CAPITOLO DUE

2020 Words
CAPITOLO DUE Mackenzie avvertì un nodo allo stomaco quando guardò fuori dal finestrino e vide un mucchio di truppe televisive e reporter che si accalcavano per accaparrarsi il posto migliore, in attesa di assalire lei e Porter non appena avessero raggiunto il distretto. Mentre Porter parcheggiava, vide molti giornalisti avvicinarsi percorrendo di corsa il prato, seguiti a ruota dai cameraman. Mackenzie vide che Nelson era già all’ingresso, intento a tenerli a bada in qualche modo, con un’aria agitata e imbarazzata. Anche a distanza si vedeva il sudore che gli imperlava la fronte. Quando scesero dalla macchina, Porter si avvicinò a Mackenzie, facendo in modo che non fosse lei la prima detective che i media avrebbero visto. Quando le fu accanto, disse “Non dire niente a questi succhia sangue.” Sentì un’ondata di indignazione a quel commento superfluo. “Lo so, Porter.” Il corteo di giornalisti e telecamere li raggiunse. Almeno una dozzina di microfoni spuntavano dalla calca, puntati sulle loro facce mentre passavano. Le domande giungevano alle loro orecchie come un ronzare di insetti. “I figli della vittima sono già stati avvertiti?” “Qual è stata la reazione del contadino quando ha rinvenuto il cadavere?” “Si tratta di un caso di violenza sessuale?” “È opportuno assegnare un caso del genere a una donna?” L’ultima domanda punse Mackenzie sul vivo. Certo, sapeva che stavano solo cercando di provocare una reazione, nella speranza di ottenere un’esclusiva di venti secondi per l’edizione pomeridiana del telegiornale. Erano solo le quattro; se facevano in fretta, potevano avere un bel pezzo per l’edizione delle sei. Mentre entrava varcando le porte, l’ultima domanda le rimbombava in testa come un tuono. È opportuno assegnare un caso del genere a una donna? Le tornò in mente Nelson che leggeva con voce completamente priva di emozioni le informazioni su Hailey Lizbrook. Certo che lo è, rifletté Mackenzie. Anzi, è fondamentale. Quando furono infine all’interno del distretto, le porte si chiusero dietro di loro. Finalmente in silenzio, Mackenzie emise un respiro di sollievo. “Sanguisughe del cazzo” sbottò Porter. Adesso che non era più davanti alle telecamere aveva abbandonato la sua spavalderia. Oltrepassò lentamente il bancone della reception e si diresse verso il corridoio che conduceva alla sala conferenze e agli uffici. Sembrava stanco, pronto a tornarsene a casa e chiudere con il caso. Mackenzie entrò per prima nella sala conferenze. C’erano molti altri agenti seduti a un grande tavolo, alcuni in uniforme, altri in abiti civili. Data la loro presenza e l’improvvisa apparizione delle troupe televisive, Mackenzie capì che la storia era già trapelata nelle due ore e mezza che le ci erano volute per lasciare l’ufficio, raggiungere il campo e tornare indietro. Non si trattava più soltanto di un raccapricciante omicidio qualsiasi; adesso era diventato uno spettacolo. Mackenzie afferrò una tazza di caffè e prese posto al tavolo. Qualcuno aveva già distribuito dei fascicoli con le poche informazioni che erano state raccolte sul caso. Mentre dava un’occhiata al suo, altre persone entrarono nella stanza. Arrivò anche Porter, che sedette all’altro capo del tavolo. Mackenzie si concesse un attimo per controllare il cellulare e scoprì di avere otto chiamate perse, cinque messaggi vocali e una dozzina di email. Era un duro promemoria del fatto che era già oberata di lavoro prima di essere mandata nel campo di granoturco quella mattina. La triste ironia era che, mentre i suoi colleghi più anziani passavano un sacco di tempo a umiliarla e lanciarle velati insulti, avevano anche compreso il suo talento. Il risultato era che le venivano assegnati più casi che a chiunque altro della squadra. Tuttavia, finora non era mai rimasta indietro e aveva una percentuale eccezionale di casi risolti. Pensò di rispondere ad alcune delle email nell’attesa ma, prima che potesse farlo, il capitano Nelson entrò e si affrettò a richiudere la porta dietro di sé. “Non so come abbiano fatto i media a scoprire il caso così in fretta” ringhiò, “ma se scopro che il responsabile è qualcuno in questa stanza, saranno guai seri.” Sulla stanza calò il silenzio. Alcuni agenti iniziarono a scorrere nervosamente i contenuti del fascicolo che avevano davanti. Anche se a Mackenzie Nelson non piaceva granché, non si poteva negare che la sua presenza e la sua voce bastassero a tenere tutti i presenti sotto controllo senza sforzo. “Ecco il punto della situazione” disse Nelson. “La vittima è Hailey Lizbrook, una spogliarellista