CAPITOLO II. Giornale di Jonathan Harker.(Continuazione) 5 maggio. Il calesse si fermò e il cocchiere m’aiutò a scendere; constatai che aveva un polso di acciaio. Prese i miei bagagli e li depose davanti a una grande porta tarlata e con liste di ferro. Poi l’uomo risalì sul sedile, sferzò i cavalli e scomparve dietro il castello. Aspettai. Nessuna traccia di campanello o di battente. Inutile chiamare; la mia voce non sarebbe penetrata attraverso quei muri massicci come quelli d’una fortezza. L’aspettativa mi parve lunga. Mille timori mi assalirono. In quale avventura m’ero imbarcato? Non era una cosa banale per me, scrivano di notaio, quel viaggio intrapreso per spiegare a uno straniero in qual modo egli doveva trattare l’acquisto d’un possedimento in Inghilterra. Semplice scrivano, ch