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La sposa ammaliata

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Blurb

L’usanza di Bridgewater secondo cui due uomini sposano una donna è insolita nel territorio del Montana. Ma tre uomini che sposano una donna? Non ne aveva mai sentito parlare nessuno, specialmente non la bellissima Olivia Weston. Il suo destino, pare, la vede sposata con un uomo – un uomo che lei non ama.

Ma quando il suo pretendente la tratta in maniera crudele, lei lo rifiuta e, non molto tempo più tardi, attira l’attenzione di tre rancher bellissimi e virili. Cross, Rhys e Simon sono il più diversi possibile l’uno dall’altro. Eppure hanno una cosa in comune: sono decisi ad offrire ad Olivia la protezione di un matrimonio e la promessa di infiniti piaceri carnali.

Olivia è preoccupata del fatto che la sua attrazione istantanea e il suo accettare frettolosamente di sposare tre uomini sia frutto di un suo difetto. Che genere di donna non solo amerebbe tre uomini, ma renderebbe loro disponibili le sue parti più intime affinché vi dedichino le loro attenzioni lussuriose? L’alchimia tra di loro è come un fulmine. Potrà negarla? O si sottometterà per diventare la moglie più soddisfatta di Bridgewater in questa serie di ménage in corso d’opera?

 

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Capitolo 1
1 CROSS La prima volta che la vidi pensai che fosse un miraggio. Alla luce della lanterna nell’atrio, i suoi capelli erano neri come la pece, raccolti in maniera artistica sulla nuca, ma con dei morbidi riccioli sciolti che mi facevano scendere lo sguardo sulla curva aggraziata del suo collo. La sua pelle aveva un bagliore dorato, come se fosse stata illuminata dall’interno. Il suo abito azzurro era modesto, eppure lasciava indovinare tutte le sue curve, che erano piuttosto allettanti. Non fui l’unico a notarle, dal momento che gli sguardi di molti uomini si voltavano nella sua direzione mentre danzava, passava accanto a qualcuno o anche solo sorrideva loro. Furono i suoi occhi, comunque, ad attirarmi del tutto, poiché quando voltò quello sguardo azzurro verso di me, fui perso. Aveva quell’aspetto che Rhys o Simon avrebbero definito da Irlandese Nera: capelli neri e occhi azzurri. Io non avevo mai incontrato nessuno con quell’abbinamento di colori e fu incredibile. In effetti, non riuscivo a distogliere lo sguardo. Il ballo pubblico in celebrazione dell’indipendenza del paese era un evento a cui partecipava molta gente, specialmente in una città delle dimensioni di Helena. Non accadeva spesso che noi di Bridgewater vi ci recassimo: solamente gli affari relativi al ranch ci portavano così lontani da casa. Il nostro ranch ci teneva ben occupati e piuttosto autosufficienti. Mentre Ian e Kane avevano stipulato gli ultimi contratti di bestiame, era nostro compito – mio, di Simon e di Rhys – acquistare uno stallone necessario a migliorare il lignaggio già eccellente dei cavalli di Bridgewater. Uno dei nostri obiettivi era creare i cavalli più resistenti, più veloci e migliori del Territorio del Montana. Al diavolo i cavalli. Io volevo – no, avevo bisogno – di sapere chi fosse quella donna. Non potevo lasciare il ballo senza aver sentito la sua voce o aver percepito la sua vita sotto la mia mano mentre danzavamo. Volevo sapere che profumo avesse. «Chiedile di ballare,» mi disse Rhys avvicinandosi. Non ci scambiammo un’occhiata, bensì guardammo la bellissima donna che in quell’istante stava sorseggiando limonata e parlando con altre due. Erano di età simile, forse poco più che ventenni, ma nessuna delle altre suscitò il mio interesse. Se mi fossi voltato e mi avessero chiesto che aspetto avessero, dubito che avrei potuto garantire una risposta corretta. Era lei che mi interessava. Ce ne stavamo in piedi ai limiti della pista da ballo, con la musica – due violini, una fisarmonica e un pianoforte – non tanto forte in quel punto da rendere difficile parlarsi. C’erano diverse porte aperte per lasciar entrare l’aria fresca della sera e vidi uno dei suoi riccioli ribelli muoversi nella brezza. Lanciai un’occhiata a Rhys. Era più alto di me di un paio di centimetri, ma più esile. I suoi capelli erano scuri come quelli della donna misteriosa, tuttavia la sua pelle era molto più scura grazie al tempo che trascorreva all’aria aperta e alla sua tendenza naturale. Poteva anche sembrare un uomo del Montana, ma non era nato, né era cresciuto in quel Territorio, né tantomeno negli Stati Uniti. Lui, così come l’altro nostro amico Simon, veniva dal Regno Unito – Simon dalla Scozia e Rhys dall’Inghilterra. In effetti, il nome di quell’inglese, con la sua ortografia strana, si pronunciava semplicemente Reeese. Perché