CAPITOLO DUE

2771 Words
CAPITOLO DUE Godfrey sollevò l’arco con mani tremanti, si sporse oltre il parapetto e prese la mira. Intendeva scegliere un bersaglio e tirare direttamente, ma quando vide ciò che c’era di sotto rimase fermo in ginocchio, paralizzato, scioccato. Sotto di lui si lanciavano alla carica migliaia di soldati McCloud, un ben allenato esercito inondava il paesaggio circostante, tutti diretti verso i cancelli della Corte del Re. Decine di uomini correvano in avanti trasportando un ariete da abbattimento e lo utilizzavano per colpire ripetutamente le grate di ferro, facendo tremare le pareti e il terreno sotto i piedi di Godfrey. Godfrey perse l’equilibrio e tirò. La freccia volò innocua in aria. Afferrò un altro dardo e lo posizionò immediatamente nell’arco. Il cuore gli batteva forte in petto, era consapevole che quel giorno sarebbe morto. Si sporse ancora oltre il parapetto, ma prima che potesse tirare, un sasso lanciato da una fionda andò a colpire il suo elmo di ferro. Si udì un forte suono metallico e Godfrey cadde a terra, lanciando la freccia dritto verso il cielo. Si tolse l’elmo e si strofinò la testa dolorante. Non avrebbe mai detto che un sassolino potesse fare tutto quel male: gli pareva che il ferro gli riverberasse in tutto il cranio. Godfrey si chiese in cosa si fosse mai invischiato. Vero, aveva compiuto un atto eroico, aveva dato una mano allertando tutta la città dell’arrivo dei McCloud e facendo guadagnare così tempo prezioso. Magari aveva addirittura salvato delle vite. Di certo aveva salvato sua sorella. Eppure ora era lì, insieme a poche decine di soldati rimasti a corte – nessuno dell’Argento, nessuno di loro vero cavaliere – a difendere il guscio di una città evacuata contro un intero esercito di McCloud. Questa roba del soldato non era per lui. Si udì uno schianto tremendo e Godfrey incespicò di nuovo mentre i cancelli venivano divelti e aperti. Migliaia di uomini si riversarono di corsa all’interno della città, esultando, assetati di sangue. Mentre si rimetteva in piedi dietro al parapetto, Godfrey capì che era solo questione di tempo, poi li avrebbero raggiunti lassù e avrebbe dovuto combattere fino alla morte. Era questo che voleva dire essere un soldato? Era questo che voleva dire essere coraggioso e temerario? Morire così che gli altri potessero vivere? Ora che stava per vedere la morte in faccia non era più tanto sicuro che fosse stata una buona idea. Essere un soldato, essere un eroe era una cosa grandiosa, ma restare vivo era molto meglio. Mentre Godfrey pensava a mollare tutto, a correre via cercando di nascondersi da qualche parte, improvvisamente numerosi McCloud invasero i parapetti. Godfrey vide uno dei suoi compagni che veniva pugnalato e cadeva agonizzante a terra. Poi, di nuovo, accadde. Nonostante tutti i suoi ragionamenti razionali, tutta la sua comune saggezza contro l’essere un soldato, qualcosa scattò dentro di lui, qualcosa che non poteva controllare. C’era qualcosa in lui che non gli permetteva di sopportare di vedere altra gente che soffriva. Non era in grado di raccogliere il coraggio per sé, ma quando vedeva i suoi compagni in pericolo, qualcosa lo sopraffaceva, lo faceva diventare in un certo modo avventato. Qualcuno avrebbe anche potuto dire che si trattasse di cavalleria. Godfrey reagì senza pensare. Si ritrovò ad afferrare una lunga lancia e a buttarsi contro la fila di McCloud che saliva di corsa le scale disponendosi lungo il parapetto. Lanciò un forte grido e, tenendo saldamente la lancia, colpì il primo uomo. La grossa lama di ferro entrò nel petto del soldato nemico e Godfrey corse, usando il suo peso, addirittura la sua pancia da birra, per spingerli tutti indietro. Con suo stesso stupore Godfrey ebbe successo, rispedendo la fila di uomini giù dalla scala a chiocciola, lontani dai parapetti: da solo stava respingendo i McCloud che volevano invadere quel posto. Quando ebbe finito, Godfrey lasciò cadere la lancia, sorpreso di se stesso, non sapendo cosa gli fosse preso. Anche i suoi compagni lo guardavano sorpresi, come se non riuscissero a capacitarsi che proprio lui potesse avere un tale potere. Mentre si chiedeva quale fosse la mossa successiva, la decisione arrivò da sola quando notò del movimento con la coda dell’occhio. Si voltò e vide un’altra decina di McCloud che lo attaccavano di lato, riversandosi dall’altra parte del parapetto. Prima che Godfrey fosse in grado di