17. La confessione del fakiro Tantia divorato da una sete spaventevole, bruciato dal sole che lo colpiva direttamente sul nudo cranio, arso internamente dal pimento e compresso dalla terra, pareva che fosse proprio all’estremo delle sue forze. Gli occhi gli uscivano dalle orbite, aveva la schiuma alle labbra ed il suo braccio anchilosato subiva dei fremiti, come se da un momento all’altro dovesse spezzarsi sotto gli sforzi disperati che faceva il suo proprietario, per abbassarlo verso la bacinella piena d’acqua. Urla spaventevoli, che rassomigliavano agli ululati d’un lupo idrofobo, gli sfuggivano di quando in quando dal petto oppresso dalla terra. Vedendo Sandokan e Tremal-Naik, i suoi occhi s’iniettarono di sangue ed il suo viso assunse un aspetto orribile. - Acqua! - ruggì. - Sì,