Capitolo 1

2347 Words
1 RACHEL Nonostante fossi nata e cresciuta nel Montana, non avevo mai davvero capito cosa ci fosse di tanto bello nei rodeo. Gli animali, il lottare con loro, il legare le caviglie di piccoli vitelli il più rapidamente possibile. Tuttavia, mentre osservavo questo cowboy cavalcare il toro massiccio, i muscoli del suo petto che si tendevano sotto il tessuto della camicia mentre le sue braccia si gonfiavano sotto la stoffa tirata, finalmente compresi. Ondeggiava avanti e indietro, tenendosi in equilibrio e seguendo i movimenti a scatti della bestia inferocita, un braccio sollevato sopra la testa. Oh per la miseria, ora capivo. Sussultai, quando il toro scalciò con le zampe posteriori, non perché avessi paura per il cowboy, ma per via del modo in cui le sue cosce si contrassero al di sotto di quei jeans per mantenerlo in groppa. Jeans, avrei potuto aggiungere, che lasciavano ben poco all’immaginazione. Era tutto quanto stupido, assolutamente stupido. Restare su un toro per otto secondi, eppure, a guardare quella sagra del testosterone, mi si accendeva ogni singolo ormone femminile. «Eccoti un fazzoletto.» La voce di mia sorella mi distolse dalla trance a bocca aperta. Mi voltai a guardare Emmy, che in qualche modo riusciva a sembrare elegante e alla moda con una gonna di jeans e una camicetta larga nonostante fosse all’ottavo mese di gravidanza. Mi stava porgendo uno dei fazzolettini che si era portata via quando era andata a prendersi un cono gelato. Lo guardai accigliata. «Per cosa?» Emmy sogghignò. «Hai un po’ di bava qui.» La mia espressione si fece piccata. «Non stavo sbavando.» Mi voltai e mi ripulii comunque gli angoli della bocca di nascosto casomai avesse avuto ragione. «Come dici tu, sorellina.» Non dovevo vederla per sapere che stava roteando gli occhi verso di me. Nonostante fosse più giovane, Emmy aveva quell’aria da sorella maggiore saputella. Ad ogni modo, era lei quella felicemente sposata e con un bambino in arrivo, mentre io ero ancora impantanata nello zitellaggio senza vedere alcuna luce in fondo al tunnel. In qualche modo, questo sembrava darle un vantaggio che annullava i miei due anni di anzianità. Emmy aveva un matrimonio alla Bridgewater, il che significava che era la fortunata sposa di due uomini premurosi e protettivi. Come tutti i miei fratelli, aveva un gran cuore e una bella testa sulle spalle ed io desideravo solamente il meglio per lei. Tranne che in quel momento. Mentre leccava il suo gelato, con un’espressione incredibilmente compiaciuta, mi chiesi per la milionesima volta come avesse fatto la mia sorellina impertinente ad accalappiare non uno, bensì due uomini, quando io non ero riuscita ad arrivare ad un secondo appuntamento in più mesi di quanto avrei voluto ammettere. Mi sarebbe stato bene se fosse stata solamente Emmy a fare un figlio, ma io avevo cinque fratelli. Ed erano tutti sposati con dei figli o, nel caso di Emmy, con uno in arrivo. Due dei miei fratelli avevano anche loro un matrimonio alla Bridgewater, ma il resto aveva seguito le orme dei miei genitori e intrapreso la strada tradizionale. Un uomo, una donna. E tutti avevano trovato quel loro “qualcuno di speciale”, che fosse al singolare o al plurale, abbastanza presto. Emmy aveva solamente ventiquattro anni e mio fratello, Zach, si era sposato a ventuno. I miei genitori dicevano sempre, “Quando lo sai, lo sai.” Be’, io dovevo ancora saperlo. Giuro su Dio, non mi importava in che genere di relazione mi sarei ritrovata – tradizionale, alla Bridgewater o altro – volevo solamente averne una. Non che avessi