imbastire una difesa appropriata, il primo soldato lo raggiunse tenendo in mano un enorme martello da guerra e roteandolo intenzionato a colpirgli la testa. Godfrey capì che un colpo del genere gli avrebbe di certo fracassato il cranio. Si abbassò quindi per schivarlo – unica cosa che sapeva fare benissimo – e il martello passò al di sopra della sua testa. Godfrey abbassò poi la spalla e si lanciò sul soldato facendolo cadere all’indietro e bloccandolo. Lo spinse sempre più indietro fino a che entrambi si trovarono a lottare vicino al parapetto, combattendo corpo a corpo, prendendosi per la gola. Era un avversario forte, ma anche Godfrey era forte, era uno dei pochi doni che la vita gli aveva concesso. I due si azzuffavano, spingendosi avanti e indietro fino a che improvvisamente rotolarono entrambi oltre il bordo. Tutti e due precipitarono in aria, tenendosi l’uno all’altro, cadendo di almeno cinque metri verso terra. Godfrey ruotò in aria, sperando di atterrare lui sopra al soldato piuttosto che il contrario. Sapeva che il peso di quell’uomo, e tutta la sua armatura, lo avrebbero schiacciato. Godfrey si voltò all’ultimo secondo, atterrando sopra l’avversario, schiacciandolo con il suo peso e mettendolo fuori combattimento. Ma la caduta costò un prezzo anche a Godfrey: batté la testa e rotolò a terra, dolorante in ogni parte del corpo, rimanendo al suolo per un attimo prima che il mondo iniziasse a vorticare attorno a lui e divenisse tutto nero. L’ultima cosa che vide sollevando lo sguardo fu un esercito di McCloud che affluivano nella Corte del Re e la conquistavano. * Elden si trovava nei campi di allenamento della Legione, le mani sui fianchi, Conven e O’Connor accanto a lui, tutti e tre intenti a osservare le nuove reclute che Thorgrin aveva loro affidato. Elden guardava con occhio esperto mentre i ragazzi galoppavano avanti e indietro nel campo, cercando di saltare oltre dei fossati e tirare le proprie lance contro dei bersagli sospesi. Alcuni ragazzi non riuscirono a saltare e caddero insieme ai loro cavalli nei fossi; altri ce la fecero, ma non colpirono i bersagli. Elden scosse la testa, cercando di ricordare come fosse stato lui quando aveva iniziato il suo allenamento nella Legione e cercando di essere incoraggiato dal fatto che negli ultimi giorni quei ragazzi avevano già mostrato segni di miglioramento. Eppure nessuno di loro era ancora neppure lontanamente il duro guerriero che era necessario diventassero per essere accettati come reclute. Pretendeva molto, soprattutto data la grossa responsabilità che aveva nel rendere fieri Thorgrin e tutti gli altri. Anche Conven e O’Connor non si aspettavano di meno. “Signore, ci sono novità.” Elden si voltò e vide una delle reclute, Merek, l’ex-ladro, correre verso di lui con gli occhi sgranati. Interrotto nel mezzo delle sue riflessioni, Elden si innervosì. “Ragazzo, ti ho detto di non interrompere mai…” “Ma signore, non capite! Dovete…” “No, sei TU che non capisci,” ribatté Elden. “Quando le reclute si stanno allenando, non…” “GUARDATE!” gridò Merek afferrandolo e indicando con una mano. Elden, furioso, stava per afferrare Merek e scagliarlo via, ma poi guardò all’orizzonte e rimase pietrificato. Non riusciva a comprendere ciò che vide. Lì, in lontananza, salivano in aria grandi nuvole di fumo nero. Venivano dalla direzione della Corte del Re. Elden sbatté le palpebre, non capendo. Poteva essere mai possibile che la Corte del Re stesse andando a fuoco? E come? Forti grida si levavano all’orizzonte, le grida in un esercito, insieme al rumore di cancelli che venivano abbattuti. Il cuore di Elden gli affondò nel petto: i cancelli della Corte del Re erano stati divelti. Sapeva che questo poteva significare solo una cosa: un esercito vero e proprio aveva invaso. Quel giorno, il Giorno del Pellegrinaggio, la Corte del Re era stata presa d’assedio. Conven e O’Connor scattarono in azione, gridando alle reclute di interrompere ciò che stavano facendo e di rimanere in gruppo. Le reclute si affrettarono a ubbidire e Elden si portò accanto a Conven e O’Connor che, in silenzio e sull’attenti, attendevano istruzioni. “Uomini,” gridò Elden. “La Corte del Re è stata attaccata!” Si levò un mormorio sorpreso e agitato tra le file dei ragazzi. “Non siete ancora parte della Legione e di sicuro non siete soldati dell’Argento né forti guerrieri cui sarebbe richiesto di affrontare un esercito vero e proprio. Quegli uomini