non fosse scritto così era un’altra anomalia britannica che non sarei mai riuscito a comprendere. Bastava sentire quei due parlare per capire che erano stranieri. La donna sorrise. «Non trovi che sia...» Non riuscivo a pensare alla parola giusta. «Unica?» domandò Rhys. «Io la trovo unica.» Era vero. Era l’unica che aveva attirato la mia attenzione e, a quanto pareva, anche la sua. «Anche Simon la penserebbe così se si trovasse qui invece che in riunione,» osservai. Ci trovavamo ad Helena per l’acquisto del cavallo, non per un ballo, ma dal momento che si era deciso che io e Rhys non dovessimo prendere parte all’accordo, avevamo scelto di trascorrere la nostra serata di relax alla festa. «Riunione? È una maledetta partita a Poker.» «Gli accordi d’affari si concludono con alcol, donne e carte.» «Potrà anche avere l’alcol e le carte, ma noi abbiamo la donna,» commentò Rhys. Lui era il più taciturno di noi tre, un uomo di poche parole, ma quando parlava quelle parole erano ben ponderate e la sua affermazione fu corretta. Solo guardare quella bellezza dai capelli scuri mi fece subito concordare. Simon, lo scozzese, era più forza bruta che emozioni e gestiva senza problemi gli affari. Era un bene che non fosse presente in quel momento, altrimenti avrebbe gettato a terra chiunque si fosse trovato sul suo cammino per arrivare a lei, a prescindere che fosse sposata o se le interessassero gli stranieri. Quel metodo avrebbe funzionato se non ci fossimo trovati ad un ballo di paese; quell’ambiente richiedeva finezza e lui non era noto per quella qualità. «Non è stata con un uomo in particolare per la maggior parte della serata, per cui non credo che sia rivendicata,» commentai, infilandomi le mani nelle tasche dei pantaloni. Nessun uomo l’aveva interessata troppo a lungo. Il suo sorriso, che ora elargiva liberamente alle donne con cui si trovava, veniva offerto con parsimonia agli uomini e solamente in maniera educata. Per quanto non avrei mai scelto una donna solo per gettarmela in spalla come un uomo delle caverne che rivendica la propria compagna, non avevo intenzione di restarmene lì con le mani in mano a guardare quella che desideravo scivolarmi via dalle dita come sabbia. La banda terminò la canzone ricevendo un applauso ed io colsi l’occasione che mi si presentò. Mi avvicinai con lo sguardo fisso su di lei che, quando mi vide arrivare, fu come se fosse rimasta intrappolata nella tela di un ragno, senza riuscire a distogliere lo sguardo o spostarsi. Le donne accanto a lei stavano ancora parlando; tuttavia, lei aveva perso la loro attenzione in cambio della mia. Quando mi fermai accanto a lei, le altre smisero di chiacchirare e tutte e tre piegarono indietro la testa per guardarmi, dal momento che ero più alto di loro di almeno venti centimetri. Io rivolsi loro un cenno di saluto col capo, ma mantenni lo sguardo fisso su di lei. «Posso avere l’onore di questo ballo?» La banda riprese a suonare una nuova canzone e le coppie scesero in pista. Non volendole concedere l’opportunità di dire di no, la presi per mano e la condussi in un punto libero. Forse ero un po’ un uomo delle caverne, dopotutto. La sua pelle era calda, le dita che stringevano le mie. Voltandomi a guardarla, mi avvicinai e le posai la mano libera in vita per dare il via al nostro ballo. Si sistemò nella curva delicata del suo corpo in quel punto, il mignolo appoggiato all’osso sporgente del suo bacino e le mie dita grandi che arrivavano quasi a toccarle le vertebre. Riuscivo a sentire le stecche rigide del suo corsetto e avrei voluto poter conoscere la sensazione della sua pelle morbida. «Io mi chiamo Cross,» dissi mentre cominciavo a condurla sulla pista da ballo. I passi non erano complicati e non richiedevano che vi si prestasse praticamente alcuna attenzione, il che era ottimo dal momento che io ero concentrato solamente su di lei. I suoi occhi si erano posati sulla mano che mi teneva sulla spalla, ma mi lanciò un’occhiata. «Io mi chiamo Olivia. Olivia Weston.» Le offrii un sorriso e lei spalancò gli occhi sorpresa. Ero così minaccioso? «Siete di Helena, Olivia?» domandai, sperando di riuscire a fare conversazone e metterla a suo agio. Il mio aspetto era piuttosto impressionante: ero più alto della maggior parte degli uomini e pesavo almeno una quindicina di chili in più. Di certo le donne mi guardavano due volte, ma spesso non perché fossero affascinate, bensì intimorite. La presa stretta della sua mano era l’unico accenno ad un qualche genere di preoccupazione da parte di Olivia, il che era un bene, dal momento che non volevo che avesse paura di me. In effetti, avrei voluto che trovasse il nostro ballo piuttosto piacevole, dal momento che a me stava piacendo