Diedi un colpo di sopracciglia. «L’avevo capito anche senza bisogno di superpoteri».
Harry posò Sean nella culla e gli aggiustò la copertina. «Tua mamma è una scema, mi dispiace»disse. Ma lo fece a voce bassa, per non svegliarlo. Poi chiuse le tendine, come a stabilire che non era solo l’ora di dormire, ma anche di fare una nanna bella lunga.
Tornò verso di me e con calma, molto deliberatamente, mi passò una mano dietro alla nuca e mi tirò verso di sé. Sentii le sue labbra sulle mie e la sua lingua sfiorò la mia lingua.
Gli posai le mani sul petto, invasa da un’ondata di calore.
«Ma Anne non c’è» disse, a voce bassa, «e in ogni caso sta già pensando tutto il peggio, quindi non vedo perché non dovrei dare un po’ di felicità a una poveretta intrappolata in un’isola dimenticata da Dio».
Gli tirai un pugno sulle costole. «Quanta boria».
Lui rise, sempre sottovoce, e mi baciò di nuovo. «Mi stavo esercitando per la versione ufficiale e comunque dovrai ammettere che suona molto meglio di “non me lo sarei potuto tirare giù nemmeno a martellate”».
«Bella educazione che stai dando a tuo figlio».
Harry si voltò davvero verso la culla, vagamente preoccupato.
Poi ridacchiò. «Per un attimo ho quasi dimenticato che vivi con Adrian e che mi sono già rassegnato al fatto che da grande dovrò pagargli l’università e lo psicoanalista».
«Ahi, ahi. Questa è meglio non riferirgliela».
Harry tornò a baciarmi. «Giusto, potrebbe prenderlo per un complimento».
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In realtà fummo relativamente circospetti. Non solo perché Sean dormiva nel suo lettino, ma anche perché in casa c’erano quattro persone che, in un modo o nell’altro, sapevano benissimo che cosa stava succedendo.
I lupi vanno su di giri quando c’è un altro lupo in calore nelle vicinanze e io e Harry lo eravamo parecchio. Mi ero abituata tempo prima all’aspetto animale della questione, ed era inutile girarci intorno: io e Harry siamo praticamente fatti per scopare l’uno con l’altra.
Era una fortuna che mi stesse anche simpatico e che fosse una persona decente, perché se anche fosse stato orribile sotto tutti i punti di vista l’avrei ugualmente trovato sessualmente irresistibile.
Adrian aveva fatto un po’ fatica a digerire la questione, ma Adrian era uno degli esseri più moralmente elastici del pianeta, per cui alla fine aveva dato una sorta di recalcitrante nulla osta al fatto che io e Harry ci rotolassimo sul letto non appena ci vedevamo o quasi. Cosa, peraltro, inevitabile.
Non che Adrian fosse un modello di monogamia. Gli ultimi mesi della mia gravidanza erano stati allietati dalla presenza in casa nostra di due gemelle, di cui il mio compagno non si stancava mai di decantare le qualità pur senza ricordarne i nomi.
In quanto a Harry, aveva questa relazione di natura imprecisata con Anne ed era chiaro che non voleva che io ci mettessi il naso. Alcune volte avevo l’impressione che non volesse nemmeno che Anne ci mettesse il naso, ma forse ero troppo cattiva.
«Non sei troppo cattiva. Sei semplicemente troppo romantica» sbuffò lui, parlando a voce bassissima, mentre, seduto sul letto, mi slacciava tranquillamente i pantaloni.
Io ero in piedi davanti a lui e mi piaceva la tranquilla confidenza con cui mi trattava, come, in generale, mi piaceva un po’ tutto di Harry.
«Non stavo pensando con te» ribattei io, a voce ugualmente bassa. «Fai finta di non aver sentito, no?».
Lui rise e si chinò a mordicchiarmi una coscia. «Vorrei solo sapere come fai ad avere tutti quei pensieri in testa e, nello stesso tempo, ad avere questo odore».
«Ho una mente multifunzionale. Harry, io penso che sia arrivato il momento di toglierselo, quel cazzo di completo sartoriale. È bellissimo e tutto quanto, ma perché devo sempre trovarmi a essere nuda mentre tutti gli altri sono vestiti?».
Harry mi abbassò anche le mutande e io le scalciai via.
«Forse perché nuda dai il tuo meglio».
«Oh, grazie» feci io.
Era buffo avere quella conversazione a voce così bassa. Mi sembrava di essere una cospiratrice.
«Prego. Mi ci sono volute otto ore, per arrivare qua, tra aereo ed elicottero. Se non ti avessi mai vista, nuda, sarebbero state otto ore migliori».
Risi e gli sciolsi il nodo della cravatta. In effetti i suoi pantaloni avevano una protuberanza molto significativa.
«Così significativa che se n’è accorta anche l’hostess e mi ha fatto l’occhiolino».
