Capitolo 2

2036 Words
2 MAISEY Passai la mano sullo specchio appannato del mio piccolo bagno. Afferrando gli occhiali che avevo lasciato sul lavandino durante la doccia, mi fissai e mi chiesi che cosa ci avesse visto quel tizio in me. Osservai i capelli bagnati che mi si appiccicavano al collo e alla schiena. I miei occhi banali. Tutto di me era banale. Noioso. Normale. Eppure lui mi aveva chiamata bellissima. Non riuscivo a smettere di pensarci. Mi aveva spaventata a morte, per poi sconvolgere il mio mondo. E tutto ciò che avevamo fatto era stato parlare. Gli avevo dato il mio cellulare come sotto incantesimo. Forse lo ero stata. Lo ero ancora, ore dopo. Pensai alle sue spalle ampie e al modo in cui la sua maglietta sporca vi si era tesa sopra. I pantaloni consunti che stringevano… tutto nel modo giusto. Ma erano stati i suoi occhi ad attrarmi. L’azzurro più profondo di tutti. Non ero abituata ad essere al centro di una tale attenzione, di solito venivo ignorata. Lui mi aveva guardata come se fossi stata… tutto. Come se avesse aspettato solo me. A me era sembrato di aver aspettato lui. Gli uomini con cui ero uscita in passato erano stati dei ragazzini al confronto. In realtà, erano stati ragazzini davvero. Semplici liceali. Dopo che l’atteggiamento di mia sorella da voglio-tutto-ciò-che-hai-tu mi aveva rovinato qualunque possibilità di avere un fidanzato al liceo, alla fine avevo rinunciato perché me li rubava tutti. Qualunque accenno di interesse da parte mia e lei se lo prendeva. Specialmente dopo Tommy, l’unico con cui fossi andata a letto. Una volta. Poi lei ci aveva affondato gli artigli e avevano fatto cose insieme che io ancora non avevo provato. Gli uomini avevano sempre voluto lei invece che me, sebbene fossimo identiche. Lei era quella divertente. Quella selvaggia. Aveva gli stessi capelli e occhi banali, eppure lei non era banale. Non avevo mai avuto speranza, specialmente dal momento che lei vedeva il sesso come parte della conquista. Io ancora non ero certa se fosse per dimostrare di essere migliore di me o solamente perché le piacevano le cose nuove e luccicanti. Magari entrambe. Era una vera narcisista. Non era soddisfatta fino a quando non otteneva ciò che voleva di mio, dopodiché rigirava la frittata come se fosse stata colpa mia se me l’aveva rubato. Un appuntamento per la festa di rientro a scuola. Uno stipendio. Tutto il mio conto in banca. Paisley, però, non era lì. Dopo ciò che aveva fatto—quella volta—me n’ero andata nel bel mezzo della notte. Avevo preso tutto ciò che mi ci era stato in auto ed ero partita. Avevo abbandonato il mio cellulare per un economico modello pagato in contanti. Avevo tagliato la mia unica carta di credito—sebbene avrei dovuto pagare la somma limite che aveva accumulato per anni. Pagavo il minimo per le rate del prestito per la mia istruzione e vivevo alla giornata. Se avessi avuto dei soldi extra, sarebbero finiti nella mammografia che mi era stata raccomandata. Mi posai le dita sul seno sinistro, premendo il punto in cui avevo trovato il piccolo nodulo. Ero andata alla clinica gratuita dove l’aveva sentito anche l’infermiera e mi aveva detto di andare a Billings o a Bozeman per degli ulteriori esami. Aveva detto che ero giovane e che probabilmente non era nulla. Una ciste piena di liquido. Tuttavia, erano esami che non mi potevo permettere grazie a Paisley dal momento che non avevo l’assicurazione. Negli ultimi due mesi, non aveva saputo dove fossi. Io avrei guadagnato abbastanza da pagarmi gli esami e avrei cercato di non andare nel panico nel frattempo. Potevo pensare a cose migliori. Come il tipo al ranch. Sapere che Paisley non fosse nei paraggi mi aveva dato un po’ di sicurezza quando gli avevo parlato. Nessuno in città sapeva nemmeno che avessi una gemella omozigote. Per cui, quando Cowboy Sexy—non sapevo nemmeno come si chiamasse—mi aveva guardata come se avesse voluto leccarmi come un cono gelato sciolto, non mi aveva scambiata per