di Omaha. Trentaquattro anni, due figli di nove e quindici anni. Da quello che siamo riusciti a capire, è stata sequestrata prima di iniziare il turno, infatti il suo datore di lavoro afferma che non si è presentata quella sera. Il video di sorveglianza del Runaway, il posto dove lavora, non ha mostrato nulla. Per questo partiamo dal presupposto che sia stata rapita da qualche parte tra il suo appartamento e il Runaway. Parliamo di un’area di dodici chilometri – sul posto sono già al lavoro le squadre della polizia di Omaha.” Poi guardò Porter come se fosse il suo allievo migliore e disse: “Porter, perché non ci descrivi la scena?” Era scontato che avrebbe scelto Porter. Porter si alzò e si guardò intorno, come per assicurarsi che tutti gli prestassero la massima attenzione. “La vittima era legata a un palo di legno con le mani dietro la schiena. Il luogo del decesso si trova in uno spiazzo in un campo di granoturco, a circa un chilometro dall’autostrada. La schiena era ricoperta di colpi, inflitti probabilmente con una frusta. Abbiamo trovato delle impronte per terra della stessa forma e dimensione delle ferite. Anche se non possiamo averne l’assoluta certezza finché il medico legale si sarà pronunciato, siamo abbastanza sicuri che non ci sia stata violenza sessuale, nonostante la vittima fosse in biancheria intima e i vestiti non siano stati rinvenuti.” “Grazie, Porter” disse Nelson. “A proposito del medico legale, ho parlato con lui al telefono una ventina di minuti fa. Afferma che, anche se lo potrà confermare soltanto l’autopsia, la causa del decesso è probabilmente la perdita di sangue, oppure un trauma cranico o cardiaco.” I suoi occhi si posarono su Mackenzie e mostravano ben poco interesse quando chiese: “Hai qualcosa da aggiungere, White?” “I numeri” rispose lei. Nelson levò gli occhi al cielo davanti a tutti. Era un chiaro segno di mancanza di rispetto, ma lei lasciò correre, decisa a tirar fuori la cosa davanti a tutti i presenti prima di poter essere interrotta. “Ho scoperto due serie di numeri separate da una barra, intagliate nella parte inferiore del palo.” “Quali erano i numeri?” domandò uno dei giovani agenti seduti al tavolo. “In realtà si tratta di numeri e lettere” rispose Mackenzie. “N 511 e G 202. Ho una foto sul cellulare.” “Avremo altre foto a breve, non appena Nancy le avrà fatte stampare” si intromise Nelson. Parlò in fretta e con risolutezza, facendo capire a tutti che la questione dei numeri era chiusa. Mackenzie ascoltò mentre Nelson si dilungava a spiegare il da farsi per coprire l’area di dodici chilometri tra l’abitazione di Hailey Lizbrook e il Runaway. In realtà però stava ascoltando solo per metà. La sua mente continuava a tornare al modo in cui il corpo della donna era stato appeso. C’era qualcosa nell’esposizione del corpo che le era sembrato familiare da subito, e anche lì in sala conferenze era impresso nella sua mente. Rilesse gli appunti nel fascicolo, nella speranza che un piccolo dettaglio facesse scattare qualcosa nei suoi ricordi. Sfogliò le quattro pagine di informazioni, sperando di svelare qualcosa. Sapeva già tutto quello che c’era scritto nel fascicolo, ma controllò comunque tutti i dettagli. Donna di trentaquattro anni, presumibilmente uccisa la notte precedente. Legata ad un palo di legno, sferzate, tagli e varie abrasioni sulla schiena. Possibile causa di morte la perdita di sangue o un trauma cardiaco. Il modo in cui è stata legata potrebbe avere collegamenti con la religione, mentre il fisico della donna fa supporre un movente sessuale. Mentre leggeva, qualcosa scattò nella sua mente. Si distrasse un attimo, per lasciare i pensieri liberi di andare dove dovevano senza che quello che la circondava interferisse. Mentre metteva insieme i pezzi e trovava un collegamento che sperava essere sbagliato, Nelson stava concludendo il discorso. “... e dato che è troppo tardi per ricorrere ai posti di blocco, dovremo affidarci principalmente alle testimonianze, anche i dettagli più piccoli e apparentemente inutili. Bene, qualcuno ha qualcosa da aggiungere?” “Una cosa, signore” rispose Mackenzie. Si capiva che Nelson stava trattenendo un sospiro. Dall’altro capo del tavolo, udì Porter emettere una specie di risolino. Lo ignorò e attese la reazione di Nelson. “Sì, White?” domandò. “Ricordo un caso simile a questo che risale al 1987. Sono sicura che accadde appena fuori Roseland. Sia il tipo di donna che il modo in cui era legata corrispondono. Sono praticamente certa che sia stata brutalizzata allo stesso modo.” “Nel 1987?” Chiese Nelson. “White, ma se