stanno invadendo per uccidere e se li affronterete potreste perdere la vita. Io, Conven e O’Connor abbiamo il dovere di proteggere la nostra città e dobbiamo ora partire per andare in guerra. Non mi aspetto che nessuno di voi si unisca a noi. A dirla tutta, vi dissuado dal farlo. Ma se qualcuno volesse, si faccia avanti ora, consapevole del fatto che potrebbe ben facilmente morire sul campo di battaglia oggi stesso.” Seguì qualche momento di silenzio, poi improvvisamente ogni singolo ragazzo davanti a loro fece un passo avanti, con coraggio e fierezza. Elden si sentì estremamente orgoglioso. “Siete diventati tutti uomini oggi.” Elden montò a cavallo e gli altri lo imitarono: lanciarono tutti un grido di battaglia e si lanciarono all’unisono, da uomini, pronti a rischiare la vita per il loro popolo. * Elden, Conven, e O’Connor facevano strada seguiti da un centinaio di reclute, tutti al galoppo, con le armi sguainate, verso la Corte del Re. Mentre si avvicinavano Elden fu scioccato di vedere numerose migliaia di McCloud che oltrepassavano i cancelli. Un esercito ben organizzato che aveva scelto il Giorno del Pellegrinaggio per tendere un’imboscata alla Corte del Re. Erano in minoranza, almeno dieci a uno. Conven sorrideva portandosi avanti a tutti. “Proprio il genere di situazioni che piacciono a me!” gridò, lanciando un urlo di battaglia e galoppando davanti a tutti, intenzionato ad attaccare per primo. Conven sollevò in aria la sua ascia da guerra ed Elden lo guardò con ammirazione e preoccupazione insieme, dato che pareva intenzionato ad attaccare l’esercito dei McCloud completamente da solo. I McCloud ebbero poco tempo per reagire mentre Conven roteava la sua ascia come un folle, colpendo due soldati alla volta. Una volta trovatosi nel mezzo della folla, si lanciò da cavallo e atterrò mandando a terra altri tre soldati, facendoli cadere dalle loro cavalcature. Elden e gli altri erano subito dietro di lui. Si scontrarono con il resto dei McCloud che furono troppo lenti a reagire, non aspettandosi un attacco alle spalle. Elden brandì la spada con rabbia e destrezza, mostrando alle reclute della Legione come si doveva fare e usando tutta la sua forza per colpire un uomo dopo l’altro. La battaglia si fece fitta e corpo a corpo man mano che il loro piccolo gruppo costringeva i McCloud a cambiare direzione e a mettersi sulla difensiva. Tutte le reclute della Legione si buttarono nella mischia, lanciandosi temerariamente in battaglia e scontrandosi con i McCloud. Elden vedeva con la coda dell’occhio i ragazzi che combattevano ed era fiero di notare che nessuno di essi esitava. Erano tutti in guerra e si battevano come veri uomini anche se in minoranza. Nessuno sembrava curarsene. I McCloud cadevano da una parte e dall’altra, presi alla sprovvista. Ma lo slancio cambiò presto direzione, non appena l’esercito dei McCloud riprese forza e la Legione si trovò ad affrontare veri soldati professionisti. Alcuni della Legione iniziarono a cadere. Merek ed Ario vennero colpiti da dei fendenti di spada, ma rimasero a cavallo, continuando a battersi e disarcionando i loro avversari. Ma poi vennero colpiti da dei mazzafrusti roteanti e caddero a terra. O’Connor, che cavalcava accanto a Merek, scoccò diverse frecce con il suo arco, colpendo diversi soldati attorno a sé, prima di essere a sua volta colpito da uno scudo e disarcionato. Elden, completamente circondato, perse alla fine l’elemento sorpresa e ricevette un fortissimo colpo alle costole da un martello, oltre a un colpo di spada al braccio. Si voltò e fece cadere i due avversari da cavallo, ma subito apparvero altri quattro uomini. Conven, a terra, combatteva disperatamente roteando selvaggiamente la sua ascia contro cavalli e uomini, ma alla fine venne colpito alle spalle da un martello e cadde a terra con la faccia nel fango. Arrivarono altri rinforzi per i McCloud, soldati che abbandonarono il cancello per far fronte all’attacco inaspettato. Elden vide pochi dei suoi uomini e capì che presto sarebbero stati tutti spazzati via. Ma non gli interessava. La Corte del Re era sotto assedio e lui avrebbe volentieri rinunciato alla sua vita pur di difenderla, pur di difendere quei ragazzini della Legione che lo rendevano così fiero combattendo. Che fossero ragazzi o uomini non contava più: stavano dando il loro sangue accanto a lui. In quella giornata epica, vivi o morti, erano tutti fratelli. * Kendrick scendeva al