un bisogno disperato di un uomo. No, io non me ne stavo seduta in casa a struggermi per qualcuno. E poi, non volevo semplicemente un uomo qualunque, io volevo l’uomo... o gli uomini giusti. Ero uscita con qualcuno, ma fino a quel momento non c’era stata nessuna scintilla, nessuno con cui avessi voluto andare oltre un secondo appuntamento. Per cui, per certi versi, avevo rinunciato. Non che fossi mai andata a caccia, ma non me ne andavo al bar con le amiche il venerdì sera in cerca di avventure. Be’, non ero mai andata in cerca di avvenure, ma mi ero messa alla ricerca di ragazzi. E non aveva funzionato. Per questo motivo, non è che stravedessi proprio per gli uomini, però decisamente stravedevo per i bambini. Non ero vecchia, assolutamente, ma avevo pensato che a ventisei anni mi sarei trovata nella stessa barca con il resto della mia famiglia. Se non sposata con dei figli, se non altro sulla buona strada in tal senso. Diamine, Emmy stava facendo un figlio prima di me. Sì, la cosa mi feriva, non che glielo avrei mai detto o l’avrei dato a vedere. Era un mio problema, non suo. Non era colpa sua se si era trovata due uomini che la amavano e che volevano creare una vita con lei. Una famiglia. Io avevo avuto tutto un mio piano. Il college, un master, poi avviare una famiglia. Certo, ero giovane, ma volevo una bella nidiata e ciò significava cominciare presto. In qualche modo, però, ad un certo punto, i miei piani di vita erano stati sviati. Repressi un sospiro mentre tornavo a guardare il cowboy figo che raccoglieva il suo cappello dall’anello di terra, lo sollevava e lo agitava in aria. La folla lo acclamò e applaudì mentre lui usciva dalla ringhiera aperta. Perfino da dietro stava alla grande con i sovrapantaloni in pelle e i jeans attillati. Li portava bene e gli fasciavano il culo alla perfezione. Diamine. Emmy mi diede un colpetto col fianco, beccandomi di nuovo a fissare. «Dovresti scendere là sotto. Presentarti.» La guardai come se mi avesse proposto di salire in groppa al toro e farmi un giro. «Presentarmi? Al torero? Non potrei mai farlo.» Emmy mi scrutò. Ci assomigliavamo con i nostri capelli castano chiari e gli occhi color nocciola, ma lei era molto più bassa di me. «Perchè no?» Feci spallucce. Perché non potevo. Non ero come Emmy. Lei non aveva problemi ad andare da un estraneo e flirtare – be’, non prima di innamorarsi di Rick e Kevin due anni prima. Loro erano dei veri e propri maschi alfa ed erano gli unici uomini con cui flirtava al momento. La palla da bowling che aveva sotto la maglia ne era la prova. Tuttavia, io non ero così. Non ero mai stata brava a flirtare e gli uomini super attraenti tendevano a rendermi nervosa. No, mi riducevo sempre ad un’idiota balbettante. Non era poi tanto un mistero il motivo per cui fossi ancora single. «Ne sei intimidita, non è vero?» proseguì Emma. Dio, era sempre tanto divertita dal mio disagio. Alcune cose non cambiavano mai. «Da quel tizio?» Indicai la direzione in cui era andato. «Assolutamente. L’hai visto. È... follemente sexy. Certo che ne sono intimidita.» Non mi presi la briga di negarlo. Sapevamo entrambe che io ero quella riservata in famiglia. Era così che la mettevo. Emmy e le mie altre sorelle si limitavano a darmi della suora. Ciò che non sapevano – ciò che non avevo mai detto loro – era che la mia diffidenza in presenza di uomini sexy, be’, praticamente di qualunque uomo, non era solamente perché mi mettessero in soggezione. Era radicata più a fondo. Sapevo che se si fossero avvicinati, avrebbero voluto farsi più vicini. Avevo provato esattamente una sola volta