Paisley. Non aveva senso. Perché io? Ero una donna delle pulizie sfigata. Avevo lasciato il college, grazie a Paisley. Ero senza il becco di un quattrino, di nuovo grazie a Paisley. Non avevo idea di come si uscisse con gli uomini. Come essere qualunque cosa che non fossi… io. Normale. Banale. Avevo imparato che così non ci si teneva stretti gli uomini. Chiusi gli occhi e sospirai, poi sentii di nuovo quello sfarfallio nello stomaco. Lui voleva che lo chiamassi. Si stava facendo tardi. Avevo pensato a che cosa dire, se mai mi avesse risposto, mentre pulivo per bene il frigo e portavo a termine il resto delle cose da fare alla casa dei Wainright. Quel tipo voleva uscire con me ed io non sapevo nemmeno chi fosse. Se era stato assunto dai Wainright, doveva essere uno a posto. E aveva un lavoro. Era un bonus, sebbene qualunque cosa facesse era un lavoro sporco. Era un bene che io fossi una donna delle pulizie. Gah! Era una follia, quell’attrazione. Come mi facesse sentire. Era stata istantanea. Come se fosse stato fatto scattare un interruttore. C’era stato un legame, qualcosa che non riuscivo a spiegare, perfino con un tipo che forse aveva una decina d’anni più di me. Non è che fossi vissuta rinchiusa in un convento. Vedevo uomini ovunque. Uomini sexy. Cowboy sexy, ma non mi ero mai sentita così. Sembrava come se, quando se ne fosse andato, una parte di me fosse andata via con lui. Afferrai il tubetto di crema idratante generica e me la spalmai in faccia. Volevo sentire di nuovo il suo dito accarezzarmi la guancia. E anche altri punti. Quel tipo aveva detto tutte le cose giuste. Mi aveva fatta sentire speciale. Perfino carina, eppure ero stata immersa nella pulizia del frigo fino ai gomiti. Chi era? Perché era entrato in casa? Che lavoro faceva sul ranch? Qualcosa che lo faceva lavorare sodo per quei muscoli. Qualcosa di sporco. Non mi erano passati inosservati i tagli e i graffi che aveva avuto sulle mani. Niente completi eleganti o manicure per lui. A Paisley piacevano gli uomini pronti a mantenerla, un tratto che aveva preso da nostra madre. La vita di lusso senza davvero guadagnarsela lavorando. Sebbene vivere in una roulotte sgangherata col ragazzo numero… venti non fosse un lusso. Io no. Io volevo un uomo forte che fosse presente per me. Costruire una vita basata sul duro lavoro e sull’amore. Il rispetto reciproco e la passione. I soldi erano importanti, ma non erano tutto. Ero così stanca di prendermi cura degli altri. Ero sempre stata quella affidabile, quella giudiziosa. Mio padre se n’era andato quando avevamo avuto due anni. Mia madre non si era mai tenuta un lavoro a lungo. Nulla di fisso e nulla che avesse mai pagato più del salario minimo. Spesso si era licenziata da qualunque fosse stato il suo ultimo lavoro per via di qualche cosa sicura che avrebbe fruttato soldi in fretta. C’era stata un’intera lista di cose sicure crescendo, ma nessuna aveva mai sistemato la parte rotta del riscaldamento sulla roulotte o pagato la bolletta dell’elettricità. Io mi ero nutrita di pane e un barattolo di burro d’arachidi ottenendo un lavoro a quattordici anni. Sei anni più tardi, non molte cose erano cambiate. La Mamma viveva in una roulotte, ma col suo ultimo fidanzato che avrebbe dovuto darle ogni genere di roba luccicante, invece si era trasferito lì e viveva a scrocco sulle sue spalle. Paisley mi aveva rubato tutto, non solo i soldi, ma la mia opportunità di ottenere una laurea. Avendo bisogno di contanti, era andata alla mia banca, aveva prelevato i soldi per il mio college. Li aveva spesi per un viaggio in Messico per sé e per il Tipo Della Settimana. Messico! Io non avevo mai nemmeno lasciato il Montana. Mi rendeva ancora furiosa pensare a quanto avessi lavorato sodo—pur andando a scuola a tempo pieno—per metterli da parte e lei sei li fosse fumati sulla spiaggia. Era stato quello a spingermi oltre il limite, venire a sapere che avessi uno scoperto bancario in segreteria. Che avevano