CAPITOLO QUATTRO

1594 Words
CAPITOLO QUATTRO Alistair giaceva tra le braccia di Erec sulla prua della grossa nave che dondolava dolcemente spinta dalle grosse onde. Guardava come ipnotizzata il milione di stelle rosse che luccicavano nel cielo notturno, ammiccando da lontano. Una tiepida brezza invernale la accarezzava accompagnandola verso il sonno. Si sentiva felice. Semplicemente trovarsi lì insieme ad Erec le donava una sensazione di pace. Lì, in quella parte di mondo, in quella parte di oceano, era come se tutti i problemi del mondo fossero scomparsi. Ostacoli infiniti li avevano tenuti lontani, ma ora finalmente i suoi ogni si erano avverati. Erano insieme e non c’era più nulla che potesse intromettersi tra loro. Avevano già dispiegato le vele e si stavano dirigendo verso le isole di Erec, la sua patria, e quando fossero arrivati si sarebbero sposati. Non c’era nulla che desiderasse di più al mondo. Erec la stringeva con forza e lei si fece più vicina a lui. Entrambi guardavano l’universo, avvolti dalla tenue nebbia dell’oceano. Gli occhi di Alistair si fecero pesanti nel silenzio della notte. Mentre osservava la vastità del cielo, pensava a quanto grande fosse il mondo, pensava a suo fratello – Thorgrin – che sì trovava là fuori da qualche parte, e si chiedeva dove fosse precisamente in quel momento. Sapeva che stava facendo un viaggio per trovare sua madre. L’avrebbe trovata? Com’era? Esisteva veramente? Una parte di Alistair avrebbe volute unirsi a lui in quel viaggio, incontrare anche lei sua madre; un’altra parte sentiva già la mancanza dell’Anello e avrebbe voluto tornare a casa, in una terra familiare. Ma la parte più consistente era assolutamente eccitata: eccitata di iniziare una nuova vita insieme ad Erec, in un luogo nuovo, in una nuova parte del mondo. Era emozionata all’idea di incontrare la sua famiglia, di vedere come fosse la sua patria. Chi viveva nelle Isole del Sud? Come era la sua gente? La sua famiglia l’avrebbe accolta? Sarebbero stati felici di averla lì con loro o si sarebbero sentiti minacciati da lei? Avrebbero ben accettato l’idea del loro matrimonio? O si erano immaginati qualcun altro, uno del loro popolo, per Erec? Peggio di tutto, ciò che temeva sopra ogni cosa: cosa avrebbero pensato di lei quando avessero scoperto dei suoi poteri? Quando avessero scoperto che era una druida? L’avrebbero considerata una persona stravagante? Un’esclusa? “Raccontami ancora della tua gente,” disse Alistair ad Erec. Lui la guardò, poi riportò gli occhi al cielo. “Cosa ti piacerebbe sapere?” “Dimmi della tua famiglia,” gli disse. Erec pensò a lungo in silenzio. Alla fine parlò: “Mio padre è un grande uomo. È re della nostra gente da quando aveva la mia età. La sua morte incombente cambierà la nostra isola per sempre.” “E ci sono altri parenti?” Erec esitò a lungo, ma poi annuì. “Sì. Ho una sorella… e un fratello.” Esitò di nuovo. “Io e mia sorella siamo sempre stati affezionati da bambini. Ma devo metterti in guardia: è una persona molto territoriale e si ingelosisce facilmente. È diffidente nei confronti degli estranei e non le piace che persone nuove entrino nella nostra famiglia. E mio fratello…” Erec si interruppe. Alistair lo incalzò. “Di che si tratta?” “Non incontrerai mai un guerriero più bravo. Ma è il mio fratello minore e si è sempre messo in competizione con me. Io l’ho sempre visto come un fratello, ma lui mi ha sempre considerato un rivale, qualcuno che gli mette i bastoni tra le ruote. Non so perché. È così e basta. Mi piacerebbe che fossimo più legati.” Alistair lo guardò sorpresa. Non riusciva a capire come qualcuno potesse guardare Erec con sentimenti diversi dall’affetto. “Ed è ancora così?” gli chiese. Erec scrollò le spalle. “Non vedo nessuno di loro da quando ero bambino. Questa è la prima volta che torno nella mia terra: sono passati quasi trenta cicli solari. Non so cosa aspettarmi. Sono più un prodotto dell’Anello ora. Eppure se mio padre ora morisse… sono il primogenito. Il popolo si aspetterebbe che prendessi io il comando.” Alistair fece una pausa, riflettendo e non volendo curiosare troppo. “E lo farai?” Erec scrollò le spalle. “Non è una cosa che io desideri ardentemente. Ma se questo è il volere di mio padre… non posso dire di no.” Alistair lo osservò. “Lo ami molto.” Erec annuì e lei vide che i suoi occhi brillavano alla luce delle stelle. “Prego solo che la nostra nave arrivi prima che lui muoia.” Alistair rifletté sulle sue parole. “E tua madre?” gli chiese. “Le piacerò?” Erec sorrise. “Come se fossi una sua figlia,” le rispose. “Perché vedrà quanto ti amo.” Si baciarono e Alistair poi riportò gli occhi verso l’alto per guardare il cielo, stringendo la mano di Erec. “Ricordati sempre questo, mia signora. Ti amo. Più di ogni altra cosa. Questo è tutto ciò che conta. Il mio popolo ci dovrà concedere il più grandioso matrimonio che mai si sia visto sulle Isole del Sud, ci circonderanno di festeggiamenti. E tu sarai amata e accolta da tutti.” Alistair scrutò le stelle, tenendo stretta la mano di Erec, pensierosa. Non aveva alcun dubbio sul suo amore per lei, ma si chiedeva cosa avrebbero pensato i suoi familiari, persone che lei non conosceva