stringere la sua esile figura mentre permettevo al suo dolce profumo di ammaliarmi. Lei mi rivolse un breve cenno del capo, un ricciolo che sobbalzava seguendo quel movimento. «Sì, e immagino che voi non lo siate, dal momento che credo che mi sarei ricordata di voi.» La sua voce era morbida, tuttavia aveva un timbro quasi roco che mi fece ribollire il sangue. «Sono così memorabile, dunque? Buono a sapersi, e mi pare un bel complimento,» risposi. «No, voglio dire... è solo che-» biascicò, poi, vedendo l’espressione divertita nel mio sguardo, strinse le labbra, sebbene un angolo si incurvò verso l’alto e seppi di non aver fatto danno. «Io mi sarei decisamente ricordato di voi, Olivia, se vi avessi già vista. In effetti, sarei stato molto premuroso e voi non mi avreste dimenticato.» Lei arrossì adorabimente e fissò i bottoni della mia camicia. «Per rispondere alla domanda, no, io vengo dal mio ranch, Bridgewater, che si trova a est da qui.» Lei si irrigidì tra le mie braccia ed inizialmente pensai fosse per via del fatto che avessi accennato a Bridgewater, ma poi mi resi conto che stava fissando piuttosto intensamente un punto oltre il mio braccio sinistro. Mi si avvicinò leggermente e voltò la fronte verso il mio bicipite, come a sfruttare il mio corpo come una specie di scudo. «Qualcosa vi infastidisce?» domandai, senza voltarmi nella direzione che la turbava. Sebbene mantenni un atteggiamento calmo e continuai a ballare, ero vigile e attento a qualsiasi genere di disturbo o di pericolo nei confronti di Olivia. Lei si rilassò, forzò un sorriso e rispose, «No, va tutto piuttosto bene.» Qualcosa, no, probabilmente qualcuno, l’aveva turbata, ma a lei non interessava condividere la cosa con me. «Possiamo anche esserci appena conosciuti, ma vi prego di considerarmi un protettore, Olivia. Non intendo farvi del male e non permetterò che ve ne venga fatto da altri.» I suoi occhi chiari si spalancarono per la sorpresa. «Lo dite come se ci credeste.» «Non pensate che potrei proteggervi?» Le sue parole avevano sorpreso me. «Guardatevi.» Mi indicò con un cenno del mento. «Siete... molto robusto e potreste dimostrarvi un bell’avversario.» Sogghignai di nuovo. «Sì, sono molto robusto e so fare buon uso delle mie dimensioni.» Dubitai che avesse compreso il mio doppio senso. «Non avete un uomo a proteggervi?» «Vivo con mio zio, che è un drago e mi protegge con fervore. Non conduco nemmeno una vita stravagante e non mi serve poi chissà quale difesa.» «Oh?» commentai in tono neutro. «Mi ha cresciuta mio zio ed io ho assunto le sue tendenze in quanto ad attività formative, leggendo e restando a casa. Me ne sto piuttosto al riparo e non sono tipo da feste.» «Mi sembrate piuttosto a vostro agio a questo evento,» controbattei. Lei si accigliò brevemente. «È un giorno di festa e comunque, mio zio ha insistito.» «Allora dovrò porgergli la mia gratitudine.» «Perché?» chiese lei, piegando leggermente la testa. «Non vi avrei mai incontrata altrimenti e ne sono piuttosto contento.» Di nuovo, lei arrossì in maniera adorabile. «Ma non avete mai risposto alla mia domanda riguardo un uomo che vi protegga.» «Come ho detto, mio zio basta e avanza. Non ho bisogno di altra protezione.» Dal modo in cui gli uomini in sala la stavano guardando, non mi trovavo d’accordo, ma non avrei rovinato il ballo per discutere con lei. Le strinsi leggermente la mano così che mi guardasse. «Molto bene, tuttavia io sono Cross del Ranch di Bridgewater, se mai doveste averne bisogno.» La canzone giunse al termine e, per quanto smettemmo di muoverci, io non la lasciai andare. «Promettetemelo, Olivia.» La gente ci passava attorno, chiacchierando affabilmente mentre noi ce ne stavamo immobili ed io la inchiodavo con le mie parole. «Non vi trovate ad Helena e non potete offrirmi alcun riparo, a prescindere dal genere di tempesta; tuttavia, a giudicare dall’espressione seria che avete in volto, non mi lascerete andare la mano fino a quando non accetterò.» Sogghignai di fronte alla sua sagacia. «Molto bene, accetto. Vi chiamerò se mai ne avrò la necessità.» La definizione della parola “necessità” offriva più di una connotazione. Per quanto l’avrei protetta da ogni genere di pericolo, avrei anche volentieri ricoperto quel ruolo per qualunque altro genere di necessità avrebbe potuto avere. A giudicare dalla sua espressione, dal modo in cui era stata cresciuta, conduceva una vita riservata e non conosceva le necessità di una donna. L’idea che un altro uomo gliele insegnasse era come minimo sgradevole. Sfortunatamente, non ebbi altra scelta che lasciarla andare. Ero riluttante a farlo dal momento che mi sembrava... giusta tra le mie braccia.

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