cancellato la mia iscrizione. Che quando l’avevo chiamata, lei aveva ammesso tutto mandandomi una foto dei segni del suo costume. Prima che lei fosse tornata, io me n’ero andata. Avevo portato via tutto prima che la Mamma potesse fare domande, non che mi stesse prestando molta attenzione a parte l’assicurarsi che coprissi la bolletta della luce. Mi ero trasferita in una piccola cittadina a tre ore da lì nella speranza di ricominciare. Nella speranza che la Mamma avrebbe dovuto cavarsela da sola con le sue bollette e che Paisley avrebbe capito che io non ero più il suo buono pasto. Non aveva importanza in ogni caso. Non mi rimaneva nulla. La Mamma prendeva sempre le difese di Paisley e Paisley si prendeva tutto. Non avevo letteralmente nulla da dare a nessuna di loro. Avevo i miei abiti, un paio di ninnoli e qualche souvenir. Quel catorcio della mia auto che era più ruggine che altro. Lavoravo. Leggevo. Dormivo. Me ne stavo per i fatti miei. Dunque l’idea di un tipo come Cowboy Sexy, tutto alfa e prepotente, che arricciava il dito mi eccitava. Mi ero avvicinata a lui nella cucina dei Wainright senza pensare. Avevo semplicemente… obbedito. Avevo i capezzoli duri sotto l’asciugamano. Un paio di minuti con quel tipo e aveva avuto effetto su di me. Andai al comò e ne tirai fuori una maglietta e dei leggings, poi mi sedetti sul letto. La casa era piccola. Era la vecchia baracca di un minatore o qualcosa del genere con una sola stanza e un bagno. L’avevo ottenuta arredata, era pulita, economica e più sicura della roulotte nella quale ero cresciuta. Avrei dovuto chiamarlo? Potevo? Afferrai il cellulare che avevo lasciato sul letto, fissando la schermata dei miei messaggi. Mi morsi un labbro. Cowboy Sexy era in cima. Si era scritto una sola parola: Bellissima. Non ero certa se fosse dolce, sexy o troppo bello per essere vero. Tutto ciò che dovevo fare era toccare lo schermo. Trassi un respiro profondo e lo lasciai andare. Cercai di placare il mio nervosismo. Non servì a nulla. Mi aveva agitata sin dal momento in cui gli avevo messo gli occhi addosso per la prima volta. No. Non potevo farlo. Non potevo chiamarlo. E se avesse cambiato idea? E se mi avesse presa in giro? E se… Era davvero troppo bello per essere vero. Avevamo parlato per cinque minuti. Forse meno. Ecco perché mi aveva chiesto di uscire. Non aveva avuto abbastanza tempo per conoscere la vera me. Per rendersi conto di tutto ciò che mi portavo dietro. Che non avevo esperienza in campo sessuale come Paisley. Senza dubbio lui aveva delle necessità, dei desideri oscuri e perversi quanto lui. Io non potevo avverarli. Non avevo idea di come fare. E poi, farmi piacere un uomo dopo averlo conosciuto per cinque minuti era il genere di cosa che avrebbe fatto mia madre. Innamorarsi e fare poi affidamento su quella persona senza alcuna solida base. Io non sapevo nemmeno come si chiamasse. Avevo cercato di non assomigliare minimamente a mia madre e con un solo sorriso malizioso, avevo scoperto esattamente quanto fossi debole. Un dito arricciato ed ero andata da lui come sotto un incantesimo. Attaccando il cellulare al caricabatteria, lo poggiai a terra, poi mi misi a letto e spensi la luce. Non lo chiamai. Perché se l’avessi fatto e lui avesse cambiato idea su quanto fossi bella, su come avesse voluto uscire con me, avrebbe fatto male. Più di quanto non lo facesse in quel momento. Proprio come tutte le volte in cui mia madre era stata scaricata. In quei giorni, avevo una speranza. La speranza che non sarei mai stata come lei. Che mia sorella non mi avrebbe mai trovata e non mi avrebbe più rovinato la vita. La speranza di poter ottenere qualcosa dalla vita senza essere costantemente trattenuta. Era tutto ciò cui mi aggrappavo perché era tutto ciò che avevo. La speranza era l’unica cosa che mia sorella non poteva portarmi via. Tuttavia, mi addormentai pensando a degli occhi azzurri e dei sorrisi letali.
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