galoppo il monte del pellegrinaggio, conducendo un migliaio di soldati dell’Argento, tutti lanciati più veloci che mai, diretti verso il fumo nero che si levava all’orizzonte. Kendrick si rimproverò, pensando che non avrebbe dovuto lasciare i cancelli privi di sorveglianza. Non si sarebbe mai aspettato un attacco in un giorno come quello, meno che meno da parte dei McCloud che pensava ormai in condizione di pace sotto il governo di Gwen. Gliel’avrebbe fatta pagare per aver invaso la città e per averlo fatto in un giorno sacro come quello. Tutt’attorno a lui anche i suoi fratelli erano lanciati al galoppo, forti, ad assecondare l’ira di tutto l’Argento rinunciando al loro sacro pellegrinaggio, determinati a mostrare ai McCloud cosa l’Argento era in grado di fare, facendola loro pagare una volta per tutte. Kendrick giurò che per quando tutto fosse finito nessun McCloud sarebbe rimasto in vita. La loro parte di Altopiano non sarebbe risorta mai più. Mentre si avvicinavano, Kendrick guardò davanti a sé e vide le reclute della Legione che combattevano valorosamente, vide Elden, O’Connor e Conven, tutti in tremenda minoranza, ma nessuno intenzionato a cedere ai McCloud. Il suo cuore si gonfiò di orgoglio. Però tutti, lo vedeva bene, stavano per essere sconfitti. Kendrick gridò e spronò il cavallo a galoppare ancora più forte, conducendo i suoi uomini in quell’ultimo devastante attacco. Prese una lancia lunga e quando fu sufficientemente vicino la tirò. Uno dei generali McCloud si voltò giusto in tempo per vedere la lancia in aria che finiva conficcata nel suo petto: un lancio tanto forte da perforargli l’armatura. I mille cavalieri alle spalle di Kendrick lanciarono un forte grido: l’Argento era arrivato. In McCloud si voltarono, li videro e per la prima volta si lesse vera paura nei loro occhi. Un migliaio di splendenti cavalieri dell’Argento, tutti compatti e uniti, come una tempesta discesa dalla montagna, tutti con le armi sguainate, tutti forti combattenti, neanche un briciolo di esitazione nei loro occhi. I McCloud si voltarono per affrontarli, ma con apprensione. L’Argento piombò su di loro, sulla propria città natale, Kendrick a capo della spedizione. Prese la sua ascia e la fece roteare espertamente, colpendo numerosi soldati e facendoli cadere da cavallo. Poi sguainò la spada con l’altra mano e, buttandosi nel fitto della folla, colpì altri uomini andando sempre a segno nei punti vulnerabili delle loro armature. L’Argento portò la giustizia tra le masse di soldati come un’ondata di distruzione. Erano esperti e si sentivano a casa propria mai come in quel momento, nel bel mezzo della battaglia, circondati dall’esercito nemico. Per un membro dell’Argento questo significava essere a casa. Colpirono e pugnalarono tutti i soldati McCloud che stavano loro attorno, tutt’altro che professionisti se paragonati a loro. Le grida si levavano da ogni parte mentre i nemici cadevano sempre più numerosi. Nessuno poteva fermare l’Argento: erano troppo veloci e agili, forti ed esperti nella loro tecnica; combattevano come un corpo unico, come era stato loro insegnato fin da quando avevano imparato a camminare. Il loro slancio e la loro abilità terrorizzò i McCloud che si trovavano ad essere soldati comuni di fronte a cavalieri perfettamente addestrati. Elden, Conven, O’Connor e il resto della Legione, salvati dai rinforzi, si rimisero in piedi, sebbene feriti, e si unirono alla battaglia dando il loro apporto allo slancio dell’Argento. Nel giro di pochi istanti centinaia di McCloud giacevano morti a terra e quelli che restavano furono sopraffatti dal panico. Uno a uno iniziarono a voltarsi e a fuggire, riversandosi fuori dai cancelli della città, cercando di scappare dalla Corte del Re. Kendrick era determinato a non permetterglielo. Si portò ai cancelli, seguito dai suoi uomini, e si assicurò di bloccare la strada a coloro che si stavano ritirando. Il gesto ebbe un effetto ad imbuto e i McCloud venero massacrati man mano che raggiungevano i limiti della città: erano gli stessi cancelli che avevano divelto loro stessi solo poche ore prima. Mentre Kendrick brandiva due spade, uccidendo uomini a destra e a manca, capì che presto ogni McCloud sarebbe morto e che la Corte del Re sarebbe stata loro di nuovo. Mentre rischiava la sua vita per il bene della sua terra, sapeva che era questo ciò che si diceva essere vivi.
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