a fare sesso ed era stato terribile. Spaventoso. Al college, c’era stato un tipo. Un bravo ragazzo... o così avevo creduto. Al nostro terzo appuntamento, aveva immaginato che avremmo fatto di più che baciarci e basta. Aveva immaginato male. Io non ero stata pronta a fare il passo successivo, ma lui non ne aveva voluto sapere. Le sue mani mi si erano infilate ovunque nonostante le mie proteste e i miei deboli tentativi di spingerlo via. Era stato troppo forte, troppo determinato. Rabbrividii sotto il sole di Giugno. Grazie a Dio, la mia coninquilina era entrata al momento giusto, altrimenti chissà quanto in là si sarebbe spinto. Fino a quel momento, mi aveva palpata e massaggiata, ma non era mai riuscito a togliermi le mutande. In ogni caso, quell’esperienza mi aveva lasciata con l’amaro in bocca ogni volta che un ragazzo cominciava ad avvicinarsi troppo. Mi bloccavo. Andavo nel panico. Mi si contorceva ancora lo stomaco al pensiero della sensazione delle mani di quello stronzo sulla mia pelle e a prescindere da quanto fossi attratta da qualcuno, erano tutto ciò a cui riuscivo a pensare ogni volta che un uomo si sporgeva per un bacio. Inutile dire che l’intimità non fosse proprio il mio punto forte. Non avevo raccontato nulla di tutto questo ad Emmy, comunque. Non avrebbe fatto differenza. Lei aveva le labbra strette in una linea caparbia. «Va’ a salutarlo,» mi disse. Aveva gli occhi che brillavano di una malizia famigliare. Quel genere di sguardo che era solita rivolgermi prima che finissi in qualunque trappola avesse escogitato per me in camera nostra. «Perché?» Assottigliai lo sguardo con sospetto. Di solito non mi spingeva a flirtare con un uomo qualunque. «Lo conosci o qualcosa del genere?» «Qualcosa del genere.» Annuì, a malapena in grado di trattenere una risata. «Lo conoscerai anche tu. È il tuo nuovo capo.» Sbattei le palpebre per qualche istante senza comprendere, ma poi le sue parole cominciarono ad avere un senso e il mio cervello lo registrò. «Il mio capo?» Quell’esemplare perfetto di uomo era il mio nuovo capo? Emmy lavorava come capufficio per un ranch alberghiero del posto, Hawk’s Landing, sin da quando aveva preso il diploma al college. Se ne sarebbe andata nel giro di poche settimane per partorire il bambino e non aveva intenzione di tornare a lavorare. Dal momento che io mi ero appena trasferita dopo aver terminato il mio master a Denver, Emmy aveva convinto i suoi datori di lavoro a darmi il posto sulla fiducia. Era un buon lavoro nel mio campo ed ero stata grata di quell’opportunità. Ma adesso... Fissai quell’uomo grande e virile che si era allontanato in direzione delle stalle e cercai di placare le farfalle che avevo nello stomaco. Be’, adesso ero nervosa per così tante ragioni. Non potevo lavorare per un uomo del genere. Come avrei potuto interagire con un cowboy figo e continuare a mantenere una certa professionalità? Mi sarei ridotta ad un’idiota balbettante e farfugliante di fronte a lui. «Non è un torero professionista?» Il modo in cui aveva ruotato e ondeggiato i fianchi su quel toro mi aveva fatto domandare come sarebbe stato a usarli per cavalcare qualcos’altro, tipo me. il sole si stava forse facendo più caldo? «No. Lo fa solo per divertimento.» Divertimento. Più probabilmente per stuzzicare qualunque femmina senziente. La voce di Emmy era intrisa di risate. «Se pensi che sia bellissimo, aspetta di conoscere il suo socio in affari.» Mi voltai per vedere se fosse seria. Lo era. Oh merda. «Ce ne sono due?» La mia mente vacillò. Due uomini sexy sarebbero stati i miei nuovi datori di lavoro. Oh