelse il posto accanto a lei invece di quello che era solito prendere di fronte a lei.
— Perché all'improvviso sei così educato?— chiese, chiudendo gli occhi mentre si girava verso di lui— Voglio dire, prima lavi i piatti, poi mi porti il caffè dal mio bar preferito, e ora tiri fuori la mia sedia come se dovessimo andare ad un appuntamento in un ristorante di lusso.
Sostenne il suo sguardo, il suo viso l'immagine della pura innocenza.
— Sai, non è una cattiva idea, ti piacerebbe avere un appuntamento con me in un ristorante elegante?
Le sue guance arrossirono immediatamente.
— Non era un suggerimento e no, non mi piacerebbe. Sono sposata— Chiuse gli occhi altezzosamente e voltò la testa dall'altra parte, ma non prima che lui potesse vedere che era ancora leggermente arrossata.
— Anche le donne sposate meritano di essere accompagnate negli appuntamenti nei ristoranti alla moda— Disse con una piccola scrollata di spalle.
Si accigliò.
— Sì, per i loro mariti...
— E se i loro mariti non fossero in giro a cercarli?
Lei lo fissò, un fastidioso nodo che le si formò in gola.
— Allora non vanno— ringhiò.
Inclinò la testa e si accigliò.
— Non mi sembra buono...
Emise un sospiro seccato.
— A cosa stai giocando?
La guardò, i suoi occhi grigi insolitamente seri.
— Non sto giocando niente. Sto solo facendo un'osservazione.
— Sì, beh, puoi tenere le tue osservazioni per te— Disse seccamente, tirando fuori una penna dalla borsa e aprendo il taccuino. —Dobbiamo finire il tuo discorso.
Studiò il suo profilo per un minuto prima di sospirare e tirare fuori il suo taccuino. Lisa ha cercato di ingoiare. Per qualche ragione, quel sospiro le fece stringere ancora di più la gola. Si chiese cosa stesse pensando... si sentiva dispiaciuto per lei? Era frustrato con lei? Perché dovrei essere frustrato? Non erano affari suoi se Mark fosse lì o meno a portarla fuori a cena...
— Perché ti importa comunque?— chiese, il groppo in gola impediva alla sua voce di avere il suo tono normale. Rendendosi conto che non poteva vederlo, studiò la penna che roteava tra le sue dita.
— Perché non dovrebbe interessarmi?— Rispose, mantenendo la voce bassa come la sua.
Lisa sospirò e lasciò cadere la penna per portare le mani alla fronte, poi appoggiò i gomiti sul tavolo e si passò i pollici sulle sopracciglia.
— Perché sei solo il mio vecchio insegnante che apprezza la mia capacità di scrivere discorsi diplomatici e sei felice di farmi impazzire.
La guardò con un misto di incredulità e delusione, e forse anche dolore, negli occhi e scosse la testa.
— È davvero tutto ciò che pensi che sia?— La sua voce era calma ma ferma.
Dal nulla, la visione del tunnel era tornata. Era come se non ci fosse nient'altro nella stanza se non loro e lei non riusciva a staccarsi dal suo sguardo. La sua gola si contrasse in modo quasi insopportabile e i suoi occhi iniziarono a bruciare. Giurò che poteva sentire il calore del suo corpo, anche se era seduto a più di un piede di distanza da lei.
— Io...— .iniziò, poi dovette fermarsi perché aveva paura che la sua voce si sarebbe spezzata se avesse continuato. Chiuse il taccuino e mise la penna nella borsa, alzandosi in piedi. — Devo andare.
Detto questo, si affrettò ad uscire, le braccia avvolte attorno al taccuino, premendolo forte contro il petto. La osservò andarsene, poi ricadde sulla sedia con un sospiro, chiudendo gli occhi e pizzicandosi la radice del naso.
XXX
Emiliano la trovò a faccia in su sul suo divano diverse ore dopo. Non si era degnata di accendere nessuna delle luci, quindi il soggiorno si oscurò quando il sole tramontava.
— Lisa, smettila di essere così patetica e vieni al bar! Non puoi stare qui tutta la notte!— urlò, tirandogli un braccio. — Inoltre, Shik e Rema saranno lì, non li vedi da molto volta!
Lisa gemette e strattonò il suo braccio, rotolando sullo stomaco, la testa verso di lui.
— Non sono dell'umore giusto per uscire stasera.
— Ed è proprio per questo che dovresti fare coming out!— Ha insistito scandalosamente.
— Non ha senso— ringhiò nel cuscino.
— Certo... tutti sanno che gli amici sono il modo migliore per sistemare le brutte giornate. E se non sono gli amici, almeno le bevande
Rise un po' contro la sua volontà.
— Dai, sarà divertente! E comunque, non me ne vado finché non vieni— ha affermato, sedendosi sul sedere e facendo oscillare le gambe come un bambino su un sedile troppo grande per lui.
— Ugh... tu pesi una tonnellata. — Si è lamentata. — E come dovrei venire con te, premendomi contro il divano?
— Significa che vieni?— chiese con un ampio sorriso, le gambe ancora scalcianti.
— Oh beh, sì. Ha vinto. Vado— Alzò una mano in segno di sconfitta, il viso ancora premuto contro il cuscino.
Emiliano saltò rapidamente giù da lei e aspettò mentre strisciava in posizione seduta prima di urlare.
— Va bene, andiamo!— E prendendola per mano, la sollevò.
—Aspetta!— disse, piantando i piedi per resistere all'essere trascinata fuori — Ho bisogno di cambiarmi e farmi i capelli. Puoi andare avanti e vederti lì
— Uh-huh— sussurrò, scuotendo la testa— Non c'è modo che io vada giù con quello. Aspetterò qui mentre ti prepari.
Lisa guardò il soffitto, chiedendosi quale dio avesse offeso di recente e cosa avrebbe potuto fare per espiare l'offesa in modo che smettesse di torturarla.
— Bene. Sarò fuori tra dieci.
Il bar era pieno quando arrivarono, ma il loro gruppo comprendeva solo Naty, Alejandra, Kisa e Ralph.
— Dov'è Isai?— chiese Lisa mentre entrava nella cabina con la sua amica bionda. Emiliano si sedette di fronte a lei e mise un braccio intorno alla moglie, che arrossì ma si appoggiò allo schienale del suo abbraccio. Lisa sorrise loro. Anche dopo più di un decennio, erano ancora adorabili.
— Missione— rispose Alejandra, bevendo un sorso del suo drink.
Lisa ordinò una bottiglia di sakè caldo dal cameriere, che era rimasto lì.
— Ehi ragazzi, assicuratevi di fare il tifo per Lisa stasera. Sta passando una brutta giornata— annunciò Emiliano ad alta voce.
Lisa si batté il palmo della mano sulla fronte imbarazzata, poi si bloccò quando sentì una voce familiare parlare da dietro di lei.
— Veramente? Immagino che dovremo fare qualcosa per risolverlo.
Osservò come il proprietario di quella voce accostasse una sedia alla sua estremità del tavolo e si sedette, con il ginocchio che urtava il suo mentre lo faceva. Lei tirò via la gamba come se le bruciasse, ma lui strinse gli occhi verso di lei e indicò il tavolo.
Lisa pensava che forse fosse in iperventilazione. L'ultima persona che voleva vedere in quel momento lo stava mettendo alle strette, il suo corpo così vicino che poteva sentire il calore delle sue gambe sotto il tavolo, non importava quanto cercasse di muoversi... così vicino che quel profumo non si era mai reso conto che fosse associato a lui. all'improvviso divenne l'unica cosa che poteva annusare.
"È davvero tutto ciò che pensi che sia?"
La sua domanda echeggiava nella sua testa. Avrei dovuto sapere che sarebbe stato lì. Avrebbe dovuto lottare di più con Emiliano e restare a casa. Non era che potesse andarsene adesso... sarebbe sembrato molto strano. Quindi sono rimasto intrappolato. Seduto accanto a quest'uomo impossibile, che senza dubbio stava progettando altri modi per metterla a disagio in quel momento. Avrebbe voluto urlare, ma ovviamente sarebbe stato ancora più strano che alzarsi e andarsene, quindi strinse i pugni in grembo e pregò che il pomeriggio passasse in fretta.
Era ancora immersa nei suoi pensieri quando il cameriere portò il suo sakè al tavolo. Probabilmente follemente felice di vedere il meraviglioso contenitore di alcol, prese la bottiglia per versarsi il bicchiere, ma la sua mano fu fermata da quella di Takashi. Le sue dita ruvide e callose si avvolsero attorno alle sue mentre parlava piano.
— Lasciami.