Gli sfilai la giacca e gli sbottonai la camicia. «Sfacciata».
Lui mi accarezzò i fianchi e finì col posarmi le mani sulle natiche. «Sei proprio bellissima» disse, con un mezzo sorriso divertito. «Oltre a tutto il resto, lo sai». Si allungò per leccarmi su un seno, facendomi rabbrividire.
Si scalzò le scarpe e si decise ad alzarsi in piedi. Gli accarezzai la peluria scura del petto, guardandolo.
Harry si slacciò la cintura e scalciò via anche pantaloni e boxer. Era evidentemente eccitato, ma voleva anche fare le cose con calma. Mi osservò con una sfumatura sorniona negli occhi, accarezzandomi un seno in punta di dita.
«È che tendo a diventare sentimentale, con la madre di mio figlio» mormorò, baciandomi.
Avevo pensato spesso che in un altro momento delle nostre vite ci saremmo follemente amati. A volte ero un po’ preoccupata per lui e per la sua radicata impermeabilità ai sentimenti.
«Non “ai sentimenti”. Non ho più voglia di innamorarmi, tesoro. E non mi innamorerei mai di te: non sono masochista».
Risi sottovoce, baciandolo e spingendolo sul letto. «Ma figurati. Saresti una grana colossale. Con quell’aria terribile da maschio dominante. Ti scopo solo perché sei belloccio».
Lui mi prese e mi rivoltò a pancia in su, salendomi sopra. «È il mio lavoro essere il maschio dominante. Non mi scocciare».
Cedendo alle sue buone maniere, aprii le gambe per lui, sapendo che non avrebbe più aspettato nemmeno un attimo. Faceva parte della particolare chimica che c’era tra noi: potevamo passare dagli scherzi al sesso animalesco in meno di un secondo.
Esattamente come mi aspettavo, Harry mi entrò dentro con un colpo secco e iniziò a muoversi velocemente. Mi tappò la bocca con una mano e fece molto bene.
Sarebbe stato inutile aver sussurrato fino a quel momento se poi Sean si fosse svegliato sentendoci fare sesso.
«Senza parlare... di tutti... i terribili traumi... che potrebbe avere...» ansimò Harry, senza azzardarsi ad alzare il tono di voce.
Continuava ad affondarmi dentro veloce e io ero tragicamente già a un passo dall’orgasmo. «Anch’io» mi sussurrò lui, in un orecchio. Gli morsi le dita e spinsi il bacino verso di lui. Harry si piegò completamente su di me, ormai grondante, ed emise un suono roco simile a un ringhio. Conoscevo quel suono. Era il suono che faceva subito prima di godere. Ed era... be’, era sexy.
La completa sicurezza con cui ti toccava, era sexy.
La tranquillità con cui accelerava e accelerava, sapendo benissimo che sarei venuta da lì a un attimo.
Era, dovevo ammetterlo, la quintessenza della mascolinità, a letto. Pelle contro pelle, carne dentro carne, sudore che gocciolava. Attrito, forza cinetica, sesso nella sua espressione più lineare: un corpo che ne penetra un altro.
E mi sentivo piena di lui. Lo sentivo entrare, ritrarsi ed entrare di nuovo. Sentivo il suo peso tra le gambe e sopra di me. Sentivo i suoi muscoli guizzare, il suo respiro farsi sempre più veloce, e il suo ringhio diventare sempre più roco.
L’orgasmo arrivò montando come un’onda alta e veloce. Mi prese, mi strinse, mi scosse, mi lasciò esausta.
Harry continuò a muoversi. Gli ultimissimi affondi, perché era venuto anche lui e aveva la bocca aperta e gli occhi socchiusi. Boccheggiò, muto, e si lasciò cadere sopra di me.
Le sue braccia mi circondarono le spalle e sentii una risata silenziosa attraversargli il petto.
«Quanto tempo, Sarah» mormorò.
Strofinai la guancia contro la sua, lasciandolo riposare sopra di me.
E in quel momento... Harry non sembrava quasi mai un lupo. Non era quello che ti immaginavi, quando pensavi a un lupo mannaro. Non era eccessivamente peloso, non aveva un’espressione feroce... no, per lo più Harry aveva l’aria dello squalo della finanza che poi era: educato, trattenuto, falsamente bonario. Ma dopo il sesso, quando si allungava su di te... in quel momento sembrava un lupo. Non un feroce predatore pronto all’attacco, ma uno snello animale con la lingua a penzoloni, il cui respiro leggero si condensa nell’aria fredda della foresta.
Rotolò su un lato e si infilò sotto alle coperte. Gli scivolai accanto e lui ci coprì entrambi.
«Sai, in realtà quest’isola...» mi sussurrò, facendo scorrere le dita su una ciocca dei miei capelli, «...mette in luce una parte di te che mi piace. Voglio dire... Sarah, la ragazza di città. Con quei tuoi vestiti da vampiro...».