Signore, aiutami tu. Lei annuì e mi strinse con un braccio, mentre mi indirizzava verso le stalle. «Froza,» mi spronò. «Dovrai conoscere i proprietari prima o poi. Tanto vale che ti presenti a Matt adesso. Così non ci pensi più.» Io la guardai apprensiva. «Perché, è uno stronzo o roba del genere?» Lei gettò indietro la testa mentre si esibiva in una forte risata come se avessi appena detto qualcosa di divertente. «Uno stronzo? Nah. Matt è dolcissimo. Intendevo solo dire che sarebbe meglio che lo conoscessi subito, in maniera un po’ informale, prima che diventi il tuo capo.» «Non so,» risposi evasiva, puntando i piedi mentre lei cercava di trascinarmi. Si fermò ed io quasi inciampai in avanti. Togliendo il braccio da attorno alla mia vita, si posò i pugni sui fianchi, mentre si voltava a guardarmi con quella sua espressione da saputella che odiavo. Principalmente perchè, quando la esibiva, di solito aveva ragione. Tipo in quel momento. «Rachel Andrews, se non vinci le tue paure nel conoscere quest’uomo sarai inutile come sua capufficio.» Strinsi le labbra, desiderando che non avesse ragione. Dovevo farlo. Dovevo togliermi il dente e superare le mie paure. Paure che erano del tutto infondate. Lei aveva lavorato per Matt per anni e non avevo mai sentito dire una sola volta che fosse uno stronzo. Senza dubbio i suoi mariti l’avrebbero fatto a pezzi se avesse anche solo ferito i sentimenti di Emmy, figuriamoci se avesse fatto di peggio. Coraggiosa, ecco cos’ero. D’accordo, sarei andata a conoscere il mio bellissimo capo da sbavo. Le rivolsi un breve cenno col capo prima di poter cambiare idea e mi diressi verso le stalle. Sì, potevo farcela. Trassi un respiro profondo. Posso farcela, posso farcela. Mi ripetei quella frase come una litania fino a quando non entrai nella stalla affollata, l’odore forte di fieno e cavalli che mi solleticava il naso. C’erano diversi cowboy impolverati e sudati, ma altrettante groupie da rodeo vestite in maniera succinta che vi ronzavano attorno come mosche. Proprio come qualunque altro sport in cui ci fossero uomini potenti e attraenti, c’erano donne che cercavano di portarseli a letto. Io ero decisamente troppo vestita a confronto. Indossavo degli stivali, dei jeans e una camicetta rosa pallido con bottoni a scatto. Non ero affatto sciatta, ma non lasciavo strabordare tutto ad un rodeo pieno di polvere. Non come quelle donne. La maggior parte indossava canottiere o magliette sinuose e pantaloncini cortissimi. Una biondina rotondetta alla mia destra chiaramente non aveva il reggiseno. Non faceva per nulla freddo, ma a giudicare dai suoi capezzoli appuntiti doveva stare congelando. Distolsi lo sguardo, osservando la gente nei paraggi e cercando di trovare il mio nuovo capo. Dal momento che si trattava di una fiera di contea, c’erano diversi eventi in atto a parte il rodeo. Non vidi Matt, incrociai solamente lo sguardo curioso di altri cowboy e delle donne che vi stavano appiccicate. Mi strattonai l’orlo della camicia e abbassai il mento mentre mi addentravo maggiormente tra la folla. Mi sentivo ridicolmente fuori posto. Non ero l’unica donna con una camicia dai bottoni a scatto, ma ero l’unica che non la teneva aperta fino a metà petto così da mettere in mostra un reggiseno in pizzo. Decisamente quello non era il mio posto, ma mi ero spinta fin lì. Non potevo voltarmi adesso. Emmy me l’avrebbe rinfacciato a vita. Stavo solamente conoscendo il mio nuovo capo. Ecco tutto. Non si trattava di un cowboy fighissimo. Era il mio capo. Capo. Capo. Capo.
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