per niente. L’avrebbero accolta come lui pensava? Non ne era così certa. Improvvisamente Alistair udì dei passi pesanti. Sollevò lo sguardo e vide un membro della ciurma camminare lungo il corrimano, sollevare un grosso pesce sopra la testa e lanciarlo in mare. Si udì un leggero tonfo in acqua, seguito poi da un rumore più deciso, provocato da un altro pesce più grosso che immediatamente balzò in superficie per mangiarlo. Poi dall’acqua di sotto provenne un rumore orrendo, come di pianto e lamento, poi un altro tonfo. Alistair guardò il marinaio, un brutto ceffo, con la barba incolta, vestito di stracci, senza denti, chino in avanti con un sorriso da babbeo. Si voltò e la guardò, il volto malvagio, grottesco sotto la luce delle stelle. Alistair provò una bruttissima sensazione incrociando quello sguardo. “Cos’hai lanciato fuori bordo?” gli chiese Erec. “Le interiora di un pesce simka,” rispose. “Ma perché?” “È veleno,” rispose ghignando. “Qualsiasi pesce le mangi muore all’istante.” Alistair lo guardò disgustata. “Ma perché mai vorresti uccidere dei pesci?” Il sorriso dell’uomo si allargò. “Mi piace guardarli mentre muoiono. Mi piace sentire i loro lamenti e mi piace vederli galleggiare con la pancia per aria. È divertente.” L’uomo si voltò e tornò lentamente verso il resto della ciurma. Alistair lo guardò sentendosi accapponare la pelle. “Cosa c’è?” le chiese Erec. Alistair distolse lo sguardo e scosse la testa, cercando di eliminare quella sensazione. Ma non ne era capace: era un’orrenda premonizione, ma non sapeva esattamente cosa fosse. “Niente, mio signore,” gli disse. Si riaccoccolò tra le sue braccia, cercando di convincersi che stava andando tutto bene. Ma dentro di sé sapeva che non era per niente vero. * Erec si svegliò nel bel mezzo della notte sentendo la nave che lentamente saliva e scendeva tra le onde, capendo immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Era il guerriero dentro di lui, la parte di se stesso che sempre l’aveva avvisato un istante prima che qualcosa di brutto accadesse. Aveva sempre avuto questo sesto senso, fin da ragazzo. Si mise velocemente a sedere, allerta, guardandosi attorno. Si voltò e vide Alistair profondamente addormentata accanto a lui. Era ancora buio e la nave veniva cullata dalle onde, eppure c’era qualcosa che non andava. Guardò da ogni parte, ma non vide alcun segno che qualcosa fosse storto. Si chiese quale pericolo potesse esserci in agguato, lì nel mezzo del nulla. Era stato solo un sogno? Erec, fidandosi del suo istinto, portò la mano alla spada, ma prima di riuscire ad afferrare l’elsa, si sentì avvolgere completamente da una pesante rete. Era la rete più pesante che avesse mai sentito addosso, tanto pesante da poter schiacciare un uomo, e gli cadde addosso all’improvviso bloccandolo a terra. Prima che potesse reagire si sentì sollevare in aria, come un animale catturato e intrappolato, le maglie della rete così strette da non permettergli neppure di muoversi. Spalle, braccia, polsi e piedi erano immobilizzati. Venne issato sempre più in alto fino a che si ritrovò a quasi dieci metri dal ponte della nave, penzolando, come una bestia presa in trappola. Il cuore gli batteva in petto mentre cercava di capire ciò che stava accadendo. Abbassò lo sguardo e vide Alistair sotto di lui che si stava svegliando. “Alistair!” la chiamò. In basso lei si stava guardando attorno cercandolo ovunque e quando finalmente sollevò lo sguardo vedendolo, la sua espressione si fece sgomenta. “EREC!” gridò confusa. Erec vide diverse decine di membri della ciurma avvicinarsi a lei con delle torce in mano. Sorridevano tutti in modo grottesco, con la malvagità negli occhi, accerchiandola. “È ora che la condivida con noi,” disse uno di essi. “Ho intenzione di insegnare a questa principessa cosa vuol dire vivere con un marinaio,” disse un altro. Tutti scoppiarono a ridere. “Dopo di me,” disse un altro. “Non prima che io me la sia spassata per primo,” ribatté un altro. Erec lottava per liberarsi con tutte le sue forze mentre quegli uomini si facevano sempre più vicini. Ma non valse a nulla. Le sue spalle e le braccia erano intrappolate così saldamente da non riuscire neppure a muoverle. “ALISTAIR!” gridò disperato. Non poteva fare altro che restare a guardare continuando a penzolare lassù. Tre marinai improvvisamente balzarono addosso ad Alistair alle sue spalle. Lei gridò mentre la tiravano in piedi, le strappavano la camicia e le stringevano le braccia dietro al schiena. La tennero stretta mentre numerosi altri marinai si avvicinavano. Erec osservò attentamente la nave cercando dove fosse il capitano: lo vide sulla parte più alta del ponte, intento a osservare la scena. “Capitano!” gridò Erec. “Questa è la tua nave. Fai qualcosa!” Il capitano lo guardò, poi lentamente si voltò dando le spalle a ciò che stava accadendo, come se non volesse esserne testimone. Erec guardò, disperato, mentre un marinaio prendeva un pugnale e lo puntava alla gola di Alistair, che strillò. “NO!” gridò Erec. Era come guardare un incubo che si dispiegava davanti ai suoi occhi, e la cosa peggiore era che lui non poteva fare nulla.
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