nemmeno eri nata!” Questo suscitò risate da parte di metà dei presenti. Mackenzie lasciò che le scivolassero addosso. Avrebbe avuto tempo di sentirsi in imbarazzo più tardi. “È vero” confermò, senza timore di tenergli testa. “Però ho letto il rapporto.” “Signore, lei dimentica” intervenne Porter, “che Mackenzie passa il suo tempo libero a leggere di vecchi casi irrisolti. Per cose del genere, la ragazza è una specie di enciclopedia ambulante.” A Mackenzie non sfuggì che Porter si era riferito a lei chiamandola per nome e definendola ragazza, non donna. La cosa triste era che non credeva si fosse nemmeno reso conto di averle mancato di rispetto. Nelson si gratto la testa e infine emise un sospiro rumoroso che aveva trattenuto fino a quel momento. “Nel 1987? Sicura?” “Ne sono quasi certa.” “A Roseland?” “O comunque nelle immediate vicinanze” rispose. “D’accordo” disse Nelson, volgendo lo sguardo all’estremità del tavolo, dove una donna di mezza età sedeva ascoltando diligentemente. Davanti a lei c’era un portatile sul quale aveva scritto per tutto il tempo. “Nancy, puoi cercare quel caso nell’archivio?” “Certo, signore” rispose. Iniziò subito a digitare qualcosa nel server interno del distretto. Nelson lanciò a Mackenzie un’altra occhiata di disapprovazione che in pratica si poteva interpretare come: Sarà meglio che tu non ti stia sbagliando, altrimenti avrai sprecato venti secondi del mio tempo prezioso. “Bene, signore e signori” proseguì Nelson. “Ecco come ci muoveremo: appena questa riunione sarà finita, voglio che Smith e Berryhill vadano ad Omaha per dare man forte alla polizia locale. Se sarà necessario, faremo dei turni a coppie. Porter e White, voi due parlerete con i figli della deceduta e con il suo datore di lavoro. Stiamo anche cercando di ottenere l’indirizzo della sorella. “Mi scusi, signore” intervenne Nancy sollevando lo sguardo dal computer. “Sì, Nancy?” “La detective White aveva ragione. Nell’ottobre del 1987, una prostituta fu trovata morta e legata a un palo del telefono, appena fuori la città di Roseland. Il documento che ho qui riporta che era in biancheria ed era stata pesantemente fustigata. Non sono stati trovati segni di violenza sessuale e il movente resta ignoto.” La stanza ripiombò nel silenzio, mentre molti si chiedevano cosa significasse tutto questo. Infine fu Porter a parlare per primo e, anche se a Mackenzie fu chiaro che stesse cercando di accantonare il caso, percepì una nota di preoccupazione nella sua voce. “Ma parliamo di quasi trent’anni fa”, disse. “Mi sembra un collegamento debole.” “Però è pur sempre un collegamento” ribatté Mackenzie. Nelson sbatté una robusta mano sul tavolo, fissando Mackenzie con occhi infuocati. “Se davvero esiste un collegamento sai cosa significa, vero?” “Significa che potremmo avere a che fare con un serial killer” replicò lei, “E anche solo la possibilità che potremmo avere a che fare con un serial killer significa che dobbiamo pensare di chiamare l’FBI.” “Ah, diamine” disse Nelson. “Stai correndo un po’ troppo. Anzi, stai proprio facendo una maratona.” “Con tutto il rispetto” disse Mackenzie, “vale la pena indagare.” “E adesso che il tuo super cervello ce l’ha fatto notare, dobbiamo farlo.” disse Nelson. “Farò un paio di chiamate così potrai occupartene tu. Per ora, preoccupiamoci di cose più immediate e pertinenti. È tutto per adesso. Mettetevi al lavoro.” Il gruppetto di persone al tavolo iniziò a disperdersi, ognuno prendendo con sé i fascicoli. Mentre Mackenzie usciva dalla stanza, Nancy le rivolse un timido sorriso. Era il massimo dell’incoraggiamento che Mackenzie avesse ricevuto sul lavoro da più di due settimane. Nancy lavorava al commissariato come segretaria e a volte si occupava di verificare le informazioni. Per quanto ne sapeva Mackenzie, era uno dei pochi membri più anziani della polizia a non avere problemi nei suoi confronti. “Porter, White, aspettate” disse Nelson. Vide che adesso Nelson mostrava la stessa preoccupazione che aveva avvertito in Porter quando aveva preso parola poco prima. Sembrava quasi che gli desse la nausea. “Sei stata brava a ricordarti di quel caso del 1987” ammise Nelson con Mackenzie. Sembrava che farle quel complimento gli provocasse dolore fisico. “È vero che è soltanto un’ipotesi, ma viene da chiedersi...” “Viene da chiedersi?” sollecitò Porter. Mackenzie, a cui non piaceva girare intorno alle questioni, rispose al posto di Nelson. “Perché abbia deciso di tornare attivo adesso” spiegò. Quindi aggiunse: “E quando ucciderà di nuovo.”
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