Risi sottovoce. «Non ho dei vestiti da vampiro. Detta così, sembra che io normalmente vada in giro vestita come Morticia Adams».
«Mh-mh. Cognome giusto, tra l’altro. No, intendevo... vestiti da vampiro vero. Roba da agenzia di pubblicitari. Longuette e tacco a spillo... niente plateau, che non è fine...»
Risi di nuovo. «Le hai osservate bene le vampire vere...»
Harry sorrise bonariamente. «Dimmi che non è così».
«È così» ammisi. I vampiri sembravano sempre usciti da una rivista di moda tipo Vogue.
«Già. Invece prima... quando sei venuta a prendermi... con quel buffo cappello con le orecchie, la sciarpa, il giaccone... Con le guance arrossate e gli occhi blu di quel blu così... profondo, no? Ecco, in quel momento mi sono ricordato che sei scozzese. Una ragazza scozzese prestata alla città».
«A dire il vero non la sopporto, la Scozia».
Harry scrollò una spalla. «Come darti torto? C’è un clima di merda. Ma c’è anche... bah. C’è anche qualcosa che mi piace. Tu, probabilmente».
Gli baciai un angolo del mento, perché a volte riusciva a essere genuinamente carino.
«Sono sempre genuinamente carino. E affascinante. E affabile».
«E modesto. Non dimentichiamo la modestia».
Mi accarezzò un seno e lo soppesò dentro la sua mano. «È tutto ingarbugliato, quello che provo per te. Un bel garbuglio, però. Da un lato la madre di mio figlio. E dato che ho provato per anni ad averne uno, questo ti rende poco meno di un essere sovrannaturale».
«Dice il licantropo».
Lui sbuffò. «Poi a volte ti considero mia amica».
«A volte?» mi finsi scandalizzata, io.
«Quando non penso a te come a una sciagura in gonnella. O una bimbetta cocciuta. O la tizia completamente irragionevole che ha fatto irruzione nella mia vita rivoltandola come un guanto».
Lo guardai male e lui, per tutta risposta, iniziò a giocherellare con il mio capezzolo.
«E poi quella che mi attizza» sorrise. «Quella su cui ho voglia di allungare le mani come un ragazzino. Quella che si eccita sentendo il mio odore. O meglio, non sentendolo. Mi sta tornando voglia, Sarah».
Anche a me stava tornando voglia. Mi appoggiai contro il suo fianco e gli passai una gamba sopra alle gambe. Mi sentivo languida ed eccitata nello stesso momento.
Harry mi fece scorrere una mano sul lato esterno della coscia, su fino al sedere. Mi strinse una natica e poi infilò le dita nel solco che le divideva, mentre chiudeva l’altra mano sopra a uno dei miei seni.
«Sei ancora un po’ più morbida del solito» sorrise. «Mi piace».
«Tu invece sei più magro. Ci ho fatto caso prima. Non molto più magro, ma... un po’. Non mangi, Harry?».
Lui fece una piccola smorfia, continuando a farmi scorrere le dita tra le natiche. «Non ho avuto molto tempo. È davvero un gran casino, sai? E c’è gente che mi rompe le palle a tutte le ore. Dio se mi piace...»
L’ultimo commento, ovviamente, non si riferiva alla guerra in corso, ma al fatto che avevo chiuso una mano attorno al suo pene e avevo iniziato a muoverla dolcemente su e giù. Lui si allungò fino a penetrarmi con le prime falangi delle dita e poi tornò a stuzzicarmi dietro.
«È lì che ti interessa?» gli chiesi, baciandolo.
La sua lingua sfiorò la mia, per poi ritrarsi, quando sorrise. «Non lo so ancora. Può darsi. È un sacco di tempo che non scopiamo. Suppongo di volertelo mettere dappertutto» ammise candidamente.
Mi penetrò il buchetto del sedere con un dito e io soffocai un gemito. Lo strinsi più forte e questa volta fu lui a emettere un sospiro.
«Sì, tesoro, voltati» decise.
Lo accontentai e lui scostò le coperte. Sentii le sue mani che mi percorrevano la schiena e le natiche, allargandole leggermente. Posai la testa sul materasso, sporgendo il sedere verso di lui.
Mi entrò lentamente dentro alla fica. Emisi un gemito, senza riuscire a trattenermi.
«Shh» mi rimproverò lui, iniziando a muoversi. Era una parola. Strinsi il bordo del lenzuola tra i denti, a scopo precauzionale. Harry mi era completamente dentro, a quel punto e lo sentivo, duro e caldo, muoversi piano.
Lo tirò fuori e mi allargò di nuovo le natiche con le mani. Posò la punta dell’uccello sul mio buchetto posteriore e spinse. Strinsi più forte il bordo del lenzuolo tra i denti.