L’uragano Difatti, il povero n***o stava per aprire gli occhi. Aveva respinto la coperta di lana che O’Donnell gli aveva gettato addosso e cercava di liberarsi le gambe dai legami. Si alzò a sedere con una brusca mossa e girò all’intorno uno sguardo smarrito, fissandolo poi sull’ingegnere e, quindi, sull’irlandese. Il suo volto nero, che contrastava vivamente col bianco dei suoi ricciuti capelli, tradiva ancora un profondo terrore, e le sue labbra non avevano riacquistato colore. “Dove sono?” chiese, con voce rauca e tremula. “Simone, amico mio,” disse l’ingegnere, “non riconosci più i tuoi amici?” Il n***o lo guardò senza rispondere, poi, passandosi una mano sulla fronte, sembrò evocare qualche lontano ricordo. “Simone, tranquillizzati” riprese l’ingegnere. “Non vi era motivo di spa