XIII.Chi contempli i praticelli verdi del Temple, gli alberi leggeri, le case dalle incorniciature e dai davanzali di pietra, i piccioni, si sente ditirambico finché non gli si affaccia la visione di innumerevoli fasci di carte legate insieme da una fettuccia rosa, di infiniti scrivani in piccole anticamere che si succhiano le dita mentre aspettano i procuratori, di volumi rilegati in pelle cumulanti le comparse di innumerevoli casi discussi così a fondo che a vederle le menti più vane sospirano e pensano al “Cafe Royal”. Chi potrebbe negare che il Temple è dimora di menti umane in excelsis e di corpi umani in scranni? Chi negherebbe che, avvicinandovisi, la normale anima umana vi vien tolta come si tolgono le scarpe quelli che entrano nelle moschee? Neppure alle